OSSERVAZIONI SULLA

Proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno per lavoro” dei non comunitari

 

I - Il Sommario lo ritengo chiaro e completo (ne guadagnerebbe che contenesse la citazione degli articoli cui ci si riferisce).

 

II - D’accordo sostanzialmente anche sulle osservazioni critiche, che rimangono nella logica di quanto si è discusso ed elaborato dal Gruppo di riflessione in riferimento alla legge italiana.

            Però non nuocerebbe se, a modo eventualmente di premessa, venissero fatti dei rilievi che non si riferiscono direttamente all’articolato, ma alla politica generale  della Commissione, quale si ricava dalla Relazione introduttiva della Proposta e dalla Comunicazione, ispirata all’accordo di Tampere, che – pubblicata con la stessa data della Proposta (11 luglio 2001), sembra far corpo unico con la medesima. Questi rilievi sembrano significatici specialmente in relazione al rinnovo o al ritiro del contratto di soggiorno (cfr. n. 8 delle Osservazioni)

 

III - Questi i rilievi principali:

 

a)     A pag. 2 si parla di “Diritti differenziati secondo la durata del soggiorno” distinguendo fra lavoratori temporanei che intendono rientrare e lavoratori che mirano ad avere uno status permanente; per questi ultimi i diritti sono più forti. Ci sembra una distinzione non adeguata, e proprio per questo equivoca: dove infatti collochiamo il lavoratore che ha il contratto di soggiorno per tre anni, rinnovabile? Non certo fra i “temporanei che intendono rientrare”; non lo si può collocare fra i “residenti di lungo periodo”, però è fra “coloro che intendono restare”. Allora, se i diritti vengono “differenziati secondo la durata del soggiorno”, per questa terza categoria di lavoratori, che non sono del tutto temporanei e non sono ancora del tutto stabilizzati, si dovrebbero rinforzare i loro diritti, renderli meno precari.

 

b)    Si parla di un ”quadro normativo flessibile” (pag. 4, n. 6) “che consenta di reagire in modo rapido ai cambiamenti nella situazione economica e demografica”. A parte che gli stessi cambiamenti economici non avvengono da un mese all’altro e pertanto tre mesi di tempo concessi al disoccupato per cercarsi un altro lavoro nello stesso settore sembrano troppo pochi, i cambiamenti demografici sono a lungo o lunghissimo termine: perciò che una programmazione d’ingressi è avvenuta tenendo conto anche della “situazione demografica”, la momentanea disoccupazione non dovrebbe affatto avere conseguenze per la permanenza del soggiorno. Semmai situazione economica e demografica in cambiamento porteranno negli anni successivi a regolare diversamente la programmazione degli ingressi.

 

c)     Pur evitando nel contesto di questa direttiva di introdurre ragioni umanitarie e di solidarietà, non si può prescindere  dalla insistenza della “Comunicazione” (destinata a orientare le politiche migratorie) sul “partenariato con i paesi di origine (p. 10, n. 3.3). Se viene data tanta precarietà al soggiorno, condizionandolo in modo così stretto al lavoro, come si può pensare che l’immigrazione  tenda pure “a valorizzare l’effetto positivo della migrazione come fattore di sviluppo del paese di origine”? Che è di questo paese se si vede tornare indietro con tanta facilità l’immigrato solo perché è in momentanea difficoltà col lavoro?

 

IV - Quanto al n. 8 delle osservazioni:

 

a)     a fine pagina, sotto b). Si potrebbe marcare maggiormente l’affermazione: “Priva il lavoratore di una parte rilevante della propria forza contrattuale”, aggiungendo “anzi lo espone facilmente al ricatto del datore di lavoro: o così o ti licenzio”, con tutte le conseguenze che il licenziamento comporta, particolarmente con l’avvicinarsi del rinnovo del contratto di soggiorno.

 

b)    Il lavoratore straniero che vive con la prospettiva e l’incubo di vedersi interrompere il soggiorno e negarne il rinnovo, diventa estraneo ai problemi dell’integrazione che pure, da Tampere in giù (cfr. Comunicazione, p. 11, n. 3.4) è fortemente promossa. Che vantaggio me ne deriva, se vengo quando meno me l’aspetto allontanato da questo Paese? Che legame affettivo ed effettivo metto in opera? La conseguenza più seria è per il progetto di ricongiungimento familiare, che guarda molto avanti. Per assurdo, lo si dovrebbe ragionevolmente mettere in programma dopo sei anni o almeno dopo i primi tra anni.

 

Quale proposta alternativa?

 

-       la più forte è quella esposta: trattare, sotto questo aspetto,  come l’autonomo (non gravare sull’assistenza pubblica). Si aggiunga:

-       la possibilità, almeno per chi perde il lavoro per licenziamento, di passare ad altro lavoro anche in altro settore e altra regione, di frequentare i corsi di formazione professionale, di entrare o di costituirsi in cooperative;

-       o almeno raddoppiare i tempi: sei mesi di tempo per risolvere la disoccupazione nei primi due anni, un anno nel biennio o triennio successivo.

-       Come già detto, se il numero di disoccupati diventa rilevante, se ne tenga conto nelle programmazioni degli anni successivi.

 

V – Altre annotazioni di più scarso rilievo:

 

a)     Gli incoraggiamenti vari per le attività di lavoro subordinato ad alta qualificazione sta bene, ma deve avere degli argini o correttivi che  impedisca l’effetto “fuga dei cervelli” (cfr. Comunicazione, p. 9, 3.2 e spec. a pag. 10 (ultima riga).

 

b)     Nelle osservazioni critiche al n. 3 forse non è da mettere sullo stesso piano l’irragionevolezza delle 4 settimane per accertare l’indisponibilità di manodopera (è un male minore!) e l’estenuante attesa di tanti mesi per avere risposta sulla richiesta o sul rinnovo del permesso di soggiorno.

 

c)     Sempre nelle Osservazioni critiche, al n. 7 forse  non è il caso di richiedere anche il passaggio da lavoro subordinato a lavoro autonomo, perché la richiesta di ingresso per lavoro subordinato potrebbe apparire come un palliativo o pretesto per potersi dedicare al lavoro autonomo e ciò può essere visto come vanificazione di una vera programmazione.

 

d)    Quanto agli studenti (n. 11) forse è il caso di attendere che si proceda ad “elaborare ed adottare in tempi brevi ulteriori iniziative legislative in materia di condizioni d’ingresso e di soggiorno a fini di studio o di preparazione professionale” (Proposta di Dir. p. 3