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PAOLO BONETTI PRIME OSSERVAZIONI SULLO SCHEMA
DI DISEGNO DI LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE (BOZZA DEL 31/8/2001) OSSERVAZIONI GENERALI: 1. Il contenuto di tutte le norme del ddl,
contrariamente a ciò che
prevedeva il programma elettorale in materia di immigrazione con cui la Casa
delle libertà ha vinto le elezioni, perché non vi alcun
equilibrio tra accoglienza e integrazione degli stranieri regolarmente
soggiornanti e lotta contro l’immigrazione clandestina. Infatti il ddl comporta nel complesso un disegno che
in nulla si cura dell’integrazione degli stranieri regolarmente
soggiornanti, ma che si occupa soltanto della prevenzione e della repressione dell’immigrazione
clandestina, il che si intende perseguire attraverso: -
un’ulteriore
precarizzazione della condizione dello straniero regolarmente soggiornante,
anche di lungo periodo; -
una forte
repressione dell’immigrazione clandestina, secondo modalità e
forme che talvolta violano i diritti costituzionalmente garantiti e talvolta
appaiono controproducenti perché ostacolando gli ingressi regolari
finiranno per incentivare l’ingresso e il lavoro irregolare; -
un
irrigidimento della disciplina degli ingressi regolari per lavoro secondo
canali e forme che appaiono inutilmente complicate rispetto alle concrete esigenze
del mercato del lavoro e che in realtà ritornano al passato
ripristinando un sistema analogo a quello che fino al 1998 non ha affatto
limitato l'immigrazione, ma al contrario ha determinato un blocco dei nuovi
ingressi regolari per lavoro e ha perciò incentivato il ricorso
massiccio all'immigrazione clandestina e ha così costretto il
legislatore ad intervenire nel 1987, nel 1990, nel 1995 e nel 1998 con
provvedimenti di regolarizzazione. -
la
sostanziale vanificazione del diritto d’asilo e la forte restrizione
della condizione giuridica dei richiedenti asilo 2. Nel merito quasi tutte le norme del ddl si presentano come superflue
o controproducenti o di dubbia legittimità costituzionale, le quali
non colgono nemmeno l’opportunità per prevedere l’adeguamento
dell’ordinamento italiano alle complesse e articolate norme comunitarie
recentemente approvate o in corso di approvazione proprio sugli argomenti che
sono oggetto del ddl: ingressi per lavoro, ricongiungimenti familiari,
standard minimo per le domande di asilo, status degli stranieri titolari di
un permesso di lungo periodo ecc. 3. Dalle osservazioni generali sopra proposte e dalle osservazioni
puntuali che seguiranno si ricava la necessità di un profondo
ripensamento di quel testo di ddl
sotto due profili. In
primo luogo occorrerebbe rinviare ad altro ddl ben più articolato ogni
modifica legislativa delle materie che siano oggetto di recenti o imminenti
norme dell'Unione europea (lavoro, ricongiungimento familiare, asilo): un
mancato rinvio da parte del Governo non servirebbe comunque, ma anzi
comporterebbe un prevedibile blocco dell’esame del ddl da parte delle
Camere, perché durante l’esame del Parlamento sarebbe comunque
evidente la totale inadeguatezza delle nuove norme alle norme comunitarie
– nel frattempo entrate in vigore - e comporterebbe comunque un loro
stralcio in vista di un loro completo ripensamento. In ogni caso anche se in
sede parlamentare tutto ciò non si verificasse una nuova legge che
dimentichi di adeguarsi alle norme comunitarie in materia avrebbe vita
brevissima, perché nel giro di pochi mesi si dovrebbe approvare una
nuova legge per adeguare tutta la legislazione all’imponente massa di
norme comunitarie alle quali l’Italia ha comunque l’obbligo di
adeguarsi in virtù della sua appartenenza all’Unione europea. In
secondo luogo per conseguire effettivamente gli scopi espressamente indicati
nel programma di governo proposto agli elettori - e per evitare effetti del
tutto controproducenti - occorrerebbe chiedersi se prima di addivenire a
modifiche legislative non sia invece più urgente provvedere a
cambiamenti nell'azione diplomatica e nell'attuazione delle norme vigenti,
utilizzando a tal fine l'amplissima discrezionalità che esse lasciano
al Governo in carica. Anche per la
disciplina dell’immigrazione occorre evitare una prassi che è
stata comune a tutti i Governi e i Parlamenti della Repubblica: illudere la
pubblica opinione e/o illudersi che per ottenere un cambiamento di politiche
pubbliche sia sufficiente elaborare un disegno di legge e farlo approvare dal
Parlamento senza approfondire se le nuove norme siano davvero necessarie ed
efficaci per ottenere gli scopi che ci si prefigge o, meglio, senza
interrogarsi se davvero occorra un nuovo intervento legislativo o se invece
sia più efficace e tempestiva un'impegnativa azione politica,
amministrativa e diplomatica per dare una diversa o migliore attuazione alle
norme vigenti. Il rischio è che ancora una volta un Governo
proponga e il Parlamento italiano approvi leggi il cui contenuto non serve
affatto a regolare efficacemente il fenomeno migratorio, ma soltanto a
rassicurare gli elettori timorosi per la propria sicurezza. In ogni caso la storia dimostra che simili
rassicurazioni sono assai effimere e controproducenti, perché un
fenomeno migratorio più represso si trasforma di fatto in un fenomeno
meno regolare e meno controllato e ciò finisce per aumentare ancor di
più la sensazione di insicurezza collettiva. |
Art. 1 (Cooperazione con Stati stranieri)
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Norma
superflua e inopportuna.
Il primo comma potrebbe entrare a far parte di norme di leggi finanziarie o tributarie. In ogni caso il principio della laicità dello Stato e della parità tra le confessioni religiose impedisce di prevedere sconti fiscali a carico di istituzioni “missionarie”. Il
secondo comma è del tutto superfluo perché le misure che
prevede possono essere già oggi adottate dal Ministero degli affari
esteri in base alle leggi vigenti in materia di cooperazione allo sviluppo.
Del resto un incentivo alla collaborazione è già espressamente
previsto dalle vigenti norme del T.U. sull’immigrazione (cfr. artt. 2,
3, 19). Insistere su una forma di sanzione e non di incentivo (come le quote
preferenziali o la cessione di apparecchiature per il controllo) finirebbe
col penalizzare proprio quei Paesi di maggiore emigrazione e impedirebbe
all’Italia di adottare politiche graduali: una forma di sanzione
potrebbe invece consistere nella revoca dei benefici previsti dalla
legislazione sull’immigrazione (p. es. riduzione o eliminazione delle
quote preferenziali di ingresso)
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Art. 2 (Comitato per il coordinamento ed il monitoraggio
dell’attuazione) 1) Dopo l’articolo 2 del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n.
286 recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
inserito il seguente: Articolo 2-bis: (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio
dell'attuazione) 1. È istituito un Comitato per il coordinamento e il
monitoraggio dell'attuazione del presente Testo Unico. 2. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei
ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'interno, ed è composto
dai Ministri degli affari esteri, dell’interno, dell’economia e
finanze, del lavoro della salute e delle politiche sociali, della
sanità, dell'industria, delle attività produttive, della
giustizia, dell’istruzione, dell’università e della
ricerca scientifica, delle politiche comunitarie, delle pari
opportunità e degli affari regionali 3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato
è istituito un gruppo tecnico di lavoro coordinato dal Capo del
Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del
ministero dell’interno e composto da rappresentanti dei ministeri di
cui al comma 2; alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame,
possono essere invitati anche rappresentanti delle altre amministrazioni
interessate all'attuazione del presente Testo Unico. Le funzioni di
segreteria e supporto amministrative sono svolte dal Dipartimento per le
libertà civili e l’immigrazione del ministero
dell’interno». |
Norma
superflua e di dubbia legittimità costituzionale. Un simile
comitato interministeriale può essere istituito in qualsiasi momento
con proprio decreto dal Presidente del Consiglio dei ministri in base alla
legge n. 400/1988, così come è avvenuto nella precedente
legislatura. La mera istituzione per legge di un simile organismo non
può certo incrementarne l’efficacia operativa. Inoltre essa
va in direzione opposta rispetto alla legislazione recente che mira a ridurre
al minimo i comitati interministeriali. E’
altresì evidente che la norma sempre invece mirare a dare una
priorità al Ministero dell’Interno nel coordinamento
dell’indirizzo amministrativo degli altri ministeri, ma così
facendo si viola l’art. 95 Cost. che conferisce tale attribuzione al
solo Presidente del Consiglio dei Ministri. Da
ultimo si segnalano numerosi errori nella denominazione dei Ministeri, alcuni
dei quali sono stati da alcuni mesi soppressi (industria, sanità) o
modificati (ministero del lavoro e delle politiche sociali) o neo-istituiti
(salute). |
Art. 3 (politiche migratorie) 1) Il comma 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
sostituito dal seguente: "4. Con decreto annuale del Presidente del Consiglio dei
Ministri, sentiti i Ministri interessati e le competenti Commissioni
parlamentari, sono definite, entro il termine del 31 dicembre dell’anno
precedente a quello al quale si riferisce il decreto stesso, sulla base dei
criteri di cui al Documento programmatico di cui al comma 1, le quote massime
di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato,
anche per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo, tenuto
conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea
eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi la
necessità, ulteriori decreti potranno essere emanati durante
l’anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro
subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale e per lavoro
autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di
mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale non si fa luogo
al rilascio dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno, fatto salvo
quanto previsto agli articoli 20, 27, 28, 29, 30 e 36. |
Norma in
parte opportuna, in parte ambigua e di dubbia legittimità
costituzionale. Da un lato si
prevede espressamente un termine per la determinazione delle quote di
ingresso in Italia per lavoro; per evitare inutili slittamenti dovuti ad
altre fasi della procedura (Parere parlamentare, emanazione definitiva,
registrazione della Corte dei conti) sarebbe però opportuno precisare
che il termine del 31 dicembre si riferisce alla pubblicazione del D.P.C.M.
di determinazione.
Dall’altro lato si prevede che in caso di mancata emanazione del
D.P.C.M. non si possa più fare riferimento alle quote determinate
nell’anno precedente e che non possano essere rilasciati altri visti e
permessi di soggiorno. La norma è assai ambigua sotto diversi profili. In primo
luogo impedire il rilascio di
permessi di soggiorno intende ovviamente riferirsi non già a
qualsiasi tipo di permesso di soggiorno o di visto di ingresso, bensì
a nuovi permessi di soggiorno e visti di ingresso per lavoro subordinato,
lavoro autonomo, lavoro stagionale: occorrerebbe precisarlo invece di
inserire un lungo elenco di norme (si potrebbe mantenere soltanto il riferimento
all’art. 27). In
secondo luogo un simile divieto impedisce alle Camere di esprimere un proprio
parere anche sulla scelta del Governo di non consentire nuovi ingressi per
lavoro e di fatto consente al Governo con una scelta totalmente discrezionale
di privare di ogni efficacia le norme legislative in vigore in materia di
ingressi per lavoro e ciò contrasta con la riserva di legge in materia
di condizione giuridica dello straniero prevista dall’art. 10, comma 2
Cost. |
Art. 4 (permesso di soggiorno e contratto di soggiorno)
2. Al comma 3 dell’articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
dopo le parole “la durata del permesso di soggiorno è quella
prevista dal visto di ingresso” aggiungere le seguenti “salvo
quanto stabilito dal comma 3-bis”.
“3-bis. Possono altresì soggiornare nel territorio dello
Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’articolo 4, che
siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati a
seguito della stipula di un contratto di soggiorno per lavoro. La durata del
relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal
contratto di soggiorno. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto
in base a quanto previsto dal successivo articolo 22 presso la Prefettura -
Ufficio Territoriale del Governo della provincia nella quale risiede il
datore di lavoro secondo le modalità previste nel regolamento di
attuazione: a) in relazione ad un lavoro stagionale con durata non superiore a
nove mesi; b) in relazione ad un lavoro subordinato a tempo determinato con
durata pari a quella del contratto e comunque non superiore ad un anno. c) in relazione ad un lavoro subordinato a tempo indeterminato con
durata non superiore a due anni. “3-ter. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato
gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato
sulla base della certificazione della competente Rappresentanza diplomatica o
consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti
dall’articolo 26 del presente Testo Unico. Il permesso di soggiorno non
potrà avere validità superiore ad un periodo di due
anni.” 3-quater. Presso le Rappresentanze diplomatiche italiane sono
istituiti i ruoli di immigrazione cui è iscritto lo straniero che ha
sottoscritto il contratto di soggiorno o ottenuta la certificazione per
lavoro autonomo. A tutti i soggetti iscritti nei ruoli di immigrazione
è attribuito il codice fiscale italiano.” 4. Il comma 4 dell'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
sostituito dal seguente: "4. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto
dallo straniero al questore della provincia in cui risiede, almeno novanta
giorni prima della scadenza, ed è sottoposto alla verifica delle
condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal
presente Testo Unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente
Testo Unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno
è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con
rilascio iniziale". 5. Il comma 8 dell'articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
sostituito dai seguenti: "8. il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui
all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di carte magnetiche con
caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi da approvare con decreto
del Ministro dell'Interno, in attuazione dell'Azione comune adottata dal
Consiglio dell'Unione europea il 16 dicembre 1996, riguardante l'adozione di
un modello uniforme per i permessi di soggiorno. 8-bis. Chiunque redige un permesso di soggiorno, un contratto di
soggiorno o una carta di soggiorno falsi o ne altera di veri, ovvero redige
documenti falsi o ne altera di veri al fine di determinare il rilascio di un
permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di
soggiorno, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni e con
la multa da 20 milioni a 50 milioni di lire. La pena è aumentata se il
fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue
funzioni". 6. entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge,
possono altresì stipulare, presso le Prefetture - Uffici Territoriali
del Governo territorialmente competenti, un contratto di soggiorno per lavoro
gli stranieri che, oltre a dimostrare di possedere un adeguato alloggio e non
esser stati destinatari di un provvedimento di espulsione, abbiano presentato
domanda di lavoro subordinato o autonomo ai sensi del Decreto di programmazione
degli ingressi del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 ottobre 1998
o che abbiano ottenuto, nei cinque anni antecedenti all’entrata in
vigore del presente legge, un permesso di soggiorno per lavoro. |
Norma confusa, ambigua e inutile. In generale il "contratto di soggiorno" appare misura di scarsa concretezza ed efficacia sotto diversi profili.In primo luogo il ddl riproduce in realtà norme già in vigore:- la firma di un contratto di lavoro subordinato prima dell'ingresso per lavoro è già attualmente prevista dall'art. 22, comma 8 T.U.- la durata dei permessi di soggiorno per lavoro è la stessa già oggi prevista dall'art. 5, comma 3, lett. b) e d) T.U., lettere che la norma del comma 1 vuole abrogare.In secondo luogo l'istituzione (con il nuovo comma 3-quater) di un ruolo di immigrazione presso i consolati a cui potrebbe accedere chi ha sottoscritto il contratto è assai bizzarra: il “ruolo d’immigrazione” tenuto dai consolati italiani all’estero è sistema analogo alle liste consolari che già oggi sono istituite nell’ambito dell’AILE, anagrafe informatizzata dei lavoratori extracomunitari istituita dall’art. 21, comma 7 T.U. che sarebbe comunque destinato ad estendersi a tutti i consolati italiani, ma lo si lega ad un contratto di lavoro e ad un codice fiscale che di fatto già da un decennio è rilasciato, a richiesta, proprio dopo l'ingresso in Italia.Per fare le modifiche all’ordinamento dell’AILE indicate nel ddl non occorre una modifica legislativa, bensì una modifica dell’art. 41 del regolamento di attuazione del T.U. E’ poi
ragionevole chiedersi con quali risorse umane, strutturali e finanziarie si
possano concretamente istituire fin da subito “ruoli di
immigrazione” in tutti i consolati italiani all’estero. Il comma 3-ter è poi del tutto inutile e contraddittorio perché riproduce la durata di due anni del permesso di soggiorno per lavoro autonomo – durata che era già prevista dal comma 3 dello stesso art. 5 T.U. che il comma 1 vuole abrogare – e si riferisce ai requisiti previsti dall’art. 26 T.U. così come oggi è previsto dalle norme legislative e regolamentari in vigore. Inoltre il nuovo comma 4 dell’art. 5 irrigidisce inutilmente i termini per il rinnovo del permesso di soggiorno:- portare da 30 a 90 giorni i termini per la presentazione della domanda di rinnovo del permesso potrebbe comportare inutili e incomprensibili disguidi pratici con riferimento ai permessi di soggiorno di durata inferiore a due anni e in particolare di quelli di durata compresa tra i 90 giorni e l’anno: pochi giorni o pochi mesi dopo aver ottenuto il rilascio del permesso, lo straniero dovrebbe essere tenuto a richiederne il rinnovo- ridurre a metà la durata del permesso di soggiorno rinnovato significa voler rafforzare la precarietà della condizione degli stranieri regolarmente soggiornanti. La modifica del comma 5 non necessariamente avrebbe richiesto una modifica di norme legislative, anche perché il Ministero dell’Interno non ha provveduto ad attuare l’Azione comune già citata dalla legge. Peraltro una simile modifica legislativa può apparire comunque inopportuna in considerazione della recente proposta della Commissione - COM (2001) 157 : Proposta di Regolamento del Consiglio che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. La norma penale del comma 8-bis appare opportuna, ma per ragioni sistematiche dovrebbe essere collocata nell’art. 12 T.U. che già contiene molte altre norme penali dirette a contrastare ogni tipo di agevolazione dell’immigrazione illegale.Infine il comma 6 appare inutilmente vessatorio nei confronti di tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti: prevedere l’obbligo di stipulare un “contratto di soggiorno” da parte degli stranieri regolarmente soggiornanti per lavoro o che abbiano fatto domanda di regolarizzazione nel 1998 significa dimenticare che centinaia di migliaia di quegli stranieri stanno già svolgendo regolari attività di lavoro subordinato in base a regolari contratti di lavoro già stipulati e verificati. |
Articolo 5 (facoltà inerenti il soggiorno) 1. Al comma 1 dell’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
dopo le parole “prima della sua scadenza,” inserire le seguenti:
“e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero il
rilascio della certificazione della sussistenza dei requisiti previsti
dall’art. 26 del presente Testo Unico da parte dell’Ufficio
Territoriale del Governo competente per il luogo di residenza”. |
Norma superflua, perché riproduce concetto non molto diverso da ciò che già oggi prevede l’art. 14, comma 5 del regolamento di attuazione del T.U. |
Art. 6 (sanzioni per l’inosservanza degli obblighi
dell’ospitante e del datore di lavoro) 1. All’articolo 7 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286
recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, aggiungere
il seguente comma: “3. Le violazioni delle disposizioni di cui presente articolo
sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire
trecentomila a lire due milioni”. |
Norma inutilmente vessatoria.Essa ripristina la sanzione pecuniaria (come già prevedeva l’abrogato art. 147 del T.U. Leggi di P.S.) nel caso di mancata segnalazione dell'ospitante e del datore di lavoro.Si tratta di un'inutile duplicazione di adempimenti (in base alle norme generali vigenti già ogni datore di lavoro deve fare entro 5 giorni dall’assunzione la denuncia della stipulazione del contratto di lavoro ai servizi per l’impiego) che invece potrebbero essere sostituiti da comunicazioni tra i servizi per l’impiego e le Questure, che comporta un irrigidimento che contrasta con la ripetuta esigenza di flessibilità del mercato del lavoro. |
Art. 7 (Carta di soggiorno) 1. Al comma 1 dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, le parole:
"cinque anni" sono sostituite dalle seguenti: “otto
anni”. |
Norma del tutto inutile, dannosa e immotivata. L'elevamento da 5 a 8 anni della durata del soggiorno regolare quale presupposto richiesto per il rilascio della carta di soggiorno contrasta con gli scopi di integrazione sociale degli stranieri regolarmente soggiornanti e dunque appare un irrigidimento inutile, anche perché lo stesso art. 9 T.u. prevede che non è sufficiente il soggiorno ininterrotto per ottenere il rilascio della carta, ma che lo straniero deve avere altri requisiti (reddito, alloggio, parentela ecc.). Inoltre la norma
potrebbe rivelarsi del tutto inutile perché tra poco tutta la
disciplina della carta di soggiorno dovrebbe essere rivista dal legislatore
al fine di adeguarla alle complesse norme della recente proposta di direttiva
della Commissione europea sui soggiorni di lunga durata, il cui presupposto
di durata massima prevista è proprio 5 anni. Cfr. Proposta della
Commissione COM (2001) 127: Proposta di direttiva del Consiglio relativa allo
status dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo (la
Commissione propone che ogni Stato membro debba adeguare il proprio
ordinamento entro il 31 dicembre 2003). Infine la norma del ddl appare in controtendenza con le recenti leggi di altri Paesi europei (Germania) che prevedono il periodo di 8 anni come presupposto non già per il rilascio di un titolo di soggiorno di lunga durata, bensì per la concessione della cittadinanza. |
Art. 8 (Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera) 1. Dopo il comma 1 dell'articolo 11 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
è inserito il seguente: 1.-bis Il ministro dell’interno, sentito, se del caso, il
Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica emana le misure
necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera
marittima e terrestre italiana. Il ministro dell’interno promuove
altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità
italiane competenti in materia di controlli sull’immigrazione e le
autorità europee competenti in materia di controlli
sull’immigrazione ai sensi del Trattato di Schengen. |
Norma del
tutto superflua.
L’adozione di misure di coordinamento è facoltà che già oggi
può essere realizzata: in base al vigente comma 3 dell’art. 11
T.U. le direttive per il
coordinamento dei controlli di frontiera devono essere adottate dal Ministro
dell’Interno, il quale – prima di adottarle - di per sé può
sempre avvalersi del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica,
senza che occorra alcuna nuova norma legislativa. |
Art. 9 (Disposizioni penali contro le immigrazioni clandestine)
3.“Chiunque compia attività dirette a favorire
l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione
delle disposizioni del presente Testo Unico al fine di lucro o in concorso
con due o più persone utilizzando servizi di trasporto internazionale
o documenti contraffatti ovvero quando il fatto riguarda l’ingresso di
cinque o più persone è punito con la pena della reclusione da
quattro a dodici anni e la multa di lire trenta milioni per ogni straniero di
cui è stato favorito l’ingresso in violazione del presente testo
unico.” 3. Dopo il comma 3 dell’ art. 12 del decreto legislativo 25
luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
sono inseriti i seguenti: 3-bis “Chiunque compia attività dirette a favorire
l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione
delle disposizioni del presente Testo Unico al fine di reclutamento di
persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della
prostituzione ovvero quando il fatto riguarda l’ingresso di minori da
impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento,
è punito con la reclusione da 5 a quindici anni e con la multa di lire
cinquanta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito
l’ingresso in violazione delle norme del presente Testo Unico.” 3-ter. : “Alle persone condannate per i fatti di cui ai commi 3
e 3-bis si applicano le disposizioni dell’articolo 4-bis della legge 26
luglio 1975, n.354.” 4. Dopo il comma
9 dell'art. 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo
Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero sono inseriti i seguenti: 9-bis. La nave italiana da guerra o in servizio di polizia, che incontri
in mare territoriale o in acque territoriali una nave nazionale anche da
diporto che si ha fondato motivo di ritenere essere adibita al trasporto di
stranieri clandestini, può fermarla, sottoporla a visita e a
perquisizione, sequestrarla e condurla in un porto dello Stato o nel porto
estero più vicino in cui risieda una autorità consolare
italiana. 9-ter. I poteri di cui al comma 9-bis possono esplicarsi su navi non
nazionali nelle acque territoriali, e, al di fuori di queste, nei limiti
consentiti dalle norme dell'ordinamento internazionale, o da accordi
bilaterali o multilaterali. 9-quater. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-ter si applicano,
in quanto compatibili, anche agli aeromobili". |
Le nuove disposizioni penali e processuali contro le immigrazioni clandestine sembrano riprodurre misure già proposte nella precedente legislatura. Opportuna è la previsione del reato di favoreggiamento dell'ingresso a fine di transito verso altri Stati così ponendo fine alla controversa interpretazione riduttiva data dalla giurisprudenza della fattispecie già oggi prevista dall'art. 12 T.U. Altrettanto opportuna è la previsione di una trasformazione da circostanza aggravante a autonome figure di reato dei delitti oggi previsti dall’art. 3 comma 12 T.U. Peraltro un
ulteriore rafforzamento della lotta allo sfruttamento dell’immigrazione
clandestina potrebbe giungere dall’introduzione di altre misure: - l’estensione
della fattispecie del comma 3-bis al favoreggiamento del soggiorno illegale
(a volte è difficile riuscire a provare che lo sfruttatore dello
straniero clandestino – prostituta, minore o criminale - è anche colui che ne ha
favorito l’ingresso illegale); -
la
previsione di una norma che introduca nel codice penale una circostanza
aggravante comune riguardante delitti compiuti in Italia ai danni di o ad
opera di straniero presente illegalmente sul territorio nazionale. In ogni caso
stupisce che nessuna norma del ddl colga l’occasione per provvedere ad
adeguare le sanzioni attualmente previste nei confronti dei vettori che
trasportano stranieri clandestini alle recenti norme della Direttiva
2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni
dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del
14 giugno 1985, alle quali ogni Stato membro deve comunque adempiere entro
l’11 febbraio 2003. |
Art. 10 (espulsione amministrativa) 1. Il primo periodo del comma 3, dell’art. 13 del decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero è sostituito dal seguente: “3. L’espulsione è disposta in ogni caso con
decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a impugnativa
da parte dell’interessato. Quando lo straniero è sottoposto a
procedimento penale, il questore, prima di eseguire l’espulsione,
richiede il nulla osta all’autorità giudiziaria, che può
negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate anche
in relazione all’interesse della persona offesa. In tal caso il
provvedimento è sospeso fino a quando l’autorità
giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore,
ottenuto il nulla osta, provvede all’espulsione con le modalità
di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora
l’autorità giudiziaria non provveda entro 15 giorni dalla
richiesta. In attesa della sua concessione, il questore può adottare
la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. 2. I commi 4 e 5 dell’articolo 13 del decreto legislativo 25
luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
sono sostituiti dai seguenti: 4. L’espulsione è sempre eseguita dal Questore con
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei
casi di cui al successivo comma 5. 5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel
territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di
validità da più di sessanta giorni e non ne è stato
chiesto il rinnovo, l’espulsione contiene l’intimazione a
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. In
tal caso, il questore può adottare la misura di cui all’articolo
14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze
obiettive riguardanti l’inserimento sociale, familiare e lavorativo
dello straniero, il concreto pericolo che quest’ultimo si sottragga
all’esecuzione del provvedimento.” 3. Il comma 6 dell’articolo 13 del decreto legislativo 25
luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
è abrogato. 4. Il comma 8 dell'art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n.
286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
sostituito dal seguente: "8. Avverso il decreto di espulsione può essere
presentato unicamente il ricorso al tribunale in composizione monocratica del
luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto
l’espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del
provvedimento di espulsione. Il tribunale in composizione monocratica accoglie
o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni
caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di
cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed
è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o
consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso,
da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle
rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne
l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria,
Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un
patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata
dall'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso
al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un
difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice
nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'art. 29 delle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, nonché ove necessario, da un interprete". 5. I commi 9 e 10 dell'art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero sono
abrogati: 6. Sostituire il comma 13 dell’articolo 13 del decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero con il seguente: “13. Lo straniero espulso non può rientrare nel
territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro
dell'interno; in caso di trasgressione, è punito con la reclusione da
uno a quattro anni. E’ obbligatorio l’arresto e si procede con
rito direttissimo. Con la sentenza di primo grado il giudice ordina
l’espulsione coattiva dello straniero. 7. Sostituire il comma 14 dell’articolo 13 del decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero con il seguente: “14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di
dieci anni, salvo che il tribunale in composizione monocratica o il tribunale
amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui
ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata per un periodo non
inferiore a tre anni, sulla base di motivi legittimi addotti dall'interessato
e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato sul territorio
dello Stato.” |
Norma di dubbia legittimità costituzionaleLa nuova disciplina dell'espulsione amministrativa rende ordinario il regime dell'esecutorità dell'espulsione amministrativa stessa, salvo che nei casi di straniero a cui il permesso sia scaduto da più di 60 giorni e non ne sia stato richiesto il rinnovo, rende più certi i tempi per il nulla osta dell'A.G., raddoppia da 5 a 10 anni il periodo di divieto di rientro (senza distinguere i diversi tipi di motivo di espulsione) e trasforma il rientro illegale dell'espulso in delitto (con pene più che raddoppiate e processo per direttissima).L'esecutorietà immediata dell'espulsione amministrativa - misura che di per sè può essere legittimamente scelta dallo Stato (a condizione di sapere se e come sia effettivamente eseguibile) - è però incostituzionale in questa forma sotto due profili.In primo luogo viola la riserva di giurisdizione prevista dall'art. 13 Cost.: come ha confermato la sent. n. 105/2001 della Corte costituzionale l'accompagnamento immediato alla frontiera è una misura limitativa della libertà personale che deve essere disposta e/o convalidata dall'autorità giudiziaria.In secondo luogo si viola la riserva rinforzata di legge prevista dall'art. 10, comma 2 Cost., nella parte in cui si viola l'art. 1 del Prot. n. 7 Conv. eur. dir. uomo del 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990 n. 98, che impone di lasciare agli stranieri già regolarmente soggiornanti un termine per potersi di difendere contro l'espulsione prima che questa sia eseguita, salvo che l’espulsione sia disposta per gravi motivi di ordine pubblico.E’ evidente che sono da ritenersi regolarmente soggiornanti tutti gli stranieri espulsi ai sensi dell’art. 13, comma 2 T.U. E’ comunque
chiaro che in generale il diritto alla difesa dello straniero espulso
è privato di ogni effettività. In particolare appare del tutto
liberticida la norma che prevede un termine per il ricorso di 60 gg. dalla
data del provvedimento di espulsione e non dalla data della comunicazione
dello stesso allo straniero. Infine la nuova disciplina dell’espulsione amministrativa appare comunque carente dal punto di vista comunitario, perché omette di dare attuazione alla recente Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, alla quale ogni Stato membro dell’Unione deve adeguarsi entro il 2 dicembre 2002.
|
Art. 11 (Esecuzione dell'espulsione) 1. “Il comma 5 dell’articolo 14 del decreto legislativo
25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti
la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero è sostituito con il seguente con il seguente: “La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo
di complessivi trenta giorni. Qualora sia particolarmente difficoltoso
l’accertamento dell’identità e della nazionalità,
ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio, il giudice unico, su
richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta
giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o
il respingimento non appena possibile, dandone comunicazione senza ritardo al
giudice unico”. 2. Dopo il comma 5 dell’art.14 del decreto legislativo 25
luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
è aggiunto il seguente: “5-bis) Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero
presso un Centro di permanenza temporanea ovvero trascorsi i termini di
permanenza senza aver eseguito l’espulsione ovvero il respingimento il
questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il
termine di cinque giorni. Lo straniero che senza giustificato motivo si
è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione
dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma precedente,
è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è
nuovamente espulso con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica. E’ obbligatorio l’arresto e si procede con rito
direttissimo. Al fine di assicurare l’esecuzione dell’espulsione,
il questore può disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del
presente articolo”. |
Norma di dubbia legittimità costituzionale e di scarsa efficacia.Il raddoppio a 60 giorni del termine massimo del trattenimento nei centri di permanenza dello straniero espulso o respinto e la previsione di una sanzione penale per lo straniero uscito dal centro alla scadenza che non lasci il territorio nazionale, con ulteriore espulsione coattiva, sono misure che da sole sono di assai dubbia efficacia.Se infatti il problema è la difficoltà di identificazione della persona da allontanare allora tale problema resterà anche dopo che lo straniero sia dimesso dal centro e dunque nessun rimedio è efficace all'ineffettività se non è accompagnato dall'effettiva stipulazione ed entrata in vigore di precisi accordi di riammissione con i Paesi di origine. Con i Paesi con cui simili accordi sono in vigore è più che sufficiente l'attuale termine masssimo di trattenimento di 30 giorni.Tuttavia per stipulare tali accordi non occorre alcuna modifica legislativa, bensì una forte azione del Governo che svolga le opportune azioni nei confronti dei Governi di quei Paesi a livello diplomatico bilaterale e multilaterale.In tal senso la norma si rivela inutilmente costosa, sia sotto il profilo della restrizione della libertà personale, sia sotto il profilo degli oneri finanziari da sostenere per l'estensione del numero dei centri di permanenza (come confermano le stime dell'art. 22 ddl).Il comma 5-bis inoltre rende evidente che è del tutto illusoria l’esecutività dei provvedimenti amministrativi di espulsione che l’art. 10 ddl prevede di generalizzare, perché in realtà i provvedimenti potranno comunque restare ad esecuzione differita qualora non sia stato possibile trattenere lo straniero in un centro di permanenza temporanea (prevedibilmente per mancanza di spazi e/o di centri). |
Art. 12 (Determinazione dei flussi di ingresso) 1. Dopo il comma 4 dell'art.21 del decreto legislativo 25 luglio 1998
n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
inserito il seguente: "4-bis. Il decreto annuale o i decreti annuali devono
altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta
di lavoro suddivisi per regioni, province e comuni, elaborati
dall’anagrafe annuale informatizzata istituita presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali di cui al successivo articolo 21 comma 7 il
cui regolamento di attuazione dovrà prevedere anche possibili forme di
collaborazione con altre strutture pubbliche e private. |
Norma di difficile applicazione e di dubbia legittimità costituzionale La
suddivisione per regioni, province e comuni della determinazione dei flussi
di ingresso appare irrealizzabile sotto diversi profili. In primo
luogo nel vigente ordinamento i fabbisogni lavorativi sono rilevati a livello
provinciale. In secondo
luogo non si comprende quale sia l'efficacia di tale suddivisione
territoriale, se cioè finisca per limitare in modo incostituzionale la
libertà di circolazione e soggiorno nelle diverse zone del territorio
italiano degli stranieri regolarmente soggiornante o la loro
possibilità di instaurare rapporti di lavoro. |
Art. 13 (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro
autonomo) 1. L’articolo 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286
recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
sostituito dal seguente: 1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante
in Italia che intenda instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato
a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente
all’estero deve presentare alla Prefettura - Ufficio Territoriale di
Governo della provincia di residenza apposita richiesta nominativa di nulla
osta al lavoro. Nei casi in cui il datore di lavoro non abbia una conoscenza
diretta dello straniero, può richiedere il nulla osta al lavoro di una
o più persone iscritte nelle liste di cui all’art. 21, comma 5,
selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
Analogamente il datore di lavoro procede nei casi di contratto per lavoro
stagionale o per assistenza domestica o domiciliare privato stipulato da
appositi soggetti accreditati e autorizzati dalle regioni ad assumere lavoratori
stranieri. 2. Contestualmente alla domanda di nulla osta al lavoro, il datore di
lavoro deve presentare idonea documentazione indicando le modalità
della sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero. 3. La prefettura - Ufficio Territoriale del Governo tramite
l’ufficio provinciale del lavoro rilascia il nulla osta nel rispetto
dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma
dell’articolo 3, comma 4 e dell’articolo 21 previa verifica delle
condizioni offerte dal datore di lavoro allo straniero che non possono essere
inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi nazionali di categoria. 4. Ai fini di cui al comma 3 la Prefettura - Ufficio Territoriale del
Governo fornisce mensilmente al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali il numero e il tipo dei nulla osta rilasciati secondo le medesime
classificazioni adottate nei decreti di cui all’art. 3, comma 4,
precisando quelle relative agli Stati non appartenenti all’Unione
Europea con quote riservate. 5. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un
periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio. Qualora il nulla
osta sia rilasciato, il datore di lavoro consegna alla Prefettura - Ufficio
territoriale del Governo la proposta di contratto di soggiorno comprensiva
dell’accollo per lo stesso datore di lavoro delle spese di ritorno
dello straniero nel Paese di provenienza. La prefettura - Ufficio
Territoriale del Governo, ricevuta la proposta e acquisito il nulla osta da
parte della competente Questura, trasmette la documentazione agli Uffici
Consolari tramite il Ministero degli Affari Esteri. Gli uffici consolari, del
Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli
accertamenti di rito presso quelle autorità di polizia, a rilasciare
il visto di ingresso. Entro otto giorni dall’ingresso, lo straniero
dovrà recarsi presso la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo
per la firma del contratto di soggiorno che sarà, a cura di
quest’ultima, trasmesso all’autorità consolare competente. 6. E’ fatto obbligo al datore di lavoro di comunicare alla
prefettura - Ufficio Territoriale del Governo qualsiasi variazione del
rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero. Il datore di lavoro che
viola tale obbligo è soggetto al pagamento di una somma di denaro da
un milione a cinque milioni di lire. 7. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in
Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere
munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine
o di stabile residenza del lavoratore previa esibizione dell'autorizzazione
al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio della questura competente. 8. Le questure forniscono all'INPS, tramite collegamenti telematici,
le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali
è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque
idoneo per l'accesso al lavoro; l'INPS, sulla base delle informazioni
ricevute, costituisce un “Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari”,
da condividere con tutte le altre Amministrazioni pubbliche; lo scambio delle
informazioni avverrà sulla base di apposita convenzione da stipularsi
tra le Amministrazioni interessate. 9. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare
il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente residenti del
permesso di soggiorno. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di
soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per
dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il
periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque,
salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un
periodo non superiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le
modalità di comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, anche
ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento
con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari. 10. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori
stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo,
ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito con
la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa di 5 milioni per ogni immigrato
irregolare impiegato. 11. Salvo quanto previsto, per i lavoratori stagionali, dall'articolo
25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i
diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne
indipendentemente dalla vigilanza di un accordo di reciprocità. I
lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l'attività lavorativa
in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di
richiedere, nei casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni
internazionali, la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro
favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento
annuo. 12. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza
sociale, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29
luglio 1947, n. 804, e successive modificazioni ed integrazioni, sono estese
ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro
in Italia. 13. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il
riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in
assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e
modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il
lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del
presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione
programmati nel territorio della Repubblica. 2. All’articolo 26, comma 5 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La rappresentanza
diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero, la
certificazione dell’esistenza dei requisiti previsti dal presente
articolo ai fini degli adempimenti previsti dall’articolo 5, comma
3-ter, del presente Testo Unico, per la concessione del permesso di soggiorno
per lavoro autonomo.” |
Norma inopportuna e controproducente Anzitutto la norma appare del tutto inopportuna e
intempestiva perché interviene su una disciplina che però
dovrà comunque essere profondamente modificata di nuovo fra qualche
mese per adeguarla alle norme della direttiva comunitaria in materia - cfr.
Proposta della commissione europea COM (2001) 386 (01) dell’11 luglio
2001 di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d'ingresso e di
soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgere attività
di lavoro subordinato o autonomo – direttiva delle cui complesse e
assai articolate norme (alle quali la Commissione propone che ogni Paese
membro si debba adeguare entro il 1 gennaio 2004) il ddl tiene in alcun
conto.
Si prevede come unica modalità di ingresso per lavoro subordinato quella tramite l'autorizzazione al lavoro su richiesta di un datore di lavoro italiano che già oggi all’art. 22, comma 8 T.U. impone la stipula di un contratto di lavoro tra datore di lavoro e lavoratore.La procedura in realtà riproduce – con qualche altro ritocco - il testo di quella già oggi prevista l'art. 22 T.U. (aggiornandola alla recente istituzione degli uffici territoriali del Governo che hanno inglobato anche le Direzioni provinciali del lavoro), ma aggiunge agli obblighi del datore di lavoro quelli di garantire le spese del rientro in patria dello straniero. Tale obbligo - che nella prassi italiana fu in vigore fino al 1986 - costituisce un onere eccessivo e inutile per il datore di lavoro e ciò irrigidisce il mercato del lavoro e finisce con l'incentivare il ricorso all'immigrazione clandestina. Inoltre il comma 9 conferma che in caso di perdita del posto di lavoro lo straniero non è costretto a lasciare il territorio nazionale, ma ha diritto di restarvi per trovare un altro posto di lavoro. Tuttavia il periodo è inopinatamente ridotto a soli 6 mesi, così dimenticando così i casi dei corsi di riqualificazione professionale ecc., e legando eccessivamente il destino dello straniero regolarmente soggiornante alle mutevoli variazioni dell'andamento del mercato del lavoro. |
Art. 14 (prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro) 1. L'articolo 23 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286
recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero è
abrogato. |
Norma del
tutto inopportuna e controproducente. In generale la nuova disciplina del lavoro subordinato prevista dagli artt. 13 e 14 ddl in realtà ritorna al passato ripristinando un sistema che fino al 1998 non ha affatto limitato l'immigrazione, ma al contrario ha determinato un blocco dei nuovi ingressi regolari per lavoro e ha perciò incentivato il ricorso massiccio all'immigrazione clandestina e ha così costretto il legislatore ad intervenire nel 1987, nel 1990, nel 1995 e nel 1998 con provvedimenti di regolarizzazione. In particolare
l'abrogazione degli ingressi per inserimento nel mercato del lavoro dimentica
che dal punto di vista antropologico tutte le migrazioni per lavoro (inclusa
quella italiana) sono avvenute non tanto attraverso le vie ufficiali,
bensì attraverso la cosiddetta "catena migratoria" dei
connazionali che aiutano i nuovi ingressi di amici e parenti e ne orientano
l'inserimento sociale e lavorativo. In tal senso il fatto che nel 2000 e nel
2001 la maggioranza dei garanti (sponsors) sia stata straniera non è
affatto una circostanza da guardare con sospetto (al contrario qualche
sospetto di elusione potrebbe far sorgere il garante italiano...),
bensì è la conferma che l'inserimento nel mercato del lavoro
incanala, controlla e fa venire alla luce il naturale movimento migratorio
che altrimenti si affiderebbe a canali criminali e clandestini. A ciò
si aggiunga che tale canale è indispensabile per quei tipi di lavori
di fiducia che esigono un incontro diretto sul territorio tra datore di
lavoro e lavoratore (p. es. lavoro domestico, assistenza alle persone ecc.).
La soppressione di tale nuova via appare dunque del tutto controproducente
per chi voglia davvero prevenire efficacemente l'immigrazione clandestina.
L’abrogazione dell’ingresso per inserimento nel mercato
del lavoro è inutile anche perché la vigente disciplina
legislativa già oggi consente al Governo la massima
discrezionalità nella determinazione delle quote e dunque consente
ogni cautela contro possibili abusi, sicchè il relativo D.P.C.M. ben
potrebbe di volta in volta prevedere anche limiti qualitativi, cioè p.
es. limitare tali tipi di ingressi a rapporti di lavoro relativi a ben
determinati settori, qualifiche e mansioni o a determinate zone del Paese in
cui il tasso di disoccupazione sia inferiore alla media nazionale. |
Art. 15 (Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo) 1. Dopo il comma 7 dell'articolo 26 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
è aggiunto il seguente: 7-bis. “La condanna definitiva per alcuno dei reati previsti
dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II della legge 22 aprile
1941, n.633 e successive modifiche e integrazioni relativi alla tutela del
diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la
revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e
l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo
della forza pubblica”. |
La previsione dell'espulsione immediata per lo straniero che commercia, produce o distribuisce prodotti falsi e contraffatti di per sé non suscita particolari problemi, ma la norma prevista dal ddl si espone a numerose critiche. In primo luogo
occorre precisare se l’espulsione sia da intendersi quale misura di
sicurezza o pena accessoria oppure se debba essere disposta con provvedimento
amministrativo, nel qual caso essa violerebbe la riserva di giurisdizione
prevista dall'art. 13 Cost. In secondo
luogo sorgono spontanei alcuni dubbi circa la ragionevolezza e
l’equità della norma sotto due profili. Da un lato una
simile sanzione inserita in un articolo dedicato al lavoro autonomo sembra
riferirsi ai soli stranieri titolari di un permesso di soggiorno per lavoro
autonomo e non già ad ogni straniero titolare di qualsiasi tipo di
permesso di soggiorno. Dall’altro
lato una simile sanzione potrebbe essere efficace e ragionevole se almeno si
accompagnasse ad una specifica aggravante da prevedersi nei confronti di
chiunque ceda a qualsiasi tipo merce contraffatta a stranieri. |
Art. 16 (Ricongiungimento familiare) “1. Sono abrogate le lettere c) e d) del comma 1
dell’articolo 29 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante
il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;” |
Norma del tutto inopportuna
Essa esclude dal
ricongiungimento familiare i genitori a carico e i parenti entro il terzo
grado, ma si pone in radicale contrasto con la proposta di direttiva sul
ricongiungimento familiare in corso di approvazione a livello dell'Unione
europea che anche a tali categorie espressamente consente di ricongiungersi:
cfr. Proposta della Commissione – COM (2000) 624: proposta modificata di direttiva del Consiglio
relativa al diritto al ricongiungimento familiare (presentata dalla
Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE). In ogni caso il ddl non coglie l’occasione
per prevedere alcuna norma che recepisca e adatti l’ordinamento
italiano a quella prposta di direttiva,alla quale tutti gli stati membri, una
volta definitivamente approvata, dovranno conformarsi entro il 31 dicembre
2002. |
Art. 17 (Centri di accoglienza e accesso all'abitazione) 1. L'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 40 del decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero è soppresso. 2. Dopo il comma 1 dell'articolo 40 del decreto legislativo 25 luglio
1998 n. 286 recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
è inserito il seguente: "1-bis. L'accesso alle misure di integrazione sociale è
riservato agli extracomunitari che dimostrino di essere in regola con le
norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente Testo
Unico, e delle leggi e regolamenti vigenti in materia". |
Norme controproducenti e superflue. Il primo comma
abroga la facoltà del sindaco di disporre l’alloggiamento di
stranieri non regolarmente soggiornanti che si trovino in situazione di
emergenza, che comunque era prevista ferma restando il rispetto delle norme
sulla loro espulsione o respingimento. La norma appare del tutto
controproducente, perché non spiega come si possa provvedere ad
alloggiare costoro anche quando non siano disponibili centri di permanenza
temporanea e assistenza o quando si verifichi un ingresso per motivi di
calamità naturale o di disastri pubblici. Così la norma finisce
per gravare di tali oneri i soli enti del “privato sociale”. Il secondo
comma è del tutto superfluo perché già oggi gli artt..
40, 41, 42 t.u. prevedono misure di integrazione sociale soltanto in favore
di stranieri regolarmente soggiornanti. |
Art. 18 (aggiornamenti normativi) 1. “Nelle disposizioni del Decreto legislativo 25 luglio 1998 n.
286 recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, tutte le
volte in cui ricorre la parola “pretore”, si intende sostituita
da “tribunale in composizione monocratica” 2. Nelle disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286
recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, tutte le
volte in cui ricorre la locuzione “ufficio periferico del ministero del
lavoro” si intende sostituita da “Prefettura - Ufficio
Territoriale del Governo”. |
Norma
superflua. La norma
prevede sostituzioni e aggiornamenti che sono già previste da altre
norme generali vigenti, quelle sull’istituzione del giudice unico di
primo grado e sul riordino dell’organizzazione del Governo. |
Art. 19 (Ampliamento dell’organico della Polizia di Stato) 1. Ai fini dell’attuazione della presente legge
l’organico della Polizia di Stato è aumentato di mille
unità nel ruolo degli agenti ed assistenti, di duecentoventicinque
unità nel ruolo dei sovrintendenti, di duecentocinquanta unità
nel ruolo degli ispettori, di venticinque unità nel ruolo dei
commissari, da destinare agli uffici di polizia di frontiera e uffici
immigrazione. 2. All’assunzione del personale di cui al comma 1 nel 2002 si
provvede in deroga a quanto stabilito dall’art. 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni. 3. All’onere derivante dall’attuazione del presente
articolo pari a 90.505 milioni di lire per il 2002, a 90.505 milioni di lire
per il 2003 e a 90.505 milioni a partire dal 2004, si provvede mediante..... |
L'ampliamento di 1.500 unità degli organici della Polizia di stato rivelarsi una misura di apparente efficacia.Da un lato è evidente che prima che il nuovo personale sia in funzione occorreranno alcuni anni dall'entrata in vigore della legge per svolgere i concorsi ed addestrare i vincitori.Dall'altro lato è evidente che tale misura si rivelerebbe comunque inadatta se non fosse accompagnata dall'istituzione di una vera e propria Specialità all'interno della Polizia di Stato (la Polizia di frontiera e dell'Immigrazione) in cui specializzare nel tempo il nuovo e vecchio personale di polizia addetto alle pratiche relative agli stranieri. |
Art. 20 (permesso di soggiorno per i richiedenti asilo) L’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 1 del decreto
legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito con legge 28 febbraio 1990, n. 39
è sostituito come segue: “Il Questore territorialmente
competente, quando non ricorrano le ipotesi previste nei successivi articoli
1 bis e 1 ter, rilascia, dietro richiesta un permesso di soggiorno temporaneo
valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento”. |
|
Art. 21 (procedura accelerata) Dopo l’articolo 1 del decreto legge 30 dicembre 1989, n.416,
convertito con legge 28 febbraio 1990, n. 39, sono inseriti i seguenti
articoli: Art.1 bis
a) per verificare e determinare la sua nazionalità o
identità, qualora egli abbia smarrito, distrutto o comunque fatto
scomparire i suoi documenti di viaggio e/o d'identità, oppure abbia,
al suo arrivo nello Stato membro, presentato documenti falsi per fuorviare le
autorità; b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo,
qualora tali elementi vadano altrimenti perduti; c) nell'ambito di un procedimento avviato per decidere se il
richiedente ha il diritto di essere ammesso nel territorio dello Stato. Il trattenimento deve sempre aver luogo nei seguenti casi: d) nell’ambito della valutazione di una domanda di asilo
presentata dallo straniero intercettato, suo malgrado, in fase di elusione
dei controlli di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di
soggiorno irregolare; e) nell’ambito della valutazione di una domanda di asilo
presentata da uno straniero già destinatario di un provvedimento di
espulsione o respingimento.
Art. 1 ter
Art. 1-quater
Articolo 1-quinquies La Commissione centrale per il riconoscimento per lo status di rifugiato di cui all’articolo 2
del D.P.R. 15.5.1990, n. 136 è trasformata in Commissione nazionale
per il diritto di asilo nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta congiunta del Ministro dell’Interno e degli
Affari Esteri. Essa è presieduta da un Prefetto ed è composta
da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della
carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento delle Libertà
Civili e dell’Immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della
Pubblica Sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in
Italia dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione
nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga
composizione. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento
delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti
delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri
decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi. Con il regolamento di cui, all’articolo 1 bis, 2^ comma,
saranno fissate le modalità di funzionamento della Commissione
nazionale e di quelle territoriali. Articolo 1-sexsties Il comma 7 dell’articolo 1 del D.L. 30 dicembre 1989 n. 416
come convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39, è abrogato. E’ prevista la possibilità di concedere contributi a
richiedenti asilo in condizioni di indigenza e che non siano ospitati presso
i centri di accoglienza o altre strutture finanziate dallo Stato o da enti
locali, secondo le modalità che saranno stabilite con il regolamento
di cui all’articolo 1 bis. 2^ comma. Articolo 1-septies Fino all’emanazione del regolamento di cui all’articolo 1
bis, 2^ comma, rimangono in vigore le normative e le procedure attuali |
Norme
inopportune, intempestive e di indubbia illegittimità costituzionale Le disposizioni in materia di asilo previste dagli articoli 20 e 21 appaiono ambigue sotto vari profili. In primo luogo
è evidente che non si può racchiudere in soli due articoli una
disciplina così delicata e complessa su un diritto costituzionalmente
garantito e sulla quale sono state recentemente approvate direttive comunitarie In secondo
luogo è evidente la grave inopportunità di provvedere a
disciplinare ancora parzialmente il diritto d’asilo, perché
occorre e/o occorrerà comunque adattare tutta la legislazione anche
alle ben più complesse ed articolate norme delle direttive comunitarie
recentemente approvate in
materia o in corso di approvazione: 1) Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi; a tale direttiva ogni Stato membro ha già oggi l’obbligo di adeguarsi entro il 31 dicembre 2002; 2) Proposta della Commissione – COM (2000) 528: Proposta di
direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli
Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di
rifugiato; (la Commissione propone che ogni Stato membro debba adeguarsi a
tali norme entro il 31 dicembre 2002) 3) Proposta della
Commissione – COM (2001) 181: Proposta di direttiva del Consiglio
recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli
Stati membri; (la Commissione propone che ogni Stato membro debba adeguarsi a
tali norme entro il 31 dicembre 2002). Non a
caso dunque il ddl sul diritto d'asilo che era stato approvato dalla Camera
il 7 marzo 2001 conteneva circa 20 articoli. Lo stralcio della disciplina
complessiva del diritto d'asilo (la cui titolarità spetta non soltanto
ai rifugiati) fa sì che il ddl contenga una disciplina eccessivamente
sommaria (e sostanzialmente vessatoria)
dell’accesso ad un diritto soggettivo dello straniero che
è il più tutelato sia a livello costituzionale, sia a livello
internazionale. In terzo
luogo è evidente che le nuove norme del ddl introducono soltanto una
procedura accelerata e sommaria di pre-esame da parte di neo-istituite
commissioni territoriali – i cui membri effettivi sarebbero soltanto
funzionari governativi – le quali avrebbero il potere di adottare
decisioni immediatamente esecutive ed impugnabili dal richiedente asilo con
un ricorso privo di automatici effetti sospensivi prima che sia eseguito
l’allontanamento coattivo dello straniero. Questi soli elementi sono da
soli capaci di privare di ogni effettività il diritto d’asilo
che l’articolo 10, comma 3 Cost. prevede come diritto soggettivo
perfetto. In quarto
luogo si prevede un’ulteriore notevole precarizzazione della condizione
del richiedente asilo disponendone il trattenimento presso i centri di
permanenza temporanea e sopprimendo la possibilità di fruire di un
contributo di prima assistenza. Nessuna
misura è invece prevista in favore dei rifugiati riconosciuti |
TITOLO III Articolo 23 (norme finali) (norme finanziarie) |
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