Caro Paolo,
qualche considerazione sulla faccenda del numero di stranieri
disoccupati:
In Italia si entra – a fini di lavoro – in due modi:
con chiamata da parte di un datore di lavoro ovvero a seguito di
sponsorizzazione. Nel primo caso, lo straniero e’ immediatamente
occupato, e non passa attraverso l’iscrizione al collocamento. Nel
secondo, lo straniero si iscrive al collocamento, in attesa di trovare
occupazione. Consentimi di trascurare le iscrizioni operate da coloro che siano
titolari di un permesso che consenta di farlo (motivi di famiglia, lavoro
autonomo, etc.), perche’ e’ un gioco da ragazzi, che lascio al
volenteroso lettore, includerle nel ragionamento che sto per svolgere.
In Italia – d’altra parte - esiste una norma (T.U.
art.22, co.9) che limita a un anno il periodo di possibile disoccupazione dello
straniero (anche qui semplifico un po’: mi urge la necessita’ di
mettere tutto sotto forma di equazioni, e le equazioni hanno in odio i
distinguo di cui – invece – si nutre giustamente il giurista).
In queste condizioni, la variazione nell’unita’ di
tempo del numero di iscritti al collocamento e’ data – si puo’
dimostrare - da:
dc/dt = i(t) + d(t) - a(t) - [i(t-T) + d(t – T)] exp(- T
<a/c>)
In quest’equazione, le varie quantita’ hanno il
seguente significato:
c(t) e’ il numero di iscritti al collocamento
all’istante t (es.: 270000 iscritti); dc/dt e' la derivata rispetto al
tempo di questa quantita';
i(t) e’ il numero di ingressi di sponsorizzati
nell’unita’ di tempo, all’istante t;
a(t) e’ il numero di avviamenti al lavoro di iscritti al
collocamento per unita’ di tempo, all’istante t (es.: 20000
avviamenti per mese);
d(t) e’ il numero di lavoratori che restano disoccupati
nell’unita’ di tempo e si reiscrivono al collocamento,
all’istante t;
T e’ il massimo periodo di disoccupazione consentito (es.:
un anno);
<a/c> e’ la media della quantita’ a/c nel
periodo che va dall’istante “t-T” all’istante
“t”.
L’ultimo termine che appare nell’equazione rappresenta
il numero di coloro che, essendosi iscritti al collocamento per la prima volta,
da sponsorizzati (o essendo rimasti disoccupati) – diciamo – un
anno prima dell’istante considerato, non sono riusciti a trovare, nel
frattempo, un (nuovo) lavoro, perdendo cosi’ la facolta’ di soggiornare
in Italia. Si tratta, cioe’, del numero di lavoratori che escono dalle
liste di collocamento non perche’ rientrino negli avviamenti al lavoro,
ma perche’ vedono scadere, con il periodo “T”, il loro
diritto a restare iscritti.
La funzione exp(...) che appare in quel termine e’ definita
– lo dico per Maroni – come il numero di Neper, “e”,
elevato alla quantita' che appare, in parentesi, come argomento della funzione
exp. Il numero di Neper vale circa 2.72, ed e’ la base dei logaritmi
naturali. L’abbiamo incontrato al liceo o, piu’ di recente, alla
pagina “Forse non tutti sanno che” della Settimana Enigmistica.
Nota che quella funzione ha un valore molto piccolo se
l’argomento e’ grande (cioe’ se c’e’ un flusso
relativamente alto di avviamento al lavoro – “a/c” grande -,
o se il disoccupato ha a disposizione un tempo lungo per trovare lavoro –
“T” grande). In questo caso, il dimagrimento delle liste di
collocamento associato al “tempo scaduto” e’ trascurabile.
La stessa funzione invece si avvicina al suo valore massimo
(uguale a 1) se l’argomento e’ piccolo: pensa al caso limite
– deprecabilissimo dal punto di vista di qualunque governo - in cui non
vi siano avviamenti al lavoro (tutti gli iscritti, dopo un tempo T di inutile
attesa di occupazione, verrebbero esclusi dalle liste); oppure, pensa al caso
– deprecabilissimo, dal nostro punto di vista – di un periodo T
molto breve, che non consenta che a pochissimi dei neo-iscritti o degli
iscritti di ritorno di trovare occupazione: tutti gli altri finirebbero per
incappare nell’esclusione dalle liste. In questi casi, il dimagrimento
e’ tutt’altro che trascurabile.
Si impone allora una prima considerazione: se, dati certi valori
delle quantita’ “a”, “d” e “i”
(flussi di avviamento al lavoro, di disoccupazione di ritorno e di
disoccupazione di ingresso), ci si dimentica di depurare le liste da coloro per
i quali e’ scaduto il tempo T utile per cercare lavoro, si sovrastima
dc/dt (la crescita del numero di iscritti al collocamento): e’ un
po’ come conservare, nelle liste elettorali, i morti.
Si puo’ obiettare: ma non e’ detto che quelli per i
quali il tempo e’ scaduto se ne vadano effettivamente. Ne sono convinto.
Tuttavia e’ assai probabile che non riescano piu’ a rinnovare il
permesso di soggiorno. Mai piu’, allora, potranno stipulare un nuovo
contratto di lavoro regolare e risultare cosi’ avviati al lavoro: al pari
dei morti nelle liste elettorali, resteranno per sempre iscritti nelle liste di
collocamento e faranno perdere il sonno a chi esamini i dati relativi.
Si impone anche una seconda considerazione: un obiettivo
accettabile, per un ministro del lavoro, potrebbe essere quello di garantire
che il numero di disoccupati non aumenti (se diminuisce, tanto meglio). Fammi
allora semplificare un po’ le cose, giusto per puntare all’essenziale.
Supponiamo che i flussi di avviamento al lavoro (“a”) e di
sopravvenuta disoccupazione (“d”) siano costanti nel tempo (per me,
che non so ne’ leggere, ne’ scrivere, ne’ far di conto,
ne’, tanto meno, predire il futuro, e’ un’ottima
approssimazione). Una soluzione dell’equazione
dc/dt = 0
(numero di iscritti al collocamento costante)
e’ data da un flusso di ingresso costante e pari a
i = a/[1- exp(- T <a/c>)] – d
Nota che, dal momento che il denominatore che appare nel primo
termine a secondo membro di questa equazione e’ minore di 1, il flusso di
ingresso puo’ essere positivo anche se il flusso di avviamento al lavoro,
“a”, e’ inferiore al flusso di disoccupazione di ritorno,
“d”. Con i numeri che ho citato come esempio (tratti dalle tabelle
che mi hai segnalato), si ottiene che, perche’ “i” sia
positivo (perche’ sia ammessa una quota di ulteriori immigrati per
sponsorizzazione, cioe’), e’ sufficiente che sia
a/d > 0.59
Nota anche che, se queste aquile dei nostri governanti decidono di
dimezzare il periodo T (facendolo passare da un anno a sei mesi), la condizione
perche’ ci si possa permettere un flusso di sponsorizzati senza far
crescere il numero di iscritti al collocamento e’ ancora piu’
rilassata:
a/d > 0.36
In altri termini, anche con un flusso di avviamento di poco
superiore a un terzo del flusso di disoccupazione di ritorno, ci si puo’
permettere flussi non nulli di immigrazione in cerca di lavoro.
A questo punto mi potrai fare osservare che probabilmente siamo
ben lontani dall’avere flussi di avviamento al lavoro cosi’ bassi
rispetto ai flussi di disoccupazione di ritorno. Bene: questo fa si’ che
i flussi ammissibili per ricerca di lavoro non siano solo marginalmente
superiori a zero, ma possano essere anche corposi. Quanto corposi? Dipende,
ovviamente dal rapporto “a/d”. Tra i dati che mi hai segnalato il
flusso di disoccupazione di ritorno (“d”) non figura. Mi auguro che
figuri tra i dati contenuti nel prossimo Dossier Statistico della Caritas. Qui
faccio solo un esempio: supponiamo che sia
a/d = 0.75
(il che significherebbe un flusso di disoccupazione di ritorno
pari a circa 27000 reiscrizioni al collocamento per mese), e che le aquile
lascino il loro ddl nel cassetto. In questo caso “T” resterebbe
pari a un anno (e noi tutti ci sentiremmo molto confortati). Il flusso
compatibile con una crescita zero del numero di iscritti al collocamento
sarebbe pari a
i = 87000 sponsorizzazioni per anno
Nella sventurata ipotesi, invece, che le aquile decidano di
approvare il ddl cosi’ com’e’ (“T” ridotto a sei
mesi), si avrebbe
i = 346000 sponsorizzazioni per anno.
Non stupirti di una cifra cosi’ grande: e’ tutto
merito degli andamenti esponenziali.
Naturalmente, se le aquile approvassero il ddl cosi’
com’e’, l’attuale,
glorioso articolo 23 del Testo Unico verrebbe sostituito da una broda
insipida, e per sponsorizzazione non entrerebbe piu’ nessuno. Si potrebbe
attingere, pero’, al bacino di… turisti. Se ricordo bene, i
permessi di soggiorno rilasciati per turismo nel 1999 (ultimi dati a
disposizione) erano stati, appunto, intorno ai trecentocinquantamila...
Ciao
Sergio
p.s.: Un’ultima osservazione: mi viene segnalato da Torino come
da molto tempo ormai gli uffici provinciali del lavoro non registrino gli
avviamenti al lavoro. Se questo succede a Torino non oso immaginare cosa
succeda in citta’ meno “europee”.
Mi si ricorda poi come tutte le forme di occupazione in nero
sfuggano al censimento dei dati relativi agli avviamenti. Sacrosanto!
Con riferimento a quanto detto sopra, entrambe queste circostanze producono,
ovviamente, una sottostima della quantita’ “a” e, quindi, per
esempio, del flusso di ingresso “i” necessario a mantenere
invariato il numero di iscritti al collocamento.
Al contrario, il tener conto della possibilita’ di
iscrizione al collocamento da parte di titolari di altri permessi (es.: motivi
familiari o lavoro autonomo), non soggetti al capestro della durata massima del
periodo di disoccupazione, porta a modificare l’equazione per dc/dt nel
modo seguente:
dc/dt = i(t) + i’(t) + d(t) + d’(t) - a(t) - [i(t-T) +
d(t – T)] exp(- T <a/c>)
i’(t)
essendo il flusso di nuove iscrizioni al collocamento da parte di soggetti di
questo tipo, e d’(t) il flusso di disoccupazione di ritorno per gli
stessi soggetti. Come vedi, queste due quantita’ non figurano nel termine
di “dimagrimento”, dato che nessuno neghera’ loro il rinnovo
del permesso in nome di una condizione di disoccupazione troppo prolungata.
Se
immaginiamo anche questi flussi costanti nel tempo e cerchiamo il valore del
flusso di ingresso (dall’estero) di immigrati in cerca di lavoro tale da
mantenere costante il numero di iscritti al collocamento, troviamo ora:
i = (a – i’ – d’)/[1- exp(- T
<a/c>)] – d
La
presenza di questi due termini equivale, quindi, a una diminuzione degli
avviamenti al lavoro “efficaci”: una parte degli avviamenti sara’
sottratta ai soggetti a disoccupazione limitata, beneficiandone invece soggetti
che potrebbero stagnare in condizioni di disoccupazione senza problemi riguardo
al soggiorno.