(Sergio Briguglio 3/11/01)

 

OSSERVAZIONI  SULLA PROPOSTA DI DIRETTIVA RELATIVA ALLE CONDIZIONI DI INGRESSO E SOGGIORNO PER LAVORO

 

 

I. Sommario della Proposta tecnica

 

Lavoro subordinato

 

Puo’ svolgere attivita’ di lavoro subordinato solo chi abbia ottenuto un “permesso di soggiorno – lavoratore”.

 

Un tale permesso puo’ essere rilasciato sia a persone ancora residenti all’estero (in particolare, in altro Stato membro dell’Unione europea), sia a persone gia’ residenti o soggiornanti legalmente per altri motivi nello Stato membro che lo rilascia. E’ contemplata, cioe’, la possibilita’ di conversione di altro permesso di soggiorno in permesso per lavoro. Nella Relazione introduttiva che accompagna la Proposta di direttiva, tra i motivi del soggiorno legale a partire dal quale si puo’ accedere allo status di lavoratore vengono citati esplicitamente il turismo e la ricerca di lavoro. Si afferma pero’ che la richiesta di un “permesso di soggiorno – lavoratore” non autorizza di per se’ il richiedente a restare nello Stato membro in cui soggiornano al momento della richiesta stessa. In altre parole, qualora scadano i termini del soggiorno legale, la pendenza di una tale richiesta non ne garantisce l’automatico procrastinamento.

 

Il “permesso di soggiorno – lavoratore” e’ rilasciato a condizione che siano soddisfatti diversi requisiti. Oltre a quelli standard (possesso di un documento di viaggio valido, certificato di buona condotta, disponibilita’ di mezzi di sostentamento in misura non inferiore all’ammontare al di sotto del quale scatterebbero misure di assistenza pubblica) e a quelli di minor rilievo, e’ richiesto, in relazione all’attivita’ lavorativa,

 

a)     che sia stato stipulato un contratto di lavoro per una precisa attivita’ di lavoro per la quale lo straniero possegga le capacita’ necessarie;

 

b)    che l’assunzione dello straniero soddisfi il requisito di “necessita’ economica” in relazione al mercato dell’Unione europea.

 

La verifica di questo secondo requisito si effettua mediante l’accertamento di indisponibilita’ di manodopera comunitaria o straniera (cittadini che hanno accesso al lavoro in base alla normativa vigente o ad accordi con i paesi di provenienza, cittadini che abbiano svolto attivita’ lavorativa subordinata per almeno tre anni negli ultimi cinque, cittadini di paesi candidati all’adesione all’Unione europea). L’indisponibilita’ si considera accertata se una domanda di lavoro, opportunamente segnalata dai servizi del collocamento europeo, non trova corrispondente e valida offerta in un periodo di quattro settimane (Nota: non e’ chiaro a giudizio di chi l’offerta debba essere considerata “valida” – se, cioe’, sia rilevante l’opinione del datore di lavoro).

 

Per specifici settori lavorativi, per un determinato numero di posti, e per un periodo di tempo limitato, uno Stato membro puo’ stabilire che il requisito di “necessita’ economica” debba considerarsi soddisfatto (o non soddisfatto) anche senza passare attraverso l’accertamento di indisponibilita’.

 

Allo stesso modo, uno Stato membro puo’ stabilire che il requisito e’ considerato soddisfatto se il reddito annuale offerto al lavoratore straniero supera una certa soglia (si applica cioe’ un minor grado di protezione per i settori ad alto reddito), ovvero se il futuro datore di lavoro ha versato una determinata quantita’ di denaro finalizzata ad interventi pubblici di integrazione e formazione.

 

Si prescinde dalla verifica del requisito di “necessita’ economica” per la stipula di un contratto da parte di uno straniero in possesso di un “permesso di soggiorno – lavoratore” in corso di validita’, ovvero di uno straniero che sia stato legalmente residente in uno Stato membro e che abbia esercitato legalmente attivita’ di lavoro subordinato per almeno tre anni negli ultimi cinque.

 

La durata del permesso deve essere coperta integralmente dal contratto di lavoro, ma non puo’ comunque superare i tre anni.

 

Il permesso e’ rinnovabile (sempre con durata non superiore a tre anni) a condizione che siano soddisfatte le condizioni per il rilascio (salvo, eventualmente – come detto -, il requisito di necessita’ economica).

 

Per i primi tre anni di soggiorno per lavoro subordinato, il lavoratore puo’ cambiare datore di lavoro, ma non il tipo di attivita’. E’ possibile, inoltre, limitare il permesso allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa in una specifica regione. Successivamente, tali restrizioni sono rimosse.

 

La stipula di ogni nuovo contratto e’ condizionata all’approvazione (autorizzazione al lavoro) da parte dell’autorita’ competente (Nota: dal testo non e’ chiaro se questa condizione valga solo nel periodo di validita’ del primo permesso, o se si prolunghi anche a valle dei successivi rinnovi).

 

Il permesso puo’ essere revocato, oltre che per motivi ovvi (documentazione falsa, motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato), anche per prolungata disoccupazione: oltre tre mesi negli ultimi dodici, per coloro che abbiano svolto regolare attivita’ lavorativa (subordinata o autonoma) per meno di due anni; oltre sei mesi negli ultimi dodici, per coloro che l’abbiano svolta per piu’ di due anni.

 

Il possesso del permesso garantisce al titolare

 

a)     il diritto di fare ingresso e reingresso nel territorio dello Stato membro, anche attraversando altri Stati membri;

 

b)    il diritto di soggiornare nello Stato membro che ha rilasciato il permesso;

 

c)     il diritto di svolgere le attivita’ autorizzate dal permesso;

 

d)    il diritto di godere dello stesso trattamento dei cittadini dell’Unione in materia di condizioni lavorative, previdenza, sanita’, riconoscimento titoli, liberta’ di associazione, anche sindacale, accesso alla formazione professionale e  alla fornitura di servizi disponibili al pubblico. Accesso alla formazione e all’alloggio con sostegno pubblico possono essere limitati a chi soggiorni da non meno di uno o tre anni, rispettivamente (Nota: non e’ chiaro se sia garantito il diritto allo studio; sembra esclusa la possibilita’ di svolgere attivita’ di lavoro autonomo).

 

Una disciplina specifica e’ prevista per i lavoratori stagionali (“permesso di soggiorno – lavoratore stagionale” di durata massima pari a sei mesi; possibilita’ di rilascio di un “permesso pluriennale” utilizzabile per cinque anni consecutivi), per quelli transfrontalieri, e per i lavoratori appartenenti a determinate categorie (dipendenti di societa’ estere, tirocinanti, lavoratori “alla pari”).

 

I singoli Stati membri possono stabilire norme particolari per altre categorie (religiosi, artisti, sportivi, ricercatori, giornalisti, rappresentanti di ONLUS, etc.).

 

Altri provvedimenti disciplineranno l’accesso al lavoro di rifugiati, profughi, richiedenti asilo, nonche’ stranieri per i quali sia stato adottato un provvedimento di espulsione non immediatamente eseguibile.

 

 

Lavoro autonomo

 

La struttura delle disposizioni e’ analoga, mutatis mutandis, a quella relativa al lavoro subordinato.

 

Il permesso e’ denominato “permesso di soggiorno – lavoratore autonomo”.

 

Quanto ai requisiti, per il rilascio del permesso, relativi all’attivita’ lavorativa, quello dell’esistenza di un contratto e’ sostituito dalla

 

a)     documentazione relativa al piano d’affari e dimostrazione del possesso delle risorse necessarie a realizzarlo;

b)    certificazione del soddisfacimento degli atti richiesti per lo svolgimento della specifica attivita’ autonoma programmata (iscrizione agli albi professionali, per esempio, se richiesta).

 

Deve essere dimostrato l’effetto positivo dell’attivita’ autonoma sull’occupazione nello Stato membro o sul suo sviluppo economico. Anche in questo caso, per specifiche attivita’ e, all’occorrenza, per specifiche regioni, uno Stato membro puo’ stabilire che tale effetto debba essere considerato automaticamente verificato (ovvero, verificato a condizione che sia effettuato un investimento di entita’ non inferiore a una soglia minima). All’opposto, uno Stato membro puo’ stabilire che per specifiche attivita’ e, all’occorrenza, per specifiche regioni, l’effetto debba essere considerato automaticamente non verificato.

 

Con queste due sostituzioni, le disposizioni procedono in modo analogo per quanto concerne

 

-       rilascio di un permesso a straniero che abbia svolto legalmente attivita’ di lavoro autonomo in uno Stato membro per almeno tre anni negli ultimi cinque;

 

-       durata del permesso;

 

-       rinnovo del permesso;

 

-       limitazioni relative all’accesso ad altro tipo di attivita’ autonoma o alla regione in cui l’attivita’ puo’ essere svolta;

 

-       revoca del permesso (la condizione di disoccupazione prolungata e’ sostituita da quella di prolungato ricorso all’assistenza pubblica, con la stessa misura temporale);

 

-       diritti del titolare del permesso (Nota: sembra esclusa la possibilita’ di svolgere attivita’ di lavoro subordinato).

 

 

Disposizioni orizzontali

 

E’ possibile anche, sulla base di considerazioni sulla capacita’ di accoglienza della societa’, l’imposizione, da parte di singoli Stati membri, di tetti massimi per gli ingressi o di sospensione del rilascio di permessi. L’imposizione di tetti deve pero’ essere accompagnata da una indicazione chiara dei criteri di formazione della graduatoria delle domande per il caso in cui il numero di queste ecceda il tetto fissato.

 

E’ possibile il diniego del rilascio o del rinnovo del permesso, ovvero la revoca del permesso, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, nonche’ di salute pubblica. Tuttavia, diniego del rinnovo e revoca non possono essere adottati, per motivi di salute pubblica, sulla sola base di una malattia o di un’invalidita’ subentrata dopo il rilascio del permesso.

 

 

Procedura e trasparenza

 

Ogni richiesta di rilascio, rinnovo o modifica del permesso di soggiorno per lavoro deve ottenere risposta entro centottanta giorni (quarantacinque per dipendenti di societa’ estere, tirocinanti, lavoratori “alla pari”).

 

Ogni decisione negativa deve essere impugnabile.

 

Decisioni di singoli Stati membri che impediscano, limitino o facilitino ingressi per certe categorie o per certi periodi devono essere motivate e comunicate alla Commissione e agli altri Stati membri.

 

Alle condizioni di ingresso e soggiorno di lavoratori deve essere data pubblicita’ (per esempio su un sito web).

 

 

II. Osservazioni critiche

 

1. L’impostazione della Proposta e’ senz’altro apprezzabile per quanto riguarda le attivita’ di lavoro subordinato ad alta qualificazione. Per attivita’ di lavoro subordinato a bassa qualificazione, pero’, l’esperienza italiana insegna che, nei fatti, l’instaurazione di un rapporto di lavoro richiede un incontro diretto tra lavoratore e datore di lavoro. La possibilita’ di un tale incontro (per esempio - con riferimento al caso italiano - mediante un ingresso per inserimento nel mercato del lavoro sponsorizzato o “auto-sponsorizzato”) non e’ esclusa, nella Proposta, dal momento che e’ ammessa la richiesta di un permesso di soggiorno per lavoro da parte di persone residenti o soggiornanti legalmente per altri motivi. Questo punto, anzi, e’ considerato con sufficiente dettaglio nella relazione introduttiva, dove tra i motivi della presenza legale dello straniero richiedente un permesso per lavoro si citano esplicitamente il turismo e la ricerca di lavoro. Tuttavia – dato il carattere di primaria importanza della questione – occorre che questa considerazione esplicita trovi spazio nell’articolato. Inoltre, affinche’ questa previsione non sia vanificata da altre disposizioni (quelle relative ai limiti di tempo previsti per l’esame delle richieste di permesso), e’ necessario stabilire che lo straniero legalmente presente ad altro titolo che presenti una richiesta di permesso di soggiorno per lavoro sia autorizzato a prolungare il suo soggiorno legale fino al momento del rilascio o del diniego del permesso richiesto.

 

2. Il criterio della “preferenza comunitaria”, quale condizione per l’accesso dello straniero al lavoro subordinato e’ in linea di principio accettabile. Non e’ accettabile, tuttavia, che si prescinda, al riguardo, da un elemento fondamentale, per il funzionamento di un rapporto di lavoro, quale la fiducia tra datore di lavoro e lavoratore: non e’, infatti, la posizione occupata dal lavoratore in una lista di disoccupazione o la sua offerta formale di fronte a una domanda di lavoro a garantire tale fiducia.

 

3. I tempi fissati per l’accertamento di indisponibilita’ di manodopera e, soprattutto, per l’accoglimento o il diniego della richiesta e del rinnovo del “permesso di soggiorno – lavoratore” (ma anche del “permesso di soggiorno - lavoratore autonomo”) appaiono irragionevolmente lunghi, e del tutto inadatti alle esigenze del mercato del lavoro.

 

In generale, comunque, dovrebbe essere esplicitamente stabilito che in pendenza di una richiesta di rinnovo il lavoratore mantiene inalterati diritti e facolta’ connessi alla titolarita’ del permesso di soggiorno, fino a che un eventuale diniego sia diventato definitivo (inclusi cioe’ i tempi necessari per la decisione su una eventuale impugnazione).

 

4. L’esperienza italiana mostra come una parte importante delle attivita’ che vedono un positivo inserimento lavorativo di immigrati rientrino nella categoria delle prestazioni di piccoli servizi. Dato il carattere saltuario delle prestazioni offerte dal lavoratore e della richiesta di servizi da parte del committente, tali attivita’ non sembrano assimilabili ad attivita’ di lavoro subordinato: l’idea che per avvalersi saltuariamente di tali servizi si debba assumere il lavoratore con un contratto di lavoro subordinato appare, evidentemente, non realistica. Si tratta piuttosto di attivita’ di lavoro autonomo per le quali il lavoratore straniero e’ imprenditore di se stesso. L’impostazione della Proposta, che appare adeguata per quanto riguarda le attivita’ di notevole impatto economico, non sembra esserlo in relazione a quelle di dimensioni ridotte. L’accesso di lavoratori autonomi e’ reso, infatti, in questo caso, praticamente impossibile dal requisito relativo alla dimostrazione dei positivi effetti sull’occupazione e sullo sviluppo dello Stato membro, nonche’ dalla necessita’ di produrre un dettagliato piano d’affari, di fornire informazioni dettagliate sull’attivita’ svolta o di notificare all’autorita’ ogni cambiamento di attivita’. E’ opportuno che si prescinda, per attivita’ di piccole dimensioni, dall’imposizione di tali condizioni, anche in considerazione del fatto che il criterio stabilito per la revoca del permesso di soggiorno relativo al prolungato ricorso all’assistenza pubblica rappresenta uno strumento sufficiente ad evitare che si incancreniscano situazioni di lavoro autonomo del tutto improduttivo.

 

5. Sembrano del pari trascurate, dalla Proposta, figure intermedie – tra lavoratore subordinato e lavoratore autonomo – quali i soci-lavoratori di cooperative gia’ operanti (positivamente considerate dalla normativa italiana). Coerentemente col principio di “concorrenza verso modelli di successo”, dovrebbero essere incluse – con un ingresso condizionato alla solidita’ economica della cooperativa – nell’ambito delle alternative alla dimostrazione del requisito di necessita’ economica.

 

6. Ai fini dell’ingresso per lavoro autonomo, la dimostrazione del requisito di soddisfacimento delle condizioni previste per i lavoratori nazionali dovrebbe essere temperato, in relazione al riconoscimento dei titoli e all’iscrizione agli albi professionali, da una clausola che consenta esplicitamente l’accesso al riconoscimento e all’iscrizione anche a stranieri non ancora residenti negli Stati membri. In mancanza di tale clausola, potrebbe crearsi un circolo vizioso per il quale lo straniero si vede rifiutata la possibilita’ di soddisfare la condizione richiesta per l’ingresso per il solo fatto di trovarsi ancora nel proprio paese.

 

7. Le limitazioni relative alla possibilita’ di utilizzare, nei primi tre anni, il permesso di soggiorno per attivita’ di lavoro diverse da quelle originariamente autorizzate o, addirittura, in regioni diverse da quella per cui l’attivita’ e’ stata autorizzata contrastano con i criteri di allocazione ottimale delle risorse; lo stesso si puo’ dire della preclusione del passaggio (senza ulteriore autorizzazione) da attivita’ di lavoro subordinato ad attivita’ di lavoro autonomo e viceversa. Paradossalmente, poi, tali disposizioni restrittive sono affiancate alla previsione di esonero da ogni ulteriore verifica dei criteri di rispondenza alle effettive esigenze economiche (l’accertamento di indisponibilita’ per il lavoro subordinato, la verifica degli effetti positivi su occupazione o sviluppo per il lavoro autonomo) nel periodo di validita’ del permesso di soggiorno. Qualora, infatti, si volesse evitare che lo straniero ammesso a svolgere una determinata attivita’ “utile” si dedichi ad altra attivita’ “inutile” o concorrenziale nei confronti dei lavoratori gia’ presenti, piuttosto che impedire il cambiamento di attivita’, sarebbe sufficiente - e piu’ coerente - condizionarlo alla verifica prevista per i nuovi accessi.

 

8. I requisiti per il rinnovo e il mantenimento del “permesso di soggiorno – lavoratore” sono troppo rigidi, per il rilievo che danno alla presenza di un rapporto di lavoro in corso (ai fini del rinnovo), ovvero – in negativo – all’occorrenza di periodi di disoccupazione (in relazione alla revoca del permesso). L’esperienza italiana mostra come un atteggiamento eccessivamente fiscale in materia non fa altro che produrre illegalita’ formale, il cui sanzionamento e’, al contempo, vessatorio, costoso e inutile. Inoltre, la penalizzazione della condizione di disoccupazione appare

 

a)     anacronistica, in una fase in cui si auspica una maggior flessibilizzazione del mercato del lavoro;

 

b)    inaccettabile, nella misura in cui, vincolando eccessivamente il diritto a soggiornare al mantenimento del rapporto di lavoro, priva il lavoratore di una parte rilevante della propria forza contrattuale (in contrasto sostanziale con la parificazione del lavoratore straniero a quello nazionale circa il godimento dei diritti in materia sindacale).

 

Sotto entrambi gli aspetti, e’ ancora messa a repentaglio l’allocazione ottimale delle risorse.

 

Sarebbe opportuno sostituire i criteri per la revoca del permesso con quelli previsti nel caso del “permesso di soggiorno – lavoratore autonomo” (prolungato ricorso all’assistenza pubblica). In tal modo, si eviterebbe di penalizzare inutilmente i lavoratori impegnati in rapporti di lavoro caratterizzati da breve durata ma alta retribuzione, come pure i lavoratori capaci di sviluppare forme positive di mutuo sostegno (nell’ambito, per esempio, della comunita’ nazionale).

 

9. Benche’ sia accettabile, in linea di principio, il condizionare il soggiorno per lavoro alla disponibilita’ di mezzi di sostentamento per un ammontare non inferiore al minimo al di sotto del quale dovrebbero essere adottate misure di assistenza sociale, dovrebbe essere stabilito che la disponibilita’ possa essere dimostrata nel modo piu’ ampio: titolarita’ di risparmi, reddito maturato nel periodo di soggiorno per lavoro trascorso, reddito attuale o prevedibile, garanzia di terzi, etc. Questa previsione, in particolare, dando comunque un rilievo parzialmente positivo alle attivita’ di lavoro sommerso (in linea, per altro, con alcune osservazioni contenute nella recente Comunicazione della Commissione in materia di politica comune di immigrazione), eviterebbe di far gravare il mancato o insufficiente contrasto di tali attivita’ sul solo lavoratore straniero. Inoltre, consentirebbe di valorizzare attivita’ saltuarie o precarie, comunque non prive di rilevanza economica.

 

10. Ad ogni lavoratore dipendente dovrebbe essere concesso un tempo congruo, alla scadenza (naturale, o in seguito a licenziamento o dimissioni) del permesso, per trovare un’altra occupazione. La cosa e’ di rilievo soprattutto nei casi di scadenza naturale del rapporto di lavoro a tempo determinato (in base alla Proposta tale scadenza coinciderebbe con la scadenza del “permesso di soggiorno – lavoratore”) e in quelli di licenziamento o dimissioni troppo ravvicinate alla scadenza del permesso di soggiorno. In entrambe queste circostanze, le disposizioni che limitano la possibilita’ di revoca del permesso di soggiorno al caso di prolungata disoccupazione non sarebbero sufficienti a consentire un adeguato lasso di tempo al lavoratore per trovare un nuovo inserimento lavorativo.

 

11. L’impossibilita’ di svolgere attivita’ lavorativa in mancanza di apposito “permesso di soggiorno – lavoratore (o lavoratore autonomo)”, benche’ non vieti di per se’ a titolari di altri permessi di lunga durata (per studio o per motivi familiari, ad esempio) di convertire il proprio permesso di soggiorno, li costringe ad entrare in una diversa categoria, con riferimento, per esempio, alle condizioni di rinnovo del permesso. In questo modo, lo studente-lavoratore o il familiare precariamente occupato, che sarebbero in grado di rinnovare il permesso di soggiorno per i motivi originali, rischiano di veder destabilizzata, senza vantaggio di alcuno, la propria posizione.

 

La cosa, poi, con riferimento alla condizione degli studenti, e’ ulteriormente aggravata dalla mancanza di una esplicita previsione del diritto allo studio per il titolare di un permesso per lavoro: la conversione del permesso per studio in un permesso per lavoro precluderebbe allo straniero la prosecuzione degli studi.