BOZZA NON CORRETTA |
I COMMISSIONE
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 16,45.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito
dell'indagine conoscitiva sulle problematiche inerenti la normativa in
materia di immigrazione e di asilo, l'audizione di rappresentanti di Confartigianato,
Casartigiani, Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola
e media impresa (CNA), Confagricoltura, Coldiretti e Confederazione italiana
agricoltori (CIA).
Ringrazio gli ospiti qui presenti per aver accolto il nostro invito,
pregandoli, data la ristrettezza dei tempi a nostra disposizione, di limitare
gli interventi ad uno per gruppo al fine di consentire successivamente
ai componenti della Commissione di formulare delle domande o delle richieste
di chiarimento.
Do quindi la parola al primo rappresentante che intende intervenire.
GIOVANNA DE LUCIA, Responsabile del settore del mercato del lavoro della Confartigianato. Signor presidente esprimo innanzitutto a nome della Confartigianato e delle altre confederazioni artigiane un sentito ringraziamento per questa opportunità che ci viene offerta per potere esprimere le nostre considerazioni in ordine al provvedimento oggetto della audizione di oggi. Si tratta di considerazioni e di osservazioni che abbiamo avuto modo di esprimere alla Commissione affari costituzionali del Senato. Confidiamo che l'audizione odierna
possa consentirci di trovare riscontri favorevoli e positivi ad alcune
questioni fondamentali che ancora permangono in ordine alla tematica oggetto
del disegno di legge e che rappresentano, per il mondo produttivo ma anche
per l'intera collettività, questioni di carattere preminente; a
tal fine lasceremo a disposizione della Commissione della documentazione
in modo da consentire un esame più approfondito.
Una delle questioni che a noi sembra non sia tenuta presente dal disegno
di legge alla nostra attenzione è quella relativa allo sfruttamento
della manodopera clandestina in attività economiche irregolari.
Riteniamo che questo tipo di problema che sta divenendo sempre più
pressante, debba trovare una soluzione da individuare o nell'ambito degli
accordi bilaterali, peraltro previsti al secondo comma dell'articolo 1
del disegno di legge, ovvero attraverso un innalzamento delle pene previste
per chi impiega, nell'ambito di queste attività, manodopera clandestina
evadendo tutti gli adempimenti in materia contributiva e fiscale e del
lavoro. In particolare, noi pensavamo che potesse essere previsto nel provvedimento
l'aumento della reclusione a sei anni per coloro che esercitano attività
economiche in forme irregolari e con l'utilizzo di manodopera straniera
entrata clandestinamente nel nostro paese. Le implicazioni di ciò
sono abbastanza evidenti e sono connesse, non solo allo sfruttamento della
manodopera clandestina, ma anche all'esercizio di una forma subdola di
concorrenza sleale praticata con il lavoro nero e sommerso che le organizzazioni
dell'artigianato sono impegnate a combattere.
Un'altra questione che intendiamo porre all'attenzione della Commissione
concerne sia la determinazione dei flussi di entrata sia - sulla base di
una valutazione generale del disegno di legge - la mancata attribuzione
alle regioni e alle province
di quel ruolo sulla gestione dei lavoratori immigrati che le stesse
invocano fin dalla passata legislatura. Da questo punto di vista il problema
che si pone riguarda la determinazione dei flussi in entrata che coinvolge
quei lavoratori che potrebbero essere impiegati con rapporto di lavoro
subordinato (a tempo determinato e indeterminato) e rispetto alla quale,
nell'ambito del disegno di legge, non intravediamo quelle necessarie flessibilità
che possano consentire alle regioni di soddisfare in tempi rapidi ai fabbisogni
effettivi manifestati dalle varie realtà territoriali. Il fatto
che in mancanza della pubblicazione del provvedimento di programmazione
dei flussi il Presidente del Consiglio dei ministri possa provvedere con
proprio decreto a confermare la programmazione dell'anno precedente rappresenta,
di fatto, un enorme vincolo alla esigenza di flessibilità da più
parti evidenziata. Attualmente il decreto sui flussi in entrata non è
stato ancora definito; sappiamo soltanto, per anticipazione del ministro
del lavoro e delle politiche sociali, che esso dovrebbe essere adottato
una volta approvato questo disegno di legge. Qualora non si dovesse giungere
a definire una programmazione reale che tenga conto dei fabbisogni espressi
dalle realtà territoriali si porrà in questo senso un serio
problema.
Un'altra questione su cui poniamo molta attenzione in questa fase della
discussione del provvedimento concerne il ripristino dell'istituto dello
sponsor. Su questo meccanismo è stato espresso, nel corso
della discussione del provvedimento al Senato ed anche nella relazione
che ha accompagnato la presentazione del disegno di legge, un giudizio
negativo sul funzionamento di questo istituto. L'esperienza da noi compiuta,
nell'ambito del settore dell'artigianato in ordine a questo istituto, è
stata invece positiva, dimostrandosi un meccanismo di garanzia che ha funzionato
e che si è rilevato utile ed
efficace verso i problemi di ordine pubblico e quant'altro; pertanto,
riteniamo che su di esso il Parlamento debba avviare una seria riflessione
per recuperarne la validità.
Dobbiamo sottolineare, inoltre, un'altra questione, che sembra porsi
negli stessi termini come effetti, anche se la situazione è diversa,
perché non sembra sufficientemente chiarita all'interno del disegno
di legge. Si tratta della agevolazioni, annunciate all'articolo 18, comma
4, del provvedimento, per il reimpiego di lavoratori immigrati che abbiano
seguito, nel proprio paese di origine, corsi di formazione: si tratta dei
lavoratori che avrebbero titolo per svolgere attività di lavoro
autonomo. Al riguardo, vorremmo capire innanzitutto se, quando si parla
di reimpiego dei lavoratori autonomi stranieri che abbiano tali requisiti,
si tratti di un reimpiego tout court, e dunque anche come lavoratori
subordinati, perché sotto questo punto di vista la lettera della
norma non è chiarissima, oppure se si immaginino incentivi o agevolazioni
per la promozione di attività di impresa.
Da questo punto di vista, sarebbe opportuno avere maggiori indicazioni,
anche se la discussione è rinviata al regolamento di attuazione;
tuttavia, sarebbe importante conoscere in anticipo ciò di cui stiamo
parlando, soprattutto al fine di rendere tali interventi coerenti con le
effettive opportunità offerte ai cittadini italiani per fare impresa.
Non vorremmo, cioè, che si determinasse il paradosso per cui diventerebbe
più semplice avviare un'attività di lavoro autonomo, prevedendo
addirittura incentivi, per un lavoratore che abbia svolto corsi di formazione
nel paese di origine mentre, invece, una opportunità del genere
resterebbe difficoltosa per i cittadini italiani. Da questo punto di vista,
dunque, non è una questione di contrarietà a tale misura,
ma si tratta di comprendere meglio l'evoluzione del sistema.
Un ultimo punto che vorrei affrontare è quello relativo all'accertamento
dei requisiti professionali per lo svolgimento delle attività di
lavoro autonomo. Riteniamo che non sia sufficiente l'attribuzione, in capo
alle rappresentanze diplomatiche e consolari, delle verifica di tali requisiti,
confermata dal provvedimento in esame, perché, a nostro avviso,
è un anello un po' debole. Se pensiamo che molte attività
artigiane sono regolamentate da leggi di mestiere o di settore che prevedono
titoli di studio e requisiti professionali specifici che hanno qualificato
l'esercizio delle attività nel nostro paese, dovremmo avere garanzia
di un'equipollenza non soltanto formale, di una effettiva sussistenza dei
requisiti legati sia al percorso di istruzione, sia all'esperienza professionale,
affinché questi lavoratori possano svolgere tali attività
al pari dei cittadini italiani.
Per tentare di risolvere questo problema avevamo ipotizzato, ad esempio,
che l'accertamento dei requisiti potesse essere affidato a commissioni
tecniche in sedi istituzionalmente più idonee nel paese di origine
quali, per esempio, organismi simili alle nostre camere di commercio. Si
potrebbe immaginare, allora, anche attraverso convenzioni con il nostro
sistema camerale, che tali organismi locali effettuino, assieme alle commissioni
tecniche, la verifica dei requisiti, facendo sì che tale documentazione
possa successivamente supportare il lavoro delle rappresentanze diplomatiche
e consolari al fine di rilasciare la certificazione. Abbiamo l'esigenza
di fare chiarezza soprattutto su questo aspetto, perché il provvedimento
di modifica della normativa vigente non lo risolve.
Ho concluso, presidente; lascerei eventualmente la parola a qualche
collega delle altre organizzazioni artigiane...
PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa De Lucia per la sua introduzione; non vorrei, tuttavia, estendere il numero degli interventi oltrepassando il tempo a nostra disposizione.
GIOVANNA DE LUCIA, Responsabile del settore mercato del lavoro della Confartigianato. Mi scusi, signor presidente: i colleghi delle altre confederazioni artigiane mi hanno gentilmente lasciato la parola, e spero pertanto di essere stata sufficientemente completa.
PRESIDENTE. La dottoressa De Lucia è intervenuta, dunque, a nome della Confartigianato, della CNA e di Casartigiani. Do ora la parola al geometra Giovanni Punzi, rappresentante della Confagricoltura.
GIOVANNI PUNZI, Responsabile dell'ufficio
sindacale della Confagricoltura. La ringrazio, signor presidente. Come
è noto, il ricorso ai lavoratori extracomunitari è largamente
diffuso in agricoltura, soprattutto in occasione delle campagne di raccolta,
ed in misura molto accentuata in determinate aree del paese come il Trentino,
il Veneto, l'Emilia Romagna, il Piemonte e la Puglia. La Confagricoltura
ha da tempo evidenziato come la vigente normativa in materia di ingresso
di lavoratori extracomunitari non sia rispondente, sia sul piano sociale,
sia su quello economico, a tale importantissima questione. Una larga parte
di ingressi è oggi riservata alle richieste di soggetti non imprenditori,
che non sempre sono in grado di gestire e garantire un immediato inserimento
nel mercato del lavoro, oppure a lavoratori di paesi extracomunitari con
cui vigono apposite convenzioni, ma che spesso, purtroppo, non possiedono
le caratteristiche ed i requisiti attitudinali necessari al lavoro agricolo.
Il sistema ha causato, quindi, distorsioni paradossali: da un lato,
un altissimo numero di extracomunitari presenti in Italia resta disoccupato
e, dall'altro, moltissime aziende continuano
ad incontrare difficoltà nel reperire la manodopera. È
necessario, innanzitutto, che la programmazione degli ingressi avvenga
essenzialmente sulla base delle esigenze delle imprese, rivedendo la ripartizione
dei flussi e contenendo al massimo gli ingressi riservati a soggetti diversi
dai datori di lavoro. Appare evidente, inoltre, la necessità di
disciplinare in termini di una sostanziale regolarizzazione la presenza
di quei lavoratori già stabilmente insediati nel nostro paese ma
tuttora irregolari, per i quali si deve evidentemente intervenire anche
in termini di emersione sul piano previdenziale e fiscale. Tale esigenza
è particolarmente avvertita dalle imprese, in termini di quantità
dell'offerta, ma anche di corrispondenza temporale tra la stessa e la domanda
di cui sono portatrici. I lavoratori sono insufficienti e non sono, in
moltissimi casi, reperibili nei momenti di maggiore richiesta.
Il disegno di legge del Governo risponde, nel suo complesso, a gran
parte delle esigenze evidenziate. Innanzitutto, è pienamente condivisibile
la linea-guida seguita di permettere l'ingresso e la permanenza sul territorio
italiano agli stranieri per soggiorni duraturi soltanto in relazione all'effettivo
svolgimento dell'attività lavorativa, stagionale o di durata più
elevata; parimenti, è condivisa la soppressione dell'istituto dello
sponsor, che non ha favorito l'ingresso nella realtà lavorativa
dei lavoratori stranieri creando, invece, una distorsione del mercato del
lavoro. Suscita, inoltre, notevole aspettativa la previsione di stipulare
il contratto di lavoro presso lo sportello unico per l'immigrazione, appositamente
istituito presso la prefettura, non solo per facilitare l'incontro tra
domanda e offerta di lavoro, ma soprattutto per snellire gli adempimenti
burocratici connessi.
Sono analogamente condivisibili altri aspetti del disegno di legge
C. 2454: le politiche di contrasto dello sfruttamento
criminale dell'immigrazione; la lotta al traffico di esseri umani, droga,
armi e prostituzione; l'integrazione del cittadino extracomunitario; il
privilegio per gli stranieri che hanno svolto un percorso formativo nei
paesi di origine sulla base di programmi di formazione professionale approvati
da enti ed amministrazioni italiane, che costituisce un altro aspetto di
rilevante importanza ai fini di una necessaria selezione delle professionalità
richieste per l'inserimento; l'immediata operatività dell'espulsione
dell'irregolare con accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica;
la razionalizzazione dei ricongiungimenti familiari.
Questi, signor presidente, sono in sintesi gli aspetti che sottolineiamo.
Appare, invece, non condivisibile, in quanto rappresenta un incremento
del costo del lavoro, la previsione del pagamento delle spese di rientro
al paese di origine del lavoratore da parte del datore di lavoro : infatti,
come ho ricordato precedentemente, in agricoltura occorre ricorrere a numerosi
lavoratori extracomunitari.
Lascio, infine, la relazione a disposizione della Commissione.
PRESIDENTE. La ringrazio, così come ringrazio la dottoressa De Lucia, per aver fornito alla Commissione la sua relazione, che farò distribuire. Ha chiesto di intervenire la dottoressa Cristina Bandinelli, Vicepresidente nazionale della CNA, per un'integrazione.
CRISTINA BANDINELLI, Vicepresidente
nazionale della CNA. Intervengo nuovamente per alcune considerazioni
su quanto appena affermato dalla dottoressa De Lucia che, peraltro, condivido
pienamente.
Vorrei focalizzare l'attenzione su una tematica più generale
ma che può essere utile per l'interpretazione della legge, cioè
per la filosofia da seguire nella sua applicazione. Rappresentando qui
sia le imprese artigiane sia la piccola e media industria, volevo porre
l'attenzione sulla considerazione che noi rappresentiamo il settore economico
che maggiormente avverte una necessità impellente di manodopera
proveniente dall'estero.
Una grossa industria può operare anche una scelta di delocalizzazione,
mentre noi abbiamo imprese dislocate su tutto il territorio e siccome costituiamo
sistemi «a rete» dobbiamo necessariamente essere vicini ed
integrare i nostri processi produttivi. Vorrei anche ricordare che il nostro
sistema produttivo italiano in questa fase è sotto osservazione
da parte degli altri paesi, ciò perché il sistema della piccola
impresa aggregata a rete sembra stia dando risultati sorprendenti. Chiaramente
dobbiamo valorizzare questo aspetto ed inoltre, trattandosi di un settore
la cui tendenza in prospettiva è di crescita economica, abbiamo
la necessità di ricevere nel nostro territorio lavoratori extracomunitari.
Questo a quali condizioni dovrebbe avvenire? A mio avviso si devono
tener presenti due fattori importanti: la competitività aziendale
ed il mercato in cui operiamo. Sottolineo, comunque, che non abbiamo nessuna
intenzione di disinteressarci dei problemi sociali anche perché
viviamo proprio sul territorio in cui operiamo e ci poniamo quindi anche
il problema della qualità dell'integrazione.
In aggiunta a ciò vi è la necessità oggettiva
di avere rapidamente disponibilità di manodopera. Al riguardo ritengo
che il complesso sistema per la ricerca sul territorio nazionale della
manodopera disponibile e per il rientro degli italiani che lavorano all'estero
rappresenti una difficoltà. La vittoria delle nostre aziende si
realizza grazie alla versatilità, alla conversione immediata e quindi
tutto quello che diventa appesantimento
dell'iter burocratico per noi rappresenta una diminuzione della
competitività. Pertanto, invito a porre attenzione su tali aspetti
perché la competitività è la nostra forza e non possiamo
perderla.
Un'altra problematica è rappresentata dall'allungamento dei
tempi per il rinnovo dei permessi: un'altra penalizzazione che non possiamo
e non dobbiamo pagare. Vi sono poi anche problemi di ordine economico come
il farsi carico dell'alloggio e dei biglietti per il rientro, in quanto
tutto ciò comporta per alcune nostre imprese costi che diminuiscono
non solo gli utili ma anche la competitività dell'azienda. Dunque
più appesantiamo questo settore più viene penalizzato l'intero
sistema economico italiano e la competitività italiana nei confronti
dei paesi esteri. Erano questi gli aspetti che mi premeva sottolineare.
In virtù della considerazione che viviamo sul territorio e ci
poniamo quindi anche il problema sociale, vorrei accennare ad altre due
problematiche. La prima riguarda i casi di matrimonio, tema che interessa
la realtà degli immigrati inseriti. Qualora la coppia dovesse dividersi,
da quanto mi sembra di capire il coniuge, proveniente da paesi extra comunitari
potrebbe essere costretto a ritornare nel paese di origine. Questo non
favorisce l'integrazione e dà un senso di precarietà che
volevo evidenziare.
Vorrei infine sottolineare che in materia di mercato del lavoro la
competenza alle prefetture potrebbe essere intesa dal punto di vista della
sicurezza sociale come controllo del rispetto delle regole, ma potrebbe
anche costituire in qualche modo una sorta di funzione esclusivamente repressiva.
Abbiamo bisogno di lavoratori che vengano in Italia per lavorare e per
essere integrati. Non confondiamo chi viene in Italia per lavorare e ha
un posto di lavoro con chi viene in Italia per altri
scopi. Questa è un provvedimento indirizzato verso chi viene in Italia per lavorare e soddisfare, così i propri bisogni di sopravvivenza e le necessità di manodopera delle nostre imprese e del nostro sistema economico.
CLAUDIA MERLINO, Componente dell'ufficio
relazioni sindacali della CIA. Vorrei svolgere anzitutto una breve
considerazione sullo spirito del provvedimento. Mi sembra che, dal nostro
punto di vista, cioè del settore del lavoro in agricoltura, il disegno
di legge non apporti novità che si possano definire tra virgolette
destrutturanti. Del resto in agricoltura la realtà del lavoro riguardo
agli stranieri che entrano in Italia per lavoro stagionale è, ovviamente,
sempre stata strettamente legata al contratto di lavoro. Pertanto, sotto
questo aspetto, non vi sono novità sconvolgenti. Ci sembra, piuttosto,
che questo disegno di legge vada nella direzione di inasprire o irrigidire
taluni aspetti del Testo unico sull'immigrazione ispirati alla logica di
contrastare l'immigrazione clandestina, logica che, naturalmente, non possiamo
che condividere.
Il rischio che paventiamo, invece, è che alla fine, perseguendo
ed esasperando questa logica si arrivi ad un irrigidimento di taluni meccanismi
che, a nostro avviso, non gioverebbero né ai lavoratori né
alle stesse imprese. Mi riferisco ad esempio ai cambiamenti e alle modifiche
che si vogliono introdurre riguardo ai tempi per il rinnovo del permesso
di soggiorno e ai tempi per il rilascio della carta di soggiorno. Tutti
questi elementi, che sembrerebbero a prima vista incidere unicamente sui
lavoratori, sono invece elementi di rigidità che si ripercuotono
anche sul mondo delle imprese. Vorrei che questo aspetto fosse ben chiaro,
soprattutto se poi si considera che ciò riguarda un mercato lavoro
come quello agricolo che ha necessariamente bisogno di un'estrema flessibilità.
Abbiamo individuato tre punti sui quali il disegno di legge non è
sufficientemente cogente e che invece sono fondamentali per l'agricoltura.
Il primo di questi aspetti riguarda la semplificazione delle procedure
e, mi si consenta il termine, la velocizzazione dei tempi. Per i nostri
imprenditori e produttori sono elementi indispensabili che rappresentano
un problema ancora non risolto e non ci sembra che questo provvedimento
lo affronti in modo sostanziale. Ben venga lo sportello unico sull'immigrazione
che sicuramente rappresenta un passo avanti, ma questo meccanismo interviene
nel momento in cui il lavoratore è già presente in Italia.
Quanto chiediamo, invece, è una forte integrazione tra i tre ministeri
interessati nelle politiche migratorie, ossia quelli dell'interno, degli
affari esteri e del lavoro e delle politiche sociali; vi è, pertanto,
la necessità di un accordo «a monte», prima cioè
che il lavoratore venga effettivamente in Italia. Si presenta altresì
un problema di inefficienza nel raccordo tecnico, informatico tra le amministrazioni
interessate, l'INPS, le direzioni provinciali del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali e via dicendo. Questo per noi rappresenta un
ulteriore aggravamento dei tempi ed un appesantimento delle procedure.
Il termine dei famosi 40 giorni affinché il lavoratore sia effettivamente
presente nelle nostre aziende mi sembra rimanga sostanzialmente invariato.
Adesso si parla di un unico termine di 40 giorni per il rilascio del nulla
osta, che però in realtà corrisponde al termine dei 20 giorni
per il rilascio dell'autorizzazione al lavoro più i 20 per il rilascio
del nulla osta provvisorio. Quindi, di fatto, i tempi per noi rimangono
estremamente lunghi, così come quelli riguardanti il rilascio del
visto di ingresso che richiede ben 30 giorni; anche questi a nostro avviso
sono tempi troppo lunghi.
In aggiunta alla questione dei tempi - assolutamente prioritaria - vi
è una preoccupazione molto forte dovuta ad una previsione del disegno
di legge secondo la quale gli uffici per l'impiego, prima di potersi rivolgere
ai lavoratori extracomunitari, devono compiere una preventiva verifica
sui lavoratori disponibili in loco, cioè in Italia.
Ricordiamoci che questa è una vecchia previsione che fu tra
l'altro abrogata dal Testo unico del 1998 proprio perché essa aveva
condotto al blocco totale del sistema. Il problema in questione nell'ambito
del settore agricolo è sentito in maniera particolare per la difficoltà
che si riscontra nel trovare lavoratori italiani disponibili.
Un altro problema che questo disegno di legge pone a carico dei datori
di lavoro concerne i cosiddetti oneri aggiuntivi tenuto conto che il costo,
in termini di spese di rientro, per una piccola impresa può essere
non indifferente. Pertanto, a seconda delle realtà imprenditoriali,
tale previsione avrà un impatto diverso.
Un altro fondamentale problema concerne il decreto sui flussi in ingresso
e le difficoltà che esso comporta. Innanzitutto provvedimento è
sempre poco tempestivo; in tal senso occorrerebbe un raccordo più
forte fra le istituzioni e il mondo imprenditoriale, attribuendo a quest'ultimo
un ruolo preminente rispetto a quello ricoperto attualmente. Un'altra difficoltà
su cui occorrerebbe fare di più concerne l'insufficienza delle quote
massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato. Il termine
del 30 novembre di ogni anno per l'adozione del decreto sui flussi in ingresso
sicuramente costituisce un passo in avanti, ma non ci dà comunque
sufficienti garanzie perché, anche negli anni passati, il sistema
si è bloccato per effetto di tutta una serie di passaggi (parere
parlamentare, registrazione della Corte dei conti, ed altro).
Pertanto, sarebbe bene che il termine del 30 novembre di ogni anno indicasse
l'effettiva pubblicazione del decreto; ciò per noi sarebbe di per
sé già un ottimo risultato.
Da ultimo, pongo l'attenzione su due questioni per noi prioritarie;
mi riferisco alla formazione dei lavoratori e all'accoglienza. Per quanto
concerne l'accoglienza il disegno di legge dispone che il datore di lavoro
garantisca un'accoglienza a questi lavoratori; su ciò non possiamo
che essere d'accordo anche perché ciò non rappresenta una
novità dato che già nel passato gli imprenditori hanno provveduto
in tal senso. L'unica novità che ci aspettavamo potesse essere contenuta
nel disegno di legge era la previsione di un minimo di contributo e di
aiuto da parte degli enti locali dato che si tratta di oneri che ricadono
tutti sul datore di lavoro.
Per quanto concerne la formazione dei lavoratori è sicuramente
positivo che vengano privilegiati i lavoratori che hanno seguito un percorso
formativo; ciò è assolutamente fondamentale nel settore dell'agricoltura
dove i tempi relativi al lavoro stagionale possono essere estremamente
ridotti senza concedere all'imprenditore il tempo per svolgere un'adeguata
formazione. Manca in questo disegno di legge invece la previsione sul finanziamento:
questa formazione chi la finanzia? Se non ricordo male, erano state ipotizzate,
in sede di Conferenza Stato-regioni, delle tipologie di finanziamento sotto
forma di un fondo specifico per l'integrazione sociale o di un fondo istituito
per appositi percorsi di formazione; in ogni caso è necessario che
il tutto sia predisposto, dato che per il nostro settore, la formazione
è molto importante.
Infine, vi è, a nostro avviso, nel disegno di legge in questione
un eccessivo inasprimento di alcune sanzioni laddove si prevede che in
certi casi il datore di lavoro abbia un controllo
continuo e costante sui permessi di soggiorno dei lavoratori; controllo questo che riteniamo difficilmente realizzabile.
ROMANO MAGRINI, Responsabile dei
rapporti sindacali della Coldiretti. Ringrazio anch'io i componenti
della Commissione per l'opportunità offertaci al fine di permetterci
di esprimere le nostre considerazioni sul disegno di legge in materia di
immigrazione e di asilo. Provvedimento quest'ultimo che prevede di introdurre
alcune modifiche che possono, se opportunamente applicate, semplificare
e, quindi, agevolare il ricorso all'utilizzo di lavoratori extracomunitari.
Sia la legge Turco-Napolitano e il Testo unico del 1998, sia il nuovo
disegno di legge disciplinano tutta la materia dell'immigrazione. L'esperienza
maturata nel corso di questi anni ci ha condotto a verificare come i decreti
adottati in questa materia nel corso dell'anno non rispondano alle reali
esigenze delle imprese, ma nonostante ciò il mondo produttivo è
andato avanti. Non è pensabile infatti che esso si possa bloccare
e vanificare il lavoro di un intero anno; è evidente anche che se
si vuole gestire in maniera chiara e congrua, legale e trasparente, il
flusso dei lavoratori immigrati è opportuno darsi delle regole.
In tal senso, il decreto sui flussi in ingresso costituisce la base di
partenza per poter far entrare in Italia i lavoratori extracomunitari che
sono indispensabili per il mondo produttivo agricolo. Negli ultimi anni
si è registrato un trend in aumento dei lavoratori extracomunitari
occupati in agricoltura pari al 15 per cento annuo; trend che possiamo
prevedere in crescita per i prossimi anni data la sempre minore disponibilità
degli italiani a lavorare in agricoltura e data l'età avanzata di
moltissimi lavoratori agricoli italiani. Conseguentemente, ripeto, la base
di partenza per affrontare questo problema è sicuramente il decreto
sui flussi in ingresso, il quale deve caratterizzarsi per tempi e per numeri
certi. Negli
ultimi anni per bypassare il ritardo con cui il decreto veniva sistematicamente
adottato il Governo dava la possibilità di assumere lavoratori extracomunitari
attraverso il decreto sui flussi adottato dal ministro del lavoro. Il fatto
di prevederlo in capo al Presidente del Consiglio dei ministri, per effetto
di una modifica introdotta dal disegno di legge, che definisce annualmente
con proprio decreto le quote massime di stranieri ad ammettere, rischia
di allungare ulteriormente i tempi destando in noi non poche preoccupazioni.
Al riguardo sarei dell'opinione di prevedere, al contrario di quanto previsto
da questa modifica, un qualcosa di più snello: se non proprio un
atto amministrativo adottato dal ministero competente, quanto meno un iter
molto veloce per l'adozione del decreto-.
Un altro aspetto importante che noi sottolineiamo riguarda la velocità
delle procedure. Esaminando i dati relativi al settore agricolo otterremo
che il 90 per cento delle assunzioni riguardano il lavoro stagionale, e
la gran parte delle quote fissate dai decreti flussi annuali per il lavoro
stagionale sono assorbite dal settore agricolo. Tuttavia, resta del tutto
evidente che tra la domanda del datore di lavoro e l'ingresso del lavoratore
in Italia non possono trascorrere 40 giorni; in tal senso alcuni sforzi
sono stati fatti, in particolare quello di concentrare in capo alla prefettura
la responsabilità del procedimento. È importante che essa
riesca a rispettare i tempi previsti, perché se ipotizziamo 10 giorni
per il rilascio del nulla osta e della autorizzazione ma poi nella prassi
si arriva a 30 giorni non avremo né velocizzato né semplificato
le procedure. È fondamentale pertanto che i termini introdotti dal
disegno di legge siano perentori con un'effettiva rispondenza nella pratica
affinché si giunga ad avere una certezza nei tempi.
Di certo, la verifica su tutto il territorio nazionale della disponibilità
di lavoratori italiani o comunitari complica un po' i problemi. Tale norma,
già prevista nella legge Martelli (il famoso articolo 8-bis,
se non ricordo male), ha infatti creato più di qualche problema
perché, di fatto, nessun lavoratore è stato assunto attraverso
quella procedura poiché non c'era possibilità di comunicare
e nessuno si presentava alla verifica: essa, pertanto, rischia di essere
un appesantimento. È vero che tale verifica è prevista soltanto
per le assunzioni a tempo determinato ed indeterminato e solo in parte
per il lavoro stagionale; credo, tuttavia, che tornare ad una mancata verifica
della disponibilità costituirebbe un'ulteriore semplificazione.
Vorrei segnalare un altro aspetto che ho letto nel disegno di legge.
Nelle autorizzazioni al permesso di soggiorno per lavoro subordinato a
tempo indeterminato e determinato, infatti, si prevede che il codice fiscale
venga rilasciato dagli uffici consolari o dalla prefettura e, comunque,
dalla pubblica amministrazione, mentre ciò non è previsto
per il lavoro stagionale. A nostro avviso, invece, sarebbe un elemento
da introdurre perché oggi abbiamo la difficoltà di comunicare
contestualmente l'assunzione del lavoratore, anche extracomunitario, senza
che lo stesso giorno sia possibile ottenere anche il codice fiscale. Allora,
o il codice viene assegnato da un ufficio della pubblica amministrazione
(ad esempio, la prefettura o il consolato) in sede di rilascio del permesso
di soggiorno, oppure occorre trovare il modo affinché possano essere
le stesse organizzazioni di categoria ad avere un collegamento con il Ministero
dell'economia e delle finanze, in modo tale da avere assegnato in tempo
reale anche il codice fiscale.
Un aspetto che ritengo maggiormente importante, invece, riguarda la
conversione dei permessi di soggiorno. Per quanto
riguarda il lavoro, infatti, l'impalcatura dell'intero disegno di legge
si basa sul contratto di soggiorno, legato al contratto di lavoro. Nel
momento in cui il lavoratore è in possesso di un contratto di lavoro
per nove mesi e gli si offre la possibilità di continuare a lavorare
per ulteriori nove mesi o a tempo indeterminato, mi sembra incongruo considerare
due volte lo stesso lavoratore, nel senso che se offro al lavoratore un
lavoro a tempo indeterminato, non posso e non devo andare a verificare
se esistano ancora le quote per il tempo indeterminato: se infatti non
ci sono, che faccio con questo lavoratore? Lo rispedisco a casa? Non so
se sia proprio così, per cui credo che la conversione del permesso
di soggiorno da tempo determinato o stagionale a tempo indeterminato sia
un elemento da considerare al di fuori delle quote, e ritengo debba avvenire
automaticamente a fronte di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Stesso discorso vale per l'istituto della proroga: ad esempio, nel
caso assuma un lavoratore per nove mesi e ne abbia bisogno per ulteriori
due, tre, quattro o cinque mesi. Al riguardo, vorrei sottolineare che un
contratto di lavoro costituisce una garanzia non solo per il lavoratore,
ma anche per lo Stato, in quanto ciò vorrà dire che quel
lavoratore lavora presso un'impresa, ha propri mezzi di sostentamento,
ha una casa e non rappresenta un pericolo per la comunità. Ritengo,
pertanto, che tale istituto vada semplificato e debba essere previsto e
legato all'offerta di lavoro.
Per quanto riguarda il pagamento delle spese di rientro, esso rischia
di appesantire il costo del lavoro; inoltre, così com'è scritto,
è previsto che tale onere sia a carico del datore di lavoro, al
singolare. Cosa succede nel caso di rapporti di lavoro plurimi, come spesso
avviene in agricoltura? Allora, mi domando se sia possibile trovare una
soluzione per non far
gravare tale onere a carico al datore di lavoro, ad esempio attraverso
convenzioni internazionali, oppure attraverso un voucher da ritirare
quando si rientra, in modo da avere, in questo modo, quella certezza del
rientro al termine del permesso. Ritengo opportuno, comunque, trovare una
formula che non appesantisca il costo del lavoro; auspico, in ogni modo,
che questo onere possa essere a carico anche di più datori di lavoro
qualora si tratti di un rapporto plurimo.
Un ultimo aspetto concerne il contratto di apprendistato, perché
non si comprende come mai, in Italia, non sia possibile stipulare un contratto
di apprendistato con un lavoratore extracomunitario. Infatti, non posso
chiamare Romano Magrini, se cittadino polacco, per farlo lavorare in Italia
con un contratto di apprendistato che, almeno, dura dai due ai quattro
anni e può essere abbinato all'istruzione ed alla formazione, perché
non esistono autorizzazioni per questa fattispecie. Ritengo sia un paradosso,
perché si tratta di un contratto stabile che offre certezze, e non
comprendo come mai non sia possibile utilizzarlo.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi
che intendono porre quesiti e formulare osservazioni.
L'ufficio di presidenza probabilmente non ha valutato in modo corretto
i tempi dell'audizione. Me ne dolgo e tuttavia, abbiamo degli obblighi:
se, con tutto il rispetto, quattro di noi iniziano a fare le domande e
si concede, giustamente, il tempo per le risposte, ciò vorrà
dire rinviare l'incontro - ma potevamo deciderlo prima - con coloro che
dovranno essere ascoltati nella prossima audizione, perché è
prevista per le ore 19 la discussione generale in Assemblea di un provvedimento
licenziato da questa Commissione. Auspico, dunque, interventi contenuti.
GIANNICOLA SINISI. Per quanto mi
riguarda, signor presidente, formulerò domande che comporteranno
solamente una risposta affermativa o negativa: cercherò, quindi,
di essere preciso nella domanda affinché la risposta possa essere
veramente schematica.
Prima questione: per realizzare questo rapporto relativo alla formazione
delle valutazioni sull'offerta di lavoro, reputate utile che vengano sentite
le organizzazioni sindacali, le forze sociali, e le associazioni di volontariato
nella fase di formulazione del decreto-flussi? Infatti, questo aspetto
precedentemente contemplato, in questo disegno di legge non è più
previsto.
La seconda domanda: dal momento che, da uno studio che abbiamo compiuto,
risulta che il rapporto di lavoro, in particolare per le piccole e medie
imprese, ha un carattere informale e che, soprattutto, viene valutato attraverso
una valutazione diretta del lavoratore che deve essere assunto, ritenete
che la soppressione dell'istituto dello sponsor sia utile per le
finalità di assunzione di manodopera da parte delle piccole e medie
imprese?
La terza domanda riguarda il match tra domanda e offerta di
lavoro Nord-Sud. È stato realizzato uno studio di settore che riguarda
la mobilità interna: tale mobilità si era rivelata abbastanza
fallimentare. Reputate, dunque, che una norma che preveda un obbligo di
valutazione della mobilità Nord-Sud sia utile ai fini della realizzazione
del match tra offerta e domanda di lavoro?
Ultima questione. Avete esperienza di domande di rientro di lavoratori
di origine italiana che vogliano svolgere quelle mansioni di cui stiamo
discutendo, quindi di bassa professionalizzazione o a carattere stagionale?.
GIOVANNI PUNZI, Responsabile dell'ufficio sindacale della Confagricoltura. Per brevità sottolineo solamente che nella relazione da noi predisposta e che abbiamo trasmesso a questa Commissione sono contenute tutte le risposte alle domande poc'anzi rivolte.
GIOVANNA DE LUCIA, Responsabile
del settore mercato del lavoro della Confartigianato. Volevo brevemente
evidenziare che ho rilevato come su un aspetto non vi sia sintonia tra
le nostre affermazioni e quelle del dottor Punzi. Voglio quindi sottolineare
- lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo ora - che il ripristino
dell'istituto dello sponsor sarebbe una ottima cosa.
Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Sinisi mi sembra
sia stato colto un lapsus, non so se freudiano o meno visto il ruolo delle
parti sociali nel paese in questi ultimi tempi; sicuramente noi abbiamo
tutto l'interesse, oltre che la volontà, di venir inseriti nell'elenco
degli organismi chiamati alla gestione dell'intera materia, quindi non
solo degli aspetti del decreto «flussi». Infatti la questione
non riguarda il lavoro in quanto tale ma anche l'integrazione e quindi
vogliamo essere partecipi di tutte quelle decisioni che riguardino le questioni
vitali di questo paese.
SERGIO SABATTINI. Mi rivolgo in particolare agli esponenti delle associazioni di artigiani. Vorrei sapere quale sia l'incidenza della forza lavoro immigrata in alcuni settori fondamentali come ad esempio settore della meccanica. Vorrei inoltre sapere se vi consta, come ha già chiesto il collega Sinisi, che vi siano difficoltà di lavoro per lavoratori per così dire «bianchi indigeni» rispetto a lavoratori immigrati, ciò con riguardo particolare a settori dove il lavoro è più faticoso; cioè se vi sia una concorrenza tra l'immigrato ed il «bianco indigeno».
Siccome sono aspetti che interessano il provvedimento in questione vorrei sapere cosa pensino le imprese al riguardo.
CRISTINA BANDINELLI, Vicepresidente
nazionale della CNA. Anzitutto ricordo che ci preme essere presenti
in tutti quei tavoli dove si discuta del mercato del lavoro e delle problematiche
dell'impresa, in particolar modo quello attuale. Abbiamo il polso delle
esigenze reali delle imprese nostre associate e quindi credo che ciò
possa essere non solo utile per noi ma anche per chi debba stabilire le
quote.
Sul tema dello sponsor chiaramente condivido quanto già affermato;
è vero che il piccolo imprenditore ha delle capacità soggettive
di giudizio anche immediate ma una valutazione realizzata da terzi competenti
è una soluzione migliore. Magari non si tratta di lavori di alta
professionalità ma spesso i lavoratori in oggetto devono essere
integrati e quindi la volontà del soggetto di imparare il lavoro
(oltre all'onestà e alla rettitudine) è un aspetto fondamentale.
Per quanto riguarda i flussi interni il problema che noi rileviamo
è la scomparsa del flusso tra sud e nord del paese; ma con tutti
gli sforzi compiuti per lo sviluppo del sud non so se sia corretto chiedere
ai cittadini del sud di spostarsi in altre parti d'Italia per occupare
posti che, magari, non sono loro di gradimento perché di bassa qualifica.
Per ciò che concerne il rientro dei cittadini italiani all'estero,
non abbiamo nessuna pregiudiziale anzi vediamo questo aspetto con favore
a patto che ciò non diventi l'ennesimo problema da risolvere perché
così si allungherebbero i tempi e l'iter burocratico si complicherebbe.
Rimane sempre l'obiettivo primario di avere una adeguata manodopera per
i nostri lavori.
Relativamente all'incidenza della forza lavoro immigrata nella manodopera
posso affermare che essa è principalmente
concentrata in due settori: la metalmeccanica e l'edilizia in generale,
dove per edilizia si intendono non solo le opere murarie ma anche il settore
dell'impiantistica. La percentuale di questa manodopera è molto
alta, tra il 10 ed il 15 per cento, anche nella piccola impresa (si tratta
comunque di stime).
Sulla concorrenza tra lavoratori immigrati e locali deve essere chiaro
che l'impresa, nella ricerca di lavoratori, si rivolge prima al territorio.
Nel momento in cui dal territorio non viene una risposta immediata allora
si pone il problema di assumere lavoratori che provengano dall'estero.
CLAUDIA MERLINO, Componente dell'ufficio relazioni sindacali della CIA. Sul tema della concorrenza tra lavoratori stranieri ed italiani sottolineo come nel settore agricolo, e lo ripetiamo ormai da molto tempo, i lavoratori italiani non siano disposti a svolgere determinate mansioni, e non solo queste. Quindi non rileviamo assolutamente un problema di concorrenza, bensì di lavoro in generale nel Meridione che, comunque, è un problema che va affrontato con strumenti completamente diversi, come quelli riguardanti l'emersione del lavoro irregolare. Ricordo ad esempio che disponevamo dei cosiddetti contratti di riallineamento; si tratta di un'esperienza ormai conclusa, che ha dato risultati per certi versi positivi e negativi per altri ma, sicuramente, rappresenta un'ipotesi che andrebbe nuovamente considerata, magari riformulandola, proprio per consentire al sud di migliorarsi per quanto riguarda il settore del lavoro.
ALBERTO NIGRA. Nel corso della discussione al Senato è stato inserito nel disegno di legge l'articolo 29, non presente originariamente, che prevede provvedimenti di emersione del lavoro irregolare limitatamente alle sole badanti (assistenti familiari).
Mi interessa comprendere, da parte vostra, se le vostre aziende siano interessate ad analogo provvedimento per quanto riguarda quelle imprese che abbiano alle proprie dipendenze (chiaramente al momento dell'approvazione della legge) lavoratori irregolari che possano, in qualche modo, essere inseriti in progetti per l'emersione.
ROMANO MAGRINI, Responsabile dei rapporti sindacali della Coldiretti. Non so se quanto affermato sia possibile. Posso ricordare, però, che esiste un problema al riguardo; sia nella legge dei cosiddetti «cento giorni» sia in questo disegno di legge, gli immigrati sono fuori da qualsiasi possibilità di sanatoria, regolarizzazione, trasparenza o emersione dal sommerso: la si chiami come si vuole ma in un modo o nell'altro gli immigrati ne sono fuori! Ciò a fronte di statistiche, realizzate dalla pubblica amministrazione attraverso l'ISTAT, che evidenziano un certo numero, non meglio precisato, di lavoratori extracomunitari irregolari.
GIAN PAOLO LANDI di
CHIAVENNA. Volevo replicare molto succintamente ad alcune osservazioni,
domande e perplessità che si sono state poc'anzi manifestate e che
mi sembra riguardino in prevalenza il permesso di soggiorno.
Ad esempio, per quanto riguarda la burocrazia ed i tempi lunghi per
il permesso di soggiorno forse possono aiutare le previsioni del comma
3-ter dell'articolo 5 del disegno di legge in questione dove si
prevede un diritto alla riformulazione o comunque ad un rilascio di un
permesso pluriennale a favore dello straniero che dimostri di essere venuto
in Italia, per due anni di seguito, per prestare lavoro stagionale. Credo
che questo in qualche modo possa sicuramente rispondere ad una delle preoccupazioni
sollevate.
Quindi pare che già il disegno di legge preveda un automatismo
nel rilascio dei permessi pluriennali che, in qualche modo, vanno ad alleggerire
questo aspetto del problema; si tratta di un aspetto di affaticamento di
carattere burocratico, il quale non pesa soltanto sull'organizzazione aziendale
ma anche sugli uffici della pubblica sicurezza preposti a questo tipo di
attività, che potrà esistere, ma che già esisteva
nella legge Turco-Napolitano.
Un altro questione segnalata concerne i titoli di prelazione...
MARCO BOATO. Ma il dibattito lo facciamo tra di noi?
GIAN PAOLO LANDI di
CHIAVENNA. Onorevole Boato, dico questo perché sono state poste
delle domande. Poniamo allora la questione in termini diversi; chiederò
quindi ai nostri ospiti se la mia interpretazione su questo aspetto trovi
il loro riscontro.
Tornando al discorso sui titoli di prelazione a me sembra che la corretta
interpretazione dell'articolo 18 del disegno di legge preveda la possibilità
di estendere il titolo di prelazione non solo ai lavoratori autonomi ma
anche ai lavoratori subordinati. Tuttavia, se vi fossero dei dubbi interpretativi
saremmo certamente disponibili a fornire dei chiarimenti.
Per quanto concerne il lavoro stagionale l'articolo 19, comma 4, del
disegno di legge prevede che il lavoratore stagionale possa convertire
il permesso di soggiorno rilasciato per lavoro stagionale in permesso di
soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato. Conseguentemente,
ritengo che una delle obiezioni sollevate nel corso del dibattito possa
essere superata facendo riferimento all'articolo 19 del disegno di legge.
La dottoressa Bandinelli ha sollevato il problema del ricongiungimento in caso di separazione del ricongiunto dal coniuge ricongiungente; per tale aspetto nel disegno di legge è previsto che il ricongiunto che abbia, nelle more del ricongiungimento, ottenuto un permesso di soggiorno legato ad un regolare contratto di lavoro ha la possibilità e il diritto di rimanere sul territorio dello Stato italiano nei limiti del tempo previsto dal permesso di soggiorno legato al contratto di lavoro. Pertanto, mi sembra che non sia così automatico, come prima segnalato dalla dottoressa Bandinelli, il rimpatrio del ricongiunto nel momento in cui il ricongiungente debba lasciare il territorio dello Stato.
CRISTINA BANDINELLI, Vicepresidente nazionale della CNA. Pongo soltanto una domanda; e se dovesse accadere che una signora si separa dal marito il quale gli fornisce gli alimenti e le lascia la casa? Questa viene comunque rimandata a casa dato che non ha un contratto di lavoro. Nel momento in cui uno diventa cittadino italiano, questi va trattato come tale.
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Bisogna distinguere perché se è cittadino italiano il problema è risolto. Se si tratta di una ricongiunta di uno straniero, nel caso in cui quest'ultimo lasci il territorio dello Stato anche la ricongiunta deve lasciarlo, sempre che nel frattempo non abbia ottenuto un permesso di soggiorno.
PRESIDENTE. Ringrazio gli ospiti oggi intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 17.45, è ripresa alle 17.50.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche inerenti la normativa
in materia di immigrazione e di asilo, l'audizione di rappresentanti del
Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, dell'Arma
dei carabinieri, della Guardia di finanza, della Marina militare e delle
Capitanerie di porto.
Ricordo che la Commissione sta esaminando il provvedimento, già
approvato dal Senato, sull'emigrazione, ed ha convenuto, assieme all'ufficio
di presidenza, di ascoltare coloro che partecipano attivamente, affrontandolo
quotidianamente, a tale problema. Gradirei quindi, se possibile, contenere
gli interventi ad una persona per «gruppo»; se vi sono eventualmente
relazioni scritte, saranno messe a disposizione di tutti i componenti la
Commissione.
Se non avete stabilito già un ordine, inizierei dalla Polizia
di Stato, con la relazione del prefetto Fera o del prefetto Pansa.
GIUSEPPE FERA, Vice capo della Polizia e direttore centrale della Polizia criminale. Signor presidente, il prefetto Pansa è il direttore della specialità, quindi, in un certo senso, il servizio immigrazione è quello che viene seguito direttamente da lui. Esistono, naturalmente, riflessi sia per l'attività che incide sulla lotta a quel tipo di criminalità, che ha tra i programmi la gestione di questi traffici di migranti, sia aspetti di diritto internazionale, anche per quanto riguarda il coordinamento delle attività, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, a cura dell'ufficio del prefetto Nunzella.
Per tali ragioni, potremmo iniziare con un'esposizione del prefetto Pansa per collegare a tale intervento, successivamente, piccoli «addendi» che mi riguardano come direttore centrale della Polizia criminale ed altri che investono il prefetto Nunzella, in qualità di responsabile delle relazioni internazionali.
PRESIDENTE. Do ora la parola al prefetto Pansa per la sua relazione.
ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale
della Polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione
della Polizia di Stato. Ringrazio il signor presidente ed i componenti
la Commissione. In relazione all'A.C. 2454, ritengo di poter elencare brevemente
quelli che sembrano i punti di rilievo considerati particolarmente efficaci
per l'impatto che hanno sull'organizzazione di gestione degli stranieri
e di contrasto all'immigrazione clandestina e, nello stesso tempo, di potere
indicare in seguito quei punti di criticità che, a mio avviso, si
evidenzieranno in sede di applicazione della normativa.
Partendo dai primi, sottolineiamo come sia particolarmente importante
l'insieme delle misure previste per stimolare la cooperazione dei paesi
di provenienza o di transito dei clandestini. Mi riferisco sia all'articolo
1 del disegno di legge, che prevede che nei programmi bilaterali di cooperazione
il Governo tenga conto della collaborazione dei singoli paesi, sia dell'articolo
16, lettera a), del provvedimento, che prevede la riduzione delle quote
per quei paesi che non cooperano, integrandosi così con il comma
4 dell'articolo 11 del testo unico vigente, il quale prevede beni mobili
ed apparecchiature per coloro che collaborano. Tale impianto ci trova consenzienti
sulla base dell'esperienza dell'applicazione del comma 4, articolo 11,
del Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
che abbiamo avuto nel biennio 1998-2000, perché il finanziamento
complessivo di 45 miliardi di lire assegnati in mezzi per il contrasto
all'immigrazione clandestina ai paesi che collaboravano ha portato ad un
risultato molto efficace, con una riduzione notevole dei flussi di clandestini.
Un altro punto particolarmente significativo del disegno di legge è
l'articolo 4, il quale introduce l'inammissibilità della domanda
per chi presenta una documentazione falsa. Il problema dei documenti falsi
negli uffici visti delle ambasciate - al riguardo, vi sono paesi in cui
il 90 per cento del domande di visto viene presentato con il supporto di
documentazione falsa -, nonché la falsa documentazione presentata
presso le questure per la richiesta del permesso di soggiorno, verificatasi
in maniera enorme in occasione della sanatoria dei 1998, determina un sistema
veramente strano in quanto il soggetto che presenta un documento falso
e viene denunciato all'autorità giudiziaria, solo per questa denuncia
non può vedersi revocato o rifiutati il soggiorno, perché
non è un elemento ostativo al rilascio del permesso di soggiorno,
mentre il meccanismo previsto dal disegno di legge determinerebbe l'immediata
inammissibilità della domanda e renderebbe molto più facile
la gestione di tali tentativi di ottenere, in maniera fraudolenta, il permesso
di soggiorno.
Finalmente poi con l'articolo 8 è stata introdotta una sanzione
per chi introduce, ospita o fa lavorare uno straniero o un apolide, senza
darne comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza. Vi sono
quindi una serie di norme restrittive che, a nostro avviso, renderanno
molto più efficace il sistema. Ciò in quanto l'articolo 11
del provvedimento introduce il reato di favoreggiamento dell'immigrazione,
punisce come una figura autonoma il reato di agevolazione del
profitto diretto ed indiretto. Sottolineo che oggi, soprattutto sotto
il profilo del profitto indiretto, verifichiamo una quantità enorme
di infrazioni che i datori di lavoro, pur di poter usufruire di soggetti
senza un regolare permesso di soggiorno, mettono in moto. Si introduce,
poi, una figura autonoma di reato per la contraffazione del permesso di
soggiorno o dei documenti per il suo rilascio con sanzioni molto più
serie e pesanti rispetto alla norma generale.
L'altro meccanismo che, probabilmente sarà molto efficace (salvo
alcuni interventi per quanto concerne la procedura) è rappresentato
dal capovolgimento dell'impostazione del meccanismo dell'espulsione, per
cui come principio generale l'espulsione viene effettuata con accompagnamento
alla frontiera. Ciò sicuramente renderà il sistema più
efficace in quanto il meccanismo complessivo - cioè l'espulsione
con accompagnamento, i casi in cui questa non si possa realizzare e vi
sia un meccanismo con intimazione breve e le sanzioni progressive fino
a che il clandestino non ottemperi all'allontanamento o reiteri il reingresso
- si svolge in un crescendo, in una progressione che chiude il «cerchio»
sanzionatorio che prima esisteva ma restava comunque aperto nella sua fase
finale per cui non disponevamo dello strumento conclusivo di fronte a colui
che reiterava più volte la fattispecie del reingresso nel paese.
Anche la normativa che prevede il contrasto in mare dell'immigrazione
clandestina ha fatto nascere moltissime speranze. Pur consapevoli che da
questa iniziativa non si potranno ottenere grandissimi risultati ma sicuramente
vi potrà essere un'inversione di tendenza, crediamo che i risultati
saranno sicuramente positivi se verranno accompagnati da tutte le iniziative
di carattere internazionale necessarie per gli interventi sui paesi di
transito e di provenienza dei flussi
migratori. Vi è poi l'articolo 18 del disegno di legge che prevede
l'abolizione dello sponsor; questo per noi è un aspetto molto
positivo in quanto l'istituto dello sponsor a nostro avviso ha rappresentato
un fallimento completo. Ciò perché è stato usato quasi
esclusivamente per aggirare la normativa sul nullaosta preventivo per il
lavoro, è stato usato per aggirare i limiti per i ricongiungimenti
familiari ma, soprattutto, molti degli sponsorizzati giunti in Italia spariscono
ed il trend delle conversioni in contratto di lavoro è molto
basso. L'esempio di cui disponiamo evidenzia come nell'ultimo anno, cioè
nel 2001, la maggior parte degli sponsor fossero cittadini extracomunitari
residenti in Italia la maggior parte dei quali assumeva propri familiari
per un periodo molto breve. Soltanto in quel periodo si manifestava un
meccanismo che aggirava completamente sia il sistema delle quote sia il
sistema della ricerca di lavoro.
Un altro aspetto da evidenziare è che attualmente l'attività
di contrasto all'immigrazione clandestina è messa in crisi da un
fenomeno che si sta ingrandendo enormemente, cioè il meccanismo
delle domande strumentali di asilo. Queste ci pongono due grossissime difficoltà.
Anzitutto non riusciamo più ad individuare i veri rifugiati, cioè
coloro ai quali va riconosciuta la condizione di rifugiato. In eventi di
questo genere, spesso di notevoli dimensioni, si usano criteri sommari
che ci creano grosse difficoltà: spesso respingiamo interi gruppi
senza riuscire a selezionare quali individui siano meritevoli dell'asilo.
La seconda problematica deriva dal sistema attuale utilizzato per richiedere
asilo: si innesca un meccanismo di clandestinità che sta diventando
veramente oneroso; non appena entrerà in funzione EURODAC, il sistema
europeo per la gestione delle impronte digitali, tutti questi individui
(i
richiedenti asilo strumentale spesso non si fermano sul territorio nazionale
ma transitano verso l'estero) verranno respinti dagli altri paesi europei
con conseguente aggravio degli oneri. La nuova normativa ci aiuta sicuramente
a risolvere il problema in quanto le commissioni territoriali, l'eliminazione
del permesso di soggiorno temporaneo e il trattenimento, renderanno in
qualche modo più facile la gestione e quindi l'eliminazione di queste
richieste di asilo strumentali.
Rileviamo comunque qualche perplessità su alcuni punti della
normativa. In particolare mi riferisco all'articolo 28 del disegno di legge
che introduce l'articolo 1-bis alla cosiddetta legge Martelli. Al
comma 4 di questo articolo aggiuntivo vi è la previsione della possibilità
di ingresso nei centri di permanenza da parte di avvocati, associazioni
e rappresentanti dell'ACNUR. Da parte nostra non vi è alcuna difficoltà,
come avviene oggi, che entrino rappresentanti dell'ACNUR. I centri di permanenza
e di trattenimento sono già gestiti da organizzazioni umanitarie
(quasi sempre CARITAS e Croce Rossa); non stiamo parlando di avvocati che
vanno a trovare i loro clienti e che possono farlo liberamente. Vogliamo
evidenziare che se diamo libero accesso agli avvocati si crea un meccanismo
per procacciarsi clienti. Attualmente nessuno dei numerosissimi soggetti
stranieri che giungono in Italia, dopo la notifica del provvedimento di
espulsione, esterna il desiderio di chiedere asilo politico, indipendentemente
se ne abbia o meno le motivazioni. All'improvviso, invece, giungono fax
di avvocati (dei quali i clienti non conoscono l'identità) che presentano
domande di asilo mettendo in difficoltà tutti i sistemi ed i meccanismi
messi a punto per i rimpatri.
Vorrei ora evidenziare alcuni elementi a nostro avviso di criticità
e le loro conseguenze sull'organizzazione del sistema. L'articolo 5 del
disegno di legge prevede la comunicazione al
Ministero dell'interno e all'INPS del rilascio del visto da parte degli
uffici visti, quindi delle autorità consolari. Se questa comunicazione
non sarà telematica ma avverrà tramite un documento cartaceo
comporterà un'enorme lavoro che non recherà alcun beneficio
a questa attività; per cui è indispensabile la diffusione
di un sistema telematico, cosa che senza finanziamenti non si potrà
ottenere.
Un secondo aspetto problematico riguarda le caratteristiche del modello
per il permesso di soggiorno (da realizzarsi con strumenti ad alta tecnologia)
stabilite dall'articolo 5 del disegno di legge; si tratta comunque di una
previsione contenuta anche nell'Azione comune europea del 1996. Il modello
ad alta tecnologia (che tra l'altro, se si vogliono rispettare i termini
imposti dall'Azione comune europea del 1996, dovrebbe essere realizzato
entro la fine dell'anno) richiede dei sistemi di stampa, di rilascio e
di memorizzazione di cui non abbiamo disponibilità per i quali,
in assenza di finanziamenti, non avremo la possibilità di realizzarlo.
Il permesso di soggiorno legato alla durata del contratto, pur essendo
concettualmente valido, riduce moltissimo i tempi di durata dei permessi
di soggiorno. Ciò significa che il cittadino extracomunitario dovrà
chiedere, più volte nel tempo, il rinnovo dei permessi alle questure.
Attualmente vi sono questure, in situazioni di normalità, che per
i rinnovi concedono appuntamenti a distanza di otto mesi. Se inneschiamo
un meccanismo quale quello previsto otterremo che coloro che hanno diritto
al rinnovo del permesso di soggiorno lo ottengano dopo un anno o più,
determinando di fatto una situazione ingestibile, soprattutto per quanto
riguarda il rapporto con il settore del lavoro.
Sul tema dell'espulsione con accompagnamento evidenzio come l'aumento
del periodo massimo di trattenimento fino a
60 giorni nei centri di permanenza temporanea rappresenti sicuramente
uno strumento più efficace per il contrasto dei clandestini. Va
comunque detto che questo meccanismo richiede delle misure di accompagnamento
di notevole entità; infatti vanno realizzati subito centri permanenza
temporanea che però non possono essere come gli attuali dove vi
sono 50 posti che necessitano di 80 addetti alla vigilanza oppure con 100
posti e 180 addetti alla vigilanza. Se questi centri di permanenza verranno
realizzati con queste modalità allora bisognerà aumentare
il numero del personale da dedicare alle operazioni di vigilanza.
Oggi impieghiamo circa mille unità, in futuro ne dovremo impiegare
tre o quattro mila; queste unità da dove le toglieremo? Probabilmente,
verranno sottratte da quei comparti che svolgono compiti diretti al controllo
del territorio. Qualora questi interventi non si predisponessero si registrerebbe
un insuccesso della legge in ordine ai rimpatri effettivi tenuto conto
che nel 2001 si è proceduto a rimpatriare oltre 75 mila persone.
Da calcoli da noi effettuati che tengono conto degli immigrati che si trattengono
per 60 giorni nei centri di permanenza temporanea ma che non si riesce
ad espellere e della scarsa disponibilità di posti in tali centri
si rischia di avere una riduzione di oltre il 30 per cento degli allontanamenti
in un anno; ciò rende necessario che queste misure siano adottate
contemporaneamente.
L'articolo 6 del disegno di legge fa riferimento al contratto di soggiorno
per lavoro subordinato rinviando, per quanto concerne le modalità
di sottoscrizione, alle modalità previste nel regolamento di attuazione;
tale regolamento sarà adottato con decreto del Presidente della
Repubblica il quale richiede almeno sei mesi di tempo; pertanto, nelle
more, quale disciplina si dovrà applicare? Dico ciò perché
non è prevista la
disciplina transitoria; pertanto, necessita una disciplina apposita
oppure bisognerà fare ricorso alla vecchia disciplina - decreto
sui flussi in ingresso - con l'intervento del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali.
L'articolo 17 del disegno di legge prevede in ogni provincia l'istituzione
di uno sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura-ufficio
territoriale del Governo in cui confluirà il personale di alcune
amministrazioni pubbliche così come previsto dal decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300. Gli UTG, a nostro avviso, difficilmente potranno
corrispondere a questo tipo di esigenza - alla sottoscrizione del contratto
di soggiorno e alla prevista emersione del lavoro nero di colf e delle
cosiddette badanti - senza opportune risorse, in mancanza delle quali questa
norma - lo dico in maniera brutale ma occorre essere precisi - sarà
un fallimento e creerà anche problemi di ordine pubblico. Ciò
in quanto gli uffici territoriali del Governo non sono in grado di gestire
l'impatto di un'attività di questo genere mancando una previsione
normativa che preveda risorse umane e tecnologiche.
Per quanto concerne l'articolo 29 del disegno di legge che riguarda
la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare - colf e badanti -
registriamo una serie di problemi. Tra questi il probabile alimentarsi
di un circuito di falsi; in tempi così ristretti - 20 giorni per
rilasciare il permesso di soggiorno - la probabilità di scoprire
se esistano dei falsi sarà irrisoria. Secondo alcune organizzazioni
non governative il numero delle domande di emersione potrebbe essere pari
a quello registratosi al tempo della sanatoria del 1998 - 200-250 mila
domande - la quale ha richiesto, per la sua gestione sulla base della normativa
attuale, circa 24-26 mesi ottenendo, peraltro, il risultato di creare circa
45 mila clandestini i quali, nonostante avessero presentato domanda ed
ottenuto una sorta di
ricevuta che nel corso del tempo gli ha consentito di svolgere un'attività
lavorativa, alla fine, non hanno ottenuto i benefici previsti dalla sanatoria;
tutto ciò, probabilmente, creerà un problema gestionale non
indifferente.
Inoltre, sempre l'articolo 29 del disegno di legge pone alcuni problemi
quando fa specificamente riferimento a quelle situazioni che riguardano
soggetti che sono entrati o che lavorino in Italia prima del primo gennaio
2002. Gli extracomunitari, arrivati nel nostro paese dopo il primo gennaio
2002 accolti da datori di lavoro che li impiegano nelle proprie attività,
si troveranno in una condizione insanabile, ma anzi saranno sanzionati
penalmente mentre prima non lo erano. Conseguentemente, riteniamo opportuno
che la normativa debba fare riferimento all'entrata in vigore della legge
e non al primo gennaio 2002. Inoltre, è previsto dal disegno di
legge un tempo troppo breve tra la dichiarazione di emersione e il rilascio
del permesso di soggiorno. Ancora, ai fini procedurali, non si capisce
perché necessiti una doppia presentazione presso l'ufficio territoriale
del Governo - quella per l'emersione dal nero e quella per il contratto
- e in più, un ulteriore presentazione presso l'ufficio immigrazione
della questura per il rilascio del permesso di soggiorno. Probabilmente,
se questi tre momenti si potessero riunire otterremo una procedura di accertamento
molte più efficace e, probabilmente, diventerebbe più semplice
capire se esiste un rapporto di lavoro tra il datore e il lavoratore. A
nostro avviso, è necessario prevedere anche la possibilità
di gestire con sistemi moderni di outsourcing questo sistema di
emersione, soprattutto nel caso in cui vi sia un notevole numero di soggetti
- i datori di lavoro - che debbono presentare delle domande; un iter
semplificato, anche attraverso appoggi esterni alle amministrazioni
della pubblica sicurezza da parte degli stessi UTG o della questura, potrebbe
rendere il tutto più veloce.
Inoltre, è opportuno sottolineare che il 47 per cento dei minori
presenti nel nostro paese sono extracomunitari; infatti, in Italia si registra
il fenomeno - purtroppo in aumento - dei cosiddetti minori non accompagnati.
Proprio nel corso di uno degli ultimi sbarchi di cittadini cingalesi avvenuti
sulle nostre coste i genitori hanno lasciato il figli in Italia e loro
sono stati rimpatriati; figli dichiarati non accompagnati e di età
compresa tra i 17 e i 17 anni e mezzo. Tale fenomeno, come attualmente
disciplinato con un sistema di assistenza al rimpatrio non veloce ed inefficace,
sarà destinato a crescere ulteriormente.
Infine, dal 1990 la Polizia di Stato invia presso gli uffici visti
delle rappresentanze diplomatiche e dei consolati italiani del personale
per collaborare ai fini del rilascio del visto e per verificare la correttezza
della documentazione esibita. Questa situazione determina due problemi
di fondo; innanzitutto, questo personale non ha una sua veste ufficiale
e quindi non ha un trattamento economico adeguato rispetto al personale
che lavora presso le ambasciate. Il secondo problema è di ordine
finanziario: mancano i fondi per mantenere questo personale in missione
tenuto conto che tali unità assorbono circa il 60 per cento del
fondo istituito per le missioni all'estero della Polizia di Stato. Anche
per questo aspetto si pone la necessità di un opportuno intervento,
soprattutto perché questo personale svolge una funzione particolarmente
efficace nel fronteggiare il fenomeno della immigrazione clandestina.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Pansa. Purtroppo, abbiamo un'esigenza di tempo, dal momento che alle ore 19
dobbiamo essere in Assemblea, perché è in discussione un provvedimento licenziato da questa Commissione. Do ora la parola al generale Suppa.
VINCENZO SUPPA, Capo del III reparto-operazioni
del comando generale della Guardia di finanza. La ringrazio, signor
presidente. La Guardia di finanza concorre nei servizi di polizia di frontiera,
e quindi di contrasto all'immigrazione clandestina, insieme con le altre
forze di polizia ed in concomitanza con i propri compiti istituzionali
di polizia doganale e finanziaria a tutela delle frontiere italiane e comunitarie.
La Guardia di finanza, inoltre, opera prevalentemente in mare con la componente
aeronavale, e su tale aspetto vorrei soffermare l'attenzione della Commissione.
Il problema principale è costituito dal respingimento in mare,
di cui spesso si parla. Sulla base dell'esperienza maturata, confortata
anche da incontri con i colleghi della Capitaneria di porto e della Marina,
a nostro avviso si tratta di un'ipotesi poco percorribile, perché
ostano a tale procedura problemi di ordine logistico, di ordine giuridico
e di ordine operativo. Esistono problemi di ordine logistico, perché
bisogna considerare che le navi normalmente utilizzate per il trasporto
dei clandestini sono le cosiddette «carrette del mare», vale
a dire imbarcazioni che reggono a stento il mare, ed anche una volta abbordate
- e se ciò avviene in alto mare, è molto rischioso -, è
difficile ricondurle immediatamente ai porti di provenienza, a meno che
non si tratti di un porto della Algeria o della Tunisia; quindi, ciò
è possibile solo se si tratta di operazioni nel canale di Sicilia.
Esistono, inoltre, problemi di ordine operativo perché, una
volta a bordo (ammesso che si riesca ad abbordare la nave), l'esperienza
insegna che l'operazione si trasforma immediatamente da un intervento di
polizia ad un'operazione di
soccorso. Bisogna far riferimento, quindi, alla normativa internazionale
che disciplina le operazioni di soccorso: occorre assistere i trasportati
e condurre la nave nel porto più vicino. Per quanto riguarda le
potenzialità dei mezzi della Guardia di finanza, esso è,
necessariamente, un porto nazionale.
Esistono, infine, problemi di ordine giuridico perché, anche
nel caso in cui avessimo individuato con esattezza il porto di partenza
della nave - e ciò non sempre avviene -, dovremmo fare riferimento
ad accordi bilaterali con lo Stato di provenienza dell'imbarcazione per
poterla respingere nel porto di provenienza. Un aspetto particolare riguarda,
inoltre, le navi provenienti dall'Egitto attraverso il canale di Suez.
Il canale di Suez, infatti, gode di un regime particolare; per usare un'espressione
impiegata da un'esponente della polizia egiziana durante un recente incontro
con un mio collega, «per noi, il canale di Suez è come un
aereo che sorvola l'Egitto». In base alle regole che attualmente
disciplinano il transito nel canale di Suez, quindi, un'imbarcazione carica
di clandestini che attraversa tale canale non è, secondo l'opinione
degli egiziani, controllabile. Allora, come accennava poc'anzi il prefetto
Pansa, si tratta di un problema che investe non solo la legislazione nazionale,
ma anche gli accordi bilaterali. A tal fine, occorre promuovere accordi
con i paesi rivieraschi e, probabilmente, anche un riesame delle norme
che disciplinano i transiti nel canale di Suez delle imbarcazioni segnalate
come trasportanti clandestini.
Ritornando in dettaglio ai temi del disegno di legge, la Guardia di
finanza ha già avanzato alcune proposte emendative, che sono state
recepite. Rimane, tuttavia, ancora aperto il problema della zona contigua.
Mi sembra che all'articolo 10 del predetto disegno di legge vi sia un riferimento,
ma si tratta di un riferimento improprio perché la legislazione
italiana non
ha ancora recepito la convenzione di Montego Bay e, di conseguenza,
non ha ancora stabilito quale sia la zona contigua. Ricordo che tale zona
può estendersi dalle coste fino a 24 miglia. Pertanto occorrerebbe
definire nella stessa legge, o con un provvedimento a latere quale
sia, secondo la normativa italiana, la zona contigua.
Come Guardia di finanza abbiamo visto con favore l'adozione del decreto-legge
n. 51 del 2002, con il quale è stata prevista la distruzione delle
motonavi, sequestrate perché trasportanti clandestini, non utilizzabili
dalle forze di polizia. Sempre in merito alla difficoltà di operare
a livello di controlli in alto mare nei confronti di imbarcazioni che trasportano
immigrati clandestini, vorrei ricordare, inoltre, che l'unica norma che
attualmente potrebbe aiutare, in un'ottica di salvaguardia degli stessi
clandestini, è la convenzione di Palermo del 2000, nei due allegati
che riguardano il trasporto dei clandestini. Tale norma consentirebbe l'identificazione
di bandiera, vale a dire la possibilità di salire a bordo di una
nave e verificare il carico ed i documenti trasportati, nel caso in cui
la nazione che dà la bandiera alla nave e quella che vuole salire
a bordo abbiano sottoscritto e ratificato tale convenzione. Segnalo, peraltro,
che tale convenzione non è stata ancora ratificata dall'Italia.
Signor presidente, ho concluso il mio intervento. Lascio, infine, una
documentazione scritta a disposizione della Commissione.
PRESIDENTE. Do ora la parola al colonnello Ciceri, dell'Arma dei carabinieri.
ILARIO CICERI, Capo dell'ufficio operazioni del comando generale dell'Arma dei carabinieri. La ringrazio, signor presidente, e desidero innanzitutto portare il saluto del Comandante
generale dell'Arma a lei e a tutti i deputati presenti.
Per non ripetere quanto già detto precedentemente e al fine
di contenere i tempi dell'intervento, voglio soffermarmi solamente su alcuni
punti sintetici. Intanto, intendo sottolineare il ruolo concorsuale che
anche l'Arma dei carabinieri riveste nel contrasto dell'immigrazione clandestina,
sia sotto il profilo preventivo, che si estrinseca prevalentemente nella
partecipazione dell'Arma, con svariate centinaia di uomini, ai vari piani
interforze per il controllo delle aree sensibili (Puglia, Calabria, Sicilia
orientale e occidentale), sia attraverso il concorso che forniamo in tutta
Italia per la vigilanza dei centri, con una media di oltre 300 uomini al
giorno.
Oltre a tale consistente contributo, l'attenzione dell'Arma è
focalizzata anche sull'attività repressiva per il contrasto alle
organizzazioni criminali dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
e al traffico ed alla tratta di esseri umani. Sotto questo profilo, vorrei
evidenziare il ruolo e l'importanza che attribuiamo alla cooperazione internazionale,
in particolare a livello europeo e nel quadro di Europol, nell'ambito del
quale, a seguito di un'indagine particolarmente significativa svolta dal
ROS, abbiamo promosso un primo progetto interforze operativo che già
vede coinvolti paesi come Svizzera, Francia, Polonia e altri. Tale progetto
sta già dando ottimi risultati, perché si tratta, sicuramente,
di uno strumento importante per contrastare il fenomeno a livello internazionale.
A tal proposito, si potrebbero prevedere, anche per questi tipi di reato,
specifiche fattispecie associative, con l'estensione anche a tali fattispecie
delle possibilità investigative (agenti sotto copertura in primis)
utilizzate con grande efficacia sia nella lotta al traffico della droga,
sia, più recentemente, per contrastare il terrorismo.
Un secondo aspetto sul quale desidero soffermarmi è già
stato citato dal dottor Pansa ma ritengo sia bene riaffrontarlo. Sicuramente
il disegno di legge in discussione delinea un sistema che ha in sé
caratteristiche di maggior efficacia soprattutto per quanto riguarda l'aumento
fino a 60 giorni dei termini di permanenza nei centri. Ciò consentirà
di portare a termine le pratiche per l'espulsione dando a chi procede il
tempo per identificare compiutamente i soggetti. Vi è poi il ribaltamento
del sistema che prevederebbe in futuro l'accompagnamento alla frontiera
in via ordinaria, sicuramente dando maggiore significato all'azione di
prevenzione e di repressione del fenomeno. Naturalmente è importante
accompagnare la normativa con i provvedimenti organizzativi necessari per
poter affrontare il conseguente impatto. Sicuramente la nuova legislazione
prevederà più traduzioni, più accompagnamenti e più
vigilanza nei centri qualora non si proceda, come già delineato
da alcuni programmi, al sostanziale aumento e ammodernamento dei centri
di permanenza in modo da garantire miglior condizioni di vita a chi vi
soggiorna ma anche maggior sicurezza alle forze di
Polizia che debbono vigilare. Tutto ciò dovrebbe indurre a valutare
la possibilità di un intervento mirato, compatibilmente con le risorse
disponibili, per adeguare gli organici dei reparti maggiormente impegnati
in questo settore in modo da consentirci di affrontare con tranquillità
e con risorse adeguate questa nuova azione di contrasto all'immigrazione
clandestina.
FRANCESCO RICCI, Sottocapo di stato maggiore della Marina militare. Premetto che abbiamo predisposto una relazione che intendo trasmettere a questa Commissione. Cercherò comunque di sintetizzarne i punti essenziali.
Sostanzialmente condivido pienamente le posizioni espresse dai rappresentanti
della Guardia di finanza, con i quali ci siamo già confrontati sull'argomento.
La Marina militare sta affrontando già da dieci anni il problema
del controllo di questi traffici di clandestini ed ha predisposto diversi
dispositivi; vorrei quindi sottolineare le difficoltà cui andiamo
incontro. Per scoprire e localizzare navi che trasportano clandestini dobbiamo
sapere da dove e, più o meno quando partono, il loro nome, ma soprattutto
disporre della fotografia delle navi. Senza queste informazioni diventa
estremamente complessa la localizzazione della nave. Se si è in
possesso solo della fotografia della nave senza sapere quando e da dove
parta, è difficile rintracciare l'imbarcazione nel Mediterraneo;
ciò perché in pratica si presenta la necessità di
riconoscere otticamente l'imbarcazione, ma la portata ottica sia da una
aereo sia da un'imbarcazione è estremamente limitata: la distanza
utile affinché un bersaglio venga riconosciuto si aggira attorno
ai 10 mila metri, non di più. È quindi evidente quanto sia
difficile per noi scoprire una nave senza elementi informativi molto precisi.
Diventa assolutamente impossibile, poi, qualora non siamo in possesso
neanche della fotografia della nave. Senza sapere come è fatta l'imbarcazione
è possibile scoprire una nave adibita al traffico di migranti clandestini
solo casualmente, rilevando, cioè, la presenza di queste persone
in coperta; in questo caso è possibile comprendere che si tratta
di una nave impegnata nel traffico di clandestini. Si manifesta così
una forte difficoltà da parte nostra all'identificazione di queste
imbarcazioni.
La localizzazione di queste navi richiede soprattutto l'impiego di
mezzi aerei; con l'Aeronautica disponiamo dei cosiddetti pattugliatori
aero-marittimi che sono il mezzo di eccellenza
per questo tipo di operazioni; disgraziatamente tali aerei sono molto
vecchi (hanno più di trent'anni), possiedono un'efficacia ed un'efficienza
estremamente limitate e sono privi di dispositivi di visione notturna,
quindi non possono essere impiegati per questi compiti durante la notte;
inoltre, non possiedono radar che consentano di determinare le dimensioni
del bersaglio. Se, ad esempio, stessimo cercando una nave lunga 60 metri
e possedessimo il sistema radar denominato AISAR che consente di determinare
le dimensioni del bersaglio potremmo scartare tutte le imbarcazioni di
diversa lunghezza. Non disponiamo, però, di questo sistema e per
la Marina è estremamente difficile localizzare in alto mare tali
bersagli in assenza di informazioni precise.
Nell'attuale quadro normativo e giuridico internazionale, una volta
localizzato il bersaglio, possiamo seguirlo da vicino, intervenire nel
caso in cui si manifesti pericolo per la salvaguardia della vita umana
in mare ed accompagnarlo fino alla consegna nelle mani delle forze di Polizia.
Questo è un risultato di non poco conto perché, se riusciamo
a realizzarlo, prima di tutto possiamo sequestrare l'imbarcazione che non
potrà così più essere utilizzata per analogo scopo,
poi consentiamo alla Polizia di catturare l'equipaggio - un altro risultato
importante perché si evita così che si possa reiterare il
reato - ed infine, tramite le operazioni di scorta, assicuriamo a tutti
i migranti clandestini una certa sicurezza nel transito e la consegna ai
centri di raccolta per l'eventuale rimpatrio o per i provvedimenti del
caso. Questo è sostanzialmente ciò che noi facciamo.
In merito al dispositivo legislativo vorrei sottolineare due aspetti.
Anzitutto si realizza un quadro giuridico abbastanza definito in questo
settore, ma l'aspetto di maggior pregio è rappresentato dal decreto
interministeriale sul coordinamento
della nostra attività con quella delle forze di Polizia. Questo decreto sul coordinamento tra chi opera in alto mare e chi opera nelle acque territoriali ed a terra è di importanza fondamentale per evitare smagliature ed incomprensioni che possano creare seri problemi sia per la sicurezza di questi «poveri disgraziati» sia per l'evasione, la mancata cattura e l'impunità dell'equipaggio, con conseguente reiterazione dell'illecito commesso da quest'ultimo, nonché per quanto riguarda l'eventuale cattura della nave. Questi sono essenzialmente i punti fondamentali che volevo sottolineare; ringrazio per l'attenzione che mi è stata concessa.
EUGENIO SICUREZZA, Comandante generale delle Capitanerie di porto. Ringrazio per l'invito e saluto tutti i componenti di questa Commissione. Innanzitutto premetto che rappresento una struttura specialistica composta da 10 mila persone (uomini e donne), una nicchia che, con capacità tecniche ed amministrative, deve curare il corretto utilizzo del mare dal punto di vista delle attività civili. Esercitiamo, secondo il codice della navigazione, l'attività di polizia marittima, che è un concetto completamente diverso dal perseguimento dell'ordine pubblico. Siamo preposti al SAR, ossia alla ricerca ed al soccorso per la salvaguardia della vita umana in mare e non operiamo per l'attività di contrasto della criminalità in mare. Tuttavia, siamo un organo dello Stato e per mare spesso ci si trova, soli quindi, oggettivamente, possiamo dare un nostro contributo alla causa comune dello Stato italiano, cioè cooperare e collaborare con gli organi di Polizia e con la Marina militare. Effettivamente stiamo realizzando un utile dispositivo, soprattutto navale ma anche aereo, che possa essere utile nello svolgimento delle attività di polizia marittima, per il controllo del traffico marittimo, per la tutela e gli usi civili del mare in congiunzione con il sistema radar di centrali collegate
fra loro noto con il nome di VTS (Vessel traffic service); ci
troviamo, quindi, in una posizione che può risultare utile per il
contrasto dell'immigrazione clandestina.
Ho predisposto una relazione che trasmetterò a questa Commissione;
vorrei ora sottolinearne alcuni aspetti, riferendomi in particolare agli
allegati alla nostra relazione dai quali si evince l'escalation
di questo fenomeno e come in pochi anni sempre più gente speri di
essere salvata e catturata lungo le coste italiane.
Si vede che il nostro programma presenta una certa consistenza e può
avere una certa validità ai fini della cooperazione; il nostro centro
di coordinamento del soccorso (Mediterranean Rescue Coordination Center)
ci consente giuridicamente, essendo noi i depositari della materia del
soccorso in mare, di coordinare azioni anche in alto mare, e in presenza
di navi mercantili, autorizzarle a svolgere funzioni di soccorso: l'esempio
che cito (nell'allegato n. 8 alla relazione) è l'operazione condotta
dalla motocisterna Valsesia il 25 marzo ultimo scorso.
Dalla scheda n.7 (che allego alla relazione) si evince la necessità
di maggiori risorse finanziarie per il nostro corpo; ciò perché
il legislatore, al fine di aiutare l'industria nazionale, è stato
pronto a varare un sacrosanto programma che prevede nuove e utili costruzioni
nonché l'acquisizione di altri mezzi aerei; però, nel momento
in cui si decide di operare dei tagli, accade che, poiché il corpo
delle capitanerie di porto rientra, nell'ambito del bilancio dello Stato,
nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mentre si escludono
da tali risparmi le forze di polizia e quelle della difesa (intesa in senso
stretto), il corpo viene costantemente saccheggiato finanziariamente. Pertanto,
se a partire da quest'anno non si incrementano le risorse destinate al
nostro corpo, con il ritmo attuale di attività
di soccorso in mare (metà della quale diretta a contrastare la
criminalità transfrontaliera e il traffico di clandestini), corriamo
il rischio di avere i mezzi navali ed aerei fermi nel mese di agosto, proprio
quando dovremo svolgere l'importante funzione, per la nostra industria
turistica, dell'assistenza e della tutela della sicurezza dei bagnanti.
Per quanto concerne poi la zona cosiddetta contigua, condivido le osservazioni
sul tema svolte dal collega della Guardia di finanza; tuttavia, la zona
contigua, che può far comodo per contrastare l'immigrazione clandestina,
necessita di una valutazione complessiva. Soprattutto perché il
Mediterraneo è un mare stretto, chiuso e su cui si affacciano diversi
paesi; conseguentemente, prima di procedere a dichiarare una zona come
contigua bisognerebbe verificare tutti pro e tutti i contro di questa
operazione. Quello che è certo è che non conviene dichiararla
laddove esistano interessi di pesca contrapposti con paesi molto vicini,
come ad esempio la Tunisia e i paesi che si affacciano sull'Adriatico.
GIUSEPPE FERA, Vice capo della Polizia
e direttore centrale della Polizia criminale. Come avevo anticipato
all'inizio, il mio intervento si coniuga con quello svolto dal collega
Pansa e riguarda più direttamente gli aspetti penalistici e, quindi,
l'articolo 11 del disegno di legge in questione, che modifica all'articolo
12 del testo unico. Intendo anche fornire alcuni elementi conoscitivi sugli
aspetti dell'attività che viene svolta nei confronti delle grandi
organizzazioni che possono essere considerate le vere responsabili della
gestione dei traffici transnazionali che la Convenzione dell'ONU e i protocolli
aggiuntivi hanno ben descritto nelle dinamiche e negli aspetti sanzionatori.
La formulazione dell'articolo 11 del disegno di legge è in linea
di massima condivisibile. Di particolare interesse rimane
la conoscenza e, quindi, l'approfondimento sul piano investigativo delle
problematiche connesse alla gestione da parte delle grandi organizzazioni
di questi traffici. Mi richiamo anche a quanto detto prima dal colonnello
Ciceri quando ha fatto riferimento alla esigenza di fattispecie operative
che possano mettere in luce queste tipologie di sodalizi e alle misure
appropriate per poterle contrastare. È chiaro che certi strumenti,
come ad esempio il ricorso alle intercettazioni ambientali delle comunicazioni
nonché i provvedimenti ex articolo 384, così come
le attività di sotto-copertura e di differimento degli atti, assumono
un significato solo se ci si sofferma più da vicino sul momento
della gestione di questi traffici; momento questo fondamentale, non soltanto
per quanto riguarda l'intelligence ma anche per l'aspetto repressivo.
In merito all'articolo 12 del testo unico, che probabilmente sarà
modificato dall'articolo 11 del disegno di legge, sottolineo che la novella
appare chiara e corretta nella sua formulazione. L'aspetto sanzionatorio
è previsto dal comma 3-ter del citato articolo, dove si fa
riferimento a fatti compiuti al fine di reclutare persone da destinare
alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale, ovvero riguardanti
l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di
favorirne lo sfruttamento: si applica la pena della reclusione da cinque
a 15 anni. Se noi facciamo riferimento anche ai commi precedenti del predetto
articolo, in particolare il 3-bis il quale prevede un aumento delle
pene, la natura di queste condotte, di cui al comma 3-ter,appaiono
senza dubbio più rilevanti e significative rispetto a quelle previste
dal 3-bis. Pertanto, le pene edittali mi sembrano leggermente inferiori
rispetto a quelle che risultano applicabili ai sensi del comma precedente.
Una riflessione su questo profilo la ritengo è importante, anche
perché si pone la necessità di leggere attentamente, di
armonizzare e quindi di avere una lettura integrata di questo comma
3-ter con quel particolare profilo normativo che emerge dal disegno
di legge sulla tratta degli esseri umani. In effetti, esiste la possibilità
di sovrapposizione, conseguentemente una lettura integrata di questi due
momenti credo possa essere utile ed opportuna.
Devo anche dire che l'eccezione alla regola del bilanciamento delle
circostanze, quelle relative alla comma 3-quater dell'articolo 11
del disegno di legge, è da condividere in toto proprio perché
emergono quegli aspetti che mettono in luce la possibilità di una
gestione a monte da parte delle organizzazioni di questi traffici; lo stesso
per il 3-quinquies, dove si fa riferimento alle restrizioni previste
dall'ex articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354,
nonché la conseguente estensione ai medesimi soggetti del regime
previsto ex articolo 41-bis in tema di soggetti pericolosi.
L'articolo 11 del disegno di legge, con queste piccole annotazioni
a cui ho fatto riferimento, è da condividere.
Tra le ulteriori novelle contenute nel disegno di legge va sottolineato
quanto previsto dall'articolo 8, il quale stabilisce una sanzione amministrativa
per le violazioni relative all'attuale articolo 7 del testo unico in tema
di obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro. In questo caso, sarebbe
utile tener conto dei profili di analogia con quella ex articolo
12 del decreto legge n. 59 del 1978, convertito in legge n. 191 del 1978,
sulla cessione dei fabbricati, in modo da disciplinare tale aspetto sanzionatorio
mediante il rinvio a quest'ultima norma, che comporterebbe anche l'omogeneizzazione
del quantum della pena da irrogare. Andrebbe valutata, inoltre,
l'esigenza di esplicitare che tale illecito amministrativo concorre con
le eventuali fattispecie, in particolare con il reato di cui all'articolo
12, comma 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998.
Per quanto riguarda l'impostazione generale del provvedimento, ritengo
giusto ricordare che una recente proposta di direttiva del Consiglio europeo
riguarda il titolo di soggiorno di breve durata, da rilasciare alle vittime
di favoreggiamento dell'immigrazione illegale e quelle della tratta degli
esseri umani che cooperino con le autorità competenti. Tale proposta
comunitaria amplierebbe sensibilmente le ipotesi di azionabilità
del permesso di soggiorno per motivi di protezione, ex articolo
18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, rendendolo, di fatto, applicabile
alla stragrande maggioranza degli stranieri irregolarmente presenti sul
territorio nazionale perché esiste la possibilità che, all'occorrenza,
lo straniero irregolarmente presente possa palesare, in un certo senso,
uno status di vittima, anche inesistente, al fine di sottrarsi all'espulsione,
rendendosi irreperibile nel periodo di riflessione di 30 giorni che, in
base alla proposta di direttiva, deve essere riconosciuto al soggetto dopo
che sia stato informato della possibilità di ottenere il menzionato
titolo di soggiorno. Si tratta di un aspetto che va considerato, così
come, del resto, occorre tener conto, nel quadro generale, di tutti i profili
che emergono dall'auspicabile ratifica sia della convenzione ONU, sia dei
due protocolli aggiuntivi.
Su tale aspetto dell'argomento, ritengo di aver fornito alcuni elementi
aggiuntivi ad integrazione di quanto è stato già riportato.
Desidero rappresentare, adesso, soltanto alcune note inerenti all'attività
di contrasto del fenomeno dell'immigrazione clandestina, con riferimento
al perseguimento delle organizzazioni responsabili della gestione di queste
particolari attività illecite. Il dipartimento della pubblica sicurezza,
in particolare per quanto riguarda questi organi specialistici investigativi
della Polizia di Stato, si muove lungo tre linee-guida fondamentali: una
riorganizzazione degli uffici investigativi
centrali e territoriali; una diffusione di moduli investigativi omogenei,
frutto delle esperienze operative acquisite; infine, un impulso, emerso
anche in precedenti incontri, ad azioni di interscambio informativo ed
operativo con gli organi di polizia degli altri paesi. In ogni area territoriale,
nell'ambito delle squadre mobili e delle sezioni di criminalità
extracomunitaria, abbiamo la possibilità, anche da parte delle sezioni
di criminalità organizzata, di poter svolgere attività di
raccordo e di analisi operativa delle indagini riferite a tale particolare
settore.
Vorrei ora affrontare il famoso problema della necessità, di
fronte al perseguimento delle grandi organizzazioni, di colpire anche le
cosiddette aree della criminalità comune - anche se, in effetti,
la maggior parte di questi soggetti rientrano, senza dubbio, nella schiera
degli extracomunitari -, cioè quell'attività che viene consumata
in danno e che crea un senso di insicurezza nei cittadini. In questo caso,
stiamo veramente operando nei termini più appropriati, coniugando
in modo corretto i momenti del controllo fisico del territorio con il momento
della conoscenza, e dunque dell'individuazione dei segmenti della criminalità
comune ed organizzata alle spalle di questo scenario.
Allora, signor presidente, posso affermare che, in tale contesto, vengono
svolte numerose iniziative che danno risultati particolarmente positivi;
tali iniziative, comunque, impegnano con particolare rilievo non solo le
risorse fisiche, ma anche quelle economiche che devono sostenere gli impegni
delle forze di polizia. Posso affermare che la conoscenza acquisita con
la circolazione dell'informazione porta veramente a risultati che possono
essere stimati in termini positivi e che hanno una valenza notevolissima.
Basti considerare che solo nel primo trimestre del 2002, con riferimento
non soltanto
alle azioni svolte lungo le coste, si parla di 132 arresti e di 82 sequestri,
con un incremento del 230 per cento degli arresti e del 115 per cento dei
sequestri rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente: si tratta,
senza dubbio, di un dato molto confortante.
Per converso, abbiamo anche una significativa base statistica che fornisce...
GIANNICOLA SINISI. Può specificare questi ultimi due dati?
GIUSEPPE FERA, Vice capo della Polizia
e direttore centrale della Polizia criminale. Per quanto riguarda il
primo trimestre del 2002, abbiamo 132 arresti ed 82 sequestri di veicoli
e natanti, rispetto ai 40 arresti e 38 sequestri delle primo trimestre
del 2001: si tratta di dati che ritengo molto significativi. Peraltro,
anche per quanto riguarda le informazioni statistiche riferite ai membri
di organizzazioni criminali che gestiscono tali traffici, è possibile
affermare che nel primo trimestre del corrente anno sono stati arrestati
29 membri di organizzazioni criminali: parlo di grandi organizzazioni,
non del semplice scafista, signor presidente, tralasciando il novero dei
dati attinenti ai membri dell'equipaggio e ad altri soggetti che vengono
arrestati ed assicurati alla giustizia. Questi sono, senza dubbio, dati
che hanno una certa valenza ed un certo significato.
Voglio sottolineare, tuttavia, che tale azione viene svolta oggi in
modo molto particolare, nel senso che, specialmente negli ultimi tempi,
è stato iniziato un capillare lavoro di intelligence e di
analisi su tutto il territorio nazionale per quanto riguarda le organizzazioni,
i soggetti ed i gruppi criminali presenti sul territorio nazionale. Si
tratta, pertanto, di una azione di monitoraggio e di attenzione rivolta
a tali
gruppi per poterli colpire nei modi più attenti e lucidi, integrando
il sistema del controllo fisico con il controllo intelligente attraverso
indagini mirate e, dunque, attività preventive ed investigative
abbastanza significative.
Per quanto riguarda l'aspetto internazionale, trattandosi di organizzazioni
transnazionali, è chiaro che anche l'azione di contrasto, e quindi
le misure compensative, vengano affrontate su un piano transnazionale.
Al riguardo, il servizio cooperazione internazionale della direzione centrale
della polizia criminale, in un contesto di collegamenti e di rapporti non
soltanto con la direzione delle specialità (dunque, con il servizio
immigrazione), ma anche con le altre forze di polizia, offre la possibilità
di svolgere un più ampio impegno a livello internazionale. Il momento
più significativo può venire proprio dall'ultima operazione,
che ha riguardato il recente sbarco della motonave Monica: per la
prima volta, infatti, abbiamo registrato una riunione tecnica-operativa
alla quale hanno partecipato i responsabili delle polizie di Cipro, Germania,
Grecia, Francia, Libano e Turchia. Devo sottolineare i risultati: gli arresti
che ne sono conseguiti e l'individuazione della centrale che aveva operato
in questo caso, che è stata completamente neutralizzata. È
stata la prima volta, e riteniamo pertanto di poter partire da questo primo
incontro, che ha prodotto risultati, per sviluppare in modo più
specifico, in primo luogo con la Germania e la Francia, un'azione penetrante
tale che le informazioni circolino non solo per quanto riguarda i paesi
di origine di questi traffici, ma in tutto il percorso: le rotte seguite,
le località interessate, le organizzazioni a monte. Si tratta, quindi,
di un lavoro in profondità che senza dubbio potrà dare degli
ottimi risultati.
Poiché il servizio di cooperazione internazionale è collocato
in un contesto di relazioni, in particolare con la stessa
Interpol, voglio sottolineare che il Segretariato generale dell'Interpol
ha avviato un progetto, denominato Bridge project, con sede a Lione,
dedicato all'analisi del fenomeno dell'immigrazione clandestina cinese
e, adesso, anche con riferimento ai clandestini provenienti dallo Sri Lanka.
Ci troviamo ancora di fronte ad un database: ecco il momento dell'intelligence
e dell'utilizzazione di programmi informatici per la circolazione di informazioni
che rivestono, senza dubbio, un certo significato. Quindi, parleremo di
membri delle organizzazioni coinvolte nell'immigrazione clandestina ed
illegale, dei percorsi seguiti, delle modalità di trasporto, dei
rifugi, delle scorte, dei documenti contraffatti, dei visti utilizzati
da tali organizzazioni. È senza dubbio un metodo di lavoro già
sperimentato che dobbiamo consolidare sia a livello nazionale sia a livello
internazionale.
Aggiungo che in questo particolare tipo di strategia si collocano,
con una rilevanza particolare, gli uffici di collegamento all'estero, sorta
di «antenne» o «sensori» nazionali che danno la
possibilità di ampliare il quadro conoscitivo e di espletare non
soltanto l'attività informativa tout court, ma anche l'attività
di assistenza giudiziaria, per le rogatorie e per tutto ciò che
riguarda la ricerca e la cattura di latitanti. Questo aspetto è
molto significativo, specialmente se consideriamo l'esperienza già
realizzata nell'area balcanica, e mi riferisco in particolare all'Albania,
dove le tre forze di polizia si sono compiutamente misurate in quest'attività.
Ricordo l'impegno profuso sul piano della consulenza, dell'addestramento
e dell'assistenza in favore delle forze di polizia albanesi. È stato,
inoltre, insediato in quell'area un ufficio di collegamento grazie al quale
l'attività investigativa ora è ancora più pregnante
e significativa.
Voglio sottolineare che proprio su questo versante i noti sbarchi e
i flussi migratori clandestini si sono senza dubbio ridotti notevolmente:
basta leggere la relazione sul tema inoltrata al Parlamento nel secondo
semestre 2001 per rendersi conto che sono state raggiunte cifre mai pensate
prima e che in un certo senso oggi fanno ritenere che la situazione sia
un po' meno preoccupante. Non per questo la guardia rimane abbassata. Anzi,
attualmente, con le tre forze di polizia, stiamo proseguendo il lavoro
nell'area balcanica addirittura mediante una rete di uffici di collegamento
interforze che rappresentano in un certo senso (nell'ambito di un partenariato
tra l'Unione europea e l'Albania) una leadership del nostro paese
che, senza dubbio, va valutata positivamente e che va presa in considerazione
in relazione al progetto (in fase di sviluppo) del Ministero dell'interno
per una rete di uffici di collegamento a livello internazionale.
Ricordo che le informazioni di cui dispongo sono a disposizione dei
membri della Commissione. In particolare vorrei evidenziare i dati di alcune
operazioni che dimostrano la validità e la portata del metodo di
lavoro utilizzato. Si è svolta, ad esempio, un'operazione di notevoli
dimensioni nei confronti di un organizzazione significativa e ben coesa
(che interessava Turchia e Germania) che tra il 2000 e il 2001 aveva gestito
tutti gli sbarchi delle navi giunte sulle coste calabresi, favorendo così
l'ingresso illegale di oltre 6 mila clandestini curdi. Questa organizzazione
è stata debellata, i suoi componenti sono stati catturati ed è
la prima volta che la Turchia fornisce una collaborazione di questo genere
arrestando ed assicurando alla giustizia soggetti di rilievo nell'ambito
dell'organizzazione. Va comunque detto che la cooperazione si dimostra
ancora un po' farraginosa e non completamente soddisfacente come quelle
che abbiamo con altri paesi.
GIANNICOLA SINISI. Quando è avvenuta questa collaborazione?
GIUSEPPE FERA, Vice capo della Polizia e direttore centrale della Polizia criminale. Nel periodo tra la fine del 2001 e gli inizi del 2002.
GIANNICOLA SINISI. Ed è la prima collaborazione di questo tipo?
GIUSEPPE FERA, Vice capo della Polizia e direttore centrale della Polizia criminale. Sì. Infatti all'inizio eravamo un po' pessimisti, quando si parlava della cattura in Turchia di alcuni dei membri di questa organizzazione, ma pi è stato assicurato alla giustizia un grosso personaggio, quasi il regista dell'organizzazione. Rimane comunque una cooperazione ancora farraginosa anche conoscendo i particolari di una precedente iniziativa di sviluppo delle relazioni bilaterali tra Italia e Turchia.
MARIO NUNZELLA, Direttore dell'ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di Polizia. Svolgerò alcune brevi osservazioni sull'attività specifica dell'ufficio di coordinamento e pianificazione da me diretto. In particolare mi riferirò a problemi specifici, a completamento di quanto è stato affermato dai miei colleghi. Avverto la necessità di porre in evidenza una intensa attività svolta dall'ufficio di coordinamento per il tramite del servizio relazioni internazionali (che fa parte dell'ufficio) nei vari fori internazionali, sia per quanto riguarda gli accordi bilaterali tra forze di polizia sia per quanto riguarda accordi multilaterali, ed in particolare nell'attività (di concerto con l'ufficio immigrazione e la polizia di frontiera) di contrasto all'immigrazione nei vari fori internazionali.
Il Consiglio europeo svoltosi a Laeken il 14 e 15 dicembre scorso ha
ribadito l'impegno sia sugli orientamenti politici sia sugli obiettivi
definiti a Tampere e ha stabilito la necessità che il contrasto
ai flussi migratori confluisca nella politica estera dell'Unione grazie
alla realizzazione di un piano di azione sull'immigrazione clandestina
e la tratta di esseri umani. La presidenza spagnola di turno dell'Unione
ha elaborato uno specifico piano di azione al riguardo che è stato
approvato nel Consiglio del 28 febbraio scorso cui hanno partecipato i
ministri per gli affari esteri e dell'interno italiani.
In relazione all'attività del dipartimento, sono stati proposti
ed accolti interventi significativi per quanto riguarda l'istituzione di
uffici consolari comuni realmente integrati, un rafforzamento della rete
degli ufficiali di collegamento, l'inserimento di misure di sostegno finanziario
per azioni in paesi terzi, il richiamo all'attenzione sui controlli alle
frontiere, la creazione di un fondo per il rimpatrio e la previsione della
confisca dei beni. Questi argomenti penso possano essere interessanti per
quanto riguarda il confronto con il disegno di legge in esame. Siccome
queste decisioni dell'Unione europea avranno una ricaduta sulla legislazione
dei singoli Stati, sarà bene già da adesso analizzare in
che misura i provvedimenti normativi nazionali possano raccordarsi con
la normativa europea. Ho qui con me il testo del piano di azione che, unitamente
ad alcune annotazioni sull'argomento, metto a disposizione di questa Commissione.
La seconda osservazione che vorrei svolgere riguarda anche l'attività
di coordinamento e di pianificazione generale, non di dettaglio, delle
tre forze di polizia. Mi corre l'obbligo di sottolineare quanto già
affermato in relazione all'aggravio dell'impegno che conseguirà
all'approvazione di questo disegno di legge, in particolar modo con riferimento
ai provvedimenti
di espulsione e di accompagnamento nonché alla creazione di ulteriori
centri di permanenza temporanea. Questo incremento dell'impegno delle forze
di polizia andrà a sottrarre unità allo schieramento dei
presidi territoriali preposti al controllo ordinario dell'ordine e della
sicurezza pubblica. Naturalmente, si tratta di obblighi che ci imporrà
la legge e ai quali faremo ovviamente fronte ma si deve comunque tener
conto che, ad organici immutati, in qualche misura si andrà ad intervenire
mediante spostamenti di risorse dall'una all'altra esigenza.
La legge apporta delle novità consistenti soprattutto per quanto
riguarda il rafforzamento del sistema sanzionatorio e la velocizzazione
delle procedure per le domande; allo stesso tempo l'espulsione amministrativa
mediante accompagnamento diverrà la regola, in quanto l'intimazione
diverrà un provvedimento residuale. La possibilità di proroga
della permanenza nei centri di accoglienza sarà accentuata, in quanto
resteranno le difficoltà di individuazione delle generalità
e delle località di origine degli individui in assenza di una precisa
e ben dettagliata normativa che consenta, anche mediante accordi internazionali,
di pervenire rapidamente all'identificazione di questi soggetti. Naturalmente,
gli allungamenti dei tempi e l'intensificarsi delle azioni di polizia comporterà
l'impiego di risorse sia di uomini sia finanziarie.
Un aspetto particolarmente importante concerne gli accordi bilaterali
di reciproca assistenza stipulati dal dipartimento della pubblica sicurezza
con molti paesi in tema di operazioni di polizia. L'obiettivo dell'ufficio
per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia, di intesa
con la polizia di frontiera, è quello di ravvivare questi accordi
e finalizzarli alla lotta alla immigrazione clandestina ed al traffico
di esseri umani; un programma che l'ufficio intende condurre a compimento.
Anche in ordine a questo aspetto esiste una raccolta di titoli di tali accordi; su richiesta, posso mettere a disposizione della Commissione anche il testo degli stessi.
PRESIDENTE. Do adesso la parola ai deputati che intendano porre domande o formulare richieste di chiarimento.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente,
intendo formulare alcune domande dirette ad ottenere risposte sintetiche
a cui eventualmente, se lei signor presidente consente, i nostri ospiti
potranno rispondere per iscritto successivamente.
Ringrazio innanzitutto il prefetto Pansa per la illustrazione della
sua relazione anche se, per alcuni aspetti, quanto da lui riferito mi lascia
assai perplesso e, in alcuni passaggi del suo intervento, addirittura sbalordito.
Il signor prefetto ha detto che sono stati eseguiti 75 mila respingimenti
e rimpatri nel corso del 2001; dai dati in mio possesso risulta che nel
1999 essi erano pari a 72 mila e, fino all'ottobre del 2000, a 66 mila.
Prefetto Pansa, potrebbe spiegarmi come è venuto fuori il dato dell'aumento
del 50 per cento dei respingimenti fornito dai responsabili del dipartimento
della pubblica sicurezza nel corso di una conferenza stampa? Inoltre, qual
è il dato normativo sulla base del quale lei ha sostenuto che il
principio generale della legge Turco-Napolitano sia quello dell'espulsione
con intimazione, mentre adesso sarebbe quello della espulsione con accompagnamento?
Nella predetta legge, i casi di espulsione con intimazione erano considerati
residuali rispetto alle espulsioni con accompagnamento alla frontiera.
Su tale aspetto desidererei che lei, prefetto Pansa, mi fornisse dei dati;
in particolare, quali e quante sono le espulsioni con intimazione che vengono
tuttora eseguite anche quando ricorrono i casi di espulsione con accompagnamento
alla frontiera? Dico questo perché su tale
aspetto occorre fare chiarezza per comprendere quanto è attribuibile
ad insufficienze della legge e quanto è invece da considerarsi negligenza
di coloro che sono chiamati ad applicarla. Vorrei anche sapere quanti sono
i centri di permanenza che sono stati realizzati dal 1998 ad oggi, e segnatamente
quanti sono stati realizzati nell'ultimo anno.
In tema di accordi di riammissione, desidererei sapere quali e quanti
sono gli accordi stipulati nell'ultimo anno e, in particolare, l'esito
dell'accordo siglato con l'Egitto. Desidero anche conoscere quante sono
le denunce, siccome lei, signor prefetto, ha detto che finalmente c'è
una sanzione per il reingresso dei clandestini...
PRESIDENTE. Onorevole Sinisi, non desidero disturbarla, tuttavia, sarebbe opportuno che i nostri ospiti fornissero dati generali relativi all'ultimo anno, comparati con...
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, desidero dei dati precisi! Evidentemente non li voglio immediatamente.
PRESIDENTE. Onorevole Sinisi, indichi almeno gli argomenti su cui lei desidera conoscere i dati.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, i dati di cui i nostri ospiti dispongono li conosco bene; i dati che richiedo sono diversi da quelli che vengono normalmente raccolti e rappresentano, a mio avviso, indici sintomatici assai efficaci.
PRESIDENTE. Onorevole Sinisi, se li ritiene necessari potremo acquisirli. Però, ripeto, sarebbe opportuno che indicasse gli argomenti e gli anni sui quali desidera conoscere i dati.
GIANNICOLA SINISI. Quante sono le denunce elevate dagli organismi di polizia ai sensi dell'articolo 13, comma 13, del
testo unico con applicazione della contravvenzione per il reingresso
illegale del clandestino? E in quanti casi sono state richieste espulsioni
immediate a seguito del procedimento penale così attivato?
L'istituto dello sponsor è entrato in vigore nel febbraio
2001, perché solo in quel periodo scadevano i termini per poter
effettivamente entrare in Italia a seguito della previsione del decreto-flussi
per l'anno 2000. Poiché vi era un impegno assunto nel documento
programmatico per monitorare gli effetti degli ingressi per sponsor,
desidero sapere se quel monitoraggio sia stato effettuato oppure no.
In tema di domande strumentali di asilo, chiedo se vi siete posti il
problema della direttiva europea a proposito degli standard minimi
e dei requisiti procedurali relativi alla domanda di asilo. Avete svolto
una verifica di compatibilità tra il progetto di direttiva europea
- in tema di asilo, standard e procedure - e quanto previsto da questo
disegno di legge?
In tema di ricongiungimenti familiari avete svolto una verifica di
compatibilità fra questa normativa e il progetto di direttiva europea
sui ricongiungimenti familiari?
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Queste sono considerazioni di carattere politico! Non vedo come il prefetto Pansa possa rispondere a queste valutazioni! Il prefetto Pansa è un tecnico, semmai è un'obiezione da porre ai politici.
GIANNICOLA SINISI. La compatibilità normativa non mi sembra sia un'opinione!
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. In questo caso l'interlocutore non è il prefetto Pansa!
GIANNICOLA SINISI. A mio avviso il prefetto Pansa è il tecnico che ci deve dire se questa verifica è stata fatta oppure no!
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Perché lui? È forse il prefetto Pansa l'estensore del disegno di legge?
PRESIDENTE. Onorevole Sinisi, la prego si avvii a concludere.
GIANNICOLA SINISI. Chiedo al generale
Suppa, di cui ho molto apprezzato l'intervento prima svolto, che cosa accadrebbe
qualora un mezzo della Guardia di finanza procedesse al fermo di persone
o al sequestro di beni al di fuori delle acque territoriali - in acque
internazionali - se non fosse assistito dalle previsioni della Convenzione
di Montego Bay.
In poche parole, vorrei sapere se è possibile, se non sarebbe
un atto di pirateria della Guardia di finanza se compisse un atto di polizia
giudiziaria fuori dalle acque territoriali e al di fuori delle previsioni.
Infine, desidero chiedere all'ammiraglio Ricci se, alla luce delle
convenzioni internazionali, esista la possibilità che un natante
eventualmente sequestrato, con a bordo degli immigrati clandestini, possa
essere riaccompagnato nel paese di origine, a mezzo di una nave della marina
militare, senza l'autorizzazione del paese nel quale tale natante deve
essere riaccompagnato.
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. La prima domanda, che rivolgo al prefetto Pansa o al prefetto Fera, è per sapere se sia possibile quantificare il costo per l'erario a seguito della distruzione del centro di permanenza e assistenza temporanea a Bologna, appena costruito e distrutto da organizzazioni dell'estrema sinistra. La seconda domanda che rivolgo è per sapere se corrisponda a verità che la Croce rossa...
MARCELLA LUCIDI. Questa non è politica!
GIANNICOLA SINISI. Con quelli di estrema destra cambia poco!
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Voglio sapere il costo! Voglio sapere se è possibile quantificare il costo (Commenti), vale a dire quanto è costato costruire il centro di permanenza e quali sono i danni arrecati. Inoltre, vorrei chiedere se sia possibile sapere, e se corrisponda a verità, se la Croce rossa abbia chiesto il rinnovo del contratto per la gestione del centro di accoglienza di Agrigento, se sia vero che abbia chiesto 3 miliardi e 500 mila lire per la gestione, su base annuale, e se sia vero che questa eventuale richiesta andrebbe ad incidere per 1 milione e 300 mila lire al giorno per ogni singolo addetto della Croce rossa all'assistenza di questo centro di accoglienza.
ENRICO BUEMI. Vorrei chiedere ai rappresentanti della Polizia di Stato e degli altri organi di polizia se ritengano sufficiente l'attuale normativa in materia di declinazione di false generalità, in particolare in applicazione all'azione di contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina. Vorrei sapere, pertanto, se non ritengano che vi sia qualche difficoltà di applicazione a livello della normativa vigente.
PRESIDENTE. Do la parola al generale Suppa.
VINCENZO SUPPA, Capo del III reparto-operazioni del comando generale della Guardia di finanza. Signor presidente, penso che quella a me rivolta fosse una domanda retorica, perché l'onorevole Sinisi conosce la risposta. La risposta è sicuramente no, perché altrimenti saremmo accusati di pirateria.
MARCELLA LUCIDI. Rivolgo al prefetto Pansa e al prefetto Nunzella due brevi domande sulla base delle preoccupazioni
che ho complessivamente raccolto. Vorrei sapere se da parte vostra esista
una valutazione in ordine alla consistenza dell'impegno di risorse umane
in base a quanto richiesto da questo disegno di legge per l'eventuale realizzazione
della polizia di prossimità. Infatti, poiché il dipartimento
sta lavorando ad una pianificazione ed attuazione sul territorio nazionale
della cosiddetta polizia di prossimità, dunque del controllo del
territorio, che riguarda tutte le forze di polizia, vorrei sapere se esista
una compatibilità realizzabile di tale progetto con questo provvedimento
o se quel progetto si svuoterebbe completamente, dovendo distrarre necessariamente
tutte le risorse, dal momento che avete già affermato che è
dispendioso.
Voglio chiedere, inoltre, una risposta al generale Suppa e all'ammiraglio
Ricci su un punto del disegno di legge in esame. Nel provvedimento, infatti,
l'articolo 11, primo comma, lettera d), che aggiunge il comma 9-bis
all'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998, parla di «una
nave italiana che incontri (...)». Mi sembra di capire che siamo
proprio nella remota probabilità, vale a dire che si tratta di una
nave che giri per il mare e si trovi davanti un'altra nave: da quanto avete
detto, deduco che si tratta di una norma che si svuota, in qualche modo.
Allora, vorrei sapere se esista, da parte vostra, un'indicazione o un suggerimento
per migliorarla perché, da quanto ho capito, così com'è
scritta non ha nessuna valenza operativa e non ha nessun significato, perché
non c'è nessuna praticabilità, a meno che, come lei ha affermato
poc'anzi, ammiraglio Ricci, non vi sia una strumentazione adeguata (ad
esempio, degli aerei), ma in questo caso la fattispecie è tutt'altra.
PRESIDENTE. Do ora la parola all'ammiraglio Ricci.
FRANCESCO RICCI, Sottocapo di
stato maggiore della Marina militare. Vorrei rispondere innanzitutto
all'onorevole Sinisi, la cui domanda verteva sulla possibilità di
rimorchiare una nave che trasporti migranti clandestini nel paese di origine
senza il consenso del predetto paese. Ebbene, non è possibile, salvo
il caso in cui vi sia costretto. Porto un esempio banale: c'è il
mare agitato, la nave sta correndo il pericolo di affondare e cerca ridosso;
a quel punto, non importa più niente e la si conduce dove capita,
anche nel paese di origine, senza chiedere nessuna autorizzazione, perché
il principio della salvaguardia della vita umana in mare passa sopra tutto.
Salvo questo caso, si ha bisogno dell'autorizzazione della nazione di origine
e non si danno altre possibilità.
Per quanto riguarda il nuovo comma 9-bis dell'articolo 12 del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione,
previsto dall'articolo 11 del disegno di legge in esame, credo che faccia
riferimento a ciò che avviene nelle acque territoriali, cioè
entro le 12 miglia dalla costa, e stabilisca cosa succede qualora una nave
militare italiana incontri una unità adibita al trasporto di migranti.
Vorrei spiegare cosa accade normalmente: noi scopriamo la nave in alto
mare, grazie ai pattugliatori aerei o grazie alle navi della nostra marina
che stanno a 50, cento, 200 miglia dalla costa. Il Monica, ad esempio,
lo abbiamo preso all'altezza di Creta ed anche più in là,
e lo abbiamo seguito fino alle acque territoriali; una volta nelle acque
territoriali, lo abbiamo passato alla Guardia di finanza.
Allora, esiste una grande differenza tra ciò che possiamo e
dobbiamo fare nelle acque territoriali e ciò che, invece, possiamo
fare in alto mare. Nelle acque territoriali è come se fossimo in
Italia; di conseguenza, a quel punto scatta da parte nostra, o da parte
della Guardia di finanza o da parte delle
autorità di polizia, la possibilità di fermare la nave,
salire a bordo e fare tutto quanto si vuole fare. Quando, invece, siamo
in alto mare, tale possibilità non esiste. Allora, questo dispositivo
legislativo tende a stabilire cosa si deve fare nelle acque territoriali,
cosa deve fare, in generale, una nave, cosa devono fare le forze di polizia
e cosa la marina militare.
Le forze di polizia svolgono il loro compito di polizia e la marina
militare fornisce loro supporto. In alto mare le posizioni sono invertite,
noi siamo gli attori principali e le forze di polizia danno supporto. Pertanto
questo articolato non vuole indicare, a mio avviso, quali siano le possibilità
di scoprire la nave in alto mare; la mia era piuttosto una considerazione
tesa a spiegare più ampiamente quali fossero i problemi cui si confrontava
tutti giorni la marina militare.
Ritengo che questo articolato voglia definire quali siano i compiti
ed i doveri delle forze di polizia e della marina militare sia nelle acque
territoriali sia in alto mare. Questa è una mia interpretazione;
rimane valido quanto ho affermato circa le difficoltà di scoprire
ed identificare le imbarcazioni qualora non si abbiano elementi certi sul
luogo e la data di partenza e non si conosca la nave. Elementi senza i
quali diventa difficile scoprire l'imbarcazione se non per caso.
VINCENZO SUPPA, Capo del III reparto-operazioni del comando generale della Guardia di finanza. Non posso che sottoscrivere le dichiarazioni svolte poc'anzi dall'ammiraglio, anche se desidero fare un'ulteriore precisazione. Mi riferisco all'articolo 11 del disegno di legge, che prevede l'inserimento del comma aggiuntivo 9-quater all'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione; con questa disposizione si stabilisce che per poter procedere si faccia riferimento ai limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali e multilaterali. Questo è quanto si affermava all'inizio, cioè che
per poter operare al di fuori delle acque territoriali senza incorrere nel reato di pirateria, occorra far riferimento a convenzioni, ad accordi bilaterali, soprattutto con gli Stati rivieraschi, come da me ricordato nella mia relazione introduttiva.
PRESIDENTE. La ringrazio. Vorrei ora chiedere al prefetto Pansa se intenda rispondere adesso alle domande che gli sono state rivolte oppure se si riservi di farci pervenire le sue osservazioni per iscritto.
ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale
della Polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione
della Polizia di Stato. Signor presidente, sulle osservazioni in merito
alle quali dispongo dei dati risponderò immediatamente, mentre mi
riservo di raccogliere i dati per rispondere alle altre.
Per quanto riguarda i dati forniti durante una conferenza stampa che
indicherebbero un aumento del 50 per cento delle espulsioni, affermo che
non ne sono a conoscenza. Se parliamo di espulsioni con provvedimento di
accompagnamento alla frontiera, allora il dato mi sembra orientativamente
esatto, quindi se parliamo solo di espulsioni con provvedimento di accompagnamento
queste nel 1999 sono state circa 12 mila, nel 2000 circa quindicimila e
nel 2001 sono state 21.266. Se invece parliamo dell'intera attività
di effettivo allontanamento, nella quale quindi rientrano anche i respinti
alla frontiera, i respinti dai questori e gli espulsi su conforme provvedimento
dell'autorità giudiziaria, allora i dati sono diversi e ignoro da
dove provenga questa cifra del 50 per cento. Ma, e lo ripeto, se parliamo
di espulsioni con accompagnamento alla frontiera,
quindi di provvedimento di espulsione emesso dal prefetto, credo che
il dato sia orientativamente compatibile, anche se non ne conosco i particolari.
Per quanto riguarda il numero degli intimati posso dire che questi
nel 2001 sono stati 58.171, meno del 2000, quando sono stati 64.734 e più
del 1999, quando invece sono stati 40.489. Per quanto riguarda il primo
trimestre del 2002 il numero degli intimati risulta essere pari a 16.080,
mentre coloro che sono stati effettivamente allontanati sono 22.724 e gli
espulsi con accompagnamento alla frontiera sono soltanto 7.691.
I CPT (centri di permanenza temporanea) attualmente esistenti sono
dieci, ai quali ne vanno aggiunti due che svolgono funzioni di smistamento.
Non so quanti centri siano stati costruiti nel 2000 o nel 2002; credo però
che nel 2002 sia stato aperto solo il centro di Bologna.
Per quanto riguarda gli accordi di riammissione del 2002, in particolare
quello con l'Egitto, non dispongo di informazioni, che forse potranno essere
fornite dal prefetto Nunzella. Non dispongo dei dati sulle denunce per
il reingresso né conosco quanti siano gli espulsi del caso; ribadisco
comunque quanto ho affermato prima, e cioè che non mi riferisco
a quanto previsto dalle modifiche al comma 13 dell'articolo 13 del Testo
unico ma al procedimento nel suo complesso: se la persona espulsa rientra
in Italia, viene arrestata, quindi è consentito l'arresto (al contrario
di quanto avviene attualmente), si è passibili di una pena che va
da uno a sei mesi e successivamente si viene riaccompagnati alla frontiera.
In caso di rientro si subisce una sanzione che va da uno a quattro anni.
In questo modo si chiude il circolo in relazione ad un eventuale reingresso,
e ciò sia se l'espulsione è disposta dall'autorità
giudiziaria sia se l'espulsione è alternativa alla sanzione.
Attualmente invece continua ad essere prevista semplicemente una contravvenzione,
poiché normalmente si tratta di soggetti che non sono identificati
e, quindi, nell'immediato non siamo in condizioni di stabilire se si tratti
o meno di soggetti rientrati in Italia abusivamente. Il problema del reingresso
è dovuto al fatto che non abbiamo - né istituiremo né
tantomeno si prevede a livello europeo, sebbene sia stato richiesto - una
sorta di visto di uscita. Ciò perché non sappiamo se colui
che oggi viene espulso con intimazione lasci effettivamente il territorio
nazionale ovvero lo sappiamo solamente allorché esce dal territorio
nazionale, si reca all'ufficio di frontiera e fa annotare il dato; se,
come spesso accade, ciò non avviene, non ne abbiamo contezza fino
a quando non lo ritroviamo sul territorio nazionale.
Sul tema degli sponsor convengo che gli sponsorizzati del 2000
sono entrati entro febbraio 2001, ma le domande di sponsorizzazione presentate
entro giugno 2001 (cioè il contingente 2001) sono state presentate
per più della metà da extracomunitari. Ciò significa
che la norma è stata semplicemente aggirata, perché il 90
per cento dei casi riguarda quasi sempre parenti, anche se i dati non sono
completi in quanto non sono stati ancora memorizzati. Inoltre il datore
di lavoro non possiede il reddito normalmente previsto per il contratto
di lavoro che, come sapete, è fissato attualmente in circa 80 milioni
di lire annui.
LIVIA TURCO. Ma questo non è più lo sponsor, si tratta di un'altra cosa!
ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale della Polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione della Polizia di Stato. Infatti si ricorre allo sponsor proprio per questo motivo.
Non abbiamo svolto una verifica di compatibilità tra le normative
per quanto riguarda le direttive sull'asilo e sui ricongiungimenti familiari.
Ciò perché la direttiva in tema di asilo è ancora
in discussione, non viene ancora accettata ed in sede di Consiglio GAI
Italia e Germania esprimono una posizione contraria ai due provvedimenti.
Sulla seconda direttiva vi sono ancora discussioni; forse un settore su
cui vi è compatibilità è la parte che riguarda il
tipo di parentela, ma non sono aspetti che stiamo seguendo direttamente.
Non conosco quali siano i danni subiti dal centro di permanenza temporanea
di Bologna né sono in grado di dire quanto la Croce rossa abbia
chiesto per la gestione del centro, anche perché ciò è
di competenza di un altro dipartimento del Ministero dell'interno; mi riprometto
comunque di acquisire questi dati e farli pervenire alla Commissione.
Su quali siano le risorse necessarie per queste attività abbiamo
svolto una verifica grazie alla quale abbiamo quantificato le varie necessità.
Per la Polizia di Stato, che subisce in maggior parte l'impatto della normativa
in itinere, è stato chiesto e non accettato (ma neanche presentato)
un aumento di organico pari a 1.500 unità, con un aumento di spesa
di oltre 46 milioni di euro. Per quanto riguarda la costituzione degli
UTG, non è stata ancora avanzata nessuna richiesta, ma una stima
in corso presso il competente dipartimento fa presupporre un'esigenza di
circa mille unità, di cui non sono in grado di quantificare la corrispondente
spesa .
Vi è poi la domanda sulla compatibilità con lo sviluppo
del progetto per una polizia di prossimità. Personalmente, credo
che tale ipotesi sia comunque attuabile, perché il progetto in questione
non si basa sulla quantità di personale impegnato bensì su
risorse già esistenti. È chiaro che, se il provvedimento
verrà approvato, avremo un determinato impatto ed è anche
chiaro che le risorse che dovranno essere utilizzate verranno sottratte
al controllo del territorio anche se, al riguardo, vi sono comunque dei
meccanismi previsti dalla normativa. Il tempo di gestione dell'asilante,
in regime di permanenza o di trattenimento, deve essere brevissimo; ciò
significa che è necessario disporre di centri di permanenza temporanea,
i quali, per l'accoglienza agli asilanti, sono stati finanziati, ma con
decorrenza 2003. Conseguentemente, fino a quella data tali soggetti andranno
accolti, sulla base di quanto previsto dalle norme, in luoghi che dovranno
essere individuati dai sindaci, comportando l'impiego di centinaia e centinaia
di uomini addetti sia al loro controllo sia per istruire le relative pratiche.
Concludo facendo presente che farò pervenire, prima possibile,
alla Commissione i dati che mi sono stati richiesti.
PRESIDENTE. Prefetto Pansa, il collega Buemi aveva posto una domanda in tema di false generalità e a cui mi sembra non sia stata fornita alcuna risposta.
ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale della Polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione della Polizia di Stato. In questi casi il problema concerne il rapporto tra il dato che noi acquisiamo e quello che al riguardo siamo in condizione di fare; in particolare, la falsa dichiarazione delle proprie generalità da parte dell'extracomunitario non costituisce un problema grave, il vero problema si pone invece quando l'extracomunitario è sprovvisto di documenti. Nel caso del soggetto non identificato, indipendentemente dal fatto che lo stesso esibisca documenti falsi o meno, noi non abbiamo la possibilità, in tempi ragionevoli, di procedere alla sua identificazione. In pratica ci troviamo nelle condizioni di applicare solo per una parte il progetto Eurodac dato che soltanto per
alcune categorie di soggetti - gli asilanti - si possono prendere le impronte digitali. Al riguardo vi è l'idea di estendere tale procedura a tutti gli extracomunitari, ma in questo caso le impronte dovranno essere prese anche ai cittadini americani o a quelli giapponesi, perché sono anch'essi extracomunitari.
PRESIDENTE. Ringrazio gli ospiti intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 19.45.