Audizione presso la Commissione Affari Costituzionali

                                    Camera dei Deputati   - 12 aprile 2002

 

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha seguito con attenzione gli sviluppi delle norme e procedure in materia di immigrazione  in Italia, nel corso degli ultimi quindici anni, a partire dall’approvazione della Legge n.943/1986.

 

La Missione dell’OIM in Italia, infatti, dopo avere attivato programmi di assistenza all’emigrazione italiana  nei decenni successivi alla creazione dell’agenzia (1951) e aver gestito, insieme alle rappresentanze diplomatiche di Paesi terzi, il transito di centinaia di migliaia di migranti e profughi (in prevalenza est-europei), è stata testimone della graduale quanto significativa inversione dei movimenti migratori che hanno interessato il Paese. L’OIM ha modulato le proprie attività in Italia in relazione al mutato contesto nazionale ed internazionale, nella consapevolezza che l’immigrazione sia diventata una delle componenti strutturali dello sviluppo socio-economico italiano, da governare con realismo, sapendo che un investimento della “risorsa immigrazione” sia un investimento nel futuro del Paese.

 

Sulla base del Testo Unico sull’immigrazione D.Lgs.n.286/1998 e relativo Regolamento, durante gli ultimi anni l’OIM ha sviluppato e realizzato d’intesa con le Amministrazioni interessate dei progetti pilota relativi in particolare alla immigrazione e integrazione di lavoratori migranti, al contrasto alla tratta di esseri umani, al rimpatrio volontario e assistito, ai ricongiungimenti familiari.

 

In virtù della propria funzione di coordinamento regionale per il Mediterraneo, e con l’ausilio della rete internazionale di uffici OIM, la Missione in Italia ha inoltre avviato iniziative che vedono coinvolti Paesi di emigrazione e immigrazione dell’area Balcanica e del Maghreb - Stati membri dell’Organizzazione-  con il sostegno dell’Italia e della Commissione Europea.

 

Particolarmente graditi sono giunti gli inviti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (lettera VCPM.SP.1905/01) e della Commissione Affari Istituzionali della Camera dei Deputati (audizione del 12.4.2002) a formulare osservazioni in merito alle modifiche normative in corso di esame.

 

                                                            Luca Dall’Oglio       

            Capo Missione in Italia e Coordinatore Regionale per il Mediterraneo

Annotazioni sullo schema di disegno di legge recante modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286.

 

Considerazioni generali

 

1.    Il processo di revisione normativa in atto a livello nazionale viene a coincidere con un momento delicato a livello internazionale. E’ auspicabile che le misure in termini di sicurezza, legate ad una legittima preoccupazione per i rischi del terrorismo e al contrasto del traffico di esseri umani, non precludano la salvaguardia dei diritti e della dignità dei migranti alla base di ogni democratica legislazione in materia di immigrazione e asilo.

 

2.    Le modifiche intese a perfezionare il testo normativo in vigore in Italia non possono prescindere dal processo di definizione di direttive dell’Unione Europea in materia di asilo e di immigrazione che diverranno vincolanti nel 2004. E’ auspicabile che le nuove disposizioni siano volte a ridurre al minimo le future necessità di adeguamento.

 

3.    Fermo restando l’impianto normativo approvato nel 1998 - legato alla programmazione di flussi di ingresso, al contrasto dell’immigrazione irregolare e al positivo inserimento socio-lavorativo degli extracomunitari ammessi in Italia - è evidente la volontà del legislatore di reprimere in modo più incisivo la clandestinità e di vincolare maggiormente la presenza immigrata sul territorio della Stato all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa. E’ auspicabile che le nuove misure e prassi in materia di immigrazione continuino a tenere nella dovuta considerazione i trend  demografici nazionali ed internazionali, e l’importanza di percorsi di integrazione rispondenti alle necessità degli immigrati e delle comunità di accoglienza.

 

4.    Le rappresentanze in Italia dei paesi di emigrazione e gli stessi migranti hanno sovente evidenziato le difficoltà di conoscere le procedure e di rispettare tutti gli adempimenti burocratici previsti ai fini del regolare soggiorno in Italia. Del pari, sono stati più volte segnalati ritardi nella gestione di pratiche e nel rilascio di documenti da parte di uffici e amministrazioni competenti.  Ogni cambiamento normativo comporta necessariamente nuove disposizioni e prassi amministrative, la cui applicazione richiede tempi più o meno lunghi a seconda della capacità dei servizi preposti e della capacità di comprensione e adeguamento degli utenti. E’ auspicabile che le modifiche in esame, siano volte a snellire le procedure e semplificare gli adempimenti burocratici.

 

5.    L’immigrazione è materia trasversale rispetto alle competenze delle diverse amministrazioni nazionali (esteri, interni, giustizia, welfare, salute, ecc.) e coinvolge in modo diretto i governi e gli enti locali. Una gestione del fenomeno passa per un organo deputato ed un efficace meccanismo di coordinamento.  Ove il Governo italiano ne ravvisi l’opportunità, la Missione in Italia dell’OIM, in linea con il proprio mandato istituzionale, conferma la disponibilità dell’Organizzazione a prestare assistenza tecnica e partecipare con funzione consultiva a gruppi di lavoro tematici.  

 

 

Considerazioni specifiche

 

Art 1. (Cooperazione con stati stranieri)

L’orientamento dei programmi bilaterali di cooperazione verso paesi con politiche attive di contrasto e prevenzione dell’emigrazione clandestina consolida una strategia già avviata dall’Italia. L’introduzione, in questo contesto, di un riferimento ai programmi bilaterali di cooperazione rafforza un concetto di finanziamento allo sviluppo ‘condizionato’, le cui implicazioni vanno attentamente considerate anche alla luce degli specifici contesti dei paesi interessati.  

A proposito di azioni di contrasto, potrebbe essere opportuno anche un richiamo alle convenzioni internazionali e protocolli contro il traffico illecito di migranti (Palermo, dicembre 2000).

D’altra parte, va rilevato che la pressione migratoria diminuisce solo in presenza di un considerevole livello di sviluppo (come insegna anche l’esperienza italiana). Solo ad un consistente impegno internazionale in paesi emergenti e ad una reale crescita socio-economica di questi corrisponderà un graduale riduzione della spinta migratoria. 

 

Art. 2 (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio)

L’istituzione di un Comitato con funzione di coordinamento e monitoraggio rappresenta un’interessante innovazione, rispetto alla normativa vigente. E’ auspicabile che – in considerazione della pluralità delle istituzioni a vario titolo coinvolte nel governo del fenomeno migratorio – detto Comitato possa coordinare i molteplici provvedimenti di attuazione e anche dirimere efficacemente controversie rispetto all’attribuzione di competenze tra le diverse amministrazioni.

 

Art. 3 (Politiche migratorie)

L’anticipazione al 30 novembre del termine per la definizione delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato nel corso dell’anno successivo, rappresenta un importante passo avanti per la gestione dell’immigrazione per motivi di lavoro subordinato e autonomo. Sono infatti  evidenti i numerosi disagi provocati dalla mancata o tardiva definizione delle quote di ingresso, sia rispetto al rapporto con Paesi ‘titolari’ di quote privilegiate, che in relazione ai fabbisogni nazionali di lavoratori extracomunitari stagionali e non.

 

Art. 5 (Permesso di soggiorno)

Il ricondurre gli ingressi di lavoratori stranieri unicamente ad un rapporto di lavoro pre-definito introduce elementi di rigidità e potrebbe avere implicazioni problematiche. Tale prassi, riconducibile in certa misura alle disposizioni in vigore tra il 1990 e 1998, implica che il datore di lavoro abbia una conoscenza diretta dello straniero che intende assumere oppure si avvalga in modo agevole e con piena fiducia di meccanismi di identificazione e selezione di cittadini stranieri candidati all’emigrazione registrati in apposite liste predisposte al momento solo in alcuni paesi di provenienza [1].  

 

La nuova tempistica relativa al rinnovo del permesso di soggiorno impone sia agli immigrati che agli uffici preposti termini poco compatibili con gli effettivi adempimenti. Con l’occasione si segnala che già con la normativa in vigore molte Questure non riescono a rispettare il termine di venti giorni per il rilascio o rinnovo del permesso e rilasciano a titolo di ricevuta della richiesta un ‘cedolino’, che a volte per mesi rappresenta l’unica prova di presenza regolare dell’immigrato in Italia, ma che non costituisce alcun titolo formale nè consente la mobilità internazionale dell’interessato.    

 

In generale, va rilevato che norme d’ingresso restrittive e requisiti maggiormente rigidi  per il rinnovo o la durata del permesso di soggiorno possono essere penalizzanti e aumentare sacche di illegalità formale.

 

Art. 6 (Contratto di soggiorno per lavoro subordinato)

Premesso quanto indicato a commento del precedente articolo 5, l’istituzione del contratto di soggiorno ribadisce l’impegno da parte del datore di lavoro a garantire una sistemazione alloggiativa e introduce l’impegno per il datore di lavoro al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza. [2]

Art.7  (Facoltà inerenti il soggiorno)

Permane l’opzione di convertire il permesso di soggiorno rilasciato per studio o formazione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, subordinatamente alla stipula di un contratto di soggiorno.

A proposito di ingresso-soggiorno per formazione (professionale), meriterebbe un approfondimento il possibile raccordo tra le attività di istruzione e formazione professionale nei paesi di origine (di cui al successivo art. 18, Titoli di prelazione), le opportunità formative in Italia (ex art 27 comma 1 f) del TU), e la facoltà di conversione del permesso di soggiorno.

 

Art. 9  (Carta di soggiorno)

Considerando la limitata percentuale di stranieri che hanno richiesto e ottenuto la carta di soggiorno in Italia (circa 16.000 su circa 700.000 presenze ultraquinquennali), sembra poco comprensibile la modifica che eleva a sei anni il periodo di soggiorno necessario ad ottenere la carta, quando peraltro il periodo minimo di permanenza ipotizzato a livello comunitario è di cinque anni.     

 

Art. 11 (Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)

Appare apprezzabile l’introduzione di specifiche che prevedono l’inasprimento delle pene nell’ipotesi in cui il migrante sia stato esposto a pericolo per la sua vita o la sua incolumità ovvero sottoposto a trattamento inumano o degradante.

Le disposizioni relative all’intercettazione, all’ispezione, al sequestro di navi adibite al trasporto illecito di migranti, non esplicitano le misure da adottare nei confronti delle persone a bordo, soprattutto ove si tratti di richiedenti asilo.

  

Art  12 (Espulsione amministrativa)

La legittima volontà di contrastare in modo più incisivo l’immigrazione irregolare e la clandestinità va conciliata con il diritto di ricorso e difesa dell’immigrato che abbia commesso illeciti di natura amministrativa, non ottemperando alla normativa in materia di ingresso e/o permanenza sul territorio nazionale. In questi casi, per quanto riguarda la durata del divieto di reingresso, è opinabile la discrezionalità introdotta dalla norma, in assenza di criteri oggettivi di valutazione della condotta, (con possibile estensione del divieto fino a dieci anni).

In generale, l’inasprimento di misure e sanzioni con una generalizzazione delle espulsioni tramite accompagnamento coattivo alla frontiera e la proroga dei termini di trattenimento presso centri di permanenza temporanea (anche a fini di identificazione) possono avere un effetto deterrente, ma rischiano di avere effetti collaterali con sovraccarico delle strutture preposte.  

 

D’altro canto, la legislazione italiana non prevede allo stato attuale forme di intervento ‘intermedie’ che potrebbero offrire opportunità più dignitose di rimpatrio (adottate in altri paesi[3]): laddove l’immigrato non possa regolarizzare la propria posizione e, pur essendo disposto a ritornare nel paese di provenienza, non disponga dei necessari mezzi economici per farlo, ha come scelta obbligata il rimpatrio coatto con accompagnamento e preclusione al reingresso in Italia per un congruo numero di anni.

       

Art. 16 (Determinazione dei flussi di di ingresso)

L’innovazione di riservare quote a lavoratori di origine italiana sarà funzionale ad un consolidamento delle relazioni con le comunità emigrate.

 

Per quanto riguarda la necessaria identificazione della richiesta di lavoro del mercato italiano, si segnala che tale processo risulta particolarmente complesso per alcuni settori e servizi quali ad esempio l’assistenza domiciliare, che impiega un numero rilevante di cittadini extracomunitari.

 

Art. 17 (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro autonomo) 

L’istituzione di uno sportello unico per l’immigrazione dovrebbe agevolare sensibilmente le pratiche di ingresso e assunzione di lavoratori extracomunitari, semprechè funzionino efficacemente i necessari supporti e collegamenti telematici tra le diverse amministrazioni interessate (centri per l’impiego, questure, uffici consolari).

 

I tempi per l’accertamento di indisponibilità di manodopera sul territorio e l’iter delle pratiche di immigrazione di lavoratori stranieri dovrebbero essere ridotti al minimo per rispondere alle esigenze del mercato nazionale e alle aspettative dei lavoratori migranti.

 

Dovrebbe essere salvaguardata la mobilità interna dei lavoratori immigrati e la legittima aspirazione di quei migranti che intendano seguire percorsi di pieno inserimento sociale. In tal senso e considerando l’ampia diffusione di attività saltuarie che impiegano manodopera straniera, peraltro non prive di rilevanza economica, si ha ragione di ritenere che la riduzione da dodici a sei mesi dell’autorizzazione al soggiorno  penalizzi lo straniero che deve trovare un’altra occupazione regolare.

 

Art.18 (Titoli di prelazione)

In linea con i precedenti commenti all’art. 5, l’abolizione della prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro rischia all’atto pratico di tradursi in un aumento di immigrati irregolari alla ricerca di un datore di lavoro italiano interessato ad assumerli e disposto a stipulare un contratto.  La chiamata nominativa è infatti funzionale in certi settori del mercato e meno in altri che pure impiegano in modo rilevante lavoratori stranieri ma implicano una contatto diretto tra chi assume e chi viene assunto.

 

A tal fine, sarebbe opportuno mantenere almeno un’opzione per il rilascio di visti di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro a lavoratori stranieri residenti all’estero, rispondenti al fabbisogno italiano e iscritti in apposite liste predisposte nei Paesi interessati e inoltrate al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. 

 

L’esperienza in due Paesi con quote riservate (Albania e Tunisia) ha infatti evidenziato che per il raggiungimento di dette quote, le Ambasciate italiane hanno rilasciato visti a lavoratori iscritti nelle liste e rispondenti al fabbisogno del mercato italiano, anche in assenza di un datore di lavoro previamente identificato. Una procedura di ingresso, su base numerica anzichè esclusivamente nominativa, potrebbe ben coniugarsi con quanto disposto all’art.18, in relazione ai titoli di prelazione derivanti dalla frequenza di corsi di istruzione nei paesi di origine, ovvero dalla partecipazione a programmi di formazione professionale e accompagnamento al lavoro appositamente predisposti in Italia.

 

Artt. 27-28 (Disposizioni in materia di asilo)

E’ auspicabile l’adozione di una disciplina organica sul diritto di asilo in linea con le direttive in via di definizione in sede europea.

In considerazione del mandato specifico di un’altra agenzia internazionale, si rinvia nel merito alle osservazioni formulate dalla Delegazione in Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Per quanto riguarda le misure concrete di accoglienza, integrazione e assistenza al rimpatrio volontario di richiedenti asilo in Italia, si segnala la positiva esperienza pilota avviata nel corso del 2001 con il Programma Nazionale Asilo realizzato da Ministero dell’Interno, ANCI e ACNUR, con la collaborazione dell’OIM (per la componente del rimpatrio), anche in conformità con le indicazioni del Fondo Europeo per i Rifugiati.


 

 



[1] L’OIM, d’intesa con il Ministero del Lavoro italiano e albanese e tramite il proprio ufficio di Tirana, ha avviato e sperimentato sin dal 2000 un meccanismo in tal senso,  selezionando e registrando in un’apposita banca dati oltre 5.000 lavoratori albanesi rispondenti al fabbisogno di manodopera del mercato italiano. Tali dati sono confluiti, insieme ai dati di lavoratori registrati in Tunisia dalle amministrazioni tunisine, nell’Anagrafe Informatizzata dei Lavoratori Extracomunitari.  L’OIM su specifico recente incarico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dovrebbe contribuire a promuovere l’utilizzo dell’Anagrafe da parte dei datori di lavoro italiani, a favorire l’incontro di domanda e offerta, a facilitare l’integrazione con iniziative di orientamento socio-culturale e linguistico per i lavoratori ammessi in Italia.

 

[2] In relazione all’impegno da parte del datore di lavoro al pagamento delle spese di rientro del lavoratore nel Paese di provenienza, si segnala che l’OIM in virtù del proprio mandato istituzionale e degli accordi con tutti i principali vettori aerei potrebbe rendersi disponibile per l’organizzazione delle operazioni di rimpatrio assistito a tariffe agevolate e la certificazione dell’avvenuto trasferimento alle amministrazioni competenti.  In proposito si fa presente che - in forza di una specifica convenzione con l’INPS stipulata nel 1992 – ha organizzato e assistito il rimpatrio volontario di lavoratori indigenti e il trasporto di salme di lavoratori extracomunitari deceduti, su segnalazione dalle sedi INPS, a gravare sul Fondo Rimpatrio (ex art 13 L943/1986).  L’OIM ha ripetutamente segnalato incongruenze e limiti di utilizzo del Fondo – peraltro costituito da contributi degli stessi lavoratori immigrati – rispetto alla valenza sociale e umanitaria che avrebbe potuto avere un più articolato programma di assistenza al rimpatrio volontario.

[3] L’OIM in base a specifici accordi con i Governi di Belgio, Germania, Olanda, Svizzera,Ungheria, ecc. organizza da questi paesi il rimpatrio assistito sotto la propria egida di cittadini stranieri impossibilitati ad ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, migranti in transito in condizione irregolare, richiedenti asilo con esito negativo, che ne facciano richiesta. Laddove questa tipologia di intervento è operativa è stato rilevato un aumento di partenze di irregolari con risparmio di costi sociali e costi di viaggio (in virtù delle tariffe ridotte OIM) e la possibilità di offrire un’alternativa dignitosa al rimpatrio coatto.