Interrogazione a risposta scritta
Al Ministro dell'Interno
I Senatori Alberto Maritati e Rosa Stanisci - al Ministro dell'Interno -
per sapere
premesso che
il 31.1.2002 sono sbarcate lungo le coste salentine, nei pressi di
Gallipoli (LE), 205 Persone, tra cui numerose donne - alcune delle quali in
stato di avanzata gravidanza - e bambini di tenera età, ed in
particolare:106 di etnia Kurda provenienti dalla Turchia, 48 Kurdi dell'Iraq, 2
dal Pakistan, 1 dal Bangladesh, 2 Afgani, 46 dallo Sri Lanka.
Nel rispetto della normativa vigente e dei più elementari principi
della civile ospitalità, anche in considerazione delle precarie
condizioni di salute degli stranieri, tutti venivano ricoverati nei centri di
accoglienza "Regina Pacis" e "L'abadessa " siti entrambi a
pochi chilometri dal capoluogo salentino.
Poichè la gran parte degli stranieri avevano manifestato la
volontà di chiedere il riconoscimento di rifugiati politici e quindi del
diritto di asilo, giungeva, nei giorni 13,14 e 15 del corrente mese la Commissione
centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, per l'esame delle
singole posizioni dei richiedenti asilo.
Il giorno 16 u.s. tutti gli ospiti del centro di accoglienza
"L'Abadessa" venivano trasferiti nel centro "Regina Pacis"
che, oltre ad essere un centro di accoglienza, è attrezzato per
garantire la permanenza temporanea degli stranieri che sono in procinto di
essere espulsi, a cagione dell'irregolare ingresso nel territorio nazionale.
La Commissione ha svolto un considerevole lavoro avendo
"esaminato" oltre duecento casi, ma v'è motivo di ritenere che
lo abbia fatto in modo del tutto formale e gravemente superficiale, atteso che,
per il tempo a disposizione, ha dedicato non più di pochi minuti per
persona.
In un così brevissimo lasso di tempo non è obbiettivamente
possibile prendere in esame la reale situazione della persona richiedente
asilo, ascoltando le sue ragioni, i motivi dell'allontanamento dalla sua terra
di origine, i pericoli cui andrebbe incontro qualora fosse costretta a fare
ritorno nel suo Paese, soprattutto se si considera che il colloquio richiede
una puntuale traduzione, resa assai difficile dalla non agevole conoscenza, da
parte dei pochi operatori culturali o interpreti, degli innumerevoli dialetti
in uso nelle varie etnie e tribù del popolo Kurdo.
I membri della Commissione, al termine del frenetico quanto formale lavoro
hanno concesso solo a 25 stranieri lo status di rifugiati, ponendo tutti gli
altri nella condizione di dover subire la espulsione; ed è questa la ragione
per cui numerosi stranieri sono stati accompagnati nel centro di permanenza
temporanea del "Regina Pacis".
Da una accurata visita effettuata presso il centro del "Regina
Pacis" da parte del Senatore Maritati è risultato che a molti
stranieri, subito dopo lo sbarco, fu frettolosamente rivolta la domanda se
avessero voluto o meno avvalersi della facoltà di chiedere il
riconoscimento dello status di rifugiato in Italia ma che, per mancanza di
chiarezza, resa ancora più grave dalla difficoltà di interpretare
una non facile lingua, molti di loro risposero negativamente non perché
non avessero i requisiti per ottenere tale status, ma solamente perché
l'intenzione della maggioranza era di non fermarsi in Italia, bensì di
proseguire verso un altro Paese europeo.
Per effetto dell'affrettato quanto irregolare verdetto della Commissione,
alcuni di quegli stranieri stanno per essere espulsi dal territorio nazionale,
sul presupposto che avrebbero attraversato la frontiera in modo illegale e
fraudolento, in violazione dell'articolo 8 comma 2 lettera a) della legge
40/98.
Ed infatti il Questore di Lecce, probabilmente sulla scorta di precise
disposizioni ricevute dagli attuali responsabili del Ministero in indirizzo, in
assenza del presupposto dello status di rifugiati e sebbene fossero trascorsi
molti giorni dallo sbarco e si trovassero ormai in luoghi distanti dal punto di
approdo, li ha considerati cittadini extracomunitari "sottrattisi al
controllo delle frontiere", così intimando loro la immediata
espulsione mediante accompagnamento in Turchia, questa volta sì, in
violazione dell'articolo 8 della legge n. 40/'98, che attribuisce tale
facoltà ai Questori ma nel solo caso in cui lo straniero, sottrattosi ai
controlli di frontiera, sia fermato all'ingresso o subito dopo.
In realtà la norma applicabile alla fattispecie è quella
prevista nello stesso articolo 8, ma al comma 4, ove si detta che "le
disposizioni del comma (…) 2 (…) non si applicano nei casi previsti
dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento
dello status di rifugiato politico ovvero l'adozione di misure di protezione
temporanea per motivi umanitari".
La gran parte degli altri cittadini stranieri stanno per essere
identificati dalle autorità consolari Turche ed espulsi, con contestuale
accompagnamento coatto.
Tutto ciò deve essere considerato gravemente lesivo dei diritti fondamentali della persona, in violazione della convenzione di Ginevra sui rifugiati e in spregio all'articolo 10 della nostra Costituzione, che sancisce il diritto di asilo in favore di chiunque giunga nel nostro Paese, provenendo da una terra ove gli sia impedito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana.
Non possono certo essere sconosciute al Ministro quali siano le condizioni
sociali, economiche e politiche in cui vivono i cittadini di etnia kurda in
Turchia ed inoltre le gravissime condizioni, talvolta ai limiti della
sopravvivenza, di coloro che vengono ristretti, per motivi politici, nelle
carceri di quello Stato, come accadrà alla maggior parte di loro, se non
a tutti, qualora le autorità del nostro Paese le consegnassero realmente
all'autorità di polizia Turca.
A tutto il mondo è noto quali persecuzioni e discriminazioni sono
perpetrate da lungo tempo ai danni del popolo kurdo, anche ad opera del Governo
turco.
E ancora, non possono essere sconosciute al Ministro – e se lo sono
è bene che egli si documenti – le condizioni di quegli immigrati
che, giunti in Italia la scorsa estate e subito rimpatriati in Turchia a
seguito di una verifica solo sommaria delle loro ragioni, sono successivamente
e fortunosamente ritornati in Italia con i segni ancora evidenti delle torture
subite.
In un paese come l'Italia, nel quale gli esponenti di Governo non mancano
di richiamarsi giornalmente alle più alte tradizioni liberali, un tale
trattamento non può essere riservato a nessun individuo.
A meno che ragioni di mera convenienza politica non consiglino di
abbandonare tale strada e di condannare il nostro paese – e l'attuale
Governo – ad essere considerato un paese nel quale i diritti delle
popolazioni e degli individui che subiscono persecuzioni e discriminazioni
politiche vengono calpestati e violati.
Tutto ciò premesso
si chiede
all'On. Le Ministro dell'Interno se non ritenga di dover intervenire perché sia ripristinata la legalità sostanziale in ossequio alle previsioni delle convenzioni internazionali cui l'Italia aderisce e in ossequio alla nostra Carta costituzionale.
(Sen. Alberto Maritati)
(Sen. Rosa Stanisci)