Dossier Statistico Immigrazione 2001 - XI Rapporto Caritas sull’immigrazione

 

Introduzione di mons. Guerino Di Tora

Comitato Promotore Dossier Statistico Immigrazione

 

 

            Presentiamo quest’oggi l’undicesima edizione del “Dossier Statistico Immigrazione” della Caritas, uno studio sempre più organico dove sinteticamente si possono trovare i dati più aggiornati sull’immigrazione.

            Rivolgo, innanzi tutto, un sentito ringraziamento alle numerose strutture che hanno fornito i dati, all’équipe che li ha elaborati con dedizione e competenza, e a tutti voi partecipanti, che con la vostra presenza attestate la necessità di promuovere una politica migratoria partecipata e vicina alle esperienze che si fanno alla base.

            Porgo questo ringraziamento a nome della Caritas di Roma e delle varie realtà ecclesiali che fanno parte del Comitato promotore del “Dossier”, giunto quest’anno alla sua undicesima edizione: la Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes, le espressioni territoriali di questi due organismi pastorali (mi riferisco in particolare alle Regioni Lombardia, Piemonte, Triveneto, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia) e il Centro Studi Emigrazione dei Padri Scalabriniani. Mi piace ricordare che ricorre quest’anno il 30° anniversario della costituzione della Caritas Italiana, ricorrenza che ci sprona a fare di più e meglio in tutti i settori della società nei quali c’è maggior bisogno di solidarietà e perciò anche nel settore dell’immigrazione.

Un ringraziamento va poi agli organismi internazionali (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Ufficio Internazionale del Lavoro), alle strutture pubbliche (Ministero del Lavoro e Cnel) e agli enti (Inps, Inail, Università di Siena) che hanno contribuito al finanziamento della nostra ricerca o a quanti contribuiranno alla sua diffusione, come ha nno fatto da sempre la Regione Lazio e il Comune di Roma e spero continuino a fare la Provincia di Roma e anche altri Enti Locali.

Nel volgere di sei/sette mesi verranno diffuse in tutta Italia e anche all’estero 20.000 copie del “Dossier”, in varie occasioni gratuitamente, come oggi a Roma e in contemporanea a Milano e a Torino, ovvero con un semplice contributo per coprire le spese vive. Ci ripromettiamo, come lo scorso anno, di presentare il “Dossier” in una quarantina di città con il coinvolgimento delle Caritas, degli Enti Locali e di quanti hanno patrocinato il “Dossier”. Si tratta di un enorme sforzo che facciamo volentieri, perché la mancanza di una corretta informazione può essere di grave pregiudizio in questo delicato settore. Per questo mi permetto di rivolgere, anche quest’anno, un appello a facilitare ulteriormente l’elaborazione del “Dossier”: infatti, con una maggiore apertura e celerità da parte di tutte le strutture che possiedono dati sugli immigrati, il nostro sussidio potrebbe diventare  più completo e funzionale.

            Il compito di chi introduce il dibattito consiste nel riuscire a dare, in poco tempo, alcuni spunti necessari per le relazioni che seguiranno. E’ quanto cercherò di fare soffermandomi su queste tre idee di fondo: 1. Andare alle radici del fenomeno dell’immigrazione; 2. Accettare la storia; 3. Elaborare un progetto valido per il futuro.

 

1.     Andare alle radici del fenomeno dell’immigrazione

Le migrazioni sono fortemente intrecciate con il problema del sottosviluppo: i flussi migratori per lo più si configurano non come libere scelte ma come movimenti forzati dalla necessità della sussistenza. Hanno suonato come campanelli d’allarme le proteste contro una certa forma di globalizzazione e gli stessi drammatici attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti, un paese che ha accolto con generosità milioni di emigrati italiani: come cristiani ispirati al messaggio di Dio che è amore e, più in generale, come persone di buona volontà non possiamo accettare la violenza, che distrugge e non riesce a creare se non paura e terrore. Dopo questa condanna senza ambiguità bisogna, per prevenire altre reazioni inaccettabili, interrogarci sulle cause che direttamente o meno stanno alle loro origini.

Il primo capitolo del “Dossier” si apre con una mappa degli egoismi planetari e mostra come due miliardi di persone abbiano un reddito mortificante della dignità umana. Per rendersi conto di questa situazione bisogna prendere in considerazione i meccanismi economici e commerciali che vigono a livello globale e che accentuano le disparità anziché livellarle. In questa occasione mi limito  solo a richiamare il principio della destinazione universale dei beni della terra, che costituisce uno tra i punti principali della dottrina sociale della chiesa cattolica e che così spesso viene disatteso.

Di fronte a questo oceano di bisogno è utile, come si propone di fare il governo, anche detassare gli aiuti devoluti per fini umanitari, ma il problema è più ampio e bisogna predisporci a una maggiore condivisione con chi non ha. Inoltre bisogna ricordare che, anche lavorando con generosità (obiettivo dal quale siamo ben lontani), si richiedono molti anni prima che i flussi migratori possano entrare a regime.

Nella situazione attuale è fuorviante pensare che l’aiuto allo sviluppo, tanto più se poco consistente come quello concesso attualmente, faccia venire meno la necessità di emigrare. La questione, messa così, è assolutamente male impostata e finisce per essere un alibi per la nostra incuria rispetto ai paesi più sfortunati del mondo.

 

2.     Accettare la storia

L’andamento squilibrato dello sviluppo mondiale, la crescita demografica nei paesi poveri e il declino demografico di molti tra i paesi ricchi, tra i quali l’Italia, indicano che l’immigrazione non solo perdurerà nel corso di questo secolo ma andrà aumentando di consistenza. Poiché sono in gioco potenti cause strutturali, lo scenario è predeterminato e in esso sono inclusi i flussi migratori: possiamo modellare, indirizzare, coordinare tale scenario ma non lo possiamo sopprimere.

Tenuto conto che l’immigrazione resterà a lungo una componente non trascurabile delle società occidentali, bisogna essere molto più attenti, nei discorsi e nei comportamenti, a non alimentare chiusure e pregiudizi di fondo nei confronti degli immigrati, tanto più che anche noi siamo stati per più di un secolo emigrati all’estero. Sarebbe moralmente grave per il nostro paese spezzare il legame che unisce la nostra lunga storia di esodo, che ci viene ricordata da quattro milioni di italiani residenti nel mondo, e la nostra storia attuale di paese di immigrazione.

In un mondo che abbiamo voluto globalizzato per l’esportazione delle nostre merci e dei nostri servizi, perché pensare che chi viene da fuori è di per sé un pericolo? Il fenomeno migratorio, anche se comporta dei problemi, è anche una preziosa risorsa: perché non considerare la differenza  un incentivo allo scambio e al dialogo? Perché non riconoscere che molti dei problemi addebitati in esclusiva o quasi agli immigrati, come quello della sicurezza, si riferiscono a una crisi di convivenza civile già in atto?

Affinché l’apertura agli immigrati sia effettiva, bisogna rendere praticabili e incentivanti le modalità di ingresso regolare e rendersi conto che le norme eccessivamente rigide finiscono per penalizzare, oltre agli immigrati, il nostro stesso paese.  Questo va detto con convinzione perché vicino ai migranti non deve restare solo la chiesa e le associazioni o qualche partito ma l’intera società, che da tale presenza trae vantaggio in questa fase storica.

Non possiamo non essere per un futuro ordinato, basato sulla giustizia e sulla solidarietà, e perciò auspichiamo sul tema dell’immigrazione una coesione molto più ampia, come viene affermato in un brano dell’introduzione al “Dossier” collegialmente condiviso da tutto il Comitato promotore: “Vi sono aspetti sostanziali della politica migratoria, imperniati sul rispetto della persona umana e sul dovere dell’accoglienza, che non possono non essere da tutti condivisi a prescindere dalla diversa estrazione culturale e politica e che non devono essere sentiti in contrasto con l’interesse a politiche efficaci di sicurezza…Sull’immigrazione non siamo all’anno zero e sono molti i punti da considerare patrimonio comune”.

 

3. Elaborare un progetto valido per il futuro

Se ipoteticamente fossero possibili chiusure ermetiche delle frontiere, non si lasciassero entrare nuovi lavoratori e addirittura si impedisse il ricongiungimento di coniugi e figli, i compiti della politica migratoria rimarrebbero gli stessi sul piano qualitativo. Ogni 35 residenti, già adesso uno è immigrato: spesso la cultura dei nuovi venuti e anche le loro religioni sono differenti e ciononostante sono interessati a vivere in Italia a lungo e forse per sempre.

Un progetto politico valido sull’immigrazione deve cercare di collocare queste differenze all’interno di un quadro unitario di valori fondamentali, che salvaguardi la sostanza della nostra tradizione culturale e religiosa e riesca ad accettare le altre culture e le altre religioni chiedendo loro la disponibilità  a inserirsi, senza contrapposizioni, in un quadro pluralista. Serve una genuina concezione della mediazione culturale, che non sia solo concepita come strumento di sostegno all’operatività degli uffici pubblici, ma funga da ponte e agevoli, da una parte, il processo di integrazione degli immigrati e, dall’altra, il mutamento della società italiana che li accoglie. Non serve demonizzare le differenze, visto che dovremo vivere insieme, e serve invece l’impegno di reciproco adattamento.

La nostra iniziativa “Forum per l’intercultura”, che coinvolge tanti immigrati, da dieci anni promuove a Roma e anche in altre città italiane la conoscenza del “diverso” e migliaia di professori, decine di migliaia di studenti e molte persone dei più diversi ambiti societari ci hanno ringraziato per essere stati aiutati a scoprire nuovi orizzonti.

Una parola va spesa anche sul dialogo interreligioso, che riguarda tutte le confessioni religiose ma desta preoccupazioni specialmente quando si tratta di musulmani. Ebbene, con molti fratelli musulmani abbiamo sperimentato la pratica della reciproca accettazione e del ridimensionamento di ciò che ci divide, per cui diventa fondato sperare che i leader musulmani formatisi nel mondo dell’immigrazione col tempo siano in grado, anche nei confronti dei paesi di appartenenza, di contribuire a ridimensionare spigolosità dottrinarie e tradizioni assolutizzanti che, per il fatto di negare uguale dignità agli altri, non possono venire da Dio ma da tradizioni storiche oggi non più accettabili.

Ricollegando questi grandi principi di convivenza con l’attualità, devo dire che il disegno di legge sull’immigrazione recentemente proposta dal Governo desta in noi non poche preoccupazioni perché, come è stato autorevolmente evidenziato dalla CEI, è orientato in senso piuttosto restrittivo e già ora fortemente discusso, in attesa del confronto nelle sedi istituzionali. Come Caritas di Roma, sull’esempio dell’indimenticabile don Luigi Di Liegro, ci siamo sporcati e continueremo a sporcarci le mani su questa e su altre aree di potenziale emarginazione.

In previsione del dibattito parlamentare sul disegno di legge governativo, abbiamo predisposto delle considerazioni  imperniate su questi punti critici:

- il collegamento eccessivamente strumentale tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che tra l’altro mette l’immigrato in condizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro;

- la notevole restrizione dei ricongiungimenti familiari, anche per parenti a carico o nipoti handicappati, che non favorisce la stabilizzazione e l’integrazione socio-culturale;

- l’insufficiente potenziamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e in particolare l’abolizione della prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro;

- l’immediata applicazione dell’espulsione amministrativa con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica nella quasi totalità dei casi, finendo per violare principi di rango costituzionale;

- l’aumento del trattenimento nei centri di permanenza temporanea da 30 a 60 giorni dei cittadini stranieri senza titolo di soggiorno, che rimarrà peraltro in gran parte priva di efficacia senza una concreta collaborazione con le autorità dei paesi di provenienza;

- il problematico accesso del diritto all’asilo, trattato in coda al disegno di legge sulla base di procedure accelerate e sommarie, che non tiene in considerazione le proposte di direttive presentate dalla Commissione Europea.

            Chiediamo che il Governo e il  Parlamento prestino maggiore attenzione all’esperienza delle forze ecclesiali e sociali da sempre impegnate su questo campo e speriamo che le modifiche legislative, attraverso i ripensamenti necessari, riescano a reprimere gli abusi e i traffici clandestini senza colpire indistintamente tutti gli immigrati. L’obiettivo dell’integrazione reciproca deve essere facilitato, anche con una maggiore dotazione di risorse, come merita la stragrande maggioranza degli immigrati ai quali dobbiamo una grande riconoscenza. Non è fondato ritenere che a favore dell’immigrazione si sia fatto tutto il possibile e che ora sia il tempo della severità: ciò rischia di inquadrare innanzi tutto sotto un aspetto esclusivamente di ordine pubblico quello che è innanzi tutto un grande fenomeno sociale, funzionale ai bisogni della società italiana di oggi .

 

Delineata così la cornice dell’attuale fase migratoria, chiedo a Franco Pittau, coordinatore del “Dossier Statistico Immigrazione”, di esporre i punti più salienti di questo XI Rapporto e anche di coordinare i successivi interventi, che propongo siano della durata di circa 15 minuti per contenere l’incontro nell’ambito di due ore. Io mi riservo di intervenire nuovamente alla fine per chiudere con i  ringraziamenti.