All’opinione pubblica e la nostro popolo
Alla fine di gennaio 2002 si è tenuta la V
Assemblea generale del nostro partito, nel corso della quale sono stati
analizzati gli accelerati e intensi sviluppi politici e la configurazione della
nostra lotta democratica. Dopo una vasta discussione: del panorama
internazionale, a seguito degli eventi dell’11 settembre che hanno
segnato una nuova fase politica; degli sviluppi che hanno interessato il
Medioriente e gli imponenti sviluppi in Iraq e sud Kurdistan; della Campagna
per la madre lingua in Turchia, che ha intensificato le serhildan
(sollevazioni) popolari; ma anche della fase di trasformazione e di
ristrutturazione del PKK.
L’assemblea del partito ha ritenuto necessario
prendere alcune decisioni per il futuro dall’ampia importanza storica,
che intende comunicare all’opinione pubblica nei seguenti punti.
1. Il periodo che è iniziato con
l’attacco dell’11 settembre, che aveva l’obiettivo di creare
un nuovo sistema internazionale, che andrà a segnare il XXI secolo,
qualunque sia il modo che porterà a questo sviluppo, non importa in
quanto tempo e quanta sarà la sua estensione, è un periodo che
creerà con la forza un nuovo ordine internazionale. Che questo periodo
sia cominciato fondamentalmente con lo scioglimento del sistema sovietico a
partire dai primi anni Novanta è una realtà. Gli eventi
dell’11 settembre spiegano che si tratta di una fase di passaggio verso
un livello di sviluppo, che porterà alla fine di un sistema e
all’inizio di un nuovo ordine, quello del XXI secolo. Infatti, che gli
USA abbiano dichiarato, come conseguenza degli attacchi dell’11
settembre, l’inizio della Terza Guerra mondiale, ha definito la
realtà di un periodo che dovrebbe durare a lungo. Durante questa fase le
lotte che verranno vissute in tanti diversi modi, le strutture, i pensieri, i
modi di comportarsi e la politica, che ancora mantengono in piedi un sistema di
nazioni tipico del XX secolo, verranno superati. Si costruirà su questa
base, presto o tardi, il nuovo sistema internazionale che andrà a
caratterizzare il XXI secolo. Siamo convinti che il nuovo sistema sarà
in linea con la globalizzazione, di cui siamo testimoni nella nostra vita
quotidiana, portando l’istituzione di un sistema più democratico e
pacifico, che si basi sulla cooperazione internazionale.
Come già nella storia, la nostra regione,
è la prima realtà entro cui si situa la decisiva lotta che
formulerà il sistema internazionale del XXI secolo. Infatti, le
contraddizioni scaturite dagli attacchi dell’11 settembre sono state
vissute anche qui. Vedremo che, dopo il breve periodo della guerra in
Afghanistan, ci si concentrerà politicamente e militarmente sul
Medioriente. Quanto i problemi e le gravi contraddizioni si vivono
nell’ambito dello status quo mediorientale, si spiega dalla sistemazione che è stata
pianificata alla fine della prima guerra mondiale, sistemazione sviluppatasi in
base alla spartizione del mondo e delle politiche “dividi e
governa” dell’imperialismo del primo quarto del XX secolo. Le
contraddizioni e i problemi economici, sociali e culturali hanno dimostrato che
è ormai tempo di risolvere le questioni in nome
dell’umanità.
Prima di tutto nel Medioriente il sistema dominate
monarchico, autocratico e oligarchico deve essere superato e va creato un sistema
complessivo, democratico e politico a seconda degli interessi dei popoli della
regione. Riteniamo di primaria necessità che le divisioni interne fra i
kurdi e fra gli arabi vadano risolte tramite unioni di popoli che portino ad
unioni democratiche di tipo regionale. Per arrivare a questo, è
necessaria e va fatta, una seria rivoluzione di quella mentalità fino ad
ora legata ai nazionalismi, alle religioni e alle ideologie di sinistra, che
hanno preso in se il carattere della repressione e della chiusura, che vanno
superati fino a giungere ad un sistema di pensiero democratico. Il
collaborazionismo, le contrapposizione e gli scontri che vengono dal sistema
delle divisioni verranno superati, strutturandosi in un’unione
democratica dei popoli del Medioriente. I problemi e le contraddizioni sono
collegati come in un’unica matassa, come per il problema kurdo e quello
della contrapposizione tra israeliani e arabi. I problemi regionali sono molto
complessi e gravi e portano alla necessità di una soluzione regionale,
è necessario che si trovi urgentemente una soluzione ai problemi
palestinese e kurdo. Inoltre, queste due questioni, insieme si concentrano
nell’area irachena. Il
sistema che si realizzerà in Iraq sarà quello che
indicherà come il sistema mediorientale si strutturerà. È
per questa ragione che guardiamo all’Iraq come al centro della guerra,
che cambierà l’ordine politico del Medioriente. Questo ci
indicherà quali saranno le caratteristiche e i fondamenti del nuovo
sistema internazionale. Per questo si vede chiaramente come la lotta che si
concentra sull’Iraq abbia sia un carattere regionale, che internazionale.
Questa è una lotta tra il nuovo ordine e l’ordine precedente, tra
il vecchio status quo e il nuovo sistema. Crediamo che questo scontro politico
e militare dovrebbe essere inteso al rinvenimento di una soluzione e vorremmo
riaffermare la nostra posizione per gli anni a venire.
Senza dubbio il nostro partito e il nostro popolo non
saranno dalla parte di quelli che hanno esercitato politiche di negazione sui
kurdi, ma saranno dalla parte di chi vuole creare il nuovo sistema. Ancora, non
saranno dalla parte di chi vuole far uso della divisione, della repressione e
della violenza. Saranno invece dalla parte di quelle forze che sostengono la
democrazia e la libertà. Saranno dalla parte di quelle forze che
sostengono l’unione del nostro popolo. Prendere la parte delle forze
democratiche porterà beneficio ai popoli del Medioriente.
Su queste basi, la V Assemblea del nostro partito ha
ritenuto indispensabile, una volta ancora, chiamare tutte le organizzazioni, le
forze, i partiti e gli intellettuali kurdi a riunire le forze per la pace e
l’unione kurda. Ancora una
volta il nostro partito prende l’iniziativa nel proporre
l’unità che è più necessaria e nel sostenere il
processo di risoluzione della questione kurda.
Senza dubbio, sono i popoli del Medioriente e le loro
forze democratiche, che vogliono instaurare la democrazia in Medioriente e
un’unione democratica fra i popoli. Quindi, il PKK sostiene l’idea
che la democratizzazione e il raggiungimento dell’unità dovrebbero
essere lo scopo delle forze democratiche della regione. Mossa da questo intento
la nostra V Assemblea di partito chiama tutte le forze politiche kurde e gli
intellettuali a mettere da parte tutte le loro diversità e modi di
pensare, ristretti e dogmatici, e di riunirsi per discutere e risolvere il
sempre crescente problema del Medioriente e particolarmente i problemi kurdo e
palestinese, cercando di evitare l’intervento esterno. Crediamo che questi
problemi dovrebbero essere risolti attraverso mezzi democratici e forme di
cooperazione. Questo porterà ad un nuovo Medioriente democratico e
unito. È chiaro che ci sarà un intervento esterno, quando gli
stessi problemi non possono venire risolti a livello interno e se gli scontri
mettessero in pericolo gli interessi esterni. L’attuale posizione del
Medioriente corrisponde a questa definizione.
Naturalmente, ci sono un valore e dei benefici, anche
nell’evenienza di un intervento esterno, in questa situazione di
divisione e di anti-democrazia. Su queste basi, il PKK non sosterrà
nessun intervento esterno, che fosse intenzionato a mantenere lo status quo
anti-democratico. Un qualsiasi intervento esterno deve prendere in
considerazione le aspettative delle forze democratiche della regione.
2. La Turchia è una terra che nella sua storia ha fatto scatenare dinamiche di cambiamento estremamente violente. Oggi, in Turchia, si vive una crisi politica ed economica grave che fa sopravvivere la sua struttura oligarchica e la mentalità dogmatica e strettamente nazionalista, pur trovandosi trova sulla via del cambiamento. Le ragioni di questa struttura pongono la Turchia in contraddizione con la realtà del XXI secolo.
Sostenendo idee e sistemi politici nel Medioriente,
che erano già superati centinaia d’anni fa, con la questa sua
posizione corrente, la Turchia non è capace di nessun progresso nel
processo di adesione all’Unione Europea ed ora vive conflitti con il suo
partner strategico, gli USA.
Invece, la Turchia, che possiede le più ricche
risorse naturali del mondo, si trova in condizioni di arretratezza, diventando
un paese dipendente dall’esterno e indigente, lasciando vivere la
maggioranza della sua popolazione in condizioni di fame e povertà. Il
sistema oligarchico e quelli che lo mantengono sono i responsabili
dell’arretratezza della Turchia.
Per superare questa ingiusta arretratezza e per
raggiungere il livello dei paesi sviluppati, questo corrente sistema di
pensiero e il sistema politico vanno superati. Le attuali arretratezza e crisi
risultano dal non avere un sistema
politico democratico. Le ragioni della recente crisi stanno nella paura della
questione kurda, così come nell’incapacità di trovarvi una
soluzione. La chiave della democratizzazione e di qualsiasi altro genere di
progresso in Turchia, è proprio la soluzione della questione kurda.
Il popolo kurdo ha combattuto una gloriosa lotta per
la soluzione democratica della questione kurda, che torna utile anche al popolo
della Turchia, e intende proseguire questa lotta con una forma estremamente
valorosa per condurla al successo. Anche la sua posizione era improntata a
questa realtà, il Newroz del 2001 con mezzo milione di persone a
Diyarbakir lo ha dimostrato. Come la richiesta di centinaia di migliaia di
bambini e giovani kurdi, dalle elementari all’università che
chiedono di ottenere la possibilità di parlare e istruirsi in kurdo,
nonostante continui ogni forma di repressione delle autorità turche. Il
momento democratico vuole portare pace intorno alle azioni degli studenti,
costituendo un motore per il processo verso una soluzione pacifica e
democratica della questione kurda e nel processo di democratizzazione della
Turchia.
Queste forme di azione, con metodi democratici,
intendono ottenere il riconoscimento di un fondamentale diritto
dell’uomo, esse offrono un’opportunità storica per lo stato
turco, che è costituito su fondamenta errate e quindi è molto
intimorito a risolvere la questione kurda. Sarebbe una dinamica vitale nel
progresso verso la democratizzazione della Turchia, se ai kurdi fosse permesso
di esprimersi nella propria lingua e secondo la propria cultura.
Sfortunatamente conosciamo la mancanza di
volontà del governo oligarchico turco, nel suo rifiutare di approfittare
di questa storica opportunità e la mancanza di comprensione della
realtà kurda degli intellettuali e politici turchi. Il governo turco,
ancora insiste nelle sue politiche di negazione.
Su questa questione lo stato turco sta usando
l’oppressione e ha imprigionato centinaia di studenti che desiderano
parlare e scrivere in kurdo. L’oppressione sta crescendo e lo stato cerca
di far passare all’estero queste azioni come atti di terrorismo. Per
ottenere il sostegno del mondo esterno il governo turco ha dovuto svendere ai
vari stati e alle istituzioni finanziarie internazionali le risorse del paese.
È indubbio che tutto questo porterà alla fine della Turchia e di
tutti quelli che ci vivono. Tali atti rinforzano il sospetto che i dirigenti
civili e militari non vogliano che il cambiamento democratico migliori la
Turchia e si augurano, invece, di proseguire con il loro regime oppressivo,
semplicemente per conservare gli interessi di quegli ambienti corrotti e
saccheggiatori.
Oggi, crediamo essere nostro dovere storico mettere in
allerta l’amministrazione corrente. Si dovrebbe capire che
l’opportunità per una soluzione pacifica e democratica, sviluppata
unilateralmente dal nostro partito e dal nostro popolo e che la nostra pazienza
democratica non possono aspettare per sempre. L’anno 2002 sarà
l’anno delle politiche chiare e un anno decisivo per il nostro partito.
Tutti coloro che condividono il nostro senso di responsabilità e lo
sguardo democratico, devono pensare seriamente e fare qualsiasi cosa per
ottenere una soluzione democratica.
Senza dubbio la responsabilità non cade solo
sull’amministrazione. Ognuno in Turchia deve essere coinvolto nelle
decisioni concernenti il proprio futuro e deve agire in accordo. È
chiaro che un governo che neanche garantisca ai bambini kurdi il diritto ad essere
istruiti nella propria madre lingua, non può essere un paese libero e
democratico. Comunque, è ovvio che la Turchia, con il suo attuale modo
d’essere, non troverà posto nell’Unione Europea. Di
conseguenza, tutti coloro che amano la Turchia, compresi gli intellettuali, gli
artisti, gli scrittori dovrebbero comportarsi in maniera responsabile e
sostenere le richieste democratiche che il popolo kurdo ha sollevato. Devono
unire le forze con le azioni democratiche del popolo kurdo per poter rompere lo
stretto dogmatismo. Devono sviluppare la propria lotta per il cambiamento
democratico.
Dopo 15 anni di gloriosa resistenza il nostro popolo
ancora mette in atto meravigliosi esempi di lotta democratica. I nostri diritti
nazionali, culturali e democratici, che sono stati negati dal sistema del XX
secolo, saranno adesso tutti raggiunti attraverso una lotta giusta e effettiva.
Questa è la lotta democratica più giustificata e umana del mondo.
Quindi si dovrebbe far uso di ogni tipo di mezzo innovativo, finché non
otterremo i nostri diritti umani, nazionali e democratici. Dovremmo attenerci
al quadro democratico ed essere risoluti nel portare avanti la nostra lotta.
È di vitale importanza incrementare i nostri speciali sforzi per rendere
cosciente la popolazione di Turchia e condurla ad un’unità
democratica, per far progredire e sviluppare la lingua e la cultura kurda.
Questo è importante quanto la lotta per superare le politiche repressive
dello stato. Conseguentemente, ognuno dovrebbe giungere alla soluzione nazionale
democratica dentro di se. Ogni individuo kurdo dovrebbe lavorare come un
militante per ottenere questo risultato. Ogni casa kurda dovrebbe trasformarsi
in una scuola. Ogni villaggio, paese, paesino o città dovrebbe unirsi e
lavorare insieme. Tutte le organizzazioni e istituzioni di comunità
dovrebbero lavorare insieme per ottenere questo risultato. Non rinunceremo alle
nostre richieste per l’ottenimento dell’istruzione e per i diritti
di trasmissione in kurdo. Si tratta di una richiesta di riconoscimento di un
diritto umano fondamentale e useremo mezzi democratici per ottenerlo.
L’anno 2002 sarà l’anno in cui il popolo kurdo
aumenterà le sue pressioni per ottenere una soluzione democratica.
Il nostro popolo dovrebbe dimostrare quello che
potrebbe fare in occasione del terzo anniversario della cattura del nostro
leader per mezzo del complotto internazionale. Il 15 febbraio è una
pagina nera della nostra storia e un giorno di sventura. Ma nonostante la sua
natura, ha permesso ai kurdi di rinascere e ha illuminato la via verso la
civiltà. Questa cospirazione internazionale fu organizzata dalle forze
reazionarie internazionali. Il loro intento era quello di infrangere le nostre
speranze e bloccare il nostro percorso verso il futuro. L’unica via per
rovesciare i loro intenti è creare una nostra unità e coscienza
nazionale. Quindi è nostro dovere “protestare contro il complotto
internazionale” il 15 febbraio e divenire un tutt’uno con il nostro
leader facendo uso di tutti i mezzi democratici che sono a nostra disposizione.
Ogni persona kurda fra i 7 e i 70 anni si dovrà vestire di nero e
digiunare. Coloro che lavorano dovrebbero fermarsi e abbassare le serrande per
dimostrare la propria solidarietà con la nostra lotta nazionale.
3. Il Consiglio di Presidenza del PKK ha deciso i
cambiamenti strategici del nostro partito, secondo il processo di ricostruzione
e il lavoro pratico svolto ha ritenuto che la nuova linea strategica, che il
nostro leader ha intrapreso, si trova in una fase cruciale. Si deve proseguire
in questa direzione e portare a compimento con l’VIII Congresso del
nostro partito. Su queste basi, abbiamo rinnovato le strutture organizzative e
per poter concludere il processo di ricostruzione ci siamo accordati su un
programma. Quindi il Consiglio di Presidenza del PKK ha ritenuto necessario
fermare le attività pratiche, organizzative e politiche sotto il nome
del PKK, soprattutto nell’UE e in Turchia. Da ora in poi non ci saranno
attività all’interno dei confini dell’UE e della Turchia
condotte sotto il nome del PKK. In linea con la decisione, il nostro lavoro
attuale e la nostra struttura organizzativa verranno ristrutturate e tutto il
lavoro necessario sarà svolto rapidamente. Chiamiamo i nostri
sostenitori in Europa ad aderire a questa decisione e ad organizzarsi nel
quadro legale dello YDK (Unione democratica del popolo kurdo) e del KNK
(Congresso Nazionale Kurdo). Anche i sostenitori in Turchia devono organizzarsi
in accordo con la decisione corrente e continuare le proprie attività in
linea con il nostro presidente. Le nostre attività di ristrutturazione
organizzativa continueranno. Molti cambiamenti e innovazioni, che sono parte
della nostra trasformazione democratica, compreso il nostro nome, verranno
definitivamente decise nel nostro prossimo VIII Congresso.
Siamo determinati a far progressi in linea con il
nostro leader accettando i cambiamenti
e la ristrutturazione. Crediamo che i cambiamenti democratici porteranno
successo e progresso, al contrario ogni forma di conservatorismo e riluttanza
verso il cambiamento porteranno distruzione e disintegrazione. Quindi chiamiamo
il nostro popolo a seguire la linea del nostro leader e lavorare per cambiare e
ristrutturare con successo il nostro partito.
Assemblea del PKK, 5 febbraio 2002