RELAZIONE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

 

(AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO

E INTERNI)

 

presentata alla Presidenza il 19 febbraio 2001

 

(Relatori: SODA, per i profili inerenti

all'ordinamento regionale;

CERULLI IRELLI, per i profili inerenti agli enti locali

e ai loro rapporti con lo Stato e con le regioni)

 

sulle

 

PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d'iniziativa dei deputati POLI BORTONE (4462); MIGLIORI

(4495); VOLONTE', BUTTIGLIONE, TASSONE, TERESIO DELFINO,

CARMELO CARRARA, MARINACCI, GRILLO, PANETTA, SANZA (5017);

d'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO (5036);

d'iniziativa dei deputati CONTENTO, MANTOVANO, FRANZ, ARMANI,

PEZZOLI, ZACCHERA, FOTI, FINO, MIGLIORI, LANDI, SELVA, ALBERTO

GIORGETTI, ALBONI, POLIZZI (5181); SODA, DOMENICI, ZANI,

NOVELLI, SABATTINI, MASSA, MANCINA, DI BISCEGLIE, SALVATI,

RUZZANTE, SOLAROLI, BIELLI, BUGLIO, MANZINI, MASELLI (5467);

FONTAN, FONTANINI, STUCCHI, LUCIANO DUSSIN, CE', CHINCARINI,

GUIDO DUSSIN, RODEGHIERO, SANTANDREA, STEFANI, VASCON (5671);

MARIO PEPE, MERLO, TUCCILLO (5695); NOVELLI (5856); PAISSAN,

BOATO, SCALIA, TURRONI (5874); CREMA, BOSELLI, ALBERTINI,

BRANCATI, CEREMIGNA, SERGIO FUMAGALLI, PARENTI, SCHIETROMA,

VILLETTI (5888); FINI, LA RUSSA, SELVA, MARTINAT, ALBONI,

 

ARMANI, BUTTI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, ALBERTO GIORGETTI,

LANDI, LOSURDO, PEZZOLI, TOSOLINI, ZACCHERA (5918); GARRA,

BURANI PROCACCINI, SANTORI, AMATO, BAIAMONTE, LIOTTA, PALUMBO

(5919); d'iniziativa del CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA

(5947); d'iniziativa dei deputati ZELLER, BRUGGER, WIDMANN

(5948); CAVERI (5949); FOLLINI, GIOVANARDI, PERETTI (6044);

BERTINOTTI, NARDINI, GIORDANO, CANGEMI, DE CESARIS, BONATO,

BOGHETTA, LENTI, MALENTACCHI, MANTOVANI, EDO ROSSI, VALPIANA,

VENDOLA (6327); BIANCHI CLERICI, RODEGHIERO, SANTANDREA,

CAPARINI, CE', CHINCARINI, FONTAN, STEFANI, VASCON

(6376)

 

e

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

n. 5830

 

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

 

(D'ALEMA)

 

e dal ministro per le riforme istituzionali

 

(AMATO)

 

APPROVATI, IN UN TESTO UNIFICATO, IN PRIMA

DELIBERAZIONE,

DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

 

il 26 settembre 2000 (v. stampato Senato n. 4809)

 

APPROVATO, IN PRIMA DELIBERAZIONE,

DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

 

il 17 novembre 2000

 

Modifiche al titolo V della parte seconda della

Costituzione

 

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica

il 20 novembre 2000


 

TESTO

 

approvato, in prima deliberazione,

dalla Camera dei deputati

e dal Senato della Repubblica

 

Art. 1.


        1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
        I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
        Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento".

Art. 2.


        1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Sudtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
        La Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
        Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l),
limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".

Art. 3.


        1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

        Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

            a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

            b) immigrazione;

                c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

            d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

            e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

            f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

                g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

                h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

                i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

                l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

                m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
                n)
norme generali sull'istruzione;

            o) previdenza sociale;

                p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

                q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

                r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

                s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

        Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
        Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
        Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
        La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
        Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
        La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
        Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato".

Art. 4.


        1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 118. - Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
        I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
        La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b)
e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
        Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".

Art. 5.


        1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
        I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
        La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
        Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
        Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
        I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti".

Art. 6.


        1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
        Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".

Art. 7.


        1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

        "In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali".

Art. 8.


        1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:

        "Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
        La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge".

Art. 9.


        1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante".
        2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo 128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati.

Art. 10.


        1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

Art. 11.


        1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.
        2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

 

 



        Onorevoli Colleghi! - Il testo di modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, approvato dal Parlamento in prima lettura, risulta di particolare rilievo e presenta contenuti fortemente innovativi, sulla forma dello Stato, o meglio sull'assetto del governo territoriale, sui rapporti tra Stato e regioni, tra regioni ed enti locali e sulla stessa configurazione delle autonomie regionali e locali.


1. Le ragioni ispiratrici della riforma.


        Il Titolo V, nel testo oggi vigente, contiene alcuni istituti, probabilmente già non del tutto conformi all'impostazione autonomistica della prima parte della Costituzione (articolo 5), ma adesso divenuti incompatibili con l'impostazione più decisamente regionalistica e autonomistica che l'ordinamento si è dato nel corso di questi ultimi anni: basti pensare alle norme sui controlli preventivi di legittimità, tanto degli atti amministrativi quanto delle leggi regionali, di impostazione vetero-centralista, che sebbene in parte siano stati ridimensionati nella loro portata dalla legislazione ordinaria, appaiono comunque insopportabili nel vigente ordinamento.
        Particolarmente, per quanto riguarda i controlli sulle leggi regionali, si deve ricordare che il meccanismo previsto dall'articolo 127 della Costituzione in realtà costringe le regioni a una negoziazione puntuale con gli uffici del Governo su ogni provvedimento legislativo di qualche importanza, annullandone l'autonomia politica; lungo una direttrice opposta si è mossa invece la legge costituzionale n. 1 del 1999, che ha conferito alle regioni potestà legislativa piena in ordine agli statuti.
        La prima ragione, quindi, che rende necessaria la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione è quella di eliminare quegli istituti in esso compresi che appaiono non più conformi all'impostazione del nuovo sistema.
        La seconda ragione è data dall'esigenza di adeguare l'ambito materiale delle competenze regionali, tanto legislative quanto amministrative, alla nuova impostazione che l'ordinamento si è dato a seguito della legge n. 59 del 1997, la quale non solo ha enormemente aumentato le competenze regionali, ma ha anche invertito la relazione tra legislazione ed amministrazione, precedentemente vigente, ponendo il principio che l'amministrazione spetta per regola alle regioni (e ai poteri locali) anche nelle materie di competenza legislativa statale, salva espressa attribuzione legislativa allo Stato.
        Questa scelta, così come è stata configurata dalla legislazione ordinaria, è conforme al sistema costituzionale vigente; essa necessita tuttavia di un completamento, di una "legittimazione" a livello costituzionale, perché altrimenti resterebbe soggetta ad ogni cambiamento "di umore", che su singole materie può emergere in sede parlamentare (e si sono già verificati molti esempi). Anche su questo versante c'è quindi bisogno di una stabilizzazione dell'ordinamento che può essere data solo dal rinnovato assetto costituzionale.
        La terza ragione è data dall'esigenza di adeguare i principi costituzionali in materia di finanza regionale all'orientamento che sta emergendo, nel senso di stabilire che ciascuna regione per regola vive di mezzi propri, salve compensazioni dello Stato verso le situazioni più svantaggiate, e i mezzi propri per regola sono rappresentati dalle risorse ricavate, attraverso l'imposizione tributaria, dal territorio di ciascuna regione.
        Ovviamente di ragioni ve ne sono altre, ma queste sono le principali.
        Sulla sussistenza di queste ragioni, e quindi sull'esigenza di modificare almeno su questi punti e in maniera fortemente incisiva il Titolo V della parte seconda della Costituzione, riteniamo vi sia un larghissimo accordo delle forze politiche, salvi i diversi orientamenti su alcuni specifici aspetti nell'ambito del disegno complessivo.


2. I limiti della riforma.


        In questa fase, si pone una questione molto delicata, in termini di politica costituzionale, la questione del contesto globale della riforma della Costituzione.
        Infatti, non c'è dubbio che le modifiche del Titolo V della parte seconda necessitano, per esplicare pienamente la loro efficacia, di corrispondenti modifiche nella organizzazione centrale dello Stato, nel sistema parlamentare, nella forma di governo e nel sistema dei rapporti Stato-regioni. Esiste, infatti, una correlazione forte tra l'assetto dei governi territoriali e la forma di governo dello Stato (vale a dire tra la "forma di Stato" e la "forma di governo"); ed esiste una correlazione ancora più stretta tra questa e la riforma del sistema parlamentare, che costituisce un completamento necessario alla riforma dei governi territoriali in senso accentuatamente regionalistico (altri direbbe federalistico).
        E' infatti ben noto, e da tutti condiviso almeno in teoria, che un sistema di forte regionalismo, si può dire di forte condivisione del potere di governo complessivamente inteso tra lo Stato e le regioni, necessita di una presenza delle regioni stesse in sede parlamentare, cioè nella sede nella quale si assumono le scelte legislative che incidono sull'assetto dei governi territoriali e sui rapporti tra lo Stato e le regioni (quali la definizione dei principi fondamentali delle materie di competenza legislativa regionale e dei principi della finanza pubblica ai quali la politica finanziaria regionale si deve attenere, nonché l'individuazione dei fondi perequativi).
        Emerge, dunque, in prima linea, la questione, ampiamente dibattuta, della Camera delle regioni. Dalla soluzione di questa questione, come è noto, derivano altre ad essa strettamente connesse, come ad esempio quella della diversa articolazione della composizione della Corte costituzionale, la quale dovrebbe essere integrata da una componente regionale espressa dalla Camera delle regioni, nonché la questione della partecipazione regionale ai processi di revisione costituzionale.
        Ebbene, sulla questione della istituzione di una Camera delle regioni e, più in generale, sulla questione di una riforma incisiva del sistema bicamerale non si è formata nel corso di questa legislatura una solida maggioranza politica in tal senso e ciò rappresenta un dato di fatto che al momento non appare superabile.
        Nel testo di riforma costituzionale (articolo 11), tuttavia, è stato previsto un sistema per consentire, mediante espressa previsione dei regolamenti parlamentari, la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, alla quale sono conferite competenze rafforzate in ordine al procedimento legislativo.
        Si rammenti in proposito che, quando si afferma che le regioni devono essere presenti in sede parlamentare per influire sulle scelte che le riguardano, ci si riferisce alle regioni come enti, e quindi alle loro rappresentanze politiche, non alle regioni come territori, la cui rappresentanza politica già è garantita nel Parlamento nazionale attraverso i deputati e i senatori eletti dalle popolazioni delle diverse realtà territoriali.


3. Le direttrici fondamentali del disegno
riformatore.

        Il disegno riformatore delineato nel testo approvato in prima deliberazione daentrambi i rami del Parlamento si sviluppa lungo alcune direttrici fondamentali.
        In primo luogo esso sancisce la pari dignità costituzionale di tutti gli enti politici territoriali, che sono contitolari, nei limiti reciproci stabiliti dalla Costituzione, dei poteri e delle attribuzioni che sono manifestazioni proprie della volontà popolare. A questo nuovo assetto dei rapporti tra Stato e autonomie è da collegare la prevista soppressione di tutte quelle norme costituzionali nelle quali, come si accennava, è presente un'impronta "statalista" ed anche formalista, vale a dire gli articoli che concernono i controlli di legittimità sugli atti sia delle regioni, sia degli enti locali, quelli relativi al commissario del governo e alle circoscrizioni di decentramento amministrativo statale in periferia. Si tratta degli articoli 115, 124, 125, 128, 129 e 130; dell'articolo 125, ovviamente, viene soppresso solo il primo comma, perché il secondo riguarda i tribunali amministrativi regionali.
        In questo contesto presenta grande importanza il nuovo testo dell'articolo 127, norma veramente di stampo federalistico, che prevede l'eliminazione di ogni controllo statale sulle leggi regionali, come è stato già previsto dalla legge costituzionale n. 1 del 1999 per gli statuti regionali, e conferisce alla Corte costituzionale il ruolo di garante del rispetto reciproco da parte dello Stato e delle regioni delle relative sfere di competenza legislativa.
        In secondo luogo il nuovo articolo 117 delinea una diversa articolazione delle funzioni, innovando l'attuale ordinamento sotto molteplici profili. Innanzitutto, introduce la distinzione, di tipo tedesco, tra legislazione esclusiva e legislazione concorrente (meglio si direbbe "ripartita"), riservando alla potestà legislativa esclusiva dello Stato un nucleo di materie elencate nel secondo comma, e attribuendo uno spazio significativo alla potestà legislativa delle regioni.
        La legislazione concorrente, prevista al terzo comma, è impostata sulla formula, peraltro tradizionale, secondo cui nelle materie riferite a tale tipo di legislazione allo Stato spetta la determinazione dei principi fondamentali, restando, invece, tutto il resto della legislazione affidato alle regioni.
        In queste materie, si trovano certamente temi molto significativi, come i rapporti internazionali e con l'Unione europea, il commercio con l'estero, la tutela e la sicurezza del lavoro e l'istruzione. Per quanto riguarda l'istruzione, è affermata la natura costituzionale dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.
        Ancora più significativo il principio, contenuto nel quarto comma, secondo cui nelle materie diverse da quelle riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato o a quella concorrente alle regioni spetta una potestà legislativa di tipo primario, ossia non limitata dai principi fondamentali della legislazione statale, ma soltanto dal rispetto della Costituzione, dell'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali.
        Attraverso questa struttura interpretativa, la competenza legislativa regionale, al di là delle stesse apparenze del testo, diventa effettivamente molto più estesa rispetto a quella attuale. Infatti le attuali materie di competenza regionale, quali ad esempio l'agricoltura, ove non siano menzionate nei commi secondo e terzo del nuovo articolo 117, diventano tutte materie di legislazione primaria. A queste competenze si aggiungono quelle relative a tutte le materie diverse da quelle espressamente menzionate nei suddetti commi.
        Quanto alla potestà regolamentare, si è fatta una scelta di carattere fortemente regionalista: allo Stato spetta la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle regioni, mentre, per il resto, la potestà regolamentare è attribuita alle regioni per tutte le altre materie, salvo che non sia espressamente assegnata agli enti subregionali. A tali enti è riservata una potestà regolamentare per la disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro proprie, peraltro già prevista dall'ordinamento vigente.
        In terzo luogo, anche a seguito di una serie di intese e di accordi con le stesse regioni, è stato introdotto il cosiddetto "regionalismo differenziato" (articolo 116), secondo un modello analogo a quello di tipo spagnolo. A ciascuna regione viene infatti attribuita la possibilità di negoziare con lo Stato forme e condizioni particolari di autonomia che incidono, soprattutto, sul piano amministrativo e finanziario, ma che possono estendersi al versante legislativo. Nella sfera della potestà legislativa l'autonomia differenziata potrà consentire il passaggio dalla competenza concorrente alla competenza primaria di tutte le materie indicate dal terzo comma del nuovo articolo 117. Un percorso analogo è inoltre consentito per alcune materie riservate, dal secondo comma del medesimo articolo, alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, nel campo della giustizia, limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, in quello dell'istruzione, nonché della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
        La relativa decisione è adottata con legge approvata dalle due Camere a maggioranza assoluta dei componenti, previa intesa tra lo Stato e la regione interessata.
        L'applicazione di questo istituto consentirà di venire incontro ad una serie di istanze provenienti da alcune regioni che hanno sicuramente un'elevata capacità di governo, ma che sono assoggettate, ad oggi, al medesimo regime delle altre regioni. Con questa riforma si avvia, in sostanza, un processo che può condurre al graduale superamento della distinzione degli statuti regionali in speciali e ordinari, in un quadro di diversificazione delle autonomie secondo le istanze proprie delle comunità. L'intento del legislatore è, comunque, quello di far accedere gradualmente tutte le regioni a forme di autonomia differenziata che potranno progressivamente, secondo i percorsi politici, economici e sociali che ciascuna di esse svilupperà, diventare tra di loro omogenee.
        La nuova articolazione delle funzioni è integrata, inoltre, dalla previsione di forme necessarie di coordinamento delle attività dello Stato e delle Regioni in materia di immigrazione, ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei beni culturali (terzo comma del nuovo articolo 118).
        Nel nuovo assetto è assegnato, infine, un ruolo centrale ai comuni nell'esercizio delle funzioni amministrative. Il nuovo articolo 118 prevede infatti che "le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza".
        Per quanto riguarda i principi finanziari, il nuovo articolo 119 introduce norme che, pur ampiamente rinviando alla legislazione ordinaria, sono da ritenersi molto significative perché stabiliscono alcuni principi nuovi. Innanzitutto, il principio che regioni ed enti locali si reggano con la finanza propria, vale a dire finanziando le proprie spese di funzionamento, di intervento e di amministrazione, con i mezzi prelevati dalla propria collettività, salva naturalmente l'esigenza di perequazione delle situazioni meno avvantaggiate.
        In secondo luogo, la norma introduce la "territorialità dell'imposta", vale a dire il principio espresso al secondo comma in una formula che contiene anche il principio di compartecipazione degli enti territoriali al gettito dei tributi erariali, riferibili al loro territorio. Il che significa, appunto, che il gettito prelevato da un territorio, in base a determinate regole stabilite da legge nazionale, dovrà rimanere, almeno in parte, nel territorio di produzione.
        Per quanto riguarda il principio della perequazione, la diversa formula proposta di letterale tutela delle situazioni svantaggiate delle isole e del Mezzogiorno non è stata accolta in quanto è stata ritenuta più significativa, anche per lo stesso Mezzogiorno, quella contenuta nel quinto comma del nuovo articolo 119, che afferma l'obiettivo di promuovere, attraverso le politiche fiscali, lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali e per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona. Sono altresì previste risorse aggiuntive ed interventi speciali da destinare a favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

        Onorevoli colleghi, in conclusione, il testo che si presenta alla nostra seconda lettura dopo l'approvazione del Senato, pur limitato alla modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, a completamento delle modifiche già apportate allo stesso Titolo dalla legge costituzionale n. 1 del 1999, appare assolutamente necessario in questo momento di evoluzione del nostro ordinamento verso un assetto di tipo federalista. Siamo perfettamente consapevoli della mancanza di alcuni istituti che sicuramente sarebbero necessari per il completamento del disegno; ma ad essi si potrà provvedere successivamente, una volta chiarite le difficoltà di ordine politico e anche tecnico istituzionale che su di essi permangono. Rinviare l'approvazione di questo testo alla definizione anche di queste parti del disegno riformatore sembra a noi oggi assolutamente da escludere, per le ragioni che abbiamo indicato, e che sono ben note a tutte le forze politiche presenti in Parlamento e, anche con maggiore intensità, agli esponenti dei governi regionali e del mondo delle autonomie locali.
        E si deve ancora ricordare che dal mondo delle autonomie nel suo complesso, al di là degli schieramenti politici ai quali appartiene l'uno o l'altro esponente, viene non solo un consenso sostanziale sul testo in tutte le sue parti, ma viene anche una richiesta forte per la sua approvazione. Ciò per le ragioni ricordate all'inizio, in buona sostanza, ma anche per la ragione più specifica che, trovandosi le regioni a dover gestire la nuova fase statutaria in attuazione della legge costituzionale n. 1 del 1999, esse hanno bisogno di avere davanti un quadro costituzionale chiaro, segnatamente nell'ambito delle competenze, senza il quale la fase statutaria rischia di oscillare tra ripetizioni leggermente ritoccate dell'esistente e tentativi di eversione costituzionale.

Antonio SODA,

Relatore per i profili inerenti

all'ordinamento regionale.

Vincenzo CERULLI IRELLI,

Relatore per i profili inerenti agli enti locali e ai loro rapporti con lo Stato e con le regioni.