DOCUMENTO APPROVATO DAL GRUPPO DI LAVORO SUI MIGRANTI

E ASSUNTO DALLA RIUNIONE PLENARIA

DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI FORUM SOCIALI

A FIRENZE IL 20-21 OTTOBRE 2001

 

In numerose città i Forum sociali hanno posto in questi mesi le questioni relative ai migranti al centro della battaglia complessiva contro la globalizzazione neoliberista e contro i processi di polarizzazione identitaria incrementati dalla guerra e dal terrorismo.

Ciò non è casuale: è il frutto iniziale ma radicato di un impegno che ha visto il 19 luglio sfilare a Genova oltre cinquantamila uomini e donne in difesa dell'universalità dei diritti, a partire dai migranti, che vedono continuamente a rischio la stessa sopravvivenza nella "civile" Europa.

Le mobilitazioni che ancora nelle ultime settimane, come negli anni passati, hanno visto in piazza migliaia di migranti, da Venezia a Brescia, da Genova a Roma e Napoli, non sono state però assunte dalla totalità del movimento e stentano a trovare visibilità nella società civile.

 

Quello delle migrazioni non è un tema o un settore d'intervento specifico fra gli altri, ma una questione strategica, paradigmatica dell'erosione globale dei diritti e della democrazia. Attorno ad essa vengono al pettine tutti i nodi fondamentali su cui si è espresso il "movimento dei movimenti": dalla trasformazione della cittadinanza a quella del lavoro.

La libera circolazione delle persone, materialmente rivendicata e praticata dai migranti, disegna una globalizzazione opposta a quella neoliberista, che abbatte le barriere per merci e capitali mentre moltiplica i confini contro profughi e migranti.

A questo laboratorio cosmopolita d'una diversa globalizzazione il movimento deve connettersi, per scoprirvi le stesse ragioni che l'hanno condotto in piazza da Seattle a Genova, fino al no alla guerra detto in trecentomila a Perugia.

 

Proprio la guerra contro il Sud del mondo, insieme alle politiche liberiste e discriminatorie sostenute dagli Usa e dall'Occidente, spinge ad individuare nello straniero, specie se musulmano, un pericoloso nemico da reprimere, controllare, espellere, deprivare delle già risibili libertà individuali.

 

Da questo clima d'intolleranza razzista nasce il disegno di legge Bossi-Fini, un testo che si può definire segregazionista perché, inasprendo le politiche di controllo e repressione già introdotte dalla legge 40/'98, sancisce una vera e propria apartheid giuridica, civile, sociale e lavorativa.

La clandestinità, di fatto imposta come unica via d'accesso al territorio nazionale, e il nesso stretto fra lavoro e soggiorno, consegnano i migranti alla dipendenza semischiavistica da trafficanti e datori di lavoro.

La precarizzazione, la segregazione e l'arbitrio di polizia investono anche gli immigrati regolari, spezzando i percorsi di cittadinanza, introducendo barriere e ghetti nel lavoro e nella società, indebolendo tutti i lavoratori e le lavoratrici, imbarbarendo le relazioni sindacali e sociali e lo stesso stato di diritto.

Inoltre il diritto d'asilo è negato alla radice, attraverso la segregazione dei richiedenti asilo e l'assoluta mancanza di tutele durante la procedura e nella fase di difesa.

 

Questo imbarbarimento peraltro è già in atto nel blocco delle frontiere, nella deportazione dei profughi dalle guerre e dai drammi planetari, nei rastrellamenti su base etnica e nella criminalizzazione dei luoghi di aggregazione dei migranti, prospettata ad esempio dalla decisione di sgomberare a Roma, in nome della "lotta al terrorismo", gli alloggi precari occupati dai migranti.

Le politiche di rastrellamento, espulsione e deportazione si avvalgono, in Italia come in tutta Europa, di centri di detenzione indegni di un stato di diritto nei quali ogni giorno vengono reclusi uomini e donne incolpevoli, ed ora si vorrebbe recludere anche i richiedenti asilo.

 

Noi contrapponiamo l'integrità delle persone umane alla loro riduzione a merce da lavoro ed a merce politica per gli imprenditori della xenofobia.

Non accetteremo mai che i diritti fondamentali siano violati da norme e leggi inumane, e difenderemo sempre i soggetti e i luoghi che ne siano minacciati.

 

Il movimento in cui ci riconosciamo antepone la libera circolazione delle persone a quella delle merci e dei capitali, favorisce a valorizza l'enorme arricchimento culturale di cui i migranti sono portatori, non concepisce civiltà che non sia plurale, capace di contaminarsi e ridefinirsi, così da garantire ad ogni individuo eguali diritti, dignità, possibilità di realizzare il proprio futuro.

Questa che, nel momento in cui c'è chi chiama allo scontro tra civiltà,  può apparire un'utopia, è una realtà da praticare e costruire giorno per giorno nei territori, in nome d'una visione del mondo che aspira ad affrontare le diseguaglianze fra Nord e Sud e di abolire il privilegio dei pochi sullo sfruttamento dei molti.

 

Per questo chiamiamo il "movimento dei movimenti" ad un'assunzione di responsabilità.

 

Chiamiamo tutti i Forum sociali territoriali che non lo abbiano già fatto a costituire gruppi di lavoro sull'immigrazione, a raccordarsi con le organizzazioni già esistenti, a sviluppare campagne d'inchiesta sociale sul lavoro e le condizioni dei migranti e di sensibilizzazione per bloccare il ddl Bossi-Fini.

 

La denuncia degli abusi e delle discriminazioni e la tutela delle vittime va organizzata in rete attraverso un Osservatorio a livello nazionale.

 

Chiediamo a tutto il movimento di assumere, nell'immediato, le campagne per il diritto al soggiorno delle centinaia di migliaia di migranti che ne hanno chiesto l'emissione o il rinnovo, e per la protezione umanitaria dei profughi dalle guerre passate e presenti.

 

Proponiamo che il 10 novembre i migranti e i profughi aprano a Roma la manifestazione nazionale contro il WTO e la guerra, le cui forme dovranno assicurare la visibilità dei cento "popoli di Seattle" contro il pensiero unico e l'unica bandiera delle destre di governo, e che il giorno dopo, domenica 11 novembre, si tenga a Roma un'assemblea nazionale insieme a tutte le forze sociali e politiche che intendono impegnarsi contro il ddl Bossi-Fini, e in particolare:

 

-       per il diritto all'esistenza legale e all'emersione dalla clandestinità, oggi e in futuro,  di tutti coloro che vivono e lavorano in Italia;

-       per contrapporre ai trafficanti la certezza di ingressi legali per ricerca di lavoro e per asilo;

-       per i diritti civili e politici: voto amministrativo, accesso alla cittadinanza, "civilizzazione" delle competenze per il soggiorno;

-       per l'eguaglianza di tutti gli esseri umani, a prescindere dal loro status giuridico, nell'accesso ai diritti sociali fondamentali (salute, casa, istruzione, lavoro), e per la difesa del diritto all'unità familiare;

-       per il rifiuto dei centri di detenzione, e per la garanzia in ogni caso del diritto alla difesa e al ricorso;

-       per norme di tutela per la popolazione rom;

-       per una legge organica che garantisca il diritto costituzionale di asilo.

 

Su questi obiettivi chiamiamo a un confronto tutta la società civile, per opporre alla barbarie legislativa e sociale un percorso di mobilitazione che, passando per assemblee e mobilitazioni locali di cui siano protagonisti gli stessi migranti e per la loro presenza e visibilità nelle prossime manifestazioni sindacali, giunga ad organizzare una grande manifestazione unitaria a Roma sabato 1. dicembre contro il ddl Bossi-Fini e per i diritti di cittadinanza.