Servizio Asilo ed Immigrazione

 

 

Ricorso avverso diniego di riconoscimento dello status di rifugiato – questione del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari

e

Servizio nazionale di monitoraggio delle decisioni della Commissione centrale

 

 

1 - Ricorso avverso diniego di riconoscimento dello status di rifugiato – Questione del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Con la presente scheda si intendono fornire alcune riflessioni sulle problematiche legate ai ricorsi avverso i dinieghi di riconoscimento dello status di rifugiato, con la consapevolezza che tale problematica riguarda ormai molti progetti e programmi di accoglienza e tutela dei rifugiati, su tutto il territorio nazionale.

In via preliminare è necessario chiarire che la possibilità di accedere ad una tutela giurisdizionale effettiva avverso il mancato riconoscimento dello status di rifugiato costituisce un diritto fondamentale da tutelare con la massima attenzione.

E’ noto infatti che il diritto d’asilo ha la natura di diritto soggettivo come richiamato con forza dalla sentenza n. 4674/97 della Corte di cassazione- sezioni Unite - e che per tale ragione, piena è la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria in merito ad ogni controversia che riguardi la tutela del diritto d’asilo[1].

La possibilità di accedere ad una tutela giurisdizionale da parte del richiedente asilo - la cui istanza sia stata rigettata - comporta necessariamente il diritto che il ricorrente possa permanere sul territorio dello Stato italiano fino all’esito del giudizio di merito dal momento che l’oggetto del contendere riguarda in primo luogo la fondatezza dell’asserito timore da parte dello stesso ricorrente di subire persecuzioni o trattamenti disumani e degradanti nel paese di origine.

 

La nota mancanza di una legge organica in materia di diritto di asilo incide assai negativamente sulla tutela dei richiedenti in quanto, come è noto, non v’è alcuna norma che permetta di definire con chiarezza quali siano i diritti del richiedente asilo che ricorra contro la decisione negativa assunta in prima istanza, in merito al suo soggiorno in Italia. Da tale mancanza normativa alcuni organi di P.S. hanno erroneamente ritenuto di potere dedurre che il richiedente asilo che si sia rivolto al Tribunale per richiedere l’accertamento dello status di rifugiato possa, nelle more del giudizio, essere espulso dal territorio nazionale per semplice irregolarità di soggiorno.

Fortunatamente, la giurisprudenza si è espressa più volte in maniera ben difforme, ritenendo sussistere invece il diritto del ricorrente alla permanenza in Italia. A tale proposito si veda ad esempio l’ordinanza del Tribunale di Genova (5 luglio 2001) che nell’accogliere il ricorso d’urgenza – ex art. 700 codice di procedura civile sostiene che “se (...) non trovasse più ospitalità nel nostro paese, nelle more del giudizio da lui introdotto, la sua libertà e la sua stessa incolumità potrebbero trovarsi a rischio di pregiudizio grave ed irreparabile….visto l’art. 7000 c.p.c. [….] dichiara che il cittadino (…) ha diritto di rimanere nel territorio dello Stato italiano fino all’esito del giudizio da lui introdotto”.

 

La mancanza di norme specifiche che garantiscano il richiedente asilo nella delicata fase della tutela giurisdizionale fa sentire i suoi effetti negativi specie per quanto attiene il rilascio dei permessi di soggiorno. Ciò ha comportato l’instaurarsi presso le Questure di una prassi diffusa in base alla quale i ricorrenti rimangano nel territorio dello Stato privi di alcun permesso di soggiorno, anche se la loro presenza viene spesso in buona sostanza tollerata in considerazione della loro sostanziale condizione di “inespellibilità”.

Si è venuta a creare pressoché ovunque una situazione di limbo che pone in estrema difficoltà tanto i ricorrenti, impediti di fatto a condurre, nelle more del giudizio, una vita autonoma e dignitosa nel nostro paese, quanto gli enti pubblici e privati aventi in accoglienza i ricorrenti privi di titolo di soggiorno, per tempi indefiniti.

Come affrontare una situazione così difficile in un’ottica corretta?

 

Innanzitutto va chiarito che a giudizio di ICS non trovano fondamento le opinioni che sostengono che il ricorrente privo di titolo di soggiorno non possa essere accolto e tutelato da un progetto di assistenza pubblico o privato. Non può infatti assolutamente parlarsi di condizione di clandestinità per quei ricorrenti che - loro malgrado nelle more del giudizio - siano rimasti privi di titolo di soggiorno, poiché essi hanno pieno diritto ad esercitare il proprio diritto alla difesa, permanendo nel territorio dello Stato. Al contrario, proprio la situazione di vulnerabilità in cui si trovano viene a rinforzare le ragioni di una loro accoglienza e tutela maggiore e specifica.

 

Allo scopo di superare una diffusa situazione di impasse, si segnala l’avvio di una recente importante giurisprudenza da parte del Tribunale di Bologna (presso il quale sono pendenti alcuni atti di citazione contro la commissione centrale) che ha ritenuto di accogliere pienamente i ricorsi presentati ex artt. 669 e 700 c.p.c. con i quali si richiedeva alla stessa autorità giudiziaria di disporre il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai ricorrenti, in attuazione di quanto disposto dall’art. 28 lettera d) del DPR 394/99.

I ricorrenti avevano infatti presentato ricorso al Tribunale dopo essersi visti rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno dalla questura territorialmente competente (di Modena).

In via prioritaria il Tribunale di Bologna ha riconosciuto che la domanda cautelare rientra pienamente nella propria giurisdizione, ritenendo che spetti al giudice chiamato ad accertare la sussistenza del diritto d’asilo disporre anche in merito a tutti gli altri opportuni provvedimenti per assicurare effettività della tutela giurisdizionale in corso.

In secondo luogo, il Tribunale di Bologna non ha ritenuto affatto di condividere la motivazione, genericamente espressa dalla Questura di Modena nel rifiutare il rilascio ai ricorrenti dei richiesti permessi di soggiorno, sostenendo invece che sia “sostanzialmente dovuto, da parte dell’autorità predetta (la questura), il rilascio del permesso di soggiorno qualora sia stato promosso, davanti al giudice competente, giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato, senza alcuna possibilità, da parte dell’autorità amministrativa, di esercizio di discrezionalità; (…) ritenuto, in sostanza, che nel caso di specie il rilascio del permesso di soggiorno in favore del richiedente appare senz’altro strumentale all’utile esperimento dell’azione promossa, che rischierebbe di terminare in una pronuncia inutiliter data qualora costui fosse costretto a fare ritorno nel Paese di origine(…). Ritenuto infine, quanto alla tipologia del permesso da rilasciarsi, che può essere accolta l’istanza svolta dal ricorrente in via principale, in quanto costui si trova nelle condizioni di cui all’art. 19 comma 1 del D.Lgs n. 286/98; dispone in favore del ricorrente (…) che sia rilasciato da parte della questura ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 D.Lgs 286/98 e dell’art. 28 lettera d del DPR 394/99 un permesso di soggiorno per motivi umanitari valido quantomeno fino alla definizione del presente procedimento.”

 

La pronuncia del Tribunale di Bologna si fonda, come si può ben notare, su due importantissimi presupposti:

a)              Il ricorrente, avendo diritto di esperire l’azione di tutela promossa, non può rimanere nel territorio nazionale privo di un valido titolo di soggiorno e che pertanto, in forza alle norme che regolano i permessi di soggiorno ai richiedenti asilo, (art. 1, L. 39/90) il rilascio di detti permessi sia atto dovuto da parte della P.A.

b)             Quanto alla tipologia di titolo di soggiorno, il riferimento normativo non può che essere quello dell’art. 19 comma 1 del D.Lgs 286/98 che stabilisce tassativamente che in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.  Il D.P.R. 394/99 (regolamento di attuazione) chiarisce infine all’art. 28, lettera d) che quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno…per motivi umanitari”.

 

Viene in tale modo ad essere pesantemente censurata la diffusa prassi, sopra descritta, di lasciare i ricorrenti in una sorta di limbo, e trova invece preciso ancoraggio normativo l’annosa questione su quale tipologia di titolo di soggiorno vada rilasciato ai ricorrenti che abbiano depositato atto di citazione contro la commissione centrale e richiedano al Tribunale l’accertamento dello status di rifugiato.

 

In considerazione di quanto sopra si invitano tutti i referenti locali dei programmi di accoglienza, nonché i responsabili degli enti di tutela, ad adoperarsi, negli ambiti di propria competenza, per attivare tutte le procedure necessarie ad ottenere il rilascio dei permessi di soggiorno per motivi umanitari a favore dei ricorrenti seguiti dai propri servizi.

In considerazione della complessità della materia, ogni utile richiesta di chiarimento potrà essere richiesta al servizio legale ICS, facendo riferimento diretto a Veronika Martelanc (tel:040/34.80.622 oppure 040/34.79.336 – fax: 040/34.80.614 e-mail: veronikamar@freemail.it) oppure a Maria Silvia (e-mail olivieri.ics@tin.it ).

 

2. Servizio nazionale di monitoraggio delle decisioni della Commissione centrale

Si coglie l’occasione per ricordare ai destinatari della presente che, come da nostra nota del giugno c.a. presso ICS è stato attivato un servizio nazionale di monitoraggio delle decisioni di rigetto delle istanze di asilo assunte dalla Commissione Centrale al quale potranno pervenire, da parte dei diretti interessati, dalle associazioni di tutela, dagli enti locali, segnalazioni di casi di rigetto delle domande di asilo che, ad una prima valutazione possano presentare i seguenti elementi:

 

1.      Nelle motivazioni dei dinieghi non vengano contestate in modo puntuale e circostanziato le dichiarazioni e i fatti riferiti dal richiedente, ma si faccia uso di espressioni del tutto generiche e stereotipate; ovvero talvolta le motivazioni appaiono contenere prevalentemente giudizi e considerazioni generali riguardanti aspetti politici e sociali dei paesi di provenienza del richiedente piuttosto che fare riferimento preciso agli episodi e di timori persecutori riferiti dal richiedente;

 

2.     Nell’assumere delle decisioni di rigetto dell’istanza di asilo senza che venga comunque assicurata alcuna forma di protezione umanitaria, la Commissione non sembra avere tenuto in debita considerazione le possibili gravi conseguenze derivanti dal rimpatrio degli interessati alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l’Italia è firmataria, e in particolare dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (ratificata con L. 4.08.1955 n. 848) .

 

3.     Si siano verificate presunte irregolarità nel corso della procedura, quali, ad esempio, la mancata acquisizione da parte della Commissione dei documenti che il richiedente avesse voluto depositare, l’inadeguatezza dell’interprete presente all’audizione, la non pertinenza delle domande poste dalla Commissione, ecc. 

 

Per procedere ad una corretta segnalazione si richiede di contattare direttamente Veronika Martelanc presso l’ufficio ICS di Trieste (vedi riferimenti telefonici sopra indicati) la quale provvederà ad inviare a tutti gli interessati una apposita scheda di rilevazione, nonché tutte le informazioni necessarie.

 

Trieste, 12 agosto 2002

 

Gianfranco Schiavone

Responsabile Servizio Immigrazione e Asilo ICS



[1] Si veda anche la sentenza della Corte di Cassazione 8 ottobre 1999