NO BORDER

SOCIAL* FORUM

 

Il controvertice di Genova ha evidenziato la determinazione di una parte consistente della società civile di opporsi ai meccanismi della globalizzazione neoliberista e a un “ordine” economico e politico che sta facendo precipitare le condizioni di vita della maggioranza della popolazione mondiale, mettendo in pericolo il futuro di tutti. Un processo di devastazione planetaria (con il suo corredo di guerre, mutamenti climatici, carestie) che costringe milioni di persone a percorrere distanze enormi per inseguire un’opportunità di sopravvivenza.

Le migrazioni sono l’altra faccia della globalizzazione, il suo portato inevitabile. La lotta per i diritti dei migranti è il proseguimento naturale, il completamento necessario della mobilitazione anti-liberista, anti-G8, anti-WTO. Il nostro impegno al fianco dei popoli del Sud del mondo può risultare vincente solo se si realizza una radicale modificazione dei rapporti socio-economici a livello mondiale e una redistribuzione delle ricchezze del pianeta, ma nel frattempo l’unica soluzione per il dramma di chi è costretto a lasciare il proprio paese è il riconoscimento del diritto alla libera circolazione, con garanzia di piena dignità alle persone che giungono fra noi.

 

La dignità umana, il lavoro, la fame, le libertà civili, sono le “nuove” frontiere di un mondo solcato da confini invalicabili per tantissimi esseri umani. Oggi più che mai è indispensabile abbattere queste barriere per pervenire a un uso “globale” delle risorse umane ed economiche nell'ambito di uno sviluppo ecosostenibile che rispetti gli equilibri e le relazioni fra le persone, i gruppi sociali, i popoli.

Al contrario, l’attuale politica sull’immigrazione e' la punta di diamante di un'ampia offensiva contro i diritti di cittadinanza, che mira a realizzare nuove forme di controllo sociale. Ai bisogni espressi dal migrante si risponde con le pattuglie miste; con il pretesto della caccia al passeur il migrante viene relegato al ruolo di corpo del reato, spogliato della sua soggettività e trasformato in una pratica di espulsione.

Si finge di ignorare che la clandestinità non è quasi mai una scelta dell’immigrato, bensì una condizione obbligata, causata dall’assoluta inadeguatezza delle politiche d’ingresso regolare. Sono rimaste del tutto ignorate le proposte avanzate in questi anni al fine di rendere più aperti e praticabili i canali per l’immigrazione regolare ed evitare che lo straniero regolarmente soggiornante si veda negare il rinnovo del permesso di soggiorno per ragioni futili, o amministrativamente sanabili, e venga così spinto nella clandestinità.

 

La destra intollerante e xenofoba ha deciso di cavalcare in modo arrogante e aggressivo il tema dell’immigrazione portando in Parlamento la legge “Bossi-Fini” che, mettendo fra parentesi i principi dello stato di diritto, poggia le sue basi esclusivamente su esigenze di mercato e su una sotto-cultura di rifiuto e paura nei confronti dello straniero. Una legge simile, se approvata, introdurrà tossine letali nel nostro apparato giuridico e costituzionale, senza limitare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, ma facendo precipitare milioni di persone in una condizione di ricattabilità totale che avrà un effetto destabilizzante sull’intero mercato del lavoro.

La politica di chiusura verso gli immigrati, sempre più spesso concepiti come “non persone” cui non riconoscere i diritti fondamentali, si configura come un laboratorio di sperimentazione di tecniche da esportare successivamente in altri ambiti, lungo altri “confini” sociali, come è già avvenuto a Genova, dove la sospensione dei diritti e delle garanzie costituzionali (che è il pane quotidiano, la norma, per rom e migranti) è stata estesa a un’intera città e a un intero movimento. L’assenza di diritti è una condizione contagiosa: non è mai stato tanto evidente che l’unica condizione per garantire la nostra libertà e la nostra dignità è il rispetto della dignità e della libertà dell’altro.

Il movimento che ha preso forma in questi mesi è ricco e articolato e raccoglie una pluralità di forze che esprimono una forte volontà di elaborare un discorso unitario e sviluppare insieme forme di lotta incisive e creative, all’insegna di un radicale rifiuto di ogni forma di violenza sull’essere umano. Per questa ragione esso è in grado di contrapporre all’offensiva reazionaria e razzista una forte spinta in senso inverso, in direzione di una società ispirata ai valori dell’accoglienza, della convivenza, della condivisione delle risorse, dell’incontro e della contaminazione di linguaggi e culture.

Da questa consapevolezza nasce, a ridosso della frontiera, il NO BORDER SOCIAL FORUM, spazio politico e sociale finalizzato all’aggregazione di soggetti, realtà, associazioni, che, dopo aver dato vita alla mobilitazione contro il vertice G8 di Genova, hanno individuato come terreno prioritario di confronto e intervento politico i diritti d'asilo e di cittadinanza di un’umanità “esclusa” da frontiere fisiche, sociali, economiche, giuridiche e culturali.

Il NO BORDER SOCIAL FORUM si propone di operare in continuità d’impegno con tutti coloro che si adoperano per abbattere queste frontiere. Se questa è utopia, rivendichiamo il diritto di ogni generazione di affermarne la necessità: per far nascere progetti, liberare energie, dare vita a pratiche ed esperienze finalizzate al riconoscimento e al rispetto della dignità di tutti gli esseri umani.

Siamo consapevoli di poter contare sulla forza di mille artigianalità sociali e intendiamo mettere immediatamente in cantiere una pluralità di iniziative che si oppongano alla frenesia di criminalizzazione, all’intolleranza e alla tendenziosità di quanti, avvalendosi del potere di controllare e manipolare l’informazione, vorrebbero negare il diritto di cittadinanza a ogni opposizione sociale che non sia riconducibile entro un quadro di dissenso istituzionalizzato.

 

 

 

STAZIONE DI GORIZIA – GORISKA POSTAJA

“Qualunque luogo, qualunque uomo, non importa quale, perché comunque importa”

 

GIORNATE COSTITUENTI PER UNA CULTURA DEI CONFINI E DELLE MIGRAZIONI.

 

 

Per chi vive in queste terre di frontiera produrre cultura “politica” ha sempre significato, da Cergolj a Michelstaedter, da Pasolini a Turoldo, fino al Mirko del portale delle fosse Ardeatine, perseguire un’apertura intelligente e appassionata, insofferente delle frontiere nazionali, linguistiche, culturali, sociali. La memoria di questi luoghi è memoria di lotte comuni nelle quali sloveni e italiani, zingari ed ebrei hanno versato insieme il loro sangue contro la barbarie fascista, è memoria di emigrazione, di genti povere, costrette a percorrere, fino a qualche decennio fa, migliaia di chilometri per sopravvivere - esattamente come i clandestini di oggi.

 

Ed è a Gorizia che la politica di repressione ha effettuato un vero e proprio salto di qualità. Dopo la visita show dei neo ministri Scajola e Bossi, il centro di accoglienza “San Giuseppe” gestito dalla Caritas è stato stretto d’assedio dalla polizia e trasformato di fatto in un carcere, con un colpo di mano autoritario e illegale che calpesta i piu' elementari diritti e offende l'intera città. Le persone ospitate nel centro vengono prelevate e trasferite a forza in un luogo di detenzione che si trova a 1100 km di distanza, in provincia di Bari. In citta' sono stati dislocati 200 nuovi agenti della polizia di stato dotati di sofisticate tecnologie per la caccia all’uomo.

Un tale dispiegamento di forze, oltre a costare 40 milioni al giorno alla collettività, ha comportato un considerevole aumento dei fermi mettendo in crisi le capacità ricettive del centro di accoglienza, senza produrre alcuna diminuzione sensibile nel numero di quanti oltrepassano quotidianamente il confine. Nel contempo le forze dell’ordine, su delibera della Giunta comunale di Gorizia, recettiva di analoga legge regionale finanziata con denaro pubblico, saranno affiancate da “volontari” (chi?), forniti di “dotazioni” (quali?), da dislocare nelle aree “sensibili” (dove?) per azioni di informazione (delazione?) e “tutela sociale” (tutela sociale rispetto a chi e a che cosa?).

Tutto questo, mentre i dati ufficiali smentiscono qualsiasi allarmismo in tema di sicurezza, a Gorizia e in provincia. Non sarà che la tanto conclamata sensazione di pericolo tradisce in realtà il turbamento provocato dal materializzarsi della sofferenza, rappresentata dai gruppi di clandestini che attraversano silenziosi le nostre strade?

L’incidenza di queste misure repressive sui flussi migratori è e sarà del tutto irrilevante (sarebbe come pretendere di modificare la termodinamica per decreto) ma il loro impatto sul quadro civile, culturale e politico non va sottovalutato. Chi vive in queste terre di frontiera stenta a riconoscersi in una logica che non corrisponde né alla realtà di questi luoghi né alla loro autentica tradizione culturale e sociale.

 

Il NO BORDER SOCIAL FORUM si propone di articolare la mobilitazione sul terreno politico, sociale, culturale ed artistico, attivando le realtà del territorio in Italia come in Slovenia, e si pone come scadenza a breve termine la realizzazione il 5/6/7 ottobre di tre giorni di dibattiti, iniziative, concerti che avranno per tema la riappropriazione di un luogo – la frontiera – da parte di tutti coloro, residenti e migranti, che con le loro lotte e le loro sofferenze ne hanno fatto una tappa cruciale di un difficile percorso di liberazione.

 

Oltre a proporre queste giornate come momento importante di una più generale mobilitazione nazionale contro il progetto di legge “Bossi-Fini”, l’obbiettivo è quello di promuovere il disegno di legge sul diritto di asilo, per porre fine all’attuale inottemperanza di alcuni principi fondamentali della Costituzione (art. 3: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”; art. 10: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica”).

Al confine di Gorizia risultano del tutto disapplicate le disposizioni che permettono un effettivo accesso alla procedura d’asilo. In particolare vengono completamente ignorate le raccomandazioni più volte espresse dall’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) nonché la risoluzione del Consiglio d’Europa del 20/6/75 sulle garanzie minime per le procedure d’asilo. La stessa normativa italiana è ignorata e disattesa, dato che non sono stati realizzati i servizi di accoglienza presso i valichi di frontiera previsti dall’art.11 comma 6 del D.Lgs. 286/98. A Gorizia, nel corso del 2000, sono stati identificati circa 15.000 migranti, numero pari a quello di tutta la Puglia; di questi, oltre il 70% era costituito da kurdi di varia nazionalità: soggetti riconosciuti come perseguitati e quindi nella posizione di poter richiedere asilo politico. A fronte di tali cifre le richieste di asilo sono state inferiori alle 10 unità (contro le varie migliaia della Puglia); un dato che dimostra l’assoluta mancanza di applicazione del diritto d'asilo nella nostra Provincia.

 

Accanto a questi obbiettivi più generali, il NO BORDER SOCIAL FORUM intende programmare concrete iniziative che portino al conseguimento di alcuni risultati irrinunciabili:

-       fine dei controlli fuori dal centro “San Giuseppe” e dei trasferimenti a Bari, e restituzione del centro alla sua originaria funzione di spazio libero, nel quale la ricchezza delle diversità possa innescare un momento di crescita collettiva;

-       potenziamento delle strutture di accoglienza esistenti e assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni (Stato, Regione, Provincia, Comune) che non possono continuare ad addossare alla sola Caritas l’onere dell’accoglienza;

-       istituzione del centro di accoglienza alla frontiera e realizzazione di servizi che rendano effettivo il diritto di accesso alla procedura d’asilo, garantendo agli stranieri una reale possibilità di contatto con personale dell’ACNUR, con legali e referenti delle associazioni umanitarie (i quali dovrebbero avere libero accesso alle strutture e ai luoghi ove gli stranieri sono fermati o trattenuti) e assicurando la presenza di interpreti ufficiali e imparziali e la diffusione di materiale informativo plurilingue che metta gli stranieri a conoscenza dei loro diritti;

-       predisposizione sul territorio, attraverso un rapporto di collaborazione con le realta' di base e le associazioni, di una rete di sportelli informativi e creazione di un “Osservatorio sui confini”;

-       iniziative di apertura garantita del confine della Transalpina per dare vita a eventi culturali e aggregativi e cominciare a far sparire, gradualmente ma concretamente, una divisione vergognosa che non ha più senso di esistere.

 

Si tratta solo di alcune tappe di un cammino che porterà a definire un mondo nuovo, nostro e dei migranti di passaggio; un cammino da costruire lavorando insieme per garantire le condizioni di un'accoglienza dignitosa e di un arricchimento reciproco. Abbiamo bisogno del contributo e della partecipazione di tutti, ognuno con la propria specificità e la propria esperienza, in un'interazione di diversi percorsi associativi, politici, parrocchiali, della società civile, capace di riprendere i temi forti della critica alla globalizzazione neoliberista. Mai più "zone rosse"!

 

Appuntamento a Gorizia il 5/6/7 ottobre per tre giornate di festa, discussione, produzione culturale e lotta per la tutela dei diritti di chi cerca rifugio da guerre e persecuzioni, dalla fame e dalla miseria, per il rispetto della dignità e dei diritti di cittadinanza di rom e migranti, per l’abolizione di tutti i confini innalzati a inutile difesa della fortezza neoliberista, qui e altrove.

 

Possiamo pensare a un territorio a nordest - libero per le persone? Un'area di  sperimentazione dal basso di nuove e diverse politiche sull'immigrazione?