L’immigrazione trova oggi ostilita’ in due diversi schieramenti: quello che vuole applicare misure protezionistiche in difesa della manodopera nazionale e quello preoccupato per il rischio di un aumento del tasso di criminalita’ nella nostra societa’. Al primo bisognerebbe fare osservare che il beneficio prodotto dall’abbattimento delle barriere protezionistiche e’ tale, per il mercato che lo pratica, da compensare largamente il danno che ne viene alla categoria che si voleva proteggere. Vale per la vendita di auto; vale anche per la vendita di lavoro.

 

Al secondo si dovrebbe venire incontro impedendo che il malvivente straniero possa mimetizzarsi in una vasta popolazione di clandestini del tutto inoffensivi. Si dovrebbe percio’ evitare che chi voglia migrare per lavoro in un paese come il nostro sia costretto a farlo per vie illegali. Ma un soggiorno illegale sara’ obbligato se pretenderemo – come si cerca di fare in Europa – che il lavoratore straniero che chieda un visto di ingresso abbia stipulato preventivamente un contratto di lavoro: un rapporto di lavoro puo’ sorgere infatti solo da un incontro diretto, sul posto, tra datore di lavoro a lavoratore. Bisogna quindi consentire un soggiorno legale finalizzato alla semplice ricerca di un’occupazione. La soluzione piu’ semplice consiste nel permettere a chi viene nel nostro paese – poniamo – con un visto di ingresso per un soggiorno di breve durata (turismo, per esempio) di ottenere, nel momento in cui trova una possibilita’ di lavoro, un permesso di soggiorno per lavoro senza dover fare ritorno in patria. E’ la liberalizzazione dell’immigrazione? Ci va molto vicina, ma consente agli Stati di mantenere il controllo di chi entra e chi esce, perche’ lo stesso straniero ha interesse a che tutto avvenga alla luce del sole.