Enrico Pugliese

Continuità e rotture nella politica migratoria (Dal centro sinistra alla destra)

 

(La Rivista del Manifesto, ottobre 2001)

 

 

Premessa

Una tematica che mostra in maniera particolarmente significativa il nesso tra  elementi di continuità e elementi di rottura esistenti tra la linea del precedente governo di centro-sinistra con quella dell’attuale governo di destra è rappresentata dalla politica migratoria.

Esponenti del nuovo governo e della nuova maggioranza si sono espressi fin dalla campagna elettorale con dichiarazioni di fuoco contro la politica migratoria dei governi di centro-sinistra e in particolare la legge Turco-Napolitano, ritenuta (ovviamente a torto) responsabile dei massicci ingressi in Italia di immigrati stranieri legali e non, lavoratori e non. Al fine di ridurre o bloccare gli ingressi clandestini gli esponenti leghisti e post-fascisti hanno proposto l’introduzione, nella legislazione italiana, del reato di immigrazione clandestina. Questo è stato l’aspetto più punitivo, quello su cui  si è maggiormente appuntato l’interesse dell’opinione pubblica, nonché quello più pubblicizzato dagli stessi proponenti della legge Bossi-Fini (appena approvata dal consiglio dei Ministri) salvo poi perderlo per istrada a un certo punto. Un paradosso è che in molti ambienti ancora si parla del reato di immigrazione clandestina come se ancora fosse presente nel disegno di legge, mentre era ovvio fin dall’inizio che non si trattava di una proposta effettivamente praticabile.

Il fatto è che in generale le proposte originarie dell’attuale governo in materia di immigrazione  consistono o in qualcosa che già esiste (ed è anche già applicato) oppure in qualcosa di inapplicabile perché non previsto ( o esplicitamente escluso) dalla tradizione giuridica italiana, dalla Costituzione o da accordi  europei.  Per cui all’atto pratico alcuni degli interventi minacciati finiscono per scomparire: resta però l’effetto dell'orientamento xenofobico e repressivo che li ha determinati e una sostanziale restrizione degli diritti e degli spazi degli immigrati. Questo è il senso della legge Bossi-Fini.

Torniamo al defunto reato di ingresso clandestino. Nel caldo agostano, Giovanni Sartori in un editoriale del Corriere della Sera scriveva: “La proposta Maroni-Fini (la stessa di cui sopra n.d.r.) è di trasformare l’immigrazione clandestina in reato. In termini di diritto la proposta è proponibile; ma in termini pratici è controproducente. Il reato è, nel nostro ordinamento, un illecito penale. Pertanto se l’immigrazione clandestina diventa reato, allora il clandestino entra ope legis  negli ingranaggi infernali del nostro processo penale e del suo esasperante garantismo. Il che gli consente di entrare e restare in  Italia, tra rincorsi, rinvii e cassazioni, anche una decina d’anni. Non è la strada giusta". 

Sartori proponeva in alternativa una soluzione surreale: non prendere atto dell’esistenza degli immigrati clandestini: deportarli e basta!. La preoccupazione di Sartori inoltre  non si riferiva al fatto che le galere italiane, già stracolme, rischierebbero di riempirsi  ulteriormente di poveri disgraziati, ma solo al fatto che costoro potessero accampare un qualche diritto a rimanere in Italia fino al processo. Sartori non è un esponente della maggioranza leghista e post-fascista. Le sue preoccupazioni anti-immigrati riflettono un senso comune diffuso anche nella precedente maggioranza vale a dire la fissazione con il controllo, la paura dell’invasione, la necessità di rassicurare l’opinione pubblica con la linea della fermezza.

Ma, si diceva, questo punto si è perso per istrada. Il meccanismo proposto nella legge è un po' più garantista (si fa per dire), ma  molto più macchinosa: c'è la galera al terzo tentativo di ingresso e la galera non si può più contrattare con l'espulsione: bella furbata per chi non vuole gli stranieri in Italia!.

La legge, lo vedremo più in avanti innova poca: peggiora nella continuità. Ma la cosa che più irrita e preoccupa è l'atteggiamento del governo, a  partire dal Ministro Bossi. Al riguardo colpisce sempre  l’atteggiamento aggressivo della destra e quello difensivo del centro-sinistra sin dai tempi della campagna elettorale. L’argomento principe è la sicurezza e il controllo. La prima denuncia il fatto che c’è ne troppo poco la seconda vanta i suoi successi in materia. La solidarietà scompare dal dibattito. Infine va notato un aspetto un po’ paradossale riguardante il modo in cui in Italia è stata trattata la questione dell’immigrazione, che consiste essenzialmente nel fatto che una legislazione restrittiva riguardante gli ingressi è stata sempre vista come una legislazione di totale apertura. In pratica l’attacco della destra nei confronti prima della legge Martelli e poi della legge Turco-Napolitano si è basato su critiche ad aspetti e problemi che con le leggi non avevano nulla a che fare. Per esempio la legge Martelli è stata criticata perché presuntamente troppo permissiva mentre, com’è noto,  la legge si subito caratterizzata come legge di chiusura.

Insomma il governo Berlusconi non ha ereditato una legislazione lassista, ma una (inefficace) legislazione restrittiva nei confronti degli immigrati. Perciò, volendosi mantenere in un quadro europeo e costituzionale, i cambiamenti non potevano essere eclatanti.

 

 

Il giallo della legge

Questo spiega anche il perché la nuova legge, dopo tutto il clamore iniziale, sia stata presentata piuttosto in sordina; ed è stato difficile, nelle settimane scorse e fino alla approvazione, rintracciare un qualunque documento ufficiale del Parlamento o del Governo che la contenesse. Ciò non significa che la proposta di legge fosse tenuta segreta. Il suo testo fu pubblicato sul quotidiano leghista “La Padania” e ad esso hanno attinto molti dei commentatori che l’hanno analizzata. Tra le analisi va segnalata quella, molto  dettagliata, condotta sul Manifesto da  Massimo Giannetti, che illusrava i singoli punti mettendo in evidenza gli elementi di novità, quelli di particolare pericolosità, nonché quelli  mancanti rispetto alle dichiarazioni iniziali di Bossi e dei post-fascisti (il reato di immigrazione clandestina, giustappunto). Anche un articolo di Giuseppe Faso apparso su “Guerra e Pace” rileva le differenze tra il testo presentato e le dichiarazioni originarie: “Scompaiono nel ddl il tanto agitato reato d’immigrazione clandestina da una parte e il “legittimo uso delle armi” dall’altra. Le differenze più grandi rispetto all’attuale legge in teoria riguardano la restrizione delle possibilità di ricongiungimento familiare e la riduzione del Permesso di Soggiorno a Contratto di Soggiorno: il soggiorno sarebbe così limitato e regolato dalle condizioni di lavoro a termine”.

A parte l’oculata e ufficiosa diffusione  informale il testo è stato presentato agli inizi di agosto in Consiglio dei Ministri e l’opinione pubblica ha dovuto contentarsi di uno scarno comunicato misto di informazioni e di giudizi ideologici dai quali si poteva capire quanto appena detto, vale a dire l’effettiva eliminazione di alcuni degli aspetti più truculenti (spari e ingresso clandestino come reato). Il comunicato, con linguaggio da volantino,  stampa parlava di “Effettività dell’espulsione del clandestino, invertendo la logica che finora ha reso praticata in via principale l’intimazione ad allontanarsi dal territorio nazionale”.

 Dopo la pausa estiva il testo con lievi modifiche viene  discusso e approvato  in data 14 settembre. Secondo Sergio Briguglio i punti essenziali sono i seguenti:

a)soppressione della sponsorizzazione da parte dei privati; b)estensione del numero dei casi in cui si procede ad espulsione con accompagnamento alla frontiera; b)estensione della durata massima del trattenimento nei cpt ( i lager istituiti dalla Turco Napolitano); c)riduzione del periodo di soggiorno per iscrizione nelle liste di
collocamento in caso di licenziamento; d)estensione  anni del periodo necessario
per accedere alla carta di soggiorno; e)trattenimento del richiedente asilo in centri appositi in determinati casi, e procedura accelerata per i casi di sospetta
elusione delle norme sull'ingresso e il soggiorno degli stranieri.

Dunque  la legge approvata è significativamente diversa dal catastrofico programma minacciato (per altro non praticabile, come si è detto) ma rappresenta un significativo peggioramento rispetto alla legge Turco-Napolitano, pur mantenendosi in termini generali all’interno dell’alveo da essa fissato. Non si decreta di "sparare sui gommoni", e non si arrestano i lavoratori presenti in Italia irregolarmente, né li si deporta il giorno che hanno spesso di lavorare. In compenso però si dà disposizione a che tutto diventi più difficile, riduzione della iscrizione presso il collocamento, condizioni per il rinnovo del permesso e della carta di soggiorno, etc.

Così come in generale per le leggi restrittive in questa materia, l’effetto rischia di essere – anzi sarà certamente – opposto a quello dichiarato o proclamato. Pensiamo solo all’eliminazione dell’istituto dello sponsor che serviva a superare tutta una serie di pastoie burocratiche le quali allungavano i tempi o rendevano impossibile l’ingresso regolare. Com’è noto, lo sponsor garantiva nei confronti dello Stato gli immigrati che entravano alla ricerca di un lavoro. Si tratta di una formula che è stata utilizzata a livello di massa e che ha permesso a molti di accedere anche allo status di lavoratore regolare.  Gli effetti della scelta di eliminarla sono facilmente immaginabili.

 

 

L’immigrazione, la Confindustria e il lavoro

Il gran clamore iniziale, oltre che sul reato di immigrazione clandestina, riguardava le limitazioni agli ingresso e al soggiorno dei lavoratori. Illuminante, a tal proposito, una dichiarazione di Bossi al Secolo XIX: "Se fossi il ministro del Welfare non farei entrare nessun immigrato con contratto nei prossimi anni. Zero. Ce ne sono 228mila da riassorbire e sono molti di più dei 30mila previsti dal contingentamento della sinistra, non rispettato". La frase di Bossi è basata ovviamente su di un’informazione mezzo vera  e del tutto mal digerita. Un elevato numero di iscritti al collocamento esprime o un ottimo stato del mercato del lavoro oppure un pessimo stato del medesimo a seconda delle circostanze. Attualmente il numero degli iscritti è altissimo al Nord, dove è altissimo anche il numero degli avviati al lavoro. Le iscrizioni si ricreano ogni anno grazie al fatto che in Italia sono oltremodo elevati mobilità e flessibilità. Se si lavora precariamente nell’area ufficiale dell’economia si entra e si esce dagli uffici di collocamento perciò la preoccupazione di Bossi relativa al riassorbimento non ha motivo di esistere. E non è un caso che i padroni richiedano nuova forza lavoro immigrata. D'altronde anche nelle sue versioni orali più trucide la proposta Bossi-Fini non ha mai contemplato la chiusura all’immigrazione, bensì solo la possibilità di cacciare l’immigrato appena esaurito il rapporto di lavoro. Insomma la proposta dell’immigrato “usa e getta”, per altro tanto cara ai consiglieri dei governi della passata maggioranza, come il Prof. Tito Boeri che qualche mese addietro ne diede una versione particolarmente infelice su Il Sole 24 Ore. E questo è un tragico elemento di continuità. E' inutile denunciare il carattere disumano di una legge, come fanno ora i DS, se essa contiene proposte brutte, ma  meno impraticabili e crudeli di quelle avanzate dai consiglieri di D'Alema.

Per quel che riguarda la Confindustria, da una parte essa negli ultimi mesi  è andata sostenendo che bisogna allargare le maglie degli ingressi: se si aumentano le quote e si rende più facile l'ingresso anche la clandestinità finirà per ridursi. Il discorso  per alcuni versi è condivisibile, essendo noto che l'inasprimento delle chiusure e dei controlli  ha semplicemente reso la vita più difficile agli immigrati incrementando anche i rischi di devianza. Dall'altra parte  le sparate anti-immigrati di esponenti della Lega o di AN hanno avuto  il plauso di esponenti regionali della organizzazione padronale. C'è  comunque una logica in tutto questo: l 'immigrato va bene, purchè non si esageri con i diritti sociali di cittadinanza. I discorsi padronali stabiliscono al contempo l'opportunità di facilitare gli ingressi e di favorire anche l'occupazione dei lavoratori stranieri attraverso la riduzione dei vincoli e delle garanzie sindacali. La spada di Damocle dell'espulsione per chi ha perduto o lasciato il lavoro non è certo  un problema per i padroni.

Certo, i toni  aggressivi e persecutori di Bossi non sono richiamati e non sembrano essere neanche  condivisi dalla Confindustria. Ma l’idea di un permesso di soggiorno a termine, legato a un lavoro a termine, è vista come una interessante forma di allargamento del bacino di mano d'opera. Se qualcuno resta,  niente di grave; purché sia disciplinato e pronto a lavorare.  Ciò che conta è il messaggio: l'avvertimento agli immigrati, il consolidamento dell'idea che essi non devono sentirsi a casa o titolari di diritti.

 

Conclusioni

In conclusione, una volta scomparsi alcuni degli aspetti più eclatanti della proposta originaria, la legge consiste in  un inasprimento della parte più repressiva e meno efficace della legge Turco-Napolitano, la quale - va detto - contiene anche una parte progressista relativa alle politiche sociali. La definizione più efficace dell’operazione è data da Giuseppe Faso: “Come peggiorare una legge già brutta”. Di questo effettivamente si tratta.

Bisognerà studiarsi la parte relativa alle condizioni riguardanti il rinnovo del permesso di soggiorno in relazione alla cessazione dei rapporti di lavoro. Essa in parte recepisce l’orientamento di Bossi, anche se l'identità contratto di lavoro-contratto di soggiorno non c'è più come originariamente proposto. D'altro canto, in un mercato del lavoro altamente precario è difficile far venire e rimpatriare  i lavoratori immigrati a ogni cambio di lavoro: i lavoratori passano continuamente da un’occupazione all’altra ed è veramente impraticabile l'idea di sbatterli via. Insomma per effetto di questa legge, ci saranno forse meno immigrati (poco meno, e forse), ma ci saranno più clandestini e irregolari, più poveri disgraziati nei ctp (nei lager) e nelle galere. Altro che lotta alla clandestinità.

E qui torniamo ancora alla questione delle continuità e delle rotture. Quando gli esponenti della passata maggioranza dicono che alcune delle norme di controllo   proposte con gran clamore da ministri ed esponenti leghisti sono già previste dalla legislazione attuale dicono, purtroppo, una sostanziale verità. Anche nel caso di immigrazione clandestina in alcuni casi di recidiva, c'era già l'arresto, come è stato orgogliosamente fatto notare.

Allora cosa cambia per gli immigrati con i post-fascisti e leghisti al governo? Poco, come abbiamo visto, dal punto di vista del quadro normativo. Ci sarà però un’applicazione più rigida e crudele delle norme esistenti, e - quel che è peggio - una maggiore discrezionalità. E questa non è una innovazione, ma un ennesimo orrendo elemento di continuità. Come scrive G. Faso nel citato articolo su “Guerra e Pace”: “Poco ha fatto il centro-sinistra per limitare la discrezionalità con cui molte questure hanno già praticato il restringimento di alcuni diritti timidamente riconosciuti dalla legge in vigore…nell’applicazione di una legge pessima. Le questure di più che mezza Italia attuano già una serie di forzature, che permettono loro di gestire i rapporti con i migranti, in buona sostanza, sotto il segno dell’angheria. La legge Bossi-Fini accoglie queste forzature e le sancisce, peggiorando così la situazione” . La parte relativa alle politiche sociali per i regolari, per il momento non è attaccata. Qui basta andare avanti con l'usuale sciatteria per non applicarla. Non c'è bisogno di una nuova legge

C’è in tutto questo indubbiamente continuità. E c’è un indubbio e significativo peggioramento.