Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.29142/2001

 

RITENUTO IN FATTO

1. J. M.. ricorre contro la sentenza in epigrafe lamentando di essere stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art.6 comma 3 della legge 6 marzo 1998, n.40 [1].

Osserva, al riguardo, che i verbalizzanti hanno dato atto che il ricorrente era sprovvisto di passaporto e di permesso di soggiorno, ma non che si fosse rifiutato di esibire, tali documenti o che fosse stato interrogato sul motivo per cui non ne era in possesso.

Tanto posto rileva che da un lato mancherebbe la prova certa che la P.G. avesse richiesto l'esibizione di un documento identificativo (elemento, questo, costitutivo della contravvenzione)e che dall'altro la norma richiamata non è applicabile ai clandestini extracomunitari e privi di documenti.

2. Con il secondo ed il terzo motivo si duole della determinazione della pena e della revoca dei benefici, non sorrette da adeguata motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

Ritiene infatti la Corte di aderire alle conclusioni raggiunte dalla prima sezione 6.12.99, p.g. in proc. Karim, secondo cui l'art.6 comma 3, ricordato in narrativa, non si applica allo straniero che sia entrato nello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e che non sia in possesso di alcun documento.

E' proprio l'ingresso clandestino in Italia a costituire il giustificato motivo della mancata esibizione del passaporto o del documento di identificazione. Ed infatti, mantenendo il legislatore nell'ambito del penalmente irrilevante (e quindi nell'area della libertà) l'entrata non autorizzata nel territorio nazionale, sarebbe irrazionale, per violazione del diritto sostanziale di autodifesa, pretendere poi che l'extracomunitario sia munito all'atto del valico della frontiera di un documento che ne agevolerebbe l'espulsione, così come violerebbe lo stesso diritto richiedere che, successivamente all'arrivo, lo straniero si attivi per munirsi di un documento di identificazione, in tal modo necessariamente rivelando la sua condizione precaria.

Tanto, beninteso, fin quando e per qualunque evenienza il clandestino non venga comunque fornito di documento di identificazione (art.6 Comma 9 1.n.40/98). Circostanza a seguito della quale viene meno il giustificato motivo dell'esibizione, di cui si è appena detto.

2. La prima sezione (29.11.1999, p.g. in proc. Lechehebeb), affermando la conclusione contraria, ha tuttavia implicitamente configurato un ordinamento improntato a soluzioni surrettizie, in cui la scelta politica fondamentale di prevedere il reato di ingresso clandestino (scelta che deve democraticamente essere assunta in sede legislativa, a seguito di congruo dibattito) è surrogata da un sistema indiretto di imposizione strumentale (blandamente sanzionata) di oneri di natura amministrativa. Ma a disattendere una simile costruzione basta osservare che se così fosse ci si troverebbe dinanzi ad uno sviamento di potere del legislatore che compromette di diritti fondamentali.

3. Ne deriva che in questa parte la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, mentre devono essere respinti gli altri motivi in ordine al trattamento sanzionatorio perché genericamente si oppongono ad una soluzione di merito congruamente motivata.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte di Cassazione

annulla senza rinvio l'impugnata sentenza limitatamente al capo B della rubrica perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la relativa pena di giorni venti di reclusione e lire trecentomila di Multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Depositata in cancelleria il 18 luglio 2001.

 

 

NOTE AL TESTO

[1] Legge 6 marzo 1998 n.40 (Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Art.6 (Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno). - 1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire ottocentomila.

4. Per le verifiche previste dalla presente legge o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.

5. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.

6. Fuori dei casi di cui al comma 5, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.

7. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.

8. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.