SENATO DELLA REPUBBLICA

                                    

                                           DDL 795      -       AULA

 

                                              19 FEBBRAIO 2002

 

 

 

Intervento per il Presidente dei Verdi – senatore Stefano Boco

 

 

 

 

Signor Presidente, gentili Colleghe, egregi Colleghi,

 

a distanza di sei mesi dalla sua approvazione in Consiglio dei Ministri e a distanza di sei anni dall’approvazione definitiva – in questa stessa Aula – di quella che divenne la legge n.40 / 98 e poi  il Testo unico sull’immigrazione – siamo chiamati  oggi e nei prossimi giorni – con una urgenza sottolineata dall’ iter parlamentare - ad approvare il ddl 795,di modifica  del medesimo testo.

 

Tre sono le domande da porsi.

 

Come mai è stato necessario, dopo così breve tempo, emanare un provvedimento di modifica della legge precedente?

 

Come mai il disegno di legge, licenziato dal governo Berlusconi come uno degli atti principali del programma del nuovo governo di centro – destra, ha incontrato tanta opposizione nella Commissione Affari Costituzionali preposta al suo esame, da dover essere trasmesso all’Aula con un atto di imperio, senza che la commissione medesima finisse il suo lavoro ?

 

Come mai questo provvedimento è stato tanto criticato da settori così differenti – giuristi, associazioni di imprenditori, organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori dipendenti, associazioni del volontariato sociale religioso e laico, il movimento no global e, addirittura, la Chiesa cattolica, nelle sue massime espressioni : la Conferenza Episcopale Italiana e, con parole di rara e paterna bontà, il Santo Padre ?

 

Cercherò, umilmente, di rispondere a questi preoccupanti interrogativi, partendo dalla storia di questi ultimi 15 anni della vita sociale e politica del nostro Paese.

 

Abbiamo detto nel 1997 che l’Italia è un paese di immigrazione. Abbiamo affermato giuridicamente il principio dell’inclusione.

 

 Abbiamo fotografato la realtà : un paese ad economia sviluppata ma già con un forte arresto demografico, un paese con un ruolo internazionale di primo piano in una Unione Europea che si avviava a consolidare la propria personalità giuridica, economica e sociale, in un contesto mondiale ancora suddiviso fra le due super potenze.

 

Abbiamo approvato la legge n. 943 / 86, che riguardava soltanto i lavoratori subordinati, attribuendo anche ai lavoratori stranieri non comunitari, in applicazione della  Convenzione OIL n. 143 / 75, i medesimi diritti dei lavoratori italiani : parità di trattamento e uguaglianza di diritti.

 

Dopo ci sono state altre leggi sul tema : la 81 / 88, la 39 / 90 e, appunto, la 40 / 98. Ma, sempre, mantenendo fermi i principi di parità e di uguaglianza fra lavoratori subordinati.

 

Il ddl 795, che oggi discutiamo, vuole abolire nei fatti questi principi e vuole introdurre un sistema inferiore di diritti per gli immigrati. Vuole affermare giuridicamente il principio dell’esclusione.

 

Che cos’è, del resto, il contratto di soggiorno, che viene contrapposto al contratto di lavoro subordinato che hanno i lavoratori italiani, se non la possibilità di prendere un lavoratore straniero, quando serve all’impresa o alla famiglia, e di buttarlo fuori dall’Italia, quando non serve più, impedendogli di usufruire del diritto ad essere disoccupato e di avere il trattamento di disoccupazione, come gli altri lavoratori italiani?

 

E qual è lo strumento per raggiungere questo obiettivo?

 

E’ il permesso di soggiorno, che più precario non si può.

 

 Già al tempo della discussione della legge n. 40 / 98, noi Verdi ci eravamo battuti alla Camera dei Deputati affinché non fosse introdotta – in maniera così coercitiva -  la dimostrazione del reddito, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.

 

Sapevamo, conoscendo la ignominia di ampi settori dell’imprenditoria italiana, anche nei confronti dei nostri concittadini – soprattutto giovani -, che gli immigrati sarebbero stati le vittime del sommerso italiano. E così è stato.

 

Quanti immigrati hanno perso il permesso di soggiorno perché non hanno potuto dimostrare il reddito, perché gli imprenditori disonesti non li hanno voluti dichiarare?

 

Quanti hanno rinunciato a presentare la domanda di rinnovo, perché non avevano i - sempre più restrittivi - requisiti richiesti anche dalla precedente legge e, quindi sono diventati irregolarmente soggiornanti  o -  come dice Bossi, storcendo la bocca in maniera sguaiata e infamante - clandestini ?

 

 Quanti hanno ricevuto il decreto di espulsione, perché il Ministro dell’Interno di turno decideva di far vedere la “ vigilanza “ dello Stato, soprattutto in momenti difficili della politica interna o di fatti internazionali, prendendosela con gli immigrati che non avevano il permesso di soggiorno ?

 

Tantissimi.

 

Questo è avvenuto negli ultimi sei / sette anni e questo si cerca di legiferare oggi.

 

Istituzionalizzare l’esclusione.

 

Impedire la parità di trattamento salariale e l’uguaglianza dei diritti sociali.

 

Togliere il diritto alla difesa contro gli abusi che l’Amministrazione esercita nei confronti degli immigrati.

 

Mettere paura agli immigrati perché sono stranieri e perché hanno bisogno, e, quindi, in quanto tali, sono ricattabili.

 

Questi sono i principi del ddl n. 795.

 

Sono dei disvalori, contro i quali, anche se perderemo in Parlamento, lotteremo nella società, continuando ad applicare quei principi e quei valori che la Carta Costituzionale dei Fondatori della Repubblica ci ha tramandato.

 

 

 

Romana Sansa

 

Roma, 19 febbraio 2002