Bologna, 25 agosto 2002
Mi
sembrano parole molto belle e coraggiose, espresse con grande evangelica
“parresia”, con quella franchezza cioè che rifiuta ogni
ossequio servile e che quindi non si rifugia nel silenzio, anzi lo condanna.
Confesso
che mi è tornato alla mente
quanto scrive don Lorenzo Milani: “…spero proprio che la Chiesa
vorrà almeno farmi il garbo di prolungare un po' questa vita che non le
è parso di usare se non per esiliarla. Ho sempre pensato che lo stare in
esilio sia un'elevata funzione ecclesiastica. Mi domando solo se sia giusto
seguitare a santificarsi nel silenzio quando sul
piano terreno questo non fa che aumentare il già tanto profondo sdegno
dei poveri verso la gerarchia ecclesiastica. Fino all'anno scorso pensavo
che fosse santità. Da qualche tempo in qua temo che sia
correità…” (pag. 75 - Lorenzo Milani .- I
care ancora – EMI 2001).
Parole
di questo tipo, su cui concordo in
toto, fanno bene sperare che la chiesa-istituzione possa
nuovamente vivere appieno quello spirito di “profezia” che le
compete in modo - se non erro - del tutto peculiare.
Shalom
a tutti, ma proprio a tutti…anche e soprattutto a quei
“cristiani” che danno credito all’“uomo della Provvidenza”,
all’“unto del Signore” e a cosette simili. Domenico Manaresi
Mitt. Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 -
40141 Bologna - tel&fax 051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it
d i a l o g o a p e r t o
“La
legge sull'immigrazione è, senza mezzi termini, anticristiana. La cosa più preoccupante è che
mette tra parentesi la persona: ciò che interessa è che
l'immigrato lavori, non che esista come essere umano con una propria cultura.
Avalla una mentalità secondo cui lo straniero deve essere merce da
utilizzare. È legalmente riconosciuto finché serve al capitale,
poi può essere respinto al mittente”. Questa la valutazione chiara
e severa di Alex Zanotelli (vedi Avvenire del 12 luglio) della legge Bossi‑Fini
approvata recentemente.
Don Luigi
Ciotti a sua volta condanna con forza soprattutto un aspetto odioso della legge
stessa: “la rilevazione obbligatoria delle impronte digitali per gli
immigrati anche non clandestini è ingiustificata e intollerante”.
Difficile
non dare loro ragione e non condividere dal punto evangelico questi giudizi
drastici ma fondati In effetti da molti mesi il progetto della legge in
questione Bossi‑Fini (anche il nome dei proponenti non è certo
casuale) era stato oggetto di forti critiche da parte soprattutto della Caritas
italiana, della Migrantes, di Pax Christi e dell'associazionismo cattolico e
non, specie nell'ambito missionario e del volontariato. Alcune riserve
(timide per la verità) erano state espresse perfino dal card. Ruini in
sede CEI. Ma tutto questo è servito a poco. Ora tra le
molte considerazioni che potrebbero essere fatte al riguardo, due in particolare
sembrano imporsi all’attenzione di noi credenti sia a livello di
coscienza personale, sia – ancor più – di riflessione e di
impegno comunitario ecclesiale.
1.
Innanzitutto di fronte a questa legge, in fondo in fondo, non pare che ci si
possa meravigliare più di tanto. Si tratta semplicemente di una
conseguenza logica di una impostazione politica globale tipica del neoliberismo
imperante in tutti i settori. Quando il potere pubblico; anziché cercare
il bene comune e in speciale modo quello dei deboli e degli ultimi preferisce
tutelare e proteggere gli interessi dei forti e potenti (vedi numerosi esempi
di leggi recenti) e proseguire nello strisciante ma graduale
progressivo smantellamento dello stato sociale, dalla sanità alla
previdenza e oltre, non ci si può stupire se gli stessi poteri
inspirati alla filosofia politica di una forte individualismo in campo
economico e sociale, non si preoccupino poi delle persone come tali ma
unicamente dell'utilità che se ne può ricavare. Ci sarebbe da
meravigliarsi esattamente del contrario.
Eppure,
almeno per chi ama dirsi e presentarsi come cristiano, esiste, oltre il
Vangelo, una biblioteca intera di magistero sociale su queste tematiche, con
affermazioni chiarissime e sommamente imperative a livello
nazionale e mondiale. Basti pensare, ad es., all'enciclica Populorum
progressio (19671), nella quale Paolo VI profeticamente affrontava
con lucidità impressionante Tutta la problematica della cosiddetta
“globalizzazione” che oggi ci tormenta.
Quando
ancora si pensava che la linea divisoria tra i diversi mondi fosse quella
dell'Est/Ovest, il pontefice non aveva timore di affermare che il vero confine
era quello del Nord/Sud (tra i popoli che mangiano troppo e quelli che muoiono
di fame); così quando denunciava con coraggio il rischio che i paesi
ricchi diventassero sempre più ricchi e quelli poveri sempre più
poveri e metteva in guardia noi occidentali dal pericolo che un bel giorno
esplodesse “la collera dei poveri”. Tutte previsioni puntualmente
avveratesi o in dirittura di arrivo.
Sull’inaccettabilità
del sistema neoliberista e sull'esigenza di mantenere lo stato sociale circa le
necessità primarie della persona, si potrebbero riportare citazioni a
non finire di Giovanni Paolo II, dei nostri vescovi specie di alcuni come il
card. Martini. In sintesi dalla Rerum novarum (1891) ad
oggi sempre sulla base di una diretta derivazione evangelica, che il lavoro
umano e soprattutto la persona non siano merce, e perciò da non
considerarsi e trattarsi come tali dovrebbe essere scontato.
2. E
qui si inserisce l'altra piccola riflessione: se non
possiamo meravigliarci troppo del fatto che nell'ambito della società
italiana determinate forze politiche seguano logiche utilitariste e
perciò materialiste (non esiste solo il materialismo ideologico ma pure
quello pratico, specie da noi) nell'impostare il sociale, dovremmo stupirci
però, anzi preoccuparci della mancanza di una forte e adeguata reazione
da parte di noi credenti di fronte a queste leggi soprattutto quelle che
rischiano di diventare lesive della dignità della persona se
discriminanti. Infatti se si ritengono assolutamente necessarie
misure di sicurezza tipo le rilevazioni delle impronte, questo deve essere
valido per tutti italiani e stranieri A questo proposito sarà interessante
verificare se tra gli extracomunitari interessati rientreranno pure ad es. i
cittadini svizzeri o USA, oppure sempre e solo i soliti poveracci.
Grazie a
Dio ‑ come è stato ricordato sopra ‑ molte realtà
ecclesiali hanno reagito da tempo, però la base dei nostri bravi
praticanti sembra largamente assente, indifferente, quando non addirittura
d'accordo con queste scelte. Pare che la preoccupazione più seria sia
quella della tutela del proprio benessere, non importa se questa comporta
ancora una volta il porre le cose prima delle persone.
Certo gli extracomunitari
anche da noi vanno bene per vendemmiare, soprattutto per badare ai vecchi e
malati che, data la gravissima denatalità italiana, aumenteranno sempre
di più, ma poi basta: che vogliono ancora? Il tutto coniugato, forse
anche con una certa buona fede o almeno mancata avvertenza, con la pratica
religiosa, senza coglierne l'incompatibilità evangelica.
Ma non si tratta
solamente di incoerenza da parte dei fedeli Una grande responsabilità
di questa coscienza distorta ricade certamente su noi pastori che, se non
altro, dovremmo al riguardo alzare di più la voce, senza timore di
scontentare qualcuno in alto e in basso.
Mitt. Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax 051-6233923 – e-mail:
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