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PRESENTAZIONE E COMMENTO DELLA PETIZIONE

 

 

Perché una petizione per il diritto a vivere in famiglia

 

Il diritto dei migranti a vivere in famiglia (formulazione relativamente nuova di cui il movimento associativo ha la paternità, dato che fino a dieci anni fa si parlava piuttosto del dovere degli Stati di “proteggere la famiglia” e delle “condizioni” del ricongiungimento familiare) è oggi citato abbastanza ampiamente nei riferimenti, anche dalle autorità europee.

 

Tuttavia, resta un grande passo da compiere tra le dichiarazioni pubbliche e le realtà imposte ai migranti.

 

La Commissione europea, facendo uso del diritto di iniziativa che le viene riconosciuto in materia dal Trattato di Amsterdam, ha presentato parecchie proposte di direttive riguardanti la politica europea su immigrazione e asilo; in questi testi il diritto al ricongiungimento familiare è garantito per le diverse categorie di migranti e il diritto ad un trattamento equo, grazie al quale le famiglie potrebbero vivere in condizioni decenti, è ugualmente sviluppato in un progetto di statuto dei residenti di lunga durata.

 

Tuttavia l’esame e l’adozione di queste proposte vengono ritardati dall’opposizione più o meno aperta di alcuni governi che non accettano quelle disposizioni che li priverebbero della possibilità di scegliere arbitrariamente quali immigrati accogliere e quali rifiutare.

 

È da notare come i rappresentanti di associazioni di immigrati, di solidarietà o di difesa dei diritti dell’uomo, ma anche alcuni rappresentanti dei partiti politici, siano intervenuti presso il Parlamento o altre autorità interessate, per sostenere, migliorandole, le proposte della Commissione. Tuttavia, i loro interventi, reiterati ma isolati, non hanno ottenuto a tutt’oggi grandi risultati.

 

Per questo motivo il Coordinamento europeo per il diritto degli stranieri a vivere in famiglia si è proposto di lanciare e di chiedere il sostegno ad una Petizione pubblica per il diritto dei migranti a vivere in famiglia.

 

Presentazione della Petizione

 

La petizione esprime in forma semplice le proposte raccolte da varie parti del mondo associativo; l’obiettivo è quello di sollecitare l’opinione pubblica - soprattutto gli ambienti più impegnati nell’associazionismo, nel sindacato e nella politica – a farsi sentire a livello nazionale dei 15 paesi, e a livello comunitario.

 

Il testo proposto vuole presentare alle autorità europee un certo numero di orientamenti concreti, senza entrare nelle modalità tecniche; non pretende di sostituirsi a tutte le attività condotte dalle diverse organizzazioni sui punti che sono più particolarmente di loro competenza. Esso vuole dar alle autorità il sostegno dei cittadini che sono convinti che l’Europa di domani non potrà costruirsi se non in una coesione sociale alla quale gli immigrati e i loro figli avranno il diritto di partecipare attivamente in quanto cittadini europei a fianco dei nazionali di tutti gli Stati dell’Unione europea.

 

Crediamo che, se viene sottoscritta da un gran numero di associazioni e di personalità e spedita allo stesso tempo alle autorità europee e ai governanti dei quindici Stati membri, ai parlamentari e ai consiglieri, questa petizione attirerà l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica e sarà ascoltata da chi dovrà decidere.


Spiegazioni sul testo della petizione

 

Il nostro intento è stato di dare alla petizione allo stesso tempo un contenuto solido e una forma ponderata e responsabile per evitare, nella misura del possibile, che la Campagna venga manipolata attraverso polemiche negative.

 

Il testo che vi proponiamo di sottoscrivere e di sostenere è semplice e non richiede molti commenti. Esso è ispirato a due principi fondamentali:

 

·               Il diritto a vivere in famiglia è un diritto universale. La sua applicazione non può essere subordinata alle variazioni congiunturali e contingenti della politica degli Stati.

·               Le persone che provengono da paesi non europei e sono legalmente ammesse a soggiornare in Europa non possono essere trattate in modo discriminatorio e si deve riconoscere loro gli stessi diritti e doveri che vengono riconosciuti ai nazionali in materia economica e sociale, e le stesse libertà e responsabilità dei cittadini europei in materia culturale e politica.

 

Gli orientamenti propugnati non sono basati su posizioni ideologiche; si ispirano all’esperienza concreta constatata in tutti i paesi dell’Unione europea: la pace e la coesione sociale sono minacciate molto più dalla discriminazione e dall’esclusione delle popolazioni emarginate a causa della loro origine che non dalla competizione socio-economica tra lavoratori immigrati e lavoratori nazionali, a parità di trattamento normativo.

 

Gli ultimi quattro paragrafi della petizione richiedono senza dubbio alcune parole di spiegazione supplementare.

 

La famiglia

La formulazione accolta nel testo della petizione è stata scelta tenendo conto del profondo cambiamento delle realtà sociali e delle istituzioni in Europa e dei testi internazionali sulla Famiglia che, per aver valore internazionale, dovevano essere redatti in modo da poter essere accettati da tutti i paesi del mondo.

Nessuna definizione limitativa dei membri della famiglia può essere oggi simultaneamente accettata dalle legislazioni nazionali di tutti gli Stati europei, e ancor meno capita dalle famiglie originarie da paesi e da tradizioni molto diversi. Le sole realtà sociologiche riconosciute ovunque sono:

-                 la solidarietà e la responsabilità reciproche dei coniugi (in caso di divorzio la responsabilità delle persone separate non viene abolita totalmente);

-                 la responsabilità dei genitori (o eccezionalmente di un solo genitore) nei riguardi dei loro figli minori, biologici o adottivi;

-                 la responsabilità dei figli nei riguardi dei loro genitori anziani se si trovano in stato di bisogno.

La petizione non è una proposta di legge, ma l’espressione di una convinzione e di una volontà profonda ; in questo contesto la formula : “membri della propria famiglia di cui hanno la responsabilità” è accettabile da parte di tutti. Essa corrisponde certamente alla volontà profonda di tutti i firmatari della petizione, che chiedono alle autorità europee di non spezzare i legami familiari (e lasciano al legislatore il compito di redigere testi giuridici che tendano nel miglior modo possibile a questo scopo fondamentale, e ai giudici il compito di rispettarne lo spirito in ogni caso particolare).

La formula è volutamente imprecisa dato che vuole rispettare i legami familiari esistenti e non legiferare sulle istituzioni familiari.

Notiamo, a proposito dei diritti del bambino, che le convenzioni internazionali e la giurisprudenza si appoggiano su una formulazione che ha le stesse caratteristiche: “l’interesse superiore del bambino” è un concetto di intenzione che non pretende stabilire una lista esaustiva di tutte le situazioni.

 

La “doppia pena”

La delinquenza, specie tra le giovani generazioni, non è un fenomeno tipico dei figli dei migranti: l’esclusione sociale comporta reazioni di delinquenza e di violenza anche tra i giovani nazionali. La società non può sperare di farle sparire senza portare rimedio alle cause dell’esclusione. Nella misura in cui l’intervento della Giustizia e le misure penali sono necessarie, i colpevoli degli stessi delitti devono essere tutti sottoposti alle stesse pene e alle stesse misure di rieducazione; non è ammissibile che i migranti siano privati del sostegno della loro famiglia, né che alcuni vengano mandati in un paese dove non hanno più legami. Inoltre, questa discriminazione, invece di proteggere la società, non fa che rafforzare i motivi di rifiuto che animano gli esclusi e approfondire il fossato che li separa dalla società.

 

La cittadinanza europea di residenza

L’integrazione degli immigrati non è un processo a senso unico, ma è il risultato di un doppio movimento complementare col quale la società, da una parte, assegna loro un posto al suo interno senza discriminazione; dall’altra parte essi accettano tutte le responsabilità e gli obblighi che ne derivano. La società deve accordare a coloro che risiedono stabilmente nel proprio territorio una piena cittadinanza (cittadinanza di residenza), e questi assumono sia i diritti che i doveri dei cittadini.

Questa nuova cittadinanza è fondata sulla residenza su uno stesso territorio, accompagnata dalla consapevolezza di avere un destino comune, di condividere valori comuni e di portare assieme la responsabilità di un comune avvenire.

Questa cittadinanza non va confusa con la nazionalità fondata piuttosto su una storia ed un passato comuni.

Chiediamo che tutti i cittadini europei siano invitati a partecipare, in particolare col diritto di voto, alle decisioni riguardanti la loro vita quotidiana (elezioni locali) e alle decisioni riguardanti la politica comune dell’Unione europea, mentre le elezioni nazionali (Parlamento e capi dei governi degli Stati-nazioni) sarebbero riservate ai nazionali, come lo sono generalmente nelle costituzioni degli Stati.

 

La regolarizzazione degli irregolari

La regolarizzazione degli irregolari (sans papier, senza titoli di soggiorno) è fondata sul riconoscimento legale del loro inserimento di fatto (tramite il lavoro e i legami sociali che hanno stabilito dopo alcuni anni di presenza). La loro situazione illegale non deve essere confusa con la delinquenza o la criminalità, dato che non hanno mai contestato l’ordine legale del paese nel quale sono venuti a vivere ma che sono le autorità del paese dove sono venuti a vivere che hanno rifiutato loro il diritto di soggiornarvi e di lavorarvi legalmente.

Una regolarizzazione degli stranieri che, nel tempo, hanno stabilito dei legami col paese dove sono venuti a vivere, deve essere fatta con criteri molto aperti; non è sinonimo di regolarizzazione automatica e deve permettere di scartare le persone colpevoli di delitti gravi come il traffico di droga o l’organizzazione di reti di prostituzione.

 

 

Coordinamento Europeo per il Diritto degli Stranieri a vivere in famiglia

 

 

 

 

 

 

 

PERCHÉ FIRMARE LA PETIZIONE IN ITALIA

 

 

1)     Disciplina vigente, modalità e termini

 

Secondo la vigente legislazione ha diritto a ristabilire l’unità familiare il cittadino non comunitario regolarmente soggiornante in Italia e titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad 1 anno rilasciato per lavoro subordinato, lavoro autonomo, studio, motivi religiosi, asilo.   

Il diritto a mantenere o a ristabilire l’unità familiare può essere esercitato nei confronti del coniuge non legalmente separato, dei  figli minorenni a carico, anche di un solo coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati o legalmente separati a condizione che l’altro coniuge, qualora esistente, abbia dato il suo consenso, dei  minori legalmente adottati o affidati, dei genitori a carico, dei parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

      Lo straniero che chiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo, cioè che rientri nei requisiti minimi previsti  dalle leggi regionali per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e un reddito annuo minimo, derivante da fonti lecite, di importo pari  all’assegno sociale in caso di ricongiungimento di 1 solo familiare; doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale in caso di ricongiungimento di 2 o 3 familiari; triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di 4 o più familiari. (L’assegno sociale è attualmente di circa L. 850.000 mensili = € 439 circa).

      In ogni caso ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari già conviventi con il richiedente.

 

      La domanda di nulla-osta al ricongiungimento familiare deve essere presentata al Questore del luogo di dimora del richiedente. Dopo la presentazione della domanda di nulla-osta la Questura ha tempo 90 giorni per rilasciare il nulla osta o il rifiuto allo stesso: in mancanza di provvedimento da parte della Questura nel suddetto termine si forma un silenzio assenso che consente al familiare del richiedente interessato al ricongiungimento di ottenere il visto di ingresso per ricongiungimento familiare da parte della rappresentanza diplomatico-consolare italiana all’estero.

      Le autorità consolari rilasciano il visto d’ingresso per ricongiungimento familiare previo accertamento del rapporto di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro e di convivenza.

      Gli stranieri ricongiunti ottengono un permesso di soggiorno per motivi familiari e possono accedere ai servizi assistenziali, iscriversi a corsi di studio o formazione professionale, accedere all’iscrizione alle liste di collocamento, svolgere attività lavorativa subordinata o autonoma.

 

 

2)     Petizione e normativa vigente in Italia

 

Due sono le motivazioni affinché vi sia un forte sostegno alla Petizione da parte di persone, associazioni ed organizzazioni:

 

A.        Benché l’attuale normativa italiana accolga alcune delle istanze della Petizione, va comunque ampliata e migliorata, particolarmente con riferimento all’apprendimento della lingua italiana per il ricongiunto e il diritto alla casa per la famiglia riunita.

 

E’ importante il sostegno alla petizione in quanto alcune norme della legislazione vigente, pur recependo le istanze della petizione, trovano difficoltà nell’interpretazione ed applicazione concreta, specialmente nella prassi amministrativa. In tal senso l’interpretazione istituzionale del “genitore a carico” vuole che il genitore di cui si chiede il ricongiungimento sia totalmente a carico del richiedente già al momento della richiesta di ricongiungimento, mentre la giurisprudenza ha stabilito che è sufficiente dimostrare che il richiedente, prima del ricongiungimento, abbia contribuito anche parzialmente al mantenimento del genitore.

 

Inoltre la prassi amministrativa per l’ottenimento del permesso di soggiorno al ricongiunto comporta tempi estremamente dilatati. Lo straniero che possiede i requisiti per richiedere il ricongiungimento, tra l’acquisizione della documentazione necessaria, la presentazione della domanda e l’evasione della stessa da parte della Questura può attendere diversi mesi. In tal senso, pur non esistendo un limite temporale per la richiesta di ricongiungimento, di fatto lo straniero deve attendere mediamente 5-6 mesi per vedere concretizzato il proprio diritto all’unità familiare. 

 

B.        Ancora di più il sostegno alla petizione risulterà necessario al fine di giungere ad una normativa europea adeguata che possa così contrastare il tentativo di modifica dell’attuale normativa italiana contenuto nel Disegno di legge elaborato dal governo, e di prossima discussione, che si propone  invece di restringere il diritto all’unità familiare.

 

Il  Disegno di legge tende infatti ad escludere il diritto al ricongiungimento con i genitori, limitandolo solo alla possibilità che il figlio/a richiedente sia l’unico figlio; verrebbero anche esclusi i familiari entro il terzo grado inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

 

 

Avv. Luigi Mughini