NATIONS UNIES Haut
Commissariat Pour
Les Refugies Délégation
pour l'Italie Malte,
Saint Marin et le
Saint Siège Tel.:
0039 06802121 Fax:
0039 0680212324 E-mail:
itaro@unhcr.ch Telex:
622430 I UNITED NATIONS High Commissioner for refugees Branch
Office for Italy, Malta, San
Marino and the
Holy See, NAZIONI UNITE Alto Commissariato per i Rifugiati Ufficio per
l'Italia, Malta, San
Marino e la Santa Sede Via Caroncini,
19 00197 Roma
L'attacco terroristico agli Stati Uniti d'America
dell'11 settembre 2001, ha dato luogo ad un rapido peggioramento della
situazione in Afghanistan. L'escalation del conflitto armato tra le fazioni in
guerra, il collasso dei tradizionali meccanismi per far fronte alla crisi
dovuta a tre anni di siccità e il timore di un intervento militare, hanno
provocato la fuga di un crescente numero di afghani dai centri urbani verso le
aree rurali e le aree di frontiera.
Negli ultimi giorni, decine di migliaia di afghani
sono fuggite verso il confine con il Pakistan, mentre altri si stanno spostando
verso il Tagikistan e l'Iran. Tutti i sei paesi confinanti con l'Afghanistan -
Pakistan, Iran, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Cina - hanno
ufficialmente chiuso le proprie frontiere con l'Afghanistan. Il deterioramento
del rispetto della legge e dell'ordine pubblico, il trattamento arbitrario
della popolazione locale da parte delle autorità, la mobilitazione
militare e il reclutamento stanno rendendo ancora più grave la
situazione dei diritti umani nel paese. Se la situazione dovesse deteriorarsi
ulteriormente, la popolazione in fuga avrebbe ancora maggiore necessità
di attraversare le frontiere in cerca di sicurezza.
In tali circostanze l'UNHCR ritiene che gli afghani
in cerca di rifugio all'estero, così come quelli già nel paese
d'asilo, sia nei paesi confinanti che negli altri, abbiano bisogno di
protezione internazionale. Inoltre, essi dovrebbero essere ammessi per motivi
di sicurezza e, anche in caso di un precedente rifiuto sulla base delle
procedure di determinazione dello status di rifugiato su base individuale e
quantomeno non essere deportati.
In una lettera indirizzata il 25 settembre ai
presidenti di Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, l'Alto
Commissario ha fatto appello ai leader di tutti gli stati confinanti ad aprire
le frontiere e garantire protezione a tutti i nuovi arrivati su base
temporanea. Ha inoltre esortato tutti i paesi interessati a garantire
protezione e quantomeno evitare la deportazione degli afghani attualmente
residenti sul loro territorio.
L'ammissione degli afghani alle frontiere
internazionali resta pertanto la prima priorità dell'attività
dell'UNHCR di protezione e di negoziazione con i governi interessati.
Nel caso di un flusso su larga scala, l'UNHCR
comunque non esclude di intraprendere attività di assistenza nelle zone
di confine all'interno dell'Afghanistan in favore delle persone bloccate in
quelle aree, purché sussistano le seguenti condizioni:
· Che condizioni di sicurezza
nell'area interessata siano relativamente stabili e ci si aspetta che restino
tali; che non siano situate in zone di combattimento; che le autorità
che controllano l'area rappresentino interlocutori affidabili, nonché
disposti e capaci di assicurare il carattere civile dei campi, di impedire il
reclutamento forzato e di ammettere persone senza discriminazione.
· Che la struttura consenta
standard minimi di assistenza in termini di alloggio, fornitura di acqua, cibo
e cure mediche; che l'assistenza destinata alla popolazione dei campi venga
usata a questo scopo e non per fini militari;
· Che l'UNHCR e le altre
agenzie umanitarie abbiano accesso in condizioni di sicurezza e senza ostacoli;
· Che le garanzie riguardanti
tali condizioni vengano fornite direttamente all'UNHCR e non, ad esempio,
attraverso intermediari.
Al momento, l'UNHCR non sostiene un'evacuazione
umanitaria per i rifugiati afghani, poiché la ritiene destabilizzante e
tecnicamente difficile da realizzare.
L'Afghanistan confina con Iran, Pakistan, Uzbekistan,
Turkmenistan, Tagikistan e Cina. L'Iran, con 1,5 milioni, e il Pakistan, con 2
milioni, già ospitano un gran numero di rifugiati afghani affluiti in
periodi precedenti. Prima dell'attuale crisi, l'UNHCR ha diretto le procedure
per la determinazione dello status di rifugiato per i nuovi arrivati in
Uzbekistan e Turkmenistan, ed ha collaborato con le autorità pakistane
per l'avvio di un'attività congiunta di screening per coloro che alloggiano
in due soli campi.
In condizioni in cui queste procedure rischiano di
essere sopraffatte e quindi impraticabili, le procedure individuali di asilo o
di screening possono essere temporaneamente sospese nei paesi confinanti dove si
verificano afflussi di massa. La protezione temporanea ha pertanto la funzione
di strumento procedurale, mettendo da parte per quel periodo il fatto che le
persone interessate siano rifugiati in base alla Convenzione (Cina, Iran,
Tagikistan e Turkmenistan hanno aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 e
al Protocollo del 1967) o rientrino nella definizione più estesa.
Nei paesi limitrofi nei quali le dimensioni
dell'afflusso sono relativamente limitata e la determinazione dello status
è ancora possibile e/o per le autorità costituisca l'unica
risposta accettabile, l'espulsione dei richiedenti asilo la cui domanda viene
respinta dovrebbe almeno essere sospesa. Le procedure potrebbero inoltre essere
sospese.
Nel caso in cui le autorità rifiutino di
assicurare protezione ai richiedenti asilo il cui status sia in corso di
determinazione, l'UNHCR potrebbe, in casi eccezionali e solo come ultima
risorsa, estendere il riconoscimento su basi provvisorie rimandando una
valutazione più approfondita a una fase successiva.
1.
Protezione temporanea
L'UNHCR ritiene che si debba garantire la protezione
temporanea ai nuovi richiedenti asilo come approccio pragmatico per assicurare
la protezione temporanea. L'UNHCR suggerisce che la protezione temporanea venga
garantita inizialmente per un periodo di 6 mesi dopo il quale la situazione
dovrebbe essere riveduta dal paese d'asilo in coordinamento con l'UNHCR.
Un altro argomento per sostenere la protezione
temporanea è che, a seconda degli sviluppi (la dimensione di un
possibile intervento armato e le sue ripercussioni politiche in Afghanistan)
non dovrebbe essere esclusa la possibilità di un pronto rimpatrio e che
di conseguenza la necessità di protezione internazionale possa essere di
durata relativamente breve.
In sostanza la protezione temporanea consente:
· L'ammissione nel territorio
e il rispetto del principio di non-refoulement,
· Adeguati standard minimi di
trattamento che sono specifici a seconda della situazione, e il rimpatrio non
appena le condizioni lo permettano.
· L'accesso ai servizi
essenziali come, cibo, alloggio di base, acqua, strutture igienico-sanitarie,
assistenza medica, vestiario,
· Alcune forme di istruzione
di base per i bambini
· La capacità di
riunire le famiglie, almeno i componenti del nucleo più ristretto o i componenti
della famiglia allargata per evitare la mancanza di un elemento maschile. In
questo ambito, gli stati dovrebbero applicare il più alto grado di
flessibilità per favorire, bilateralmente o all'interno dello stesso
paese, la riunificazione dei membri di famiglie separate. E' inoltre ooportuno
promuovere la riunificazione di componenti di famiglie che potrebbero essere
arrivati nel paese in anni precedenti,
· E' essenziale che sia
avviata al più presto la registrazione dei rifugiati secondo procedure
adeguate, in collaborazione o sotto la supervisione dell'UNHCR. Questo
consentirà di conservare le informazioni, di evitare casi di apolidia e
di sviluppare efficaci pratiche di protezione e assistenza, che possono essere
usate successivamente per facilitare il rimpatrio, quando si ritiene opportuno.
Per quanto riguarda la libertà di movimento potrebbe non risultare
possibile per Pakistan e Iran, nel caso di un afflusso di massa, mantenere
l'attuale procedura di consentire la libertà di scegliere il luogo di
residenza nel paese d'asilo. E' probabile che per i nuovi arrivati
l'accoglienza in campi diventi inevitabile. I campi, in ogni caso, non
dovrebbero mai essere località chiuse e dovrebbero essere compiuti
sforzi per garantire un'adeguata libertà di movimento da e verso tali
campi.
L'UNHCR dovrebbe inoltre incoraggiare le
autorità affiché queste consentano ai nuovi arrivati afghani di
poter restare con i membri della famiglia che già risiedono fuori dai
campi.
Dovrebbero essere fatti tentativi - ad esempio con
interviste ai nuovi arrivati, attraverso il processo di registrazione e tramite
contatti con le istituzioni mediche, gli organismi non governativi e i partner
operativi - di individuare già dalla fase inziale il trattamento
opportuno per coloro che necessitano di particolari forme di protezione. In particolare, i minori
non accompagnati o separati avranno bisogno di una rapida identificazione, e
dovrebbero essere prontamente attuate soluzioni per la loro assistenza,
l'identificazione e la localizzazione dei componenti della loro famiglia e
protezione da un'evacuazione non garantita, in cooperazione con altre agenzie
interessate come UNICEF e ICRC.
Nel caso di un esodo su larga scala, l'UNHCR è
preoccupato per la possibile militarizzazione dei campi, che potrebbe minacciare la
sicurezza della popolazione nei campi e degli operatori umanitari e che potrebbe
addirittura condurre a una tensione nelle relazioni tra stati ed anche
all'esportazione della violenza.
Come anche confermato dalla Risoluzione 1208 del 1998
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i paesi d'asilo hanno come
responsabilità principale quella di separare gli elementi armati dai
civili, disarmandoli e detenendoli o adottando altre misure per neutralizzarli.
La comunità internazionale dovrebbe sostenere e assistere gli Stati nel
compiere questa attività. Fin dall'inizio dovrebbe essere chiaro che
l'UNHCR, in quanto organizzazione umanitaria, non ha il mandato né gli
strumenti per imporre e far rispettare la natura civile dei campi profughi.
D'altra parte, quando si abusa dei campi per scopi politico-militari, le
agenzie umanitarie come l'UNHCR non potranno svolgere correttamente la propria
attività.
2.
Considerazioni sul rimpatrio
Non appena in Afghanistan miglioreranno la situazione
generale e il rispetto dei diritti umani, l'UNHCR dovrebbe proporre un processo
di consultazione con gli Stati interessati su una possibile cessazione o una
graduale estinzione della protezione temporanea. Tali consultazioni dovrebbero
aver luogo sulla base di parametri condivisi per valutare le mutate condizioni
nel paese o in rilevanti parti di esso.
Quando il rimpatrio diventa praticabile e la
protezione temporanea cessa, dovrebbero essere presi in considerazione i
seguenti elementi:
· I programmi di rimpatrio
volontario rimarrebbero sempre la soluzione preferibile;
· L'UNHCR non sosterrebbe il
ritorno in zone del paese di origine che non sono quelle di provenienza o di
residenza abituale;
· Sarebbe
responsabilità dell'UNHCR assicurare che questo rimpatrio sia attuato in
condizioni di sicurezza e di dignità, e verso condizioni che siano
sostenibili, non discriminatorie e rispettose del diritto dei rimpatriati;
· Il concetto di
"rimpatrio in condizioni di sicurezza" comprende la necessità
di assicurare che il rimpatrio abbia luogo in condizioni di sicurezza legale
(quali amnistie o garanzie pubbliche della sicurezza personale, e non
discriminazione); la sicurezza fisica include percorsi non minati e sicurezza
materiale (accesso a mezzi di sussistenza);
· Il concetto di "ritorno
in condizioni di dignità" richiede che i rimpatriati vengano
trattati con rispetto e piena accettazione del rimpatrio da parte di coloro che
controllano l'area interessata;
· Le persone che indicano il
timore di persecuzione su base individuale o ragioni che dipendono da
precedenti persecuzioni come impedimenti al rimpatrio dovrebbero beneficiare di
una valutazione individuale del loro caso.
Per i nuovi arrivati afghani che richiedono asilo,
dovrebbe ssere garantito l'accesso a procedure individuali. La protezione
temporanea non è richiesta finché e a meno che nei paesi che non
confinano con l'Afghanistan non si stia verificando un afflusso su larga scala
e che le loro procedure di asilo non siano inadatte a farvi fronte.
· L'UNHCR raccomanda la
determinazione dello status di rifugiato
· L'UNHCR raccomanda che
vengano effettivamente prese in considerazione forme complementari di
protezione per gli afghani non riconosciuti rifugiati in base alla Convenzione
del 1951 che nonostante ciò necessitano di protezione internazionale su
altre basi. Si raccomanda inoltre che queste persone beneficino di permessi di
residenza temporanea e di tutti i benefici annessi a forme complementari di
protezione come previste dalla legge, piuttosto che di una mera sospensione
dell'espulsione;
· nelle procedure di asilo
avviate prima dell'11 settembre 2001, i funzionari dovrebbero esaminare le
dichiarazioni alla luce delle attuali circostanze; ciò implica, tra
l'altro, che la fuga interna o il trasferimento non dovrebbero essere
considerate come alternative attuabili o convenienti alla protezione
internazionale;
· Nonostante alcuni
richiedenti asilo afghani non saranno riconosciuti né come rifugiati in
base alla Convenzione, né come beneficiari di forme complementari di
protezione, per il momento essi non dovrebbero essere respinti in Afghanistan,
data le precarie condizioni di sicurezza nel paese.
· In alcuni paesi la reazione
all'appello dell'UNHCR per non attuare la deportazione potrebbe essere quella
di congelare le procedure di asilo. Comunque, l'UNHCR esorterebbe i paesi a non
congelare la determinazione dello status nelle procedure di asilo avviate prima
dei recenti eventi e di limitare tale "congelamento" alla minima
durata possibile; in caso di nuovi arrivi;
Mentre la condivisione degli oneri non dovrebbe
essere utilizzata come pre-requisito per garantire l'ammissione alla sicurezza,
è evidente che gli Stati confinanti con l'Afghanistan meritano un'ampia
e concreta assistenza da parte della comunità internazionale nel caso di
un ulteriore afflusso di afghani. Con il recente appello finanziario, l'UNHCR
sta già mobilizzando il sostegno internazionale verso questo fine.
Nell'attuale clima di alta tensione internazionale e
timore del terrorismo, l'UNHCR condivide le preoccupazioni di molti per le
sempre più frequenti manifestazioni di pubblica ostilità e
xenofobia. Alcuni Stati stanno considerando di adottare o stanno già
adaottando misure di sicurezza, tra le quali l'introduzione di nuove leggi, che
potrebbe danneggaire la posizione di richiedenti asilo e rifugiati. Il 20
settembre 2001, e successivamente all'apertura del meeting annuale del Comitato
Esecutivo dell'UNHCR il 1° ottobre 2001, l'Alto Commissario ha rivolto un
appello ai leader politici affinché contrastino queste tendenze.
Ottobre 2001