BOZZE NON CORRETTE |
Stenografico Aula in corso di seduta
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(Garanzie nelle procedure di esame delle
istanze di asilo dei rifugiati - n. 2-00247)
PRESIDENTE.
L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare l'interpellanza Violante n.
2-00247 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmataria.
LIVIA TURCO. Signor
Presidente, siamo stati sollecitati a presentare questa interpellanza urgente
da molte associazioni che operano sul territorio a partire dai seguenti fatti:
il 31 gennaio 2002 sono sbarcati lungo le coste salentine, nei pressi di Gallipoli,
205 persone, tra cui numerose donne, alcune delle quali in stato di avanzata
gravidanza, e bambini di tenera età; si trattava, in particolare, di 106
persone di etnia curda, provenienti dalla Turchia, di 48 curdi dell'Iraq, di 2
soggetti provenienti dal Pakistan, di 1 dal Bangladesh, di 2 dall'Afghanistan e
di 46 dallo Sri Lanka.
Nel rispetto della normativa vigente le persone sono state accolte nei centri
di accoglienza Regina Pacis
e La Badessa ed inoltre,
poiché gran parte degli stranieri avevano manifestato la volontà
di chiedere il riconoscimento di rifugiati politici e quindi del diritto di
asilo, giungeva nei giorni 13,14 e 15 del corrente mese la Commissione centrale
per il riconoscimento dello status di rifugiato per l'esame delle singole posizioni
dei richiedenti asilo.
La Commissione, ci viene detto, in poco più di 48 ore ha svolto
centinaia di interviste, decidendo quale domande di asilo accettare e quali
rifiutare. I membri della Commissione, al termine di un lavoro formale e
frenetico, hanno concesso solo a 25 stranieri lo status di rifugiati, ponendo
tutti gli altri nella condizione di dover subire un provvedimento di rimpatrio.
Da notizie provenienti da associazioni umanitarie da anni impegnate nella
tutela dei richiedenti asilo, risulta che siano state respinte le domande di 97
richiedenti asilo di etnia curda provenienti dalla Turchia, di 46 richiedenti
provenienti dallo Sri Lanka, di 2 richiedenti dal Bangladesh e di 2 richiedenti
dall'Afghanistan.
Per effetto dell'affrettato verdetto della Commissione alcuni di questi
stranieri stanno per essere rimpatriati sul presupposto che avrebbero
attraversato la frontiera in modo illegale e fraudolento in violazione
dell'articolo 8, comma 2, lettera a),
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della legge n. 40
del 1998, poi diventato articolo 10 del testo unico.
Vogliamo sapere cosa il Governo intenda fare rispetto a ciò,
perché, se queste notizie fossero vere, ci troveremmo di fronte alla
violazione di alcuni articoli fondamentali, che non riguardano solo norme di
legge ma anche trattati internazionali e, precisamente, l'articolo 33 della
Convenzione di Ginevra, l'articolo 10 della nostra Costituzione oltre che
l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Se questi dati
fossero veri, sarebbero, dunque, violati non soltanto norme di legge ma - lo
ripeto - articoli della Costituzione e di Trattati internazionali.
Pertanto, vogliamo sapere che cosa intenda fare il Ministero, affinché
sia ripristinata la legalità sostanziale, in ossequio alle previsioni
delle Convenzioni internazionali cui l'Italia aderisce e in ossequio alla
nostra Carta costituzionale.
Chiediamo se non si ritenga necessario intervenire, affinché non si
realizzino più violazioni delle garanzie nelle procedure di accoglimento
delle istanze di asilo e nel trattamento delle persone le cui istanze fossero
eventualmente respinte, escludendone comunque un rimpatrio forzoso nei paesi
nei quali la loro sicurezza e incolumità non fossero garantite.
Inoltre, vogliamo sapere se, a fronte delle notizie circa il perdurante divieto
di espressione della cultura, della lingua e dell'identità curda in
Turchia e negli altri paesi che ospitano tale minoranza, il Ministero non
ritenga di disporre affinché, ferme restando le eventuali procedure individuali
di asilo politico, sia attribuita ai curdi che non ottengono lo stato di
rifugiato ma il cui rimpatrio può essere fonte di pericolo, tramite una
raccomandazione della Commissione centrale alle questure, una forma di
protezione umanitaria prorogabile finché permangano le condizioni di
pericolo; quest'ultima - ciò credo sia ben noto al sottosegretario -
proprio in ossequio a trattati internazionali e alla nostra Carta
costituzionale.
PRESIDENTE. Il
sottosegretario di Stato per l'interno, senatore D'Alì, ha facoltà
di rispondere.
ANTONIO
D'ALÌ, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con
l'interpellanza urgente n. 2-00247 iscritta all'ordine del giorno della seduta
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odierna, l'onorevole
Violante, unitamente ad altri deputati, prendendo spunto dalle visite
effettuate nei giorni scorsi in Puglia dalla Commissione per il riconoscimento
dello status di rifugiato
nel corso delle quali sono stati ascoltati i profughi sbarcati a Gallipoli ed
attualmente ospitati nei locali del centro Orizzonte, chiede al Governo se
ritenga necessario intervenire per evitare eventuali violazioni delle garanzie
nelle procedure di accoglimento delle istanze di asilo e nel trattamento delle
persone le cui istanze fossero, eventualmente, respinte. Sempre con riferimento
a queste ultime persone, viene chiesto di escludere il rimpatrio forzoso nei
paesi in cui sia a rischio la loro sicurezza, alla luce anche di quanto
dichiarato da esponenti del Governo.
Gli onorevoli interpellanti si soffermano poi sui problemi della minoranza
curda e chiedono se non sia opportuno disporre nei confronti di tale etnia una
forma di protezione umanitaria prorogabile automaticamente finché
permangano le condizioni di repressione nel paese d'origine.
Desidero, innanzitutto, svolgere una necessaria premessa. Com'è noto,
l'altro ieri, presso l'Assemblea del Senato, è iniziato l'esame dei
disegni di legge in materia di immigrazione ed asilo, nel corso del quale il
sottosegretario Mantovano, nell'esporre sinteticamente i punti cardine della
nuova legislazione, ha chiarito il pensiero del Governo anche in materia di
asilo.
Ritengo, quindi, che qualsiasi dichiarazione egli abbia potuto rilasciare
sarà stata sicuramente in linea con l'indirizzo del Governo in materia,
che, comunque, intendo ribadire anche in quest'aula.
Fra gli obiettivi del Ministero dell'interno assume un ruolo primario la
definizione delle politiche dell'immigrazione e dell'asilo. A tale scopo
sarà predisposto un intervento quadro di tipo organico proprio in
materia di asilo. Si è, però, ritenuto indilazionabile inserire,
in una disciplina riguardante l'immigrazione, la prevenzione e il contrasto
all'immigrazione clandestina, alcune disposizioni tese ad evitare la
strumentalizzazione della richiesta di asilo e il non rifiuto del
riconoscimento dello status
di rifugiato al richiedente. Le disposizioni, infatti, mirano ad impedire che i
cittadini clandestini espulsi dopo il difficile lavoro di identificazione,
scoprano - proprio mentre
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stanno salendo
sull'aereo o su un mezzo di trasporto a ciò riservato - di essere
perseguitati per cause politiche o per altre cause e, quindi, si appellino alla
possibilità di fruire della disciplina di asilo.
Venendo ai fatti citati dagli interpellanti, su richiesta del Ministero
dell'interno, la sezione I della Commissione centrale per il riconoscimento
dello status di
rifugiato, come già altre volte in precedenti occasioni, si è
recata a Lecce dal 13 al 15 febbraio ultimo scorso, per procedere all'audizione
dei richiedenti asilo in occasione dei recenti sbarchi verificatisi a
Gallipoli.
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È da
precisare che la commissione si è trasferita conservando la stessa
composizione che ha nelle sedute in sede centrale a Roma e, dunque, avvalendosi
non solo dell'opera di funzionari di comprovata esperienza e
professionalità che svolgono da anni questa attività, ma anche
della presenza di un rappresentante dell'alto commissariato per i rifugiati che
ha presenziato a tutti i lavori. La decisione su ogni singolo caso è stata
adottata collegialmente in conformità alle stesse procedure operative
adottate in sede centrale dopo l'ascolto individuale di ciascuno.
Ciò premesso, nel merito dell'interpellanza si osserva quanto segue. Per
quanto concerne i tempi di durata dell'attività della commissione si
precisa che le interviste si sono svolte in tre giorni consecutivi nel rispetto
di tutte le garanzie di completezza dell'intervista con ritmi di lavoro
estremamente sostenuti che hanno consentito l'esame di 203 domande.
Venendo al dettaglio delle decisioni adottate, il numero dei richiedenti di
etnia turca e di etnia curda è stato di 93 persone esaminate: 29 di
queste hanno ottenuto il riconoscimento, con una percentuale superiore al 30
per cento e che ha raggiunto quasi l'80 per cento degli accoglimenti nel caso
dei richiedenti provenienti dallo Srilanka. In questa occasione, infatti, sono
state accolte ben 38 richieste sulle 46 presentate.
Un discorso a parte meritano i cittadini provenienti dall'Afghanistan. In
questo caso i richiedenti erano 10 e le domande accolte sono state 2, ma per le
altre, in considerazione dei noti eventi bellici, nonostante non siano stati
ritenuti sussistenti i presupposti richiesti dalla Convenzione di Ginevra per
il riconoscimento, è stata comunque adottata la misura della protezione
umanitaria. Per quanto concerne, infine, le rimanenti domande di asilo
provenienti dai cittadini di diverse aree geografiche (Bangladesh, Nigeria e
Pakistan) la commissione ha valutato caso per caso i presupposti per il
riconoscimento.
Tutti i cittadini stranieri sono attualmente ospitati presso i centri di
permanenza temporanea e di accoglienza di San Foca di Melendugno e Orizzonte di
Lecce in attesa dell'espletamento delle procedure di identificazione e dei
successivi provvedimenti adottati individualmente a seguito della valutazione
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delle singole
posizioni. Per tutti il trattamento presso i centri è stato convalidato
dalla competente autorità giudiziaria. Non risulta adottato dal questore
di Lecce alcun provvedimento di espulsione. I soggetti per i quali è
stato riconosciuto lo status di rifugiato sono stati muniti di regolare permesso di soggiorno.
Dai dati che ho appena esposto si evince chiaramente che in questa occasione la
percentuale di riconoscimento è stata di circa il 35 per cento, ben
superiore a quella che ha contraddistinto l'attività della stessa
commissione nell'anno 2001 e che si è assestata mediamente intorno al 15
per cento.
Per quanto riguarda, da ultimo, la preoccupazione espressa dagli onorevoli
interpellanti circa la sorte dell'etnia curda è bene precisare che il
problema non è nuovo né di facile soluzione. Certo è che
sul fronte dell'ospitalità dei rifugiati l'Italia può essere
considerato uno dei paesi più sensibili ai temi umanitari e questo
rientra in una tradizione culturale improntata al rispetto della dignità
della persona senza distinzione di razza o religione. Tuttavia, come ho
già detto, è opportuno vigilare per evitare che gli strumenti
ideati a tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo possano trasformarsi in
scappatoie per eludere la normativa in considerazione del fatto che la lotta
all'immigrazione clandestina è una priorità del Governo che ha
ereditato una situazione critica costituita da amplissime presenze di irregolari,
da una preoccupante area di clandestinità e dal connesso incremento di
criminalità.
Quanto alla prospettata ipotesi di uno strumento normativo che preveda per
coloro che dichiarano di appartenere all'etnia curda una forma di protezione
umanitaria automaticamente prorogabile in presenza di asserite condizioni di
costante repressione nel paese di origine, non può che sottolinearsi che
ciò non si configura in quel caso, così come, ad esempio, in
occasione dell'emergenza Kosovo, né si configura l'ipotesi di invasione
bellica del territorio ove dimora la popolazione, né quella di disastri
naturali o altri eventi di particolare gravità. Queste circostanze non
sono ravvisabili nel caso in esame che, come dimostrato, è stato invece
esaminato alla luce della normativa vigente in tema di asilo politico caso per
caso, con le risultanze riferite e nel perfetto rispetto della Carta
costituzionale e dei trattati internazionali sottoscritti dal nostro paese.
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Al contrario, un'applicazione generalizzata della concessione del diritto
d'asilo - che è un diritto tipicamente soggettivo - potrebbe sottendere
il rischio di ingressi indiscriminati nel nostro territorio, con conseguenze
pesantemente rilevanti sotto il profilo dell'ordine pubblico, soprattutto, in relazione
all'attuale situazione internazionale.
PRESIDENTE.
L'onorevole Turco ha facoltà di replicare.
LIVIA TURCO. I dati
forniti rispetto a quanto è successo a Lecce correggono, parzialmente,
le informazioni che ci erano pervenute e, quindi, non posso che accoglierli
favorevolmente; tuttavia, vorrei precisare che tra le informazioni molto
documentate pervenuteci da parte delle associazioni, una preoccupazione in tal
senso era stata espressa anche dall'Alto commissariato.
Quindi, prendo atto di una correzione di tali informazioni ma, signor
sottosegretario, resta la preoccupazione che il nostro paese rispetti
pienamente l'articolo 10 della Costituzione e l'articolo 33 della Convenzione
di Ginevra.
Per quanto riguarda l'articolo della nostra Costituzione, lei sa benissimo che
essa considera l'istituto dell'asilo come un diritto soggettivo fondamentale,
che è previsto il diritto dei richiedenti asilo - che si vedano
respingere la domanda - ad adire all'autorità giudiziaria ordinaria per
la tutela del proprio diritto fondamentale e che tutto ciò non
può essere in alcun modo compromesso ed ostacolato.
Così come ci preme ricordare l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra,
che stabilisce il divieto assoluto di rimpatrio di una persona verso un
territorio ove la sua vita e la sua sicurezza potrebbero essere in pericolo. Da
questo punto di vista, la situazione della minoranza curda in Turchia e in Irak
è nota e, quindi, mi auguro che la parte della sua risposta relativa a
questo aspetto - sappiamo bene che si tratta di un aspetto complesso e
difficile - possa essere oggetto di un ulteriore approfondimento del Governo
perché queste persone possano essere adeguatamente tutelate.
Lei ha, poi, fatto riferimento alla normativa in discussione al Senato. La
preoccupazione, espressa da molte associazioni che lavorano in loco, è relativa al fatto che proprio
questa procedura così accelerata, utilizzata nella valutazione delle
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domande di asilo,
fosse, in qualche modo, anticipatrice di norme del disegno di legge
sull'immigrazione in discussione al Senato: in particolare, sul tema del
diritto d'asilo, quest'ultime destano una forte preoccupazione.
Signor sottosegretario, se mi consente vorrei leggere il giudizio, non il mio e
del centrosinistra, ma quello espresso in merito da una realtà
autorevole come Caritas migrantes.
Mi riferisco ad un documento ufficiale che è stato depositato in sede di
audizione della Commissione affari costituzionali della Camera. Caritas
migrantes, cioè la Chiesa italiana, afferma che «Il diritto di
asilo, a parte l'incongruità della sua trattazione in calce alle norme
sull'immigrazione, viene quasi cancellato. Infatti, l'articolo 10, comma 3,
della Costituzione estende il diritto d'asilo a tutti coloro non sia altrove garantito
l'effettivo esercizio delle libertà democratiche, a causa di guerre,
conflitti civili, violazione generalizzata dei diritti fondamentali, disordini
gravi e generalizzati, carestie, calamità naturali: situazioni, oggi,
sempre più frequenti e all'origine di esodi di massa.
Questa sintonia di impostazione tra la Costituzione italiana e i documenti
della Santa sede merita di essere sottolineata, in particolare per i rifugiati,
una sfida alla solidarietà del 2000».
Inoltre, si afferma ancora: «Non si dica che si tratta di norme
transitorie e parziali» - quelle, appunto, in discussione al Senato -
«in attesa di una legge organica in materia, al fine di non consentire
che tale istituto sia utilizzato impropriamente» (preoccupazione che lei
ha manifestato proprio adesso in questa sede), «al solo scopo di
procrastinare o di evitare un provvedimento di allontanamento per
irregolarità di soggiorno».
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La nuova disciplina, infatti, viene di fatto ad estendersi alla totalità
dei richiedenti asilo. Dunque, se è urgente porre rimedio in casi
particolari di abusi, si provveda a contrastare tali abusi per altre vie, senza
mettere mano a tutta la disciplina di asilo.
Ciò che più preoccupa del disegno di legge è la procedura
semplificata e accelerata che porta a decisioni alle quali, in caso di esito
negativo, segue l'espulsione immediata, senza possibilità di ricorso e
con effetti sospensivi. In casi particolari, è previsto il ricorso non
al giudice ma al prefetto, il cui responso è inappellabile.
In tal modo, viene vanificata l'essenza stessa del diritto d'asilo, che
comporta sia la possibilità di accedere ad una seria procedura sia
l'esame da parte di un organo che possa giudicare del caso con
imparzialità e competenza, qualifiche per le quali la commissione -
così come viene presentata - non fornisce sufficienti garanzie, non
essendo questa un'autorità terza rispetto a quella che ha già
rigettato la domanda e, dunque, priva di effettiva autonomia valutativa e
decisionale.
Si tratta di una valutazione relativa alle norme in fase di esame al Senato.
Quindi, pur prendendo atto delle notizie più precise e positive da lei
fornite, non possiamo non sottolineare e confermare tutte le nostre
preoccupazioni rispetto allo sviluppo che avrà questa materia, proprio
alla luce delle norme che lei ha qui richiamato e che vedono la netta
contrarietà non soltanto del centrosinistra, ma di tutto il mondo che si
occupa, da tantissimo tempo, non solo di contrasto all'immigrazione
clandestina, non solo di integrazione delle persone straniere, ma proprio di
rifugiati, vale a dire di coloro che fuggono dalle situazioni più
disperate che - come anche lei ha riconosciuto - sono molto diffuse nel nostro
paese.
In questa sede non voglio svolgere un dibattito sulla legge sull'immigrazione,
lei ha richiamato queste norme, dunque necessariamente ho dovuto fare tale
riferimento.
Da molte associazioni, da molte realtà presenti in loco, le misure adottate in questi giorni sono
state considerate come
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un anticipo delle
normative che il Governo sta per varare, con la preoccupazione e l'allarme che
ciò può determinare rispetto a quella che può diventare
una norma successiva.