a
cura di
Bruno Anastasia
Materiali di lavoro n. 18
1999
Agenzia per l’impiego del Veneto, via Ca’
Marcello 67, Mestre, Venezia
http://www.provincia.venezia.it/ariv/
tel. 041-5318181/030/031, fax 041-5318180, e-mail:
ariv@provincia.venezia.it
1. L’antecedente..................................................................................................................................................................... 3
2. Del metodo............................................................................................................................................................................ 3
3. Dei percorsi possibili........................................................................................................................................................ 4
4. Indicazioni dal 1998,
previsioni-proiezioni per il 1999................................................................................. 5
5. Argomentando una
“forchetta” (di numeri).................................................................................................... 7
Un anno fa – in un appunto interno per il Direttore dell’Agenzia per l’impiego del Veneto – così commentavo una circolare dal titolo “Decreto interministeriale di programmazione flussi immigratori - anno 1998”.
«(...) La circolare è datata Roma 1/12/1997, protocollata Agenzia 10/12/1997 (si sa: le poste) e chiede per il 15.12.1997 una quantificazione a livello regionale delle “offerte di lavoro” distinte per le due categorie di lavoro “a tempo indeterminato” e “tempo determinato”. Da quel che capisco per “offerte di lavoro” si intende “domanda di lavoro” (si intende cioè la presumibile richiesta da parte delle imprese”). E qui tralascio le mie osservazioni: quale nota di merito si può dare ad un ministeriale (= del Ministero del lavoro) che fa confusione (= usa il linguaggio da bar) tra domanda e offerta di lavoro? Ma lasciamo perdere le finezze (come quell’altra, poco oltre, “per ogni provincia della circoscrizione”: forse intende “per ogni provincia della regione” o “per ogni circoscrizione di ogni provincia?”), facciamo finta di aver capito, e veniamo al sodo.
Dunque: qualcuno - ma non si sa chi, perché la circolare è indirizzata ad Assessorati, Agenzie, Ispettorati, Commissioni regionali, Direzioni Regionali, Direzioni provinciali (tutti insieme? ciascuno per conto suo? ciascuno coordinato da chi?) - dovrebbe realizzare dei “prospetti riepilogativi” accompagnati (…) da una esaustiva relazione sulle quantificazioni fornite.
Ora, domanda: come si fa a segnalare le “esigenze presumibili di nuovi ingressi di mano d’opera non comunitaria per il 1998”?
Delle due l’una:
- o qualcuno dispone già di questa informazione
- o bisogna fare una ricerca.
Se siamo nel primo caso, tanto vale chiedere a quel qualcuno e non far tanto casino. Ma, come sappiamo bene, quel qualcuno non esiste.
Siamo dunque nel secondo caso. Bisogna perciò fare una ricerca. Come? diretta o indiretta? universale o campionaria? va bene tutto? qualsiasi metodologia è ritenuta probante?
Di certo non è possibile far nulla senza risorse umane qualificate e senza mezzi. E anche avendoli non è possibile in una settimana. Senza dire della necessità di lavorare “accumulando” e controllando adeguatamente le informazioni su questo delicatissimo argomento.
Che poi forse non basta una asettica ricerca: serve un vero e proprio cointeressamento da parte delle imprese (…)».
A distanza di un anno un’analoga circolare ripete, quasi alla lettera, le medesime richieste alle Direzioni regionali del lavoro con riferimento al 1999. E’ timbrata 18.1.1999 e chiede per il 25 gennaio del medesimo anno “prospetti riepilogativi accompagnati da esaustiva relazione sulle quantificazioni fornite”.
Nulla si dice su come questi prospetti riepilogativi possano/debbano essere costruiti. Si dice solo di “sentire al riguardo le Direzioni provinciali, le Commissioni regionali per l’impiego, le Agenzie regionali per l’impiego e le Oo.Ss.”. Non si trascura il dettaglio “esigenze presumibili di nuovi ingressi … suddivisi per rapporti di lavoro a tempo indeterminato, determinato e per lavoro stagionale, precisando le qualifiche…”
Nel reagire, innanzitutto si possono confermare “in toto” le osservazioni sostanziali già svolte un anno fa nell’appunto interno prima citato.
E’ in effetti stupefacente il modello epistemologico che sta sotto una circolare del genere. E’ evidente che delle due l’una:
a. si presuppone negli organismi decentrati del Ministero del lavoro l’esistenza della “scienza infusa”, per cui basta dare un ordine con circolare e quelli in tempo reale sfornano conoscenza accuratissima anche su fenomeni assai complessi e sfuggenti;
b. si ritiene che la conoscenza delle dinamiche sociali sia un ordinario esito “di default” dell’attività degli uffici; che le statistiche siano insomma come i trucioli per una falegnameria: basta il garzone di bottega per raccoglierli!
Ha senso impiegare del tempo nel confutare questi modelli epistemologici? Ha senso ribadire che sarebbe indice di serietà investire maggiormente nella produzione di conoscenza? che certo l’informazione immagazzinata informalmente dagli operatori degli uffici è preziosissima; ed è preziosissima quella formalizzata contenuta negli archivi Netlabor (del resto abbiamo le carte in regola per affermare ciò, essendo pressoché gli unici ad aver lavorato con il Progetto Val.net appunto alla valorizzazione conoscitiva di Netlabor) ma l’estrazione, la sistematizzazione, l’interpretazione di queste conoscenze non si produce per virtù propria “in vacuo” e consente risultati, si accumula socialmente, solo se s’incarica (per tempo e con strumenti adeguati) qualcuno di dedicarsi specificamente ad essa?
Ci sono ovviamente diversi modi per rispondere comunque – e burocraticamente assolvere un obbligo – alle richieste ministeriali romane. Ne indico alcuni possibili.
A. Ricorrendo al caso. Nessuno vieta di mettere dei numeri a caso (non è prassi sconosciuta: né del resto esistono procedure di certificazione delle statistiche ministeriali, né mi sembra alcuno ci pensi o ci abbia pensato: di qualità si parla… altrove).
B. Ricorrendo alla storia. Si ripropongono i numeri dell’anno scorso (magari una via di mezzo tra preventivi e pre-consuntivi), aggiungendoci una quota (5%-10%?)“ad libitum”.
C. Ricorrendo a informazioni parzialissime. Si può essere convinti che “non vale la pena” far di più: la programmazione dei flussi è questione troppo complicata e le vie attraverso cui si aggiusta il mercato del lavoro sono infinite. Perciò basta scrivere qualcosa con un minimo di senso raccogliendo le opinioni (non importa quanto parziali) di qualche impresa o di qualche imprenditore o di qualche sindacalista e poi si vedrà.
D. Ricorrendo alla “nasometria”. Si può pensare che un lavoro accurato alla fine produce risultati non troppo dissimili da quelli raggiungibili con una certa “nasometria”: per cui ci si affida a questa.
Non sono metodi tutti da disprezzare. E poi dipende molto da chi li pratica. Certuni maturano, con l’esperienza, anche una notevole sensibilità ai numeri, per cui possono anche aver titolo a “dare i numeri”, senza che ciò sia scandaloso.
Immaginiamo, comunque, a titolo di puro esercizio intellettuale, un percorso più serio, quasi “scientifico”: che significa essenzialmente controllabile, verificabile nei passaggi che lo costituiscono.
Esso dovrebbe/potrebbe così articolarsi:
a. esame delle previsioni formulate l’anno precedente (reperimento e studio dei relativi materiali);
b. esame dell’andamento reale nell’anno concluso. Ciò significa (in modo anche campionario):
- esame delle autorizzazioni concesse;
- confronto con i libretti di lavoro rilasciati;
- verifica delle assunzioni e soprattutto della loro durata (sugli archivi Netlabor: di cui andrebbe previsto l’utilizzo anche per la procedura di autorizzazione a residenti all’estero);
- analisi degli scostamenti tra previsioni e consuntivi e delle ragioni che li hanno determinati (demografiche, economiche e/o attinenti al cambio della normativa);
c. esame delle condizioni generali del mercato del lavoro regionale e in particolare delle condizioni dell’offerta osservando soprattutto:
- i processi di stabilizzazione dei flussi di immigrazione degli anni precedenti (gli stagionali sono “veri” stagionali?; qual è il turnover degli extracomunitari?);
- le dimensioni e gli esiti delle regolarizzazioni in corso;
d. confronto del quadro conoscitivo così ottenuto con una raccolta mirata di informazioni qualitative sul campo; si potrebbe perfino arrivare ad ipotizzare un sistema semestrale di “prenotazioni” da parte delle imprese che consentirebbe di calibrare al meglio i flussi in entrata.
E’ un percorso impegnativo:[1] nelle condizioni attuali si può dire “bello e impossibile”. E con ciò? Il Ministero del lavoro dell’Italia (settima potenza mondiale) è una piccola impresa che va avanti a spanne fidando nel buon fiuto del titolare o è (potrebbe essere) una struttura con ambizioni, risorse, strategie adeguate?
Il quadro informativo disponibile sull’immigrazione in Veneto fino al 1997 nel corso dei primi mesi del 1998 è stato più volte aggiornato e riprecisato in occasione della definizione di diversi prodotti di ricerca:
a. Primo rapporto sull’immigrazione in Veneto, a cura di Agenzia per l’impiego e Coses, per conto di Regione Veneto – Oriv;
b. capitolo su “I lavoratori extracomunitari” nel Rapporto 1998 sul mercato del lavoro veneto, sempre dell’Agenzia per l’impiego;
c. relazione su “L’immigrazione nel Veneto: dinamiche in atto e scenari possibili” al Lions Club di Castelfranco Veneto (Agenzia per l’impiego, Materiali, n. 13, luglio 1998);
d. relazione su “L’immigrazione in Veneto: elementi per un’analisi” al Convegno regionale sull’immigrazione (Mestre, 9-10 ottobre 1998).
Per aggiornare il quadro tracciato in queste ricerche si possono considerare i seguenti sinteticissimi elementi riferiti al 1998:
a. l’occupazione complessiva dei residenti veneti è rimasta costante (1.850.000 occupati);
b. la domanda di lavoro di extracomunitari nel primo semestre è rimasta su livelli costanti rispetto al primo semestre 1997: è prevedibile quindi, in ragione d’anno, un volume attorno (o leggermente inferiore) alle 30.000 assunzioni;
c. nel 1998 sono esplose le domande di autorizzazione al lavoro subordinato a extracomunitari residenti all’estero, a seguito - oltre che dell’esaurirsi dell’offerta extracomunitaria già interna - anche della “liberalizzazione” della procedura; nell’insieme dell’anno (pur con il rallentamento conseguente all’esaurimento già a maggio-giugno delle cifre assegnate al Veneto) le autorizzazioni concesse sono risultate circa 3.300 (circa la metà a tempo determinato[2]) contro le 1.600 di tutto il 1997 (dunque il doppio dell’anno precedente) (tab. 1).
|
Tempo
ind. |
|
Tempo
det. |
|
Totale |
|
Var.% |
|||||||
|
1996 |
1997 |
1998 |
|
1996 |
1997 |
1998 |
|
1995 |
1996 |
1997 |
1998 |
|
98/97 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Sesso: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
maschi |
263 |
505 |
1.270 |
|
82 |
518 |
685 |
|
591 |
345 |
1.023 |
1.955 |
|
91,1% |
femmine |
212 |
392 |
618 |
|
10 |
224 |
795 |
|
526 |
222 |
616 |
1.413 |
|
129,4% |
Età: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
14 - 19 a. |
12 |
29 |
116 |
|
0 |
15 |
74 |
|
51 |
12 |
44 |
190 |
|
331,8% |
20 - 29 a. |
235 |
435 |
950 |
|
20 |
217 |
740 |
|
530 |
255 |
652 |
1.690 |
|
159,2% |
30 - 39 a. |
148 |
264 |
585 |
|
24 |
250 |
409 |
|
347 |
172 |
514 |
994 |
|
93,4% |
40 - 49 a. |
66 |
144 |
214 |
|
29 |
199 |
204 |
|
144 |
95 |
343 |
418 |
|
21,9% |
> 49 a. |
14 |
25 |
23 |
|
19 |
61 |
53 |
|
45 |
33 |
86 |
76 |
|
-11,6% |
Settore: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
agricoltura |
23 |
41 |
60 |
|
3 |
305 |
1.318 |
|
65 |
26 |
346 |
1.378 |
|
298,3% |
edilizia |
21 |
95 |
266 |
|
0 |
0 |
13 |
|
48 |
21 |
95 |
279 |
|
193,7% |
meccanica |
85 |
153 |
391 |
|
67 |
404 |
14 |
|
157 |
152 |
557 |
405 |
|
-27,3% |
siderurgia |
8 |
6 |
16 |
|
0 |
0 |
0 |
|
3 |
8 |
6 |
16 |
|
166,7% |
altre industrie |
57 |
47 |
248 |
|
2 |
0 |
7 |
|
47 |
59 |
47 |
255 |
|
442,6% |
lav. domestici |
210 |
389 |
492 |
|
1 |
0 |
9 |
|
656 |
211 |
389 |
501 |
|
28,8% |
pubb. eser. |
26 |
86 |
164 |
|
3 |
19 |
75 |
|
50 |
29 |
105 |
239 |
|
127,6% |
altro terz. |
19 |
12 |
88 |
|
9 |
0 |
37 |
|
28 |
28 |
12 |
125 |
|
941,7% |
non rilevato |
26 |
68 |
163 |
|
7 |
14 |
7 |
|
63 |
33 |
82 |
170 |
|
107,3% |
Qualifica: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
op. generici |
172 |
293 |
525 |
|
3 |
310 |
1.358 |
|
617 |
175 |
603 |
1.883 |
|
212,3% |
op. non generici |
259 |
536 |
1.287 |
|
78 |
391 |
113 |
|
454 |
337 |
927 |
1.400 |
|
51,0% |
impiegati |
31 |
53 |
66 |
|
4 |
21 |
7 |
|
31 |
35 |
74 |
73 |
|
-1,4% |
dirigenti |
13 |
15 |
10 |
|
7 |
20 |
2 |
|
15 |
20 |
35 |
12 |
|
-65,7% |
Provincia: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Belluno |
36 |
55 |
51 |
|
5 |
6 |
19 |
|
86 |
41 |
61 |
70 |
|
14,8% |
Padova |
33 |
169 |
380 |
|
7 |
9 |
3 |
|
151 |
40 |
178 |
383 |
|
115,2% |
Rovigo |
3 |
28 |
65 |
|
1 |
1 |
7 |
|
7 |
4 |
29 |
72 |
|
148,3% |
Treviso |
168 |
258 |
518 |
|
0 |
0 |
4 |
|
283 |
168 |
258 |
522 |
|
102,3% |
Venezia |
118 |
204 |
284 |
|
76 |
415 |
84 |
|
173 |
194 |
619 |
368 |
|
-40,5% |
Verona |
66 |
117 |
281 |
|
3 |
307 |
1.327 |
|
339 |
69 |
424 |
1.608 |
|
279,2% |
Vicenza |
51 |
66 |
309 |
|
0 |
4 |
36 |
|
78 |
51 |
70 |
345 |
|
392,9% |
Totale |
475 |
897 |
1.888 |
|
92 |
742 |
1.480 |
|
1.117 |
567 |
1.639 |
3.368 |
|
105,5% |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: ns. elab. su dati Direzioni provinciali del
lavoro del Veneto |
Guardando al 1999 gli elementi informativi rilevanti di cui si dispone paiono i seguenti:
a. le previsioni economiche per il 1999 scontano per l’Italia e quindi anche per il Veneto un leggero incremento dei tassi di crescita del pil; ciò come minimo dovrebbe consentire il mantenimento dei livelli occupazionali: non ci dovrebbe essere dunque alcuna “crisi occupazionale”;
b. le condizioni demografiche del Veneto sono quelle già altre volte descritte, con una progressiva riduzione del ricambio interno dell’offerta;
c. nelle prime dieci settimane (da novembre al 15 gennaio) della regolarizzazione in corso sono state concesse oltre 7.000 regolarizzazioni, molto concentrate su tre nazionalità: albanesi, rumeni e marocchini; a processo concluso si potranno contare circa 10.000 regolarizzazioni; dopo le regolarizzazioni, di solito, almeno nell’immediato, si riduce il ricorso allo strumento delle “autorizzazioni all’estero”;
Si deve tener conto inoltre:
a. della parzialità delle informazioni provenienti dalle imprese (e raccolte dalle Direzioni provinciali) sui fabbisogni previsti;
b. della carenza di conoscenze (e dell’incertezza di regolamentazione) sui flussi di extracomunitari in altra condizione (studenti, rifugiati politici, familiari) verso il lavoro;
c. della carenza di conoscenze sui flussi degli extracomunitari in uscita (quanti ritornano al loro Paese? quelli con ingresso per lavoro a tempo determinato sono effettivamente di passaggio?)[3].
Le citate “finestre di conoscenza” non consentono di vedere il panorama completo del fenomeno in oggetto. Non è errato asserire, perciò, che le cifre-tetto da indicare sono largamente “politiche” per la loro funzione essenziale indicativa-orientativa-dissuasiva (verso le imprese interne e i lavoratori esterni) più che squisitamente regolamentare.
Provando comunque a comporre il puzzle, per il Veneto si può delineare una “forchetta” di numeri che si basa su minimi e massimi riflettenti precise e diverse opzioni politico-amministrative:
a. 3.000-3.500 autorizzazioni (come o un po’ meno dell’anno scorso), se si ritiene che la regolarizzazione ha (per ora) rifornito il serbatoio necessario (al mercato del lavoro regionale) di manodopera extracomunitaria;
b. almeno 5.000-6.000 se si ritiene:
1. prioritario privilegiare (e facilitare) gli ingressi regolari;
2. possibile controllare/distinguere i flussi di lavoratori a tempo determinato/indeterminato;
3. doveroso e possibile monitorare con particolare attenzione le imprese che assorbono extracomunitari;
4. civile l’intenzione di evitare (almeno parzialmente) il formarsi di sacche di clandestini/irregolari e quindi di non mettere in conto, fra due/tre anni, una nuova regolarizzazione.
Questi sono i grandi (piccoli) numeri tra cui scegliere, mentre proporne una troppo sofisticata articolazione territoriale, settoriale o addirittura per qualifiche lascia il tempo che trova, perché non si capisce bene a che cosa servirebbe (se non a creare complicazioni burocratiche) né su che cosa basarla dato che gli strumenti, le tecniche e l’accuratezza delle rilevazioni sono quello che sono.
(b.a.)
[1]. Per altre osservazioni sulla programmazione dei flussi si rinvia a B. Anastasia, S. Bragato, “Le conoscenze disponibili in materia di partecipazione degli stranieri ai diversi mercati del lavoro”, relazione presentata al seminario Ismu su “La nuova legge sull’immigrazione e le politiche di programmazione dei flussi”, Milano, 29 settembre 1998.
[2]. Sul piano pratico la distinzione tra autorizzazione al lavoro a tempo determinato o indeterminato non significa molto con riferimento ai flussi e alla durata effettiva della permanenza.
[3]. Cfr. al riguardo le osservazioni contenute nell’allegato “L’informazione statistica sui flussi migratori dei cittadini stranieri” al Dpr 158, 5 agosto 1998.