L'Adige,
quotidiano di Trento
giovedì 28 marzo 2002
Prima Pagina
Il blitz della polizia contro le clandestine che
assistono i malati ha scatenato una bufera di polemiche
Via le ucraine, Questura contestata
Magnani: “Criminalizzate persone di cui
abbiamo bisogno”
Don Nicolli: grave colpire i più deboli,
si deve protestare
Una “badante”: lavoro in Trentino per
i miei figli
Ha scatenato una valanga di critiche il blitz
della Questura contro le clandestine dell´Est conclusosi con venti
decreti di espulsione. Tutte le donne interessate dal provvedimento sono
impegnate nell´assistenza a malati ed anziani e ieri le critiche
più dure alla polizia sono arrivate dall´assessore alla
Sanità Magnani: “C´è una sanatoria in vista e qui
sono state criminalizzate persone di cui abbiamo bisogno”, ha detto
preannunciando una protesta al Commissariato del Governo. Invoca una
mobilitazione popolare don Sergio Nicolli, delegato per la Pastorale della
famiglia: “Si deve contestare queste retate, perché usare la forza
contro i più deboli è una vigliaccata”. E una delle
“badanti” espulse racconta la sua storia e dice: lavoro qui per
assicurare un futuro ai miei figli.
TODESCO, P. GOTTARDI,
PATRUNO, GROSSELLI, QUATTROMANI E CESCHINI
ALLE PAGINE 16 - 17 - 19
Piergiorgio Bortolotti
Gli immigrati e la coscienza
“Espulse venti badanti ucraine”.
“Trento: maxiretata di colf clandestine”, sono i titoli di apertura
dei quotidiani locali di ieri. Il fatto ci amareggia e ci indigna prima ancora
che come operatori sociali, come cittadini.
L´amarezza ci viene dal fatto che queste
donne per noi non sono numeri, ma volti concreti, storie conosciute a noi
familiari. Sono storie contrassegnate da povertà, sofferenza, speranze e
grande dignità. Sono persone che hanno lasciato casa, affetti familiari
e superando enormi difficoltà e pagando prezzi esosi a coloro che
speculano sulle loro necessità, sono giunte nel nostro Paese per poter
beneficiare delle briciole del nostro benessere svolgendo un servizio
essenziale di assistenza.
Continuazione
(segue dalla prima pagina)
L´indignazione nasce dal constatare che si
tratta di una presenza, sia pure occultata, sotto gli occhi di tutti risaputa e
conosciuta. Ci si obbietterà che esiste una legge che sanziona
l´ingresso illegale ed è certamente vero ma pare quanto meno
sospetto l´intervento effettuato. Provocatoriamente ci verrebbe da dire:
se il problema è far rispettare la legge perché non intervenire
direttamente presso i centri che offrono accoglienza e accompagnamento quali la
nostra sede di via Travai all´ora del pranzo, centri Caritas, i Padri
Cappuccini di via Cervara?
Abbiamo l´impressione di vivere dentro uno
società schizofrenica che non sa darsi regole certe e lungimiranti
rispetto al problema dell´immigrazione, fenomeno (al dire di esperti non
tacciabili di partigianeria) di carattere strutturale diffuso e inarrestabile.
Noi che lavoriamo in frontiera abbiamo la sensazione spiacevole di
rappresentare la faccia benevola di una società che nei fatti emargina,
esclude e impedisce di fatto una reale integrazione del cittadino immigrato.
Gli studi sul fenomeno immigratorio (vedi anche dati ONU) ci dicono che siamo
noi ad aver bisogno degli immigrati pena una decadenza complessiva della nostra
società dal punto di vista dello sviluppo socio-economico e noi, pur di
averli, siamo disposti a nostra volta ad infrangere le regole.
Chi come noi ma anche gruppi di volontariato,
associazioni, parrocchie ecc. offre accoglienza mirando a sanare situazioni di
sofferenza e di disagio, offrendosi in un cammino di accompagno dei cittadini
immigrati a prescindere dal loro stato giuridico di regolare o irregolare, si
trova penalizzato da una politica miope che crede di poter risolvere il
problema immigrazione intervenendo con scelte sanzionatorie che hanno come unico
esito quello di acuire i problemi anziché intervenire a monte su mafie e
organizzazioni criminali che lucrano sul dolore e sul bisogno di tante persone
che sono alla ricerca semplicemente della sopravvivenza.
Si preferisce intervenire su poveri cristi che hanno
l´unico torto di essere inadempienti ad una legge che non facilita la
loro appartenenza ad una società alla quale danno molto.
Crediamo che sia tempo e ora di un sussulto di
coscienza, di una assunzione di responsabilità e di una mobilitazione
convinta e partecipe da parte di tutti perché assieme ai doveri troppo
spesso richiamati nei confronti degli immigrati si offrano con la stessa
determinazione diritti di cittadinanza reali a tutti.
Siamo in prossimità delle feste pasquali.
Anche la comunità cristiana dovrebbe sentirsi intimamente interpellata
da queste tematiche perché il suo proporsi nei confronti di questi
fratelli prima ancora che atteggiamento pietistico o di pura cura verso
situazioni eclatanti di bisogno, diventi rivendicazione di giustizia, valore
inscindibile del concetto di carità.
PIERGIORGIO BORTOLOTTI - Presidente della
Cooperativa Punto d´Incontro
All'interno
Comune/
Il giudizio del sindaco Pacher
“Non era una priorità”
“E´ un´operazione di difficile
comprensione. Dal punto di vista della legge è assolutamente plausibile,
ma mi pare che non sia questo il modo per affrontare il tema
dell´immigrazione clandestina”. È il giudizio del sindaco
Alberto Pacher sulla retata ai danni delle venti donne dell´Europa
dell´Est. “La legge - prosegue il sindaco - ha una propria
previsione che è ineluttabile allo stato attuale, ma non so se questa
operazione era una priorità”.
Acli/
Duro il presidente Casagrande
“Contentino al governo”
Duro anche il commento del presidente delle Acli
trentine, Fabio Casagrande: “L´operazione - afferma - ha voluto
dare un contentino a qualcuno del Governo che non è d´accordo
sulla sanatoria. Anche per questo è il caso di iniziare subito con il
progetto di integrazione Equal, promosso dalla Federazione delle cooperative,
perché sia le donne straniere che le famiglie trentine ne hanno un
bisogno assoluto”
Atas/
L´amarezza di Aldo Tenaglia
“Il modo mi offende”
“Sono rimasto sconcertato. Siamo nella
società dello spettacolo negativo: fino a ieri sono stati chiusi due
occhi e oggi improvvisamente si scopre che è stata violata la
legge”. A parlare è Aldo Tenaglia, presidente Atas (Associazione
trentina accoglienza stranieri): “Dal punto di vista legale non posso
fare commenti, ma sotto il profilo dell´opportunità,
dell´etica e dell´estetica è stata una modalità che
offende in maniera clamorosa queste persone”.
I NUMERI
Le badanti straniere nel Nordest
I NUMERI
Le badanti straniere nel Nordest sono 26 mila,
ovvero quattro ogni mille abitanti. Tre su quattro sono clandestine. Vengono
dalla Moldavia, Ucraina, Romania, Russia e Polonia. Hanno un´età
media di quarant´anni (35,3%). Le cinquantenni sono il 16,1%. Il 18%
è laureato e il 76,8% è diplomato.
IL GUADAGNO
Percepiscono circa 750 euro al mese e in
più hanno vitto e alloggio gratuito. Devono fare un lavoro duro e senza
orario ma i circa 10 mila euro all´anno che guadagnano per loro sono una
grossa cifra.
COME ARRIVANO
Ogni quindici giorni ne arrivano di nuove, a bordo
di corriere che le scaricano nei centri del Nordest. Il viaggio costa dagli 800
ai 1500 dollari. In mano hanno un semplice permesso di soggiorno turistico e
nel cuore la disperazione di chi lascia una famiglia indigente, un marito
disoccupato e figli senza futuro.
COME TROVANO LAVORO
Una volta arrivate, grazie alla stessa agenzia che
ha organizzato il viaggio o al tam-tam tra amiche giunte in precedenza, trovano
una casa dove lavorare. Spesso si rivolgono ad associazioni locali che le
aiutano.
Patrizia Todesco
“Lavoro qui per il futuro dei miei
figli”
La storia di Anna, badante finita nella retata
della Questura
“In Moldavia facevo la contabile per 14
dollari al mese Poi ho perso
il lavoro ed è iniziata la
fame”“Il mio sogno era essere regolarizzata
Sono due anni che non vedo
i miei due bambini”
Anna è arrivata in Italia due anni fa. Per
il viaggio ha pagato 800 dollari
Anna, il nome è di fantasia, è una
delle venti ragazze fermate lunedì al parco lungo il Fersina. A tre
giorni dai controlli è ancora provata. Ha gli occhi da cerbiatto questa
donna che dimostra meno dei suoi 39 anni. Quando incroci il suo sguardo non
puoi fare a meno di affondare in un mare di tristezza. L´obiettivo della
sua vita era quello di essere regolarizzata, di aver un permesso di soggiorno e
invece si ritrova con un decreto di espulsione in mano e una famiglia in
Moldavia che vive solo grazie al suo stipendio di badante.
Perché due anni fa ha deciso di venire in
Italia?
Nel mio paese non c´è lavoro. Mia
madre e mio padre sono anziani e ammalati. Mia sorella non sta bene. Mio marito
ha perso il lavoro e abbiamo due figli, una ragazza di 19 anni e un ragazzo di
13, da mantenere. Non avevo scelta.
Lei ha mai lavorato nel suo paese?
Per 17 anni ho fatto la contabile in una
cooperativa agricola del mio villaggio. Poi è arrivata la rivoluzione,
hanno privatizzato tutto e diviso la terra. Ad ognuno ne è stato dato un
pezzo ma non c´erano i mezzi per coltivarla. Ci volevano le macchine, il
gasolio e le sementi ma noi non avevamo nulla. La cooperativa ha chiuso e io ho
perso anche il lavoro.
E suo marito?
Faceva l´autista, anche lui in una
cooperativa agricola, e dopo pochi mesi è stato licenziato.
Per quanto siete rimasti a casa senza lavoro?
Per due anni abbiamo vissuto cercando una
soluzione e contraendo debiti con gli aguzzini. Abbiamo fatto di tutto per
mantenerci. Coltivavamo legumi e andavamo in città a venderli ma i soldi
non bastavano. Far studiare i figli costa molto ma io volevo a tutti costi dare
loro un futuro.
Chi le ha consigliato di venire in Italia?
Mia cugina. Mi diceva "vieni che
c´è lavoro e ti pagano bene" ma io avevo paura. Non volevo
lasciare i miei bambini. Poi però la situazione è diventata
insostenibile. Non avevo altra scelta. Sono andata in un´agenzia, ho pagato
quasi 800 dollari e sono partita.
Ottocento dollari sono tanti. Cosa poteva fare con
quei soldi nel suo paese?
All´epoca avrei potuto comperare una casa.
Per raccogliere quella cifra ho dovuto chiedere aiuto agli usurai. Per la mia
famiglia era un debito enorme. Basta pensare che quando lavoravo guadagnavo 14
dollari al mese. Il mio capo ne prendeva 21.
Da quanto tempo non vede i suoi figli?
Da quando sono partita, ossia due anni.
L´altro giorno i poliziotti mi hanno chiesto perché non sono
rimasta con loro, ad accudirli. Io ho risposto che stare qui per me è un
sacrificio enorme e solo chi è mamma mi può capire. Ma se sono
partita, se sono qui lontano da loro, è perché credo sia la cosa
migliore. Meglio che vederli morire di fame o finire su una strada. Io ho
sempre sperato di poter essere regolarizzata in quanto in questo modo, con il
permesso di soggiorno, durante le ferie avrei potuto andare a trovarli. E
invece posso solo scrivere e telefonare. Poi ogni tanto mando loro dei pacchi
con dentro dei vestiti.
Lei temeva di poter essere fermata dalla polizia?
Era il mio terrore. Essere qui come clandestina mi
è sempre pesato perché vivi con la paura di incontrare un
poliziotto che ti controlla. Ogni volta che ne vedevo uno mi balzava il cuore
in gola.
E l´altro giorno al parco cosa è
successo?
Ero andata lì per respirare un po´
d´aria mentre la signora anziana che accudisco riposava e mi sono trovata
un agente davanti. Quando mi ha mostrato il tesserino non ho capito più
niente. Hanno iniziato a tremarmi le gambe. Poi mi hanno portato in Questura
dove mi hanno fatto tante domande. Per paura che potessi chiamare qualcuno mi
hanno anche portato via il cellulare. Non capivano che la mia unica
preoccupazione era che potesse succedere qualcosa alla signora che era rimasta
a casa.
Ora il 9 aprile lei dovrebbe lasciare
l´Italia. Lo farà?
La signora ha detto che farà ricorso. Spero
che vada bene, altrimenti parto. Non voglio rimanere qui come irregolare. Non
posso trascorrere la mia via a nascondermi. In fin dei conti sono qui per
lavorare e non faccio nulla di male. Mi sono adattata a tutto, ho deciso di
sacrificare questi anni per i miei figli, ma anche questo non è bastato.
Questo foglio di via non ci voleva proprio.
F.Q.
L´assessore Magnani attacca la polizia
“Con la sanatoria in vista criminalizzate
delle persone di cui abbiamo bisogno”
“Un eccesso di rigore nell´applicare
la legge. Segnalerò il fatto al Commissariato del Governo”.
L´assessore alla sanità Mario Magnani ha commentato così
l´operazione della Questura di Trento, che ieri ha condotto all´espulsione
venti donne ucraine perché sprovviste di regolare permesso. Alla
presentazione della ricerca “Cittadini immigrati e famiglie straniere in
Trentino. Inserimento comunitario e bisogni sociali”, Magnani ha espresso
tutto il suo dissenso per un´azione, in questo preciso momento, fuori
luogo: “Con la sanatoria in corso d´opera non è il caso
criminalizzare le persone di cui abbiamo bisogno”.
La platea ha ascoltato in silenzio Magnani che,
nel suo breve incipit, ha riassunto una realtà: gli stranieri in Trentino
fanno parte della popolazione e sono ad essa necessari. Ed il senso di questa
affermazione ruota tutto attorno alla famiglia: “La retata della polizia
ha penalizzato non solo le donne immigrate che qui offrono un servizio ormai
indispensabile, ma le famiglie trentine prima di tutto. Senza nulla togliere al
lavoro svolto dalle forze dell´ordine - ha precisato l´assessore -
ci si deve rendere conto che la via dell´immigrazione oggi è la
regolarizzazione”.
Magnani ha sostenuto inoltre la necessità
di pensare alla tutela delle persone anche quando il lavoro finisce. In altre
parole, inutile “servirsi” di collaborazioni straniere nel momento
del bisogno per poi lasciarle in balia della prima retata che passa.
Quello di Magnani è stato un appello a riflettere
su una realtà che non è scomoda ma utile e indispensabile.
Toccando le corde della sensibilità collettiva che ruota attorno al
valore della famiglia e quindi benvenuto sia chi dà una mano.
L´assessore ha infine promesso l´attivazione, presso l´ufficio
di immigrazione, di un centro di coordinamento che soccorra, a partire dagli
aspetti burocratici, chi viene in Trentino per lavorare, ma anche per vivere. E
mentre si aprivano i lavori della mattinata con la tacita promessa collettiva
alla sensibilizzazione della cultura dell´accoglienza, una donna dalla
splendida acconciatura magrebina abbassava gli occhi.
Rapporto dello studio Res sugli stranieri in
Trentino
Immigrati, il 70% dai Paesi dell´Est
Top di assunti nelle medie aziende
Lavorano una terra che non è la loro,
operano nel turismo ma non sono gli ospiti, vivono in famiglia ma faticano a
trovare una casa loro. Sono gli immigrati del Trentino Alto Adige, che trovano
impiego soprattutto in agricoltura, nel terziario, nell´assistenza
familiare. È questo il profilo degli immigrati di oggi che vengono
soprattutto dai paesi dell´Est e, in misura minore, dall´Africa,
per trovare lavoro in regione e per costruirsi una vita che, al termine della
stagione o del contratto, non finisca con un foglio di via.
Il rapporto presentato ieri dallo Studio Res,
“Cittadini immigrati e famiglie straniere in Trentino. Inserimento
comunitario e bisogni sociali”, ha evidenziato una tendenza: da un
decennio a questa parte il fenomeno migratorio in provincia di Trento si
è stabilizzato e necessita di programmi di intervento che favoriscano un
inserimento attivo e non un´ospitalità a tempo.
Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico
sull´immigrazione della Caritas, ha esaminato i dati partendo da quelle 7
mila autorizzazioni rilasciate, nel solo Trentino, per il lavoro stagionale e
che, in molti casi, preludono al desiderio di una permanenza fissa. Buoni i
dati dell´osservatorio del mercato del lavoro regionale, dove emerge che
l´incidenza delle assunzioni di un lavoratore straniero ha un rapporto
tre volte superiore alla media nazionale. La tipologia di impiego si concentra
nelle medie aziende a fronte di quel 40% di addetti già assorbiti dal
settore dell´agroindustria. Nell´analisi occupazionale Trento e
Bolzano si somigliano, i dati si equivalgono, livellandosi su quel 70% di
immigrati che proviene dall´Est europeo e dalla penisola balcanica.
Questa regione è un laboratorio per l´immigrazione. Pittau invita
a riflettere sul senso della storia che sarà sempre più "a colori",
anche tra le montagne trentine. Nora Lonardi, responsabile ricerca dello studio
Res di Trento, sottolinea l´estrema precarietà del lavoro per gli
immigrati, la mancanza di informazione una volta che arrivano sul territorio, l´assenza
di un mediatore culturale. “Spesso - dice - questo ruolo lo coprono i
bambini, un ponte tra il mondo di fuori e la famiglia d´origine”.
Nella sua esposizione Lonardi ha evidenziato la ostilità di fondo che
molti stranieri sentono: diffidenza, freddezza della gente, la difficoltà
a trovare casa. Problemi che portano alla solitudine, come hanno sottolineato
l´assessore alle politiche sociali di Trento, Letizia De Torre, e
l´assessore ai sevizi sociali di Rovereto, Fabio Demattè.
“Stupito dalla contestazione”
il capo dell´ufficio di gabinetto della
questura
Attilio Ingrassia, capo dell´ufficio di
gabinetto della questura, si dice “meravigliato” dello scalpore
venato di disappunto che ha suscitato nella gente trentina la notizia della
“retata” delle colf ucraine e moldave clandestine in Italia, al
parco di via Fersina.
“Vorrei chiarire che non è che ci
siamo svegliati lunedì mattina e abbiamo deciso di andare a vedere i
bambini che giocano al parco del Salè - puntualizza il dirigente -.
L´operazione dell´altro giorno arriva dopo accurate indagini che un
paio di settimane fa avevano portato alla denuncia di tre persone per
favoreggiamento dell´immigrazione clandestina. Era arrivata una
segnalazione e quand´è così noi dobbiamo muoverci. Ce lo
impone la legge”.
A finire nei guai erano stati una donna ucraina e
il marito inizialmente sospettati di essere il terminale italiano di
un´organizzazione che agevolava l´afflusso clandestino di
connazionali e la persona trentina di cui la colf era alle dipendenze.
Dalla retata e quindi dagli interrogatori delle
donne fermate che ne sono seguiti, gli inquirenti cercavano elementi per
arrivare ai responsabili del traffico, sempre a patto che queste povere donne
li conoscano. Un´attività di indagine legittima, ma con un prezzo
altissimo per chi l´ha subita, ossia l´impossibilità di
beneficiare della sanatoria in arrivo... “Finché non verrà
attuata, noi dobbiamo applicare la legge in vigore, senza poter fare
discriminazioni fra extracomunitari, anche se un po´ dispiace
perchè questa è gente che tutto sommato lavora” replica
Ingrassia.
Ineccepibile. Non fosse che il Governo ha proposto
la sanatoria proprio limitatamente alle colf extracomunitarie. “Capisco
cosa intende dire. E vado oltre - prosegue Ingrassia -. Il prezzo è alto
non solo per queste donne, ma anche per le persone, anziani e malati, che da
loro vengono accudite. Noi però veniamo chiamati ad applicare la legge,
giusta o sbagliata che sia. Non abbiamo la facoltà di valutare con il
filtro dell´umanità: se ne mettiamo troppa sicuramente
sbagliamo”.
Renzo M. Grosselli
Non solo il volontariato, anche chi assiste gli
anziani professionalmente: “Senza di loro, anziani nei guai”
“Così si fa male alle famiglie
trentine”
L´Atas e la Fai: “Quelle donne sono
indispensabili”
Assistenza“Il sistema oggi non
può fare senza di loro”
Assistenza a un anziano
“Una situazione che sarà pagata dai
nostri anziani, dalle famiglie”. L´espulsione delle badanti ucraine
e moldave non colpisce, in particolare, l´immigrazione clandestina, ma
ferisce gli anziani che sono assistiti da migliaia di loro (si calcola che
siano 1.500-2.000 in Trentino) e le loro famiglie. Che in gran parte non
possono avvalersi di personale italiano per l´assistenza: semplicemente
perché non c´è o, quando esiste, è drammaticamente
caro e non alla portata delle casse familiari. Questo ciò che pensano i
volontari che si occupano di accoglienza degli immigrati ma, ancora più
importante, di chi si occupa dell´assistenza degli anziani in Trentino, a
livello di volontariato ma anche a livello professionale.
“Una cosa assurda. - parte così Rita
Bonzanin, direttrice dell´Atas, l´associazione a cui la provincia
ha affidato il compito dell´accoglienza degli immigrati - A pochi giorni
dalla sanatoria e dopo sei mesi che se ne parla.... Una espulsione fatta in
questo modo fa pensare più ad una intimidazione. Queste ragazze e donne
stanno lavorando in Trentino, guadagnando cifre non certo imponenti, senza
creare problemi di ordine pubblico. Ora io penso che anche le famiglie avranno
paura di regolarizzarle”. E qui la signora Bonzanin si accalora:
“Io mi chiedo quante espulsioni sono state fatte in Trentino di immigrati
realmente pericolosi per la comunità? Non se ne sa quasi nulla ma in
quel caso sì, si rafforzerebbe nei cittadini l´idea che si sta
lavorando per aumentare la sicurezza nella comunità”. Signora
Bonzanin, queste donne erano pericolose per la comunità trentina?
“Assolutamente no! Lavoravano duro e, nella loro ora di libertà,
stavano al parco per una boccata d´aria. Si pensi che quando sono loro ad
avere problemi di salute, queste donne voglio dire. corrono rischi gravi
perché non sono assolutamente protette”.
Eppure, c´è una legge sui flussi
immigratori. “Io non dico che non debba essere rispettata. Ma ci sono
modi e modi. E poi, perché a pochi giorni dalla sanatoria, ampiamente
pubblicizzata?”. Ora queste 1.500-2.000 donne vivranno ancora di
più una situazione di precarietà. Ancora più nascoste.
“È probabile. - risposte la direttrice dell´Atas - Non
saranno in pace nemmeno nella loro ora di libertà e di aria”. Sono
sostituibili queste lavoratrici in Trentino? “Credo assolutamente di no.
Nessuno può aiutare queste famiglie, sono troppi gli anziani da
assistere rispetto ai lavoratori disponibili, a quei prezzi almeno. Ora le
famiglie si troveranno nelle peste. E anche per la legalizzazione di queste
lavoratrici la gente avrà paura”. Perché questa prova di
forza oggi? “Un fatto dimostrativo credo. Ma perché non espellono
gli immigrati che spacciano droga?”. Se verranno espulse le 1.500-2.000
donne che assistono altrettanti anziani e disabili in Trentino, chi si
curerà di loro? “Nessuno, le famiglie dovranno andare in piazza a
lamentarsi. Oppure ci sarà una folle rincorsa ai posti nelle case di
riposo. No, queste persone sono assolutamente indispensabili”. Che si
aspetta ora signora Bonzanin? “Che facciano altre retate. Ma spero che le
famiglie agiscano, che si facciano presenti. Altrimenti vorrà dire che
hanno solo usato strumentalmente queste donne”.
La F.A.I. è una cooperativa che si occupa
professionalmente dell´assistenza agli anziani (Famiglia anziani infanzia
significa la sigla). Il vice-presidente è la signora Barbara Minelli:
“Abbiamo una convenzione col Comune di Trento. Al massimo noi ci curiamo
di un anziano per 30 ore settimanali, 4-5 ore al giorno. Di solito si tratta di
anziani, malati terminali o disabili”.
La Fai raccoglie 90 donne e si occupa di circa 300
utenti di Trento e dintorni. Signora Minelli, sono utili alla comunità
trentina queste donne ucraine e moldave? “Coprono tutte le ore che noi
non siamo in grado di coprire: la notte e parte della giornata. Noi arriviamo
ad assistere la gente per 4 ore al mattino e poi... Noi, comunque, abbiamo due
di queste donne, con regolare permesso di soggiorno. E sono attente, coscienziose”.
E se fossero espulse tutte 1.500-2.000?
“Loro accettano qualsiasi tipo di lavoro: pulizia, assistenza, vigilanza.
Cosa che le nostre operatrici non fanno”. Quindi in questo momento?
“Sono indispensabili. Io so di molte famiglie che vivono con queste donne.
In questo momento non possiamo fare altrimenti. Ad esempio, quando un nostro
anziano è ospedalizzato, il servizio domiciliare si interrompe. La
famiglia deve rivolgersi all´assistenza privata”. Quindi, alle
lavoratrici dell´Est, se non si vuole incorrere in costi proibitivi o
anche non trovare affatto un a assistente sul mercato.
Cacciarle perché? Per una dimostrazione
muscolare? Di principi? Così si fa male alla comunità trentina,
alle famiglie che hanno anziani da assistere.
Avviato progetto voluto dalla Federazione
cooperative
Un contratto regolare per sessanta straniere
Prenderà il via il 30 giungo per
concludersi dopo 30 mesi il progetto “Equal” che garantirà
alle donne straniere che forniscono servizi di assistenza a domicilio un
inserimento regolare nel mercato del lavoro trentino.
La convenzione, voluta dalla Federazione trentina
delle cooperative e sottoscritta ieri dai rappresentanti di altri otto enti
trentini: Consolida, Comune di Trento (al quale spetta il ruolo di
monitoraggio), Acli, Atas, Caritas, Formazione e lavoro, Issan, Laboratorio
d´Ingegneria d´informatica, si propone di ridurre il lavoro nero
trasformandolo in prestazioni regolari e remunerate.
Il progetto europeo, per il quale è
previsto un budget di 1,4 milioni di euro, coinvolgerà inizialmente 60
donne immigrate, in possesso di regolare permesso di soggiorno, e le
aiuterà ad inserirsi nel mondo del lavoro con un contratto regolare e
definito.
Si tratta di organizzare ex novo l´offerta
di servizi sociali visto che la domanda di assistenza agli anziani è in
continua crescita e soprattutto si sta diversificando, ha affermato Carlo
Borzaga dell´Istituto studi sviluppo aziende non profit, “in un
contesto in cui le risorse pubbliche e le forme organizzative adottate per i
servizi sociali sono inadeguate e le forme contrattuali limitate in quanto
improntate su un´economia di manifattura”.
Ma vediamo nel concreto cosa prevede questo
progetto. Sarà costituita una impresa sociale per i servizi di cura alla
persona con uno sportello informativo rivolto sia alle donne straniere sia alle
famiglie che sempre più spesso hanno bisogno di un appoggio in casa. Lo
scopo è quello di arrivare a fornire, al di là della inclusione
sociale, una crescita professionale dei soggetti più deboli del mercato
del lavoro che operano nei servizi di assistenza. Accompagnate in un iter
formativo, le donne saranno finalmente in possesso di un regolare contratto di
lavoro, avranno diritto ai contributi previdenziali e ai giorni di ferie.
“Il Comune ha aderito con convinzione a questo progetto -ha detto Alberto
Pacher- perché si sta parlando di lavoratrici, molte delle quali
clandestine, che svolgono un ruolo importante all´interno della nostra
società. Sarà un modo per far emergere il lavoro informale e per
regolarizzarlo”. Si tratta di un´iniziativa molto importante e che
aveva una certa urgenza, ha sottolineato Fabio Casagrande: “Da anni come
Acli ci occupiamo di immigrazione e del collocamento delle donne straniere.
Presso i nostri sportelli le code sono sempre lunghissime”. S.C.
PERCHÉ ARRIVANO
Tra i motivi che spingono a lasciare
PERCHÉ ARRIVANO
Tra i motivi che spingono a lasciare il proprio
paese di origine, per gli uomini il primo è la ricerca di un lavoro
(48%). Per le donne è il ricongiungi-mento (41%). Il 14% parte per
ragioni politiche o legate alla guerra.
FAMIGLIE E SINGLE
Il 56,9% degli immigrati intervistati è
membro, nel paese d´origine, di una famiglia e ha dei figli. I single
sono il 22%. Le famiglie ricongiunte in Trentino sono il 78%.
QUANTO RESTANO
Il 28% degli immigrati risiede qui da 7 o
più anni, il 36,9% da 4 a 6 anni, il 35% da 1 a 3 anni.
I PROBLEMI
I più problemi riscontrati più
spesso sono legati alla burocrazia e alla ricerca della casa. Buoni, invece, i
rapporti con la gente locale.
Luisa Patruno
“Le famiglie devono mobilitarsi”
L´appello di don Nicolli
“Grave colpire i più deboli”
hanno detto “Bersaglio sbagliato”
La perpetua
di monsignor Gottardi “salvò” la colf moldava.
“Dissi: prendete me al suo posto”
“Ci vuole una mobilitazione. La Caritas o
altre associazioni dovrebbero organizzare la protesta delle tante famiglie che
in Trentino si affidano a queste donne moldave o ucraine per accudire gli
anziani o i malati. Tutti dovrebbero farsi sentire per contestare queste retate,
perché usare la forza con i più deboli è una vigliaccata.
Ed è meglio che non aggiunga altro”.
Don Sergio Nicolli, delegato per la Pastorale
della famiglia della Curia di Trento e già segretario particolare
dell´arcivescovo emerito Alessandro Maria Gottardi, è davvero
molto dispiaciuto per la nuova iniziativa delle forze dell´ordine contro
l´immigrazione clandestina di collaboratrici domestiche. Un episodio che
subito ha riportato alla mente del sacerdote quanto accaduto l´anno
scorso, quando vennero fermate in piazza Dante alcune donne ucraine e moldave
tra cui Maria, una moldava che accudì monsignor Gottardi negli ultimi
mesi di vita.
“Allora come oggi - dice don Nicolli - ci
sono rimasto molto male perché queste donne sono affidabilissime e il
loro lavoro è prezioso per molte famiglie trentine che hanno a carico
familiari malati o anziani da accudire e che altrimenti non saprebbero come
fare. Queste persone sono una risorsa sociale ed è assurdo che sia
così difficile regolarizzarle. Con questi ordini di espatrio
dolorosissimi diamo una brutta immagine della società italiana,
cioè quella di un Paese poco accogliente. Non riesco a capire - aggiunge
critico e stupefatto il sacerdote - questo accanimento contro delle giovani
donne che, è chiaro a tutti, non fanno nulla di male, non sono un
pericolo per la società, anzi sono indispensabili. Mi viene da pensare
che vengano prese queste clandestine e non altri semplicemente perché
queste sono le più facili da prendere”.
L´anno scorso don Nicolli, insieme alla signora
Elena Daresi, perpetua dell´arcivescovo Gottardi, riuscirono a persuadere
carabinieri e vigili urbani a non rimpatriare Maria e le altre ragazze
precisando che era già stata presentata domanda per la regolarizzazione
di tutte quelle donne. “Pensi, - osserva però don Nicolli, nel
rimarcare le lungaggini burocratiche incontrate, - che ancora oggi Maria, che
adesso lavora presso un´altra famiglia, è ancora in attesa di
regolarizzazione”.
“Mi sono precipitata dai carabinieri come
una belva - ricorda con emozione la signora Elena - e ho detto "lasciate
tornare a casa la mia ragazza e prendere me".
È una bravissima giovane ed è stata
per me una grande provvidenza. Era da due anni - ricorda la perpetua di
monsignor Gottardi - che cercavamo qualcuno che potesse fare la notte, ma non
si trovava. Quando l´arcivescovo si è aggravato non ce la facevo
più da sola, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse
nell´accudirlo. Io non posso parlare in generale di queste ragazze - dice
con prudenza la signora Elena - ma di questa che ho conosciuto posso dire solo
bene. È ben educata, onesta al mille per mille e ha sempre fatto
puntualmente il suo lavoro con grande discrezione”.
Elena Daresi si è presa proprio a cuore la
sorte di questa ragazza venuta in Trentino solo per lavorare. “Ha una
situazione difficile - sottolinea la perpetua - con due figli da mantenere nel
suo Paese che non vede ormai da molto tempo. Pensi che in Moldavia devono
pagare anche per frequentare le elementari. Io cerco di aiutarla come posso. Dopo
la morte di monsignor Gottardi è rimasta con me per un po´ e poi
ha trovato lavoro presso un´altra famiglia dove accudisce una persona
malata. So che anche qui è molto stimata, apprezzata e le vogliono bene.
Da me viene una volta alla settimana, anzi dovrebbe venire domani. Mi auguro
che non sia tra le ragazze fermate dalla polizia, spero tanto di
rivederla”.Sergio Divina (Lega Nord): “Nei confronti degli
extracomunitari serve severità quando in ballo ci sono traffici di droga
e prostituzione. Queste donne, invece, svolgono un servizio utile per la
comunità”.
Maurizio Perego (Forza Italia): “Il questore
Nicola Alfino dovrebbe scegliere meglio gli obiettivi nella lotta
all´immigrazione clandestina”.
Mauro Betta e Renzo Michelini (Margherita):
“Esiste una direttiva nazionale per procedere all´individuazione e
all´espulsione di persone immigrate e senza permesso di soggiorno che
potrebbero rientrare nella fattispecie della sanatoria prevista dal disegno di
legge approvato dal Senato in materia di immigrazione e di asilo, ed ora
all´esame della Camera?” (interrogazione al ministro).
Franco Pittau (Caritas): “Perché le
forze di polizia non ha aspettato un po´ a compiere questa operazione,
dando così la possibilità alle famiglie di regolarizzare la
posizione delle loro assistenti?”.
Pierluigi Angeli (presidente Federazione
cooperative): “Sarebbe opportuno, in questa delicata situazione
nazionale, avere più prudenza e attenzione perché in fin dei
conti stiamo parlando di persone che si trovano in grosse difficoltà. Io
capisco che c´è un diritto e una legalità, ma bisogna
vedere come applicarla”.
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Alto Adige, giovedì 28 marzo 2002 Web
Edizione di Trento
Gli stranieri provengono per lo più
dall'Est Europa e dall'Africa
“Un lavoratore su sei è straniero”
Tredicimila immigrati in Trentino. Sempre
più multietnico
IMMIGRATI NEL MIRINO
di Marzia Zamattio
TRENTO. Provengono per lo più dall'Europa
dell'Est e dal Nord Africa, sono richiesti maggiormente nei settori produttivi
dell'agricoltura e del turismo e se un tempo venivano spesso respinti dalla
società di accoglienza, oggi sono accettati. Ma soprattutto per ragioni
utilitaristiche. Permangono, infatti, i pregiudizi e le ostilità, oltre
ad una chiusura mentale ancora dilagante. E tra i problemi più gravi da
affrontare per uno straniero in Trentino, al primo posto restano l'alloggio,
per il quale la ricerca può durare anche tre anni, e il lavoro. Spesso
precario o in nero.
Questa la fotografia scattata dal rapporto
provinciale sull'immigrazione, presentato ieri al Centro Europa dall'assessore
provinciale ai Servizi sociali e alla Salute Mario Magnani. Presenti
l'assessore comunale alle Politiche sociali Letizia De Torre, il collega di
Rovereto Fabio Demattè, oltre ad un folto pubblico composto da associazioni
socio-umanitarie.
Il documento, elaborato in base allo studio
effettuato su 160 famiglie immigrate residenti in provincia (80 a Trento e 80 a
Rovereto), si è reso necessario per la forte crescita dell'immigrazione
in Trentino nell'ultimo decennio. 13.492 gli extracomunitari in provincia
secondo i dati del ministero dell'Interno, un milione e 700 mila quelli in
tutta Italia. Ma anche per la necessità di capire le esigenze e le
eventuali carenze da parte dell'amministrazione per un miglior inserimento dei
cittadini stranieri.
La realtà trentina che emerge dalla ricerca
è dunque sempre più multietnica, con arrivi per lo più dai
territori dell'ex Yugoslavia, dal Marocco e dall'Algeria, e dall'Albania,
popolazione che, tra l'altro, risulta quella con un livello d'istruzione
più elevato rispetto agli altri. Ma non è tutto. Tra i motivi che
hanno spinto gli stranieri alla scelta migratoria al primo posto ci sono: per
gli uomini la ricerca di lavoro (48%), per le donne il ricongiungimento alla
famiglia (41%). Le ragioni politiche o legate alla guerra coinvolgono il 14%
degli immigrati (soprattutto dall'ex Jugoslavia).
Parlando di occupazione, il lavoro resta una
chimera per molti, almeno con un contratti a tempo indeterminato, soprattutto
per le donne, anche se emerge la crescente necessità dell'industria
trentina di utilizzare manodopera straniera, soprattutto nell'agricoltura e nel
turismo. “Settori che non sopravvivrebbero senza gli stranieri - ha
dichiarato Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico della Caritas
2001 -. In Trentino, infatti, ogni assunto su sei è
extracomunitario”.
Dalla ricerca, realizzata dallo studio Res
(Ricerca e studio) per conto dell'assessorato alle Politiche sociali e alla
salute della Provincia e dal Servizio attività socio assistenziali,
emergono inoltre anche altre difficoltà. Come la carenza di relazioni,
il disorientamento sociale e l'accesso incompleto ai diritti. Per non parlare
dello "scoglio" della lingua.
Ma ecco pronte due strategie della Provincia:
“Abbiamo elaborato un disegno di legge - ha sottolineato Magnani - che
spero venga approvato al più presto. Inoltre, a giorni inaugureremo
ufficialmente il Centro informativo per l'immigrazione: un punto di riferimento
e di coordinamento per i vari soggetti territoriali che operano nel settore.
Infine, anche con la pubblicazione di questo rapporto, che costituisce il primo
numero di una collana denominata "Infosociale", ci auguriamo di far
crescere la sensibilità del territorio riguardo a questo tipo di
problematiche e far circolare meglio, fra gli stranieri, le informazioni di cui
abbisognano”. La ricerca, difatti, sarà diffusa agli enti e alle
associazioni che operano nel settore, insieme al dossier della Caritas.
Ecco chi sono, quali problemi devono affrontare e
quali sono i giudizi espressi dai nostri (nuovi) concittadini. Destinati a
raddoppiare, per numero, nei prossimi dieci anni. E loro cosa dicono di noi?
Tra gli aspetti positivi riscontrati a Trento ci sono: la tranquillità e
sicurezza della città per il 39% degli intervistati; bellezza e
qualità dell'ambiente (il 24%); strutture (24%); qualità degli
abitanti (12,2%). Quelli negativi: ostilità e pregiudizio verso gli
immigrati (34,3%); chiusura mentale (17,1%); alloggi (31,4%).