C.C. 527/02/P

Cron. 687/02

 

TRIBUNALE DI TRENTO

 

B- O-, nata a -- (Ucraina) l'-- -- 19--. proponeva ricorso avverso il decreto del 25 marzo 2002 con cui il Questore di Trento la espelleva dallo Stato Italiano perché irregolarmente presente sul territorio nazionale in quanto prive del prescritto visto di ingresso e di autorizzazione al soggiorno.

Raccontava la ricorrente di essere entrata nel territorio italiano con regolare visto di ingresso nello spazio di Schengen, così come si poteva ricavare dalla lettura del suo passaporto,nel1a prospettiva di un regolare inserimento nel mondo del lavoro.

In effetti, aveva svolto attività di assistenza presso una famiglia trentina gravata dalla necessità di parenti anziani e disabili, sia pure con rapporto di lavoro non formalizzato.

Eccepiva l'automaticità del decreto di espulsione,non preceduto dalla motivata valutazione circa la ritenuta prevalenza del diritto alla regolamentazione del flusso migratorio su quello,di cui la stessa legge sull'immigrazione si fa carico,della solidarietà economica e sociale.

Chiedeva l'annullamento dell'impugnato decreto di espulsione e,in subordine ,la sospensione della sua esecutorietà e,in ulteriore subordine,della riduzione della durata del periodo di divieto di ingresso sul territorio italiano.

All' udienza camerale,in cui erano presenti funzionari della Questura, il difensore della ricorrente insisteva per l'accoglimento de ricorso e delle istanze subordinate.

A scioglimento della riserva ,si osserva quanto segue.

La giurisprudenza prevalente è nel senso che l'esegesi costituzionalmente orientata della normativa sulla disciplina dell'immigrazione evidenzia le istanze di solidarietà chi il legislatore del 1998 ha manifestamente inteso privilegiare,in aderenza alle indicazioni precettive dell' art.2 della Costituzione.

Istanze,queste ultime,che possono naturalmente cedere alle contrapposte esigenze di presidio delle frontiere e di ordinata regolamentazione del flusso migratorio,ma solamente quando quest'ultime abbiano ragioni di porsi e di imporsi.

La qualcosa non pare prospettabile nel caso in questione,in cui la ricorrente è presente in Italia quanto  meno  dal 15.11 .2OO1(così come risulta dal visto di  Schengen apposto sul suo passaporto),legate da rapporto di lavoro subordinato per il servizio di assistenza familiare,sia pure necessariamente non formalizzato.

Sul punto va osservato che la straniera non ha indicato il suo datore di lavoro ma,in ragione del fatto che la legge sanziona penalmente colui che assume alle proprie dipendenze il lavoratore straniero privo di permesso di soggiorno,è ragionevole ritenere che si sia trattato di un'omissione dettata dall'impulso di non pregiudicare tale posizioni soggettive.

A conferma dell'esistenza di tale rapporto di lavoro,poi,rnilita il fatto che esso viene ribadito dall'Associazione Trentina Accoglienza Stranieri,sia pure nell'ambito del ricorso da essa stessa approntato.

Si versa,insomma,in un caso in cui le esigenze pubblicistiche di regolamentazione del flusso migratorio debbono cedere a fronte di quelle solidaristiche volute dal legislatore in favore dello straniero.

Più propriamente, il principio di diritto è nel senso che l'espulsione della straniera non poteva essere automatica,rna doveva conseguire solo all'avvenuta comparazione tra  la necessità della tutela del flusso immigratorio e le istanze di tutela del suo diritto a non  essere allontanata dallo Stato ospitante.

Solamente un motivato giudizio di sua immeritevolezza(sulla base della condotta pregressa,del mancato radicamento sul territorio,del coefficiente di trasgressività, ecc.) permanere sul territorio italiano,avrebbe consentito l'emissione del decreto di espulsione.

E' evidente,peraltro,che un tale eventuale  motivato provvedimento avrebbe finito per essere in contrasto  insanabile sotto il profilo della contraddittorietà con la storia personale della ricorrente,impegnata in Italia in un'attività lavorativa tale da farle ritenere inserita nella realtà sociale.

A parere del giudicante non è condivisibile l'orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione,secondo cui "il decreto di espulsione dello straniero che non sia in possesso del permesso di soggiorno o non ne abbia chiesto il rinnovo è atto vincolato ai sensi dell'art. 13,secondo comma,del D.l.vo nr286/1998,mentre le valutazioni relative all'ordine pubblico,alla integrazione sociale e alle possiblità di lavoro dello straniero attendono al procedimento di concessione o rinnovo del permesso,il cui controllo è demandato esclusivamente al giudice amministrativo, dinanzi al quale sia stato impugnato il diniego"(Cass 5/12/2001 nr 15414).

L'art 13 del D.lvo 1998/286,infatti,stabilisce che avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso al Tribunale,senza che vengano in nessun modo circoscritti o limitati i motivi a sostegno di tale gravame.

Aggiungasi che la giurisdizione ordinaria è,per definizione la giurisdizione dei diritti e non solamente degli interessi legittimi,cosicchè lo straniero espulso può far valere,in sede di opposizione al decreto di espulsione,oltre che ragioni di stretta censura dell'atto amministrativo in quanto tale,anche pretese fondative del suo sostanziale e non affievolito diritto a non essere allontanato dal territorio italiano pur in difetto del mai richiesto permesso di soggiorno.

Tra queste pretese giudizialmente azionabili possono rientrare certamente il lavoro svolto pregressamente sia pure all'interno li un quadro fattuale e preternormativo,l' inserimento sociale già perfezionatosi,la durata della permanenza sul territorio italiano,l'assenza di condotte violatrici dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini italiani,ecc.

La ritenuta autornaticità della risposta espulsiva nei confronti dello straniero privo di permesso di soggiorno,che non tenga conto di queste istanze neppure al limitato fine di motivatamente disattenderle,così come in sede di opposizione all'atto amministrativo l'opinata limitazione delle censure ad aspetti afferenti solamente all'esistenza o meno ditale permesso di soggiorno,oltre che violare l'art 2 della Costituzione e le sue istanze di solidarietà politica,econimica e sociale,finirebbe con il violare anche il diritto a vedere tutelate,in modo congruo ed esaustivo,davanti all'organo giurisdizionale ordinario al quale per legge  si deve ricorrere,le ragioni che si ritengano essere a fondamento della pretesa di rimanere sul territorio nazionale.

La cognizione del giudizio specularmente,non può che estendersi a tutti gli aspetti sostanziali che possano far ritenere consolidato il diritto delle opponenti al decreto di espulsione alla permanenza sul territorio italiano.

Non può non aggiungersi che è in fase avanzata un disegno di legge in materia di immigrazione che prevede la regolarizzazione del lavoro irregolare degli stranieri occupati in lavori di assistenza familiare e presentì in Italia prima del l° gennaio 2002.

Poiché la ricorrente rientra astrattamente in tale procedura regolarizzativa,ancor più ingiustificato appare il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti che,nel pregiudicarle irreparabilmente in tale legittima aspettativa,opererebbe un irragionevole ed ingiustificato trattamento in favore(art 3 Cost)di chi,pur presente irregolarmente sul territorio italiano e per le più svariate ragioni non colto da decreto di espulsione,sia in grado di regolarizzare la propria posizione lavorativa e di residenza.

Da ultimo,sarebbe diseconomico,sul piano della congruità ed adeguatezza dell'interpretazione della norma,costringere la straniera all'abbandono del territorio italiano in presenza di presupposti che,già allo stato dei fatt ,le consentirebbero l'instaurazione formale di un contratto di lavoro.

Sotto il profilo della necessità di non pregiudicare,nelle more dell'approvazione della normativa sulla sanatoria in materia di lavori di assistenza familiare,in modo irreparabile il diritto delle ricorrenti ad ottenere la regolarizzazione dei loro rapporti di lavoro in corso,si imporrebbe comunque la sospensiva del decreto impugnato ,la norma di cui all'art 700 cpc essendo di carattere generale e dovendosi ritenere applicabile anche nel caso di specie.

 

PQM

Definitivamente pronunciando sul ricorso avanzato da B- O- avverso il decreto di espulsione del Questore di Trento

Accoglie

Il ricorso. Si notifichi all'interessata e si comunichi alla Questura di Trento.

 

 

TN 18 apriIe2002                                                                            Il Giudice

 

                                                                                                    Corrado Pascucci