Adige, venerdì 29 marzo 2002
Prima pagina:
No all´espulsione delle
“badanti”
Le famiglie preparano la protesta
Forza Italia contro Caritas
“Aiuta delle fuorilegge”
Rabbia e paura nelle famiglie trentine che si
avvalgono delle “badanti” dell´Est per l´assistenza
agli anziani. Dopo il blitz della polizia molti sono pronti alla protesta pur
di non perdere un aiuto indispensabile. Forza Italia attacca la Caritas
(“Aiuta le fuorilegge”), ma un rappresentante delle forze
dell´ordine confessa: “Anch´io ho a casa una
clandestina”.
L. PATRUNO, P. GOTTARDI E S. CESCHINI ALLE PAGINE
18 - 19 - 20
Luisa Patruno
Le famiglie sul piede di guerra
Rabbia e paura tra chi dà lavoro alle
immigrate clandestine
“Lunghe e pesanti
trafile per regolarizzarle”
“Per tre anni ho assistito mia moglie malata
da solo: ero sfinito”
Pensionato
di Povo: “Sono rinato con questo aiuto”
C´è tanta rabbia ma anche paura in
molte famiglie trentine, che solo grazie all´aiuto di giovani straniere -
soprattutto ucraine e moldave spesso clandestine - riescono a gestire
situazioni familiari molto difficili, con anziani non autosufficienti in casa,
che non si possono lasciare soli un momento, o malati che hanno bisogno di cure
continue.
La notizia dell´espulsione di una ventina di
queste giovani immigrate irregolari, a seguito di un´operazione di
polizia, ha alimentato la paura vera e propria che la precaria serenità
familiare conquistata con la presenza delle “badanti” straniere,
alle quali oggi non si vede alternativa, possa essere cancellata da un foglio
di via.
Ieri, il centralino della Questura di Trento
è stato raggiunto da numerose telefonate di cittadini preoccupati e
affamati di rassicurazioni. Anche a l´Adige hanno telefonato in molti per
manifestare il disappunto e raccontare il proprio calvario quotidiano, tante
storie espressione di grande sofferenza e stanchezza, sia psicologica che
fisica.
Aspettano solo il “la” per appoggiare
iniziative di mobilitazione vorranno organizzare la Caritas o le altre
associazioni di volontariato - come ha suggerito ieri don Sergio Nicolli - e
sono pronti a farsi sentire come ha esortato Rita Bonzanin, direttrice
dell´Atas (associazione per l´accoglienza degli immigrati) che ha
dichiarato ieri: “Spero che le famiglie agiscano, che si facciano presenti.
Altrimenti vorrà dire che hanno usato strumentalmente queste
donne”. E in effetti non mancano i casi di sfruttamento e prevaricazione
di donne che lavorano 20 ore al giorno con mezza giornata di libertà.
“Se vogliono espellere dal Paese Naghia,
dovranno venire a prenderla con la forza i carabinieri a casa mia - esordisce
Ottorino Piffer, pensionato di 69 anni, di Povo, - io sono tornato a vivere da
quando c´è lei, dopo tre anni in cui da solo ho accudito mia
moglie, che è molto malata e non può muoversi dal letto. Da tre
anni a questa parte mi prendo cura di mia moglie ininterrottamente, lavo,
stiro, tengo la casa. Ero sfinito. In questi anni - riprende il signor Piffer -
ho pensato a tutto io con l´unico sollievo dato dall´aiuto, ma solo
per due-tre ore al giorno massimo di assistenti del Fai (Famiglia anziani
infanzia) che mi mandava il Comune di Trento. le pagavo 3,55 euro l´ora
(il resto lo paga il Comune). Ma non mi bastava e poi non ero nemmeno
soddisfatto del lavoro di queste assistenti”.
“Solo la settimana scorsa sono andato alla
Casa della giovane - riprende Piffer - per chiedere se c´era qualche
ragazza disposa ad assistere un´ammalata. Io ho offerto un milione al
mese con vitto e alloggio perché di più non posso permettermelo.
Una ragazza ucraina ha accettato e la mia vita è cambiata. Questa
giovane è bravissima e non perde mai d´occhio mia moglie. Sono
andato in Questura per metterla in regola, ma non è facile”. Anche
la signora Marini racconta il suo calvario di anni per la madre inferma e tre
donne polacche a darle una mano. “Erano tutte in regola, ma non le dico
la trafila, burocrazia, tempi - spiega - la legge che abbiamo non va”.
Ida Masè, da tempo in prima linea nell´esprimere i problemi delle
famiglie che vogliono regolarizzare queste giovani assitenti domiciliari,
è decisa a scendere in piazza se necessario: “Appoggio
l´esortazione di don Nicolli, noi siamo pronti a mobilitarci”.
Rischiano di non poter tornare per cinque anni
Primi ricorsi contro il decreto di espulsione
“Depositerò già domattina
(oggi per chi legge ndr) il primo ricorso d´urgenza contro il decreto di
espulsione che ha colpito una delle donne ucraine”. Il dottor Michele
Tomasi difende una delle badanti sorprese l´altro giorno ai giardini del Fersina
ed è già passato all´attacco: “Presenterò
ricorso sulla base dell´articolo 13 della legge 286 del ´98. La
norma prevede che si possa impugnare il decreto di espulsione entro cinque
giorni dalla notifica. Successivamente il giudice monocratico deve fissare
l´udienza in camera in consiglio entro dieci giorni”.
In base a questa norma nei giorni scorsi Tomasi
era riuscito ad evitare l´espulsione di un´altra badante ucraina:
“Agli inizi di marzo il giudice aveva accolto un ricorso di questo
genere, ma si trovava in una situazione molto differente da quella della
signora che assisto in questo momento. Infatti la prima ucraina era in Italia
insieme al marito che lavora ed è in regola, mentre la seconda vive
presso la famiglia che gli ha dato lavoro. In base alla legge si deve dimostrare
di essere autosufficienti e di avere a disposizione un alloggio. Da questo
punto di vista non ci sono problemi visto che la donna viene pagata
regolarmente e inoltre usufruisce di vitto e alloggio. Il problema sta nel
fatto che non può chiedere il ricongiungimento familiare”. La
donna ucraina è vittima dei ritardi della burocrazia e adesso rischia di
non poter più tornare in Italia per cinque anni: “La famiglia
presso la quale lavora aveva presentato regolare domanda di impiego già
l´anno scorso versando una fidejussione per quasi seimila euro.
Però la donna non era rientrata nelle quote. La richiesta di
regolarizzarla era stata presentata anche quest´anno, ma al momento le
quote non sono state fissate. Proprio nelle more di questo procedimento
è intervenuto il decreto di espulsione dei giorni scorsi”. Se il
giudice dovesse respingere il ricorso, la donna dovrebbe scegliere se tornare
in Ucraina, senza poter rientrare in Italia per cinque anni, oppure rimanere in
Italia con il rischio di essere sorpresa di nuovo e questa volta accompagnata
coattivamente alla frontiera. La speranza per tutte le badanti sorprese
l´altro giorno ai giardini è in una sanatoria, ma il loro timore
è che eventuali condoni non riguardino gli stranieri clandestini colpiti
da un provvedimento di espulsione. In questo caso per loro ci sarebbe solo una
vita da clandestine, senza nessuna possibilità di essere regolarizzate.
Per questo la decisione del giudice monocratico di Trento sul ricorso
presentato dal dottor Tomasi riveste un´importanza vitale per le badanti
che vivono in Trentino.
L.P.
“La Caritas trova lavoro alle
fuorilegge”
Perego (Forza Italia): inquietante. Don
Malacarne: aiutiamo chi ha bisogno
La Caritas finisce nel mirino di Maurizio Perego,
consigliere provinciale di Forza Italia, che definisce
“inquietante” il fatto che l´ente di assistenza diocesano si
sia prodigato e lo faccia tuttora nel trovare un lavoro presso famiglie
trentine a donne presenti nel nostro Paese illegalmente, insomma a delle fuorilegge.
“Ieri - spiega il consigliere provinciale -
in quarta commissione legislativa ho chiesto all´assessore Mario Magnani
se la Provincia avesse quantificato quanto verrebbe a costare all´ente
pubblico garantire l´assistenza agli anziani e agli ammalati che oggi
viene fornita da queste donne straniere. Nel rispondere alla mia domanda,
l´assessore alla sanità, dopo aver precisato che non è mai
stato fatto un calcolo di questo genere, ha detto tranquillamente che che molte
di queste ragazze trovano un lavoro presso le famiglie attraverso la Caritas.
Ora, se confermato, ritengo quantomeno inquietante che il reclutamento di molte
di queste clandestine avvenga tramite l´ente diocesano. Siamo tutti
d´accordo sul fatto che queste giovani donne danno un contributo importante
alle famiglie trentine ma sono pur sempre clandestine. E a proposito di questo
trovo sia scorretto criticare la polizia che fa solo il suo dovere. Proprio
oggi ho parlato con il questore di Trento il quale mi ha spiegato che
l´espulsione delle venti clandestine faceva parte di un´indagine
che andava avanti da tempo proprio contro lo sfruttamento di queste
giovani”.
Don Francesco Malacarne, direttore della Caritas
diocesana di Trento, è esterrefatto per le critiche espresse
dall´esponente di Forza Italia e replica per le rime. “Francamente
- osserva - mi sembra un´affermazione risibile vista la situazione in cui
ci troviamo e che è sotto gli occhi di tutti. Non per nulla lo stesso
governo Berlusconi, con il disegno di legge proposto dalla maggioranza, vuole
approvare una sanatoria per legalizzare queste straniere clandestine che
lavorano nelle case di molti italiani assistendo anziani e malati. La sanatoria
- insiste don Malacarne - non viene fatta perché il governo è
generoso ma per uno stato di necessità che è a tutti evidente. La
Caritas è contro l´illegalità ma è suo dovere
aiutare le persone che hanno bisogno”.
Don Malacarne ricorda l´iniziativa
articolata approvata dalla Caritas del Nord-Est, a cui ha aderito anche quella
di Trento, che si occupa proprio del problema e sottolinea l´esigenza di
arrivare alla sanatoria per riportare nella legalità la situazione.
“Proprio perché tutti sappiamo - osserva il direttore della
Caritas - che il Parlamento dovrebbe arrivare ad approvare ad aprile questa
sanatoria ci è parso ancora più incomprensibile
l´intervento della Questura di Trento nei giorni scorsi”.
Il consigliere provinciale di Forza Italia, Maurizio Perego.
Il vicepresidente della giunta stigmatizza
l´operato della Questura: “I problemi sono altri”
Pinter sconcertato: “Troppo zelo”
“Bisognerebbe essere così zelanti
nelle cose che contano... È vero che leggi sono uguali per tutti, ma ci
sono delle priorità: non è la stessa affrontare situazioni che
mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini e situazioni che invece quella
stessa la sicurezza la aumentano”.
Non ci sta, Roberto Pinter. E a nome della giunta
stigmatizza la decisione della Questura di usare il pugno di ferro nei
confronti delle immigrate clandestine impiegati presso numerose famiglie
trentine nell´assistenza di malati e anziani. “Il nostro disagio
per quanto è accaduto è grande”, afferma il vicepresidente
dell´esecutivo provinciale, che ribadisce come le critiche alla Questura
già espresse dall´assessore Magnani rispecchino in pieno la
posizione collegiale della giunta Dellai.
“Il Trentino - spiega - ha bisogno di poter
regolarizzare una serie di situazioni di manodopera straniera, sia nel campo
produttivo dia per quanto riguarda questa preziosa presenza di assistenza nelle
famiglie”. Pinter si dice “sconcertato” per il clima di paura
che si è venuto a creare tra queste persone, finite nel mirino loro
malgrado: “Spero - afferma - che si possa affrontare in altri modi questa
questione. Da parte nostra, cercheremo di sviluppare le istanze che consentano
di risolvere una volta per tutte il problema”.
Di qui il duplice appello del numero due della
giunta provinciale: “Alle forze dell´ordine, per una maggiore
comprensione, e, dal punto di vista politico, al governo, perché
permetta di regolarizzare queste situazioni”.
Pietro Gottardi
La storia
Un rappresentante delle forze dell´ordine si
confessa e ringrazia l´angelo che ha fatto respirare la sua famiglia
Clandestina in casa di chi porta la divisa
“Rivolgermi a quella ragazza ucraina è
stata la cosa giusta”
Giorgio (il nome è di fantasia), è
un tutore della legge che abita in un sobborgo di Trento. Porta la divisa da
parecchi anni. Un uomo retto, ligio, la cui vita professionale è
scandita dalle leggi, dagli articoli e dai commi che è chiamato a far
rispettare. Giorgio nel momento in cui si è visto costretto a rivolgersi
a una ragazza ucraina per evitare che la sua famiglia si sfasciasse al
capezzale della suocera novantenne, è andato in crisi. In lui è scoppiato
un conflitto dilaniante fra l´uomo che implorava aiuto a una clandestina
per dare a sé e alla famiglia una boccata d´ossigeno, e il
rappresentante delle forze dell´ordine conscio di commettere un reato se
non denunciava quella donna. “Alla fine ha prevalso l´uomo -
confessa sollevato Giorgio -. Per una volta, a prescindere da quello che dice
la legge, ho pensato che rivolgermi a quella ragazza fosse la cosa giusta. E ne
sono tuttora convinto”.
Ha rischiato parecchio, lo sa?
Usi pure il presente. Anche se nel frattempo mia
suocera è mancata e quindi la badante ucraina ha trovato impiego presso
un´altra famiglia, io rischio ancora. Il reato è quello di
omissione di atti d´ufficio. Ma devo dire la verità: sono
tranquillo con me stesso.
Ci può spiegare perché?
Perché credo di aver agito in stato di
necessità. Io e mia moglie eravamo prossimi al punto di rottura dopo
cinque anni focalizzati quasi interamente sulle cure a mia suocera. Chi non ha
mai avuto in casa un anziano non autosufficiente a cui badare, non può
capire: prima o poi, senza accorgerti, arriva il giorno in cui senti che non ce
la fai più, che hai bisogno di un periodo per rigenerarti, sia sotto il
profilo fisico che psichico.
Quando quel giorno è arrivato, lei cosa ha
fatto?
Per prima cosa ho parlato con mia suocera. Le ho
detto che avevamo trovato una sistemazione provvisoria per tre mesi in una casa
di soggiorno e lei è rimasta muta. A mia moglie, il giorno dopo, ha
detto solo: "i veci i l´ha tegnudi tuti". Una battuta e mi sono
ritrovato in ginocchio, schiacciato dai sensi di colpa.
In famiglia non c´era nessun altro che
poteva darvi il cambio?
Teoricamente i due fratelli di mia moglie. Quando
però alla madre che chiedeva a uno di loro se poteva andare per un
po´ da lui invece che al ricovero, questi ha laconicamente aperto le
braccia sospirando "Sai, le nuore...", ho rotto gli indugi e ho fatto
l´unica cosa che potevo fare.
Cosa ha fatto?
Sono andato alla fermata dell´autobus vicino
a casa e ho contattato una di quelle donne "invisibili" che sapevo
assistevano anziani e ammalati. Sono stato io a chiederle aiuto. Ero cosciente
che fosse un´immigrata clandestina, ma io dovevo far respirare in qualche
modo la mia famiglia e lei era la mia ancora di salvezza.
Le ha detto che era un rappresentante delle forze
dell´ordine?
Subito, ma ha capito che non aveva davanti una
divisa, ma un uomo. Subito le ho detto anche che non avevo bisogno di una
serva, ma di una signora disposta a diventare una persona di famiglia con cui
collaborare per accudire mia suocera. Le ho offerto un milione 600 mila lire ed
è venuta a stare da noi.
Scusi, ma "badanti" italiane non ne
offriva il mercato?
Sì, ma vogliono 20 mila lire l´ora
(comunque in nero) e non offrono quello che viene richiesto da una famiglia che
sceglie di tenere in casa un anziano non autosufficiente.
Che sarebbe?
Nel mio caso, tanto per fare un esempio, la
presenza in casa nel momento in cui mi allontanavo con mia moglie, pronto a
rientrare se la ragazza mi chiamava perché c´erano problemi.
Già dopo tre giorni che era con noi, ci siamo sentiti rinascere: il
sollievo che dà la semplice presenza di una persona fidata al capezzale
del malato o dell´anziano è qualcosa di impagabile.
Il tutore della legge che è in lei ha mai
sussurrato qualcosa alla sua coscienza?
Senta, io dico che lo Stato alla fine siamo noi e
mi chiedo se è mai possibile che dobbiamo essere prima puniti per poter
dire la nostra. Io in questo caso dico no: e poi di che delitto mi sarei
macchiato?
Qualcuno però le indagini le ha fatte,
così come la retata...
Per me è stato un dispiacere. Se avessi
avuto il potere di chi ha dato il via libera mi sarei preso le mie
responsabilità e avrei agito diversamente. Io però so che quelle
donne sono angeli.
Il settimanale diocesano di Vittorio Veneto.
Critica anche Vita Trentina
“Invitiamo tutti
all´autodenuncia”
La retata di Trento non è una
rarità. Ieri a Belluno cinque anziane sono state denunciate per aver
dato lavoro a immigrate clandestine. Un altro caso viene da Padova. A Vittorio
Veneto il settimanale diocesano “L´Azione” ha deciso di
invitare tutte le famiglie che hanno in casa una “badante”
all´autodenuncia in segno di protesta se non verrà subito
approvata la sanatoria dal Parlamento. A Trento anche il settimanale
“Vita Trentina” si sta occupando della questione per riuscire a
rappresentare sia i problemi delle famiglie che l´angoscia e i diritti
negati di queste immigrate. “Oggi (ieri per chi legge, Ndr.) - dice il
direttore, Ivan Maffeis, - in tutte le chiese si volge il rito della lavanda
dei piedi. È un gesto di servizio e d´amore. Se la Chiesa non
trova il modo di alzare la voce di fronte alle ingiustizie, e non è
questione di polemica con la Questura, resta solo un gesto”.
Silvia Ceschini
“Le espulsioni non risolvono i
problemi”
L´opinione del vescovo Bressan
Il vescovo Luigi Bressan
E´ una critica a 360 gradi, proveniente da
ogni ambiente della società trentina, quella mossa contro il blitz della
Questura che ha bloccato l´altro giorno, ai giardini del Fersina, venti
clandestine dell´Est. A detta di molti si è trattato di un eccesso
di rigore nell´applicare la legge e mentre la bufera delle polemiche non
accenna a placarsi anche la diocesi trentina prende posizione. A cominciare
dall´arcivescovo.
Monsignor Bressan, cosa pensa
dell´operazione che ha condotto all´espulsione di venti donne
ucraine arrivate in Trentino solo per lavorare?
“E´ un fatto che mi ha rattristato.
E´ ovvio che nella nostra società abbiamo necessità di
sostegno e appoggio alle famiglie, un compito che nessuno dei trentini sembra
più disponibile ad assolvere. Mi pare che le soluzioni siano quelle di
favorire la collaborazione di persone che d´altra parte aiutando noi
aiutano anche se stesse. Quindi una soluzione va trovata, e l´espulsione
non è sicuramente la via che risolve il problema”.
Dunque, critica l´intervento della polizia?
“Io penso che si è trattato di un
momento puntuale, spero che non si estenda a tutta la collaborazione che queste
donne straniere stanno rendendo alla nostra società. Noi ne abbiamo
bisogno e anche loro ne hanno bisogno. Quindi, ripeto, la via da seguire non
è quella di interrompere bruscamente il loro servizio, ma trovare una
soluzione, certamente legale, che sia anche nella collaborazione e
nell´aiuto tra le persone”.
Il problema è complesso, ammette don Agostino
Valentini, direttore dell´ufficio stampa diocesano, ma a volte deve
guidarci il buon senso: “Noi preti siamo più vicini alla
misericordia che al giudizio e così anche in queste questioni dove
c´è necessariamente una realtà di carattere politico,
economico, giuridico o penale noi siamo portati più ad aiutare che a
condannare. In questo caso particolare, si tratta di gente che non ha permesso
di soggiorno, ma che si comporta in maniera corretta”. L´equazione
immigrati-clandestini-delinquenti va assolutamente dimenticata, puntualizza don
Agostino: “Certo ci sono le leggi e vanno rispettate, ma in certe
circostanze occorre far prevalere il buon senso e soprattutto comprendere che a
volte la burocrazia può ostacolare un´eventuale soluzione. Stiamo
parlando di persone di estrema correttezza che vivono cavandosi il pan di bocca
per mandarlo a casa. Sono convinto che chi ha condotto l´operazione non
l´ha fatto con cattiveria in quanto guidato dal rispetto della legge, ma
noi abbiamo l´obbligo di mettere in evidenza questi aspetti umanitari che
a volte andrebbero salvati”.
Accuse di inerzia e ritardi alla Questura di
Trento che le respinge
Le 600 domande bocciate nel 2001
“Inerzia e ritardi della Questura di Trento
hanno fatto sì che l´anno scorso venisse accolta solo una
sessantina delle 600 domande di regolarizzazione delle collaboratrici familiari
straniere”. Lo ha denunciato ieri il consigliere provinciale Vincenzo
Passerini, lo sostiene anche Ida Masè che porta il suo caso. “Mi
dissero - racconta - che il 25 maggio, quando presentai la domanda, il tetto di
15 mila permessi posto a livello nazionale era già stato raggiunto.
Scoprii poi che a Milano vennero accolte domande presentate il 30 maggio,
è accaduto a mia sorella. Come si spiega?”. La Questura di Trento
nega però che ci siano stati ritardi nell´inserimento delle
domande che man mano giungevano. “Non c´è stata inerzia da
parte nostra né alcuna inadempienza” assicura Attilio Ingrassia,
capo di gabinetto della Questura.
La dura presa di posizione di una lunga serie
di associazioni
“Operazione sconcertante”
Dura presa di posizione di una serie di
associazioni ed enti contro l´operazione contro le badanti
dell´altro giorno. Le critiche vengono mosse in un comunicato firmato da
Acli del Trentino, Anolf del Trentino, Atas, Caritas diocesana, Centro
interculturale delle donne Ujamaà, Cgil, Coordinamento lavoratori
Immigrati, Cisl, Comunità islamica, Cooperativa Punto d´incontro,
Fondazione Migrantes
“Esprimiamo - si legge nel comunicato -
perplessità e sconcerto per gli interventi di questi giorni
dell´Autorità di Pubblica Sicurezza volti a espellere dal
territorio italiano lavoratrici immigrate e a interdire il loro reingresso per
cinque anni (dieci anni, secondo la proposta al voto del Parlamento in questi
giorni). Gli scriventi si interrogano in particolare sulle motivazioni che
inducono l´Autorità ad adottare provvedimenti con questi effetti
proprio nel momento in cui è all´approvazione del Parlamento una
legge regolarizzatrice che ha già incontrato il parere favorevole della
maggior parte dei rappresentanti politici e di governo. Risulta incomprensibile
l´intervento dell´Autorità di Pubblica Sicurezza che
contraddice la già espressa volontà del Governo e del Parlamento
di regolarizzazione della posizione delle stesse lavoratrici, prevista entro un
mese circa. L´espulsione renderà infatti inammissibile la loro
istanza di sanatoria, mentre la denuncia dei datori di lavoro porta alla
pesante punizione degli stessi che la legge sulla sanatoria vuole invece fare
emergere e regolarizzare tra qualche settimana. Ricordiamo che la legge in
corso di approvazione intende sanare anche le posizioni dei datori di lavoro,
ma solo se le lavoratrici che intendono regolarizzare non siano state espulse o
abbiano ottenuto l´annullamento o la revoca del provvedimento di
espulsione. Perciò è necessario proporre ricorso, affinché
i giudici valutino la ragionevolezza, legittimità e opportunità
di questi provvedimenti, entro il termine previsto dalla legge di soli cinque
giorni. L´automaticità dell´applicazione
dell´espulsione si pone infatti in contrasto con principi di
civiltà giuridica già espressi dalle più alte corti, che
hanno inteso privilegiare istanze di solidarietà sociale in aderenza
all´art. 2 della Costituzione rispetto alle quali possono cedere, nel
bilanciamento dei valori in gioco, quelle contrapposte del presidio delle
frontiere e dell´ordinata regolamentazione del flusso migratorio.
Per la Lega la polizia ha solo rispettato la
legge, Olivieri attacca la maggioranza
Mondo politico spaccato sulla retata di
“badanti”
L´operazione della polizia ha, ovviamente,
suscitato reazioni opposte nel mondo politico. Un plauso si leva dalla Lega
nord Trentino che per bocca del consigliere provinciale Denis Bertolini e del presidente
Lorenzo Conci parla di semplice rispetto della legge: “Stupisce vedere
come sia stata stigmatizzata l´operazione della Questura di Trento
riguardante le colf e le badanti clandestine. Fino a prova contraria esiste una
legge per cui chi è clandestino deve essere espulso. Non spetta alla
polizia distinguere tra buoni e cattivi. Incomprensibili sono le dichiarazioni
di Magnani che pensa di segnalare l´operato della polizia al
Commissariato del governo, come se il reato l´avessero commesso i
poliziotti”. Il deputato Ds Luigi Olivieri pur non criticando
l´operato della polizia sottolinea l´esistenza di un problema:
“Non me la sento di condividere affermazioni di censura
dell´operato delle forze dell´ordine, che hanno fatto il proprio
dovere. Che la questione sia drammatica non lo si scopre oggi, ma è un
problema che diventerà ancora più urgente con il passare degli
anni. Il fenomeno va gestito, non criminalizzato, come invece fa il governo e
la maggioranza di destra che lo sostiene. Mi dà fastidio l´ipocrisia
dei politici di destra che hanno accusato le forze dell´ordine di eccesso
di zelo e poi non prendono le distanze dall´osceno progetto di legge
della maggioranza”.
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SMS
Alto Adige, Venerdì 29 marzo 2002
Edizione di TRENTO
Il parlamentare si è detto disponibile ad
aiutare le venti donne ucraine
Olivieri: “Situazione incresciosa”
TRENTO. Si dice sconcertato, non condanna
l'operato della polizia che fa il suo dovere ma è disposto ad aiutare,
personalmente, le venti donne colpite dal provvedimento di espulsione.
Così il parlamentare Luigi Olivieri risponde all'“incresciosa
situazione creatasi in Trentino all'esito dei venti decreti di espulsione
irrogati dalla questura di Trento dopo una difficoltosa indagine in merito a
probabili intermediazioni di manodopera da parte di alcune extracomunitarie.
Sono state colpite 20 donne dell'Est che svolgevano il lavoro di
"badanti" in altrettante famiglie trentine, un'attività
meritoria che ormai nessun altro svolge. In Trentino si dice ve ne siano altre
2000 che svolgono la stessa attività e che lo fanno in
clandestinità”.
E poi, dopo avere dichiarato di non sentirsela di
“condividere affermazioni di censura dell'operato della Polizia
perché non hanno fatto che il loro dovere poiché la situazione
è drammatica in merito ai lavoratori extracomunitari, problema che si
trascina da anni e diventerà più drammatico nei prossimi
anni” si dice disponibile “ad aiutare personalmente le 20 donne,
sperando che quanto è avvenuto apra gli occhi e renda meno ipocriti e ci
induca a costituire un movimento che impedisca di rendere ancor più
difficile la vita agli immigrati che vengono in Italia per un futuro
migliore”.
Marzia Zamattio
Code all'ufficio stranieri della questura di
Trento per la richiesta dei permessi di soggiorno
Colf espulse: le famiglie trentine nel terrore
Centinaia di chiamate alle associazioni. E le
ucraine ora pensano al ricorso
IMMIGRATI NEL MIRINO
TRENTO. I trentini hanno paura. Le famiglie che da
anni usufruiscono dell'aiuto delle colf (2.000 per lo più irregolari),
dopo la retata di lunedì temono di perdere l'unica soluzione ai loro
guai. E di essere denunciati. Centinaia le telefonate giunte ai centralini di
associazioni e sidacati. La domanda: cosa ci succederà e come faremo senza
"badante"? Loro, intanto, stanno per presentare ricorso.
A spingere le venti donne ucraine espulse
dall'Italia a fare ricorso è tutto il mondo dell'associazionismo del
Trentino. A cominciare da Acli, Anolf, Atas, Caritas diocesana, Cgil e Cisl che
sostengono la necessità dell'azione “affinché i giudici
valutino la ragionevolezza, legittimità e opportunità di questi
provvedimenti entro il termine previsto dalla legge di soli cinque giorni.
L'automaticità dell'espulsione è in contrasto con principi di civiltà
giuridica - spiegano tutte le associazioni in un comunicato unitario -
già espressi dalle più alte corti, che hanno privilegiato istanze
di solidarietà sociale in aderenza alla Costituzione rispetto a cui
possono cedere, nel bilanciamento dei valori in gioco, quelle contrapposte del
presidio delle frontiere e dell'ordinata regolamentazione del flusso
migratorio”. E poi le considerazioni sull'utilità delle badanti:
“Sono per lo più casi di famiglie gravate da necessità di
cura ad anziani o malati che non trovano adeguata risposta da parte dei servizi
pubblici”.
Tutte le altre colf irregolari, intanto, si
nascondono da occhi indiscreti (ma soprattutto dalle forze dell'ordine) per
paura di essere scoperte. Mentre le oltre mille famiglie trentine tremano per
il timore di rimanere senza badante e per il rischio di essere denunciate. Il
problema è serio. Al di là dell'intervento della polizia,
spiacevole ma lecito anche se bocciato da molti organi provinciali, la
difficoltà in cui si verrebbero a trovare gli assistiti di questi
"angeli dell'est" (così le chiamano in molti) sarebbe
notevole.
Sono quasi duemila le donne che svolgono il
servizio di ausiliare domiciliare in provincia, per il 90% in maniera non
regolare ed occupandosi di anziani (per la maggior parte dei casi) e di malati,
ma accudendo anche bambini ed occupandosi della casa in veste di governanti. Il
timore di perdere quell'aiuto fondamentale che rappresentano le assistenti
domiciliari (non regolari) è predominante quasi più che il rischio
di una pena che va fino ai quattro anni. Come è accaduto ieri in Veneto
a cinque anziane del bellunese e ad una coppia di Padova, denunciati per aver
dato lavoro a cinque clandestine.
Centinaia le chiamate ieri ai centralini delle
associazioni e dei sindacati. “Siamo stati tempestati di telefonate - ha
affermato Antonio Rapanà del coordinamento immigrazione della Cgil - in
molti mi hanno chiamato per sapere come comportarsi. Hanno paura che
l'esperienza si possa ripetere. È un fatto sconcertante - prosegue
Rapanà parlando della retata - proprio quando queste famiglie erano ad
un passo dall'uscire dal tunnel”. Quale tunnel? “Quello
dell'irregolarità - spiega - anche loro vogliono risolvere questa
situazione regolarizzando le donne che offrono questo prezioso servizio. La
verità è che senza di loro il sistema assistenziale provinciale
salterebbe”.
Pergine
m.z.
Disperati i beneficiari del servizio delle colf,
non in regola, ma indispensabili a sostenere il sistema sanitario
“Ora senza di loro siamo disperati”
Il grido d'allarme lanciato da una coppia di
disabili trentini
TRENTO. Sono assolutamente indispensabili alla
richiesta sempre crescente che il sistema sanitario provinciale non riesce a
coprire da solo. “Come facciamo senza di loro” è il grido
d'allarme che giunge, all'unisono ma in sordina, dalle (moltissime) famiglie
trentine che ospitano una colf. Non con regolare permesso di soggiorno. Ma
molte in attesa di poter essere regolarizzate. E la paura, lo smarrimento e
l'incomprensione ieri giungevano alle associazioni e ai sindacati. Due le
domande ricorrenti: come faremo senza le badanti e cosa ci accadrà se le
forze dell'ordine scopriranno la nostra situazione? Saremo denunciati?
Sono circa duemila le assistenti domiciliari
straniere che operano in provincia, in altrettante famiglie bisognose di un
sostegno per l'assistenza di anziani o di malati. Un aiuto che il sistema
sanitario provinciale non riesce a soddisfare in pieno. Come afferma la stessa
Barbara Minelli, vicepresidente della Fai, la cooperativa che si occupa
dell'assistenza domiciliare agli anziani, in convenzione col Comune.
“Siamo in 90 persone che ci occupiamo di
circa 300 casi - spiega Minelli - fra Trento e sobborghi ma facendo 30 ore
settimanali per ogni assistito non riusciamo a soddisfare tutte le richieste.
È ovvio che in questi casi si inseriscano le badanti
"libere"”. I costi vanno, in base al reddito dell'anziano:
“Da un minimo di 1000 lire all'ora ad un massimo di 19.000 lire”
spiega Minelli.
Le altre colf, invece, costano in media sul
milione e mezzo al mese, circa 750 euro. Ma lavorano 24 ore al giorno e vivono
quasi tutte in casa dell'assistito.
Ma dopo il blitz di lunedì il panico si
diffonde. Soprattutto in quelle famiglie dove ci sono casi gravi. Com'è
grave la storia di una coppia, entrambi disabili sulla sedia a rotelle, che
necessitano assolutamente di un'assistenza totale. Maria è paraplegica e
Maurizio è colpito da una forma di sclerosi multipla avanzata. La loro
ancora di salvezza si chiama Sandra (un nome di fantasia per tutelarla) senza
la quale si dicono “disperati”. La parola giusta per descrivere lo
sguardo e la voce di Maria.
“Sono tanto preoccupata - dice non senza
difficoltà nel parlare Maria, 52 anni, in parte autosufficiente ma
bisognosa di continuo aiuto - se la mandano via, come facciamo io e mio marito
ad andare avanti? È la fine...”. Lui, infatti, ha 42 anni ed
è colpito da una grave forma di sclerosi che lo costringe immobile sulla
sedia a rotelle. E l'unica alternativa per lui, alla situazione in cui si trovano
- una casa in cui vivono insieme alla colf che li assiste 24 ore al giorno -
sarebbe solo la casa di riposo, oppure il ricovero in una struttura
dell'associazione sclerosi multipla, con altri otto malati. E senza la moglie.
Ma da un anno, nonostante le condizioni critiche
del marito, con l'arrivo di Sandra la situazione è nettamente
migliorata. Tanto che la donna, sposata con due figli grandi in Ucraina,
è anche infermiera. Ache lei sta aspettando di essere regolarizzata. Ma
finché ciò non accadrà, teme il peggio.
“Ma di Sandra non parliamo - chiede Maria
che ha paura di perdere la donna - mio marito sta tanto male e se lei dovesse
andarsene non saprei come fare. Paura? Certo. E anche Sandra ne ha”.
Soprattutto dopo che ieri pomeriggio pattuglie della polizia controllavano
alcune luoghi dove si ritrovano solitamente le colf dell'Europa dell'est.
“Non esce di casa da giorni” spiega Maria. “Gliel'ho chiesto
io”.
Le altre situazioni critiche riguardano molti
anziani. Tante le segnalazioni di aiuto da parte di quelle famiglie che non
sanno come accudire i loro vecchi. Che non vogliono mandare assolutamete in
casa di riposo.
m.z.
S.Giuseppe, ritrovo di stranieri
Le badanti se ne stanno rifugiate in casa
Deserti i normali luoghi di ritrovo, da piazza
Dante a piazza Venezia
TRENTO. E loro, le ucraine, le moldave, le donne
dell'Europa dell'est che in questi giorni sono diventate le "ricercate
numero uno" all'interno del variegato mondo dell'immigrazione clandestina
cosa dicono? Cosa fanno, o meglio, cosa non fanno in questa caccia alle streghe
che se continua rischia di mettere a rischio centinaia e centinaia di
situazioni familiari?
Eh sì, perché se c'è una cosa
certa nella situazione che si è venuta a creare - spiacevole per
Olivieri (vedi sopra), incresciosa e ingiusta per il mondo dell'associazionismo
trentino, da bocciare per gran parte della realtà politica,
amministrativa e sindacale - è che loro sono terrorizzate. Tanto che da
alcuni giorni, da quando c'è stata la maxi-retata (di cui ne erano a
conoscenza ancor prima degli organi di stampa per il tam-tam con i cellulari)
non osano più muoversi di casa. Da quelle case in cui prestano il loro
(prezioso) servizio.
In questi ultimi giorni risultano, infatti,
pressoché deserti i loro soliti luoghi di ritrovo, come i giardini di
piazza Dante o quelli di piazza Venezia (in molte si trovano davanti al
tribunale); e disertata è pure la chiesa di San Giuseppe, in via Veneto.
Tanto più che ieri sera, alcune di loro,
vedendo le macchine della polizia aggirarsi per la zona, si sono immediatamente
allontanate per rifugiarsi in casa.
Una situazione difficile per loro che giungono
già da realtà di stenti e di pericolo. 20.000 sparse per il
Triveneto, 2000 in Trentino, le "badanti" vengono per lo più
da Moldavia, Ucraina e Polonia. Hanno un'età che varia dai 20 ai 45 anni
e non hanno intenzione di fermarsi in Italia più di cinque o sei anni.
Molte di loro infatti vogliono racimolare una cifra sufficiente per tornare in
patria ed aprire un'attività o comprare casa. E molte di loro possiedono
un titolo di studio, anche universitario. Ma ora il mondo crolla loro sotto i
piedi. E la richiesta d'aiuto arriva forte, anche se non diretto, alle
associazioni e all'amministrazione.
Le clandestine espulse: presenteremo ricorso. I
trentini assistiti: ora come faremo?
Badanti, panico per i controlli
Centinaia di telefonate dalle famiglie alle
associazioni
Sprovvisto di permesso il 90% delle straniere che
lavorano nelle case
TRENTO. Colf clandestine espulse, ora sono le
famiglie trentine a tremare: in centinaia hanno telefonato ieri alle
associazioni che si occupano degli immigrati per chiedere consigli,
perché temono di essere denunciati. Ma il problema è doppio:
“Ora come faremo senza di loro?”, si chiedono gli anziani e i
disabili assistiti dalle donne straniere. Ma le venti ucraine non si arrendono:
ricorreranno contro il decreto di espulsione