OSSERVAZIONI E PROPOSTE DELLA FONDAZIONE MIGRANTES
SUL DISCUSSION PAPER DELLA COMMISSIONE EUROPEA
sulla “Proposta di
Direttiva relativa alle condizioni
di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi Terzi per motivi di studio e di
formazione professionale”
come pure sulla “Proposta di
Direttiva relativa all’ammissione per altri motivi”
l. Il Discussion paper si riferisce a due proposte di direttiva
che s pongono
in continuità e a completamento
della proposta di Direttiva al Consiglio, che porta la data
dell’11 luglio, presentata dalla Commissione sulle “Condizioni
d’ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini dello
svolgimento di un’occupazione retribuita e di attività di lavoro
autonomo” (COM-2001-386), come si evince dalla Relazione introduttiva di
tale proposta: “La Commissione dovrà ancora elaborare ed adottare
in tempi brevi ulteriori iniziative legislative in materia di condizioni
d’ingresso e di soggiorno ai fini di studio o di preparazione professionale
e ai fini dello svolgimento di attività non retribuite” (n.
2). La medesima formula è
ripresa nell’Introduzione (n. 1) della “Comunicazione della
Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa ad un metodo aperto
di coordinamento della politica comunitaria in materia di immigrazione”,
recante la stessa data (COM-2000-757).
Per tale lavoro di definizione e di
rifinitura della normativa viene ripetutamente richiamato che si deve
“instaurare un dialogo con la società civile” (COM-2001-387,
n. 4.4), la “consultazione con le parti sociali e gli attori coinvolti
nel processo di integrazione degli immigrati” e specificamente con “le
organizzazioni internazionali e non governative che si occupano di immigrazione
e di associazioni di immigrati” (COM-2000-757, n. 4).
2. In questo contesto di collaborazione membri del
“Gruppo ecumenico di riflessione sull’immigrazione” di Roma
hanno già inviato nel marzo 2001 al Commissario Vitorino una nota sulla
citata Comunicazione circa “una politica comunitaria in materia di
immigrazione” e alla fine dello stesso anno altra nota più ampia a
varie Istituzioni comunitarie sulla già menzionata proposta di direttiva
su ingresso e soggiorno di immigrati per lavoro subordinato o autonomo
L’uno e l’altro documento
sono redatti dal dott. Sergio Briguglio e rispecchiano nelle linee generali il pensiero
maturatoi e condiviso dal predetto Gruppo di riflessione di Roma, del quale fa
parte anche la Fondazione Migrantes.
Ora, in risposta al Discussion Paper, ma limitatamente
alla seconda proposta di direttiva, viene presentato una
terza nota, frutto della medesima riflessione e redazione. La Migrantes si
permette di trasmettere anche questo contributo, come i precedenti, alla COMECE
di Bruxelles e all’ICMC di Ginevra, dopo avervi apportato qualche
modifica e abbreviazione e avervi aggiunto qualche appunto anche sulla prima
proposta di direttiva.
II. OSSERVAZIONI QUANTO ALLO STUDIO E
FORMAZIONE PROFESSIONALE
L’impostazione della proposta
è apprezzabile e condivisibile, in particolare la prima parte
sull’orientamento politico in generale.
1. Alcuni suggerimenti per quanto
concerne l’attenzione
preferenziale per ingresso e
soggiorno di alcune categorie di studenti e di aspiranti alla formazione o
riqualifica professionale:
a)
Le famiglie che sono rientrate nel Paese di origine assieme ai loro figli:
meritano una considerazione particolare se, anche a distanza di anni, hanno in
progetto di far studiare o far proseguire negli studi i loro figli, che
già si erano inculturati nel Paese di emigrazione;
b)
Le famiglie di immigrati in un Paese dell’Unione Europea che non hanno
proceduto al ricongiungimento dei loro figli per non interrompere i loro studi
medio-superiori nel Paese di origine, se - completati gli studi - intendono
richiamare presso di sé questi figli per iscriversi in
un’università o istituto equivalente, non dovrebbero trovare
ostacolo anche se detti figli nel frattempo sono entrati nella maggiore
età; anzi dovrebbero godere dei benefici del ricongiungimento e pertanto
ottenere un permesso di soggiorno della medesima durata di quello dei genitori
senza la prospettiva di dover lasciare il Paese a studi completati; inoltre
questi studenti dovrebbero essere “fuori quota” appunto
perché entrati a titolo di ricongiungimento familiare.
c)
La proposta di “facilitare la mobilità degli studenti anziani,
formati in uno Stato membro dell’UE” (n. 1, verso la fine),
potrebbe concretizzarsi nel consentire una specie di pendolarismo o di lavoro
stagionale a coloro che sono rientrati in patria dopo avere studiato o essersi
addestrati professionalmente in uno Stato Membro.
2. La massima attenzione per evitare o
contenere per questi studenti la “fuga di cervelli” cui si accenna
al n. 1 e si fa più ampio discorso al n. 2.1 della “Comunicazione
su una politica comunitaria in materia di immigrazione”. Realisticamente
però si deve tener conto che non basta evitare di “indurre”
questi studenti a restare, come di dice del Discussion paper, e nemmeno
“vegliare” su questo fenomeno , in base all’Accordo di
Cotonou (art. 13, & 4); occorre trovare incentivi allettanti perché
questi ex-studenti trovino interessante e conveniente diventare veri soggetti
strategici per lo sviluppo del loro Paese di origine; occorre cioè
inserirli nei programmi di sviluppo, prendendo precisi accordi sia con le
Istituzioni che stabiliscono e gestiscono questi programmi, sia con le ONG che
operano nei loro Paesi di origine in modo abbastanza stabile.
3. Quanto alla possibilità di
combinare studio e lavoro (II.G), il massimo di 18 ore consentite potrebbe
essere portato a 20 come già prevede la legge italiana.
4. A questa ci si potrebbe ispirare anche
per la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per studio
in permesso di soggiorno per lavoro, entro una determinata quota fissata
annualmente nella programmazione dei flussi di ingresso.
5. Alla fine del n. 1 si parla
dell’opportunità che le Istituzioni scolastiche diano
informazioni sistematicamente al
termine di ogni anno all’autorità competente nei confronti degli
studenti e tirocinanti stranieri: va bene se si tratta di informazioni sul
curriculum di studi e non sulla personalità o il comportamento
extrascolastico dei medesimi.
III. OSSERVAZIONI E
PROPOSTE QUANTO A INGRESSO E SOGGIORNO PER ALTRI MOTIVI
N.B.
Il Discussion paper, per quanto riguarda la proposta di direttiva “per
altri motivi”, deve essere esaminato tenendo presente la precedente
proposta di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno per lavoro
(COM-2001-386 dell’11/7/2001), gia’ presentata dalla Commissione.
Ci si limita in questa nota a ripresentare, fra questi altri motivi, quello di
ingresso e soggiorno “per ricerca di lavoro” o - come più
tecnicamente si esprime la legge attualmente in vigore in Italia - “per
inserimento nel mercato del lavoro” dietro “prestazione di garanzia
per l’accesso al lavoro” (T.U., art. 23).
1. Si parte dal fatto che nella citata proposta di direttiva si rileva la mancanza di un’esplicita
possibilità di ingresso e soggiorno per “ricerca di lavoro”,
e da più parti questa mancanza viene ritenuta una grossa lacuna che
dovrebbe essere riempita.
La questione è del massimo rilievo dal momento che gran parte delle possibilità di inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro riguarda lavori a bassa qualificazione, per i quali la costituzione di un rapporto di lavoro non può prescindere da un previo incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. E’ impensabile, ad esempio, che l’assunzione di un lavoratore quale collaboratore domestico possa avvenire senza che le parti si siano incontrate e conosciute sul posto. L’idea, quindi, che il lavoratore debba attendere la stipula di un contratto per poter fare ingresso nello Stato membro non appare realistica; ne’ l’incontro diretto tra le parti potrebbe essere surrogato dalla mera iscrizione del lavoratore residente all’estero in una lista di disoccupazione.
L’esperienza di molti paesi europei
(l’Italia tra questi) ha mostrato come l’aver impedito che tale
incontro diretto potesse avere luogo legalmente ha prodotto un inutile e
dannoso incremento dei flussi di immigrazione illegale; si deve infatti
tenere realisticamente conto
che il primo
interesse delle due parti è che il rapporto di lavoro si costituisca in
qualunque modo, anche per altra via, se quella legale non è praticabile. Del resto la Commissione
Europea non manca di far rilevare questa realistica situazione; significativo,
ad esempio, è quanto si legge
nella “Comunicazione relativa ad un metodo aperto di coordinamento
della politica comunitaria in materia di immigrazione” (COM-2001-387
dell’11/7/2001) al n.
3.1, dove si parla della Gestione dei flussi migratori:
“Si potrebbe prevedere un esame da parte delle autorità competenti
delle ripercussioni che più elastiche condizioni d’ingresso dei
migranti per fini economici avrebbero sulle domande di asilo e
sull’immigrazione clandestina”.
Veramente nella Proposta di direttiva su
ingresso e soggiorno un aggancio c’è al problema qui presentato. Infatti si prevede che il “permesso
di soggiorno-lavoratore
o permesso di soggiorno-lavoratore autonomo” possa essere richiesto e ottenuto anche
da lavoratore straniero che già risieda
regolarmente o comunque vi si trovi legalmente. Il passo testo
è di notevole importanza e vale la pena riportarlo testualmente: “Se il richiedente
già risiede regolarmente (in quanto titolare di un titolo di soggiorno,
ad esempio, come studente) nello Stato membro interessato o vi si trova
legalmente (ad esempio, in quanto titolare di un visto turistico o un visto per
cercare lavoro o un visto per la domanda di permesso di lavoro), le domande
possono essere presentate direttamente nel territorio di tale Stato”
(Commento ai singoli articoli, Norme generali, art.5, 2). Tuttavia in
quella proposta tali modalità di ingresso (che potrebbero costituire
altrettanti canali di accesso all’incontro diretto tra domanda e offerta
di lavoro) non sono disciplinate in appositi articoli. Non dovrebbe essere necessario rivedere tale direttiva, introducendovi la definizione dei criteri per
l’ingresso e soggiorno finalizzato alla ricerca di lavoro; sembra
essere sufficiente che la Proposta di
direttiva di cui nella Discussion
Paper colmi questa lacuna e, più in
generale, disciplini la materia in modo compatibile con la suddetta previsione
relativa all’accesso a un “permesso di soggiorno-
lavoratore/lavoratore autonomo” per
lo straniero soggiornante ad altro titolo.
Qui di seguito vengono esposte alcune considerazioni in relazione all’ingresso e soggiorno per ricerca di lavoro e ad altre possibilità di accesso legale al soggiorno per lavoro a partire da motivi di soggiorno diversi. Tali considerazioni assumono rilievo sia per la stesura della Proposta di direttiva su ingresso e soggiorno per altri motivi sia per una revisione, se si esclude il caso precedente, della Proposta di direttiva su ingresso e soggiorno per lavoro.
2) L’ingresso per ricerca di lavoro
dovrebbe essere consentito agli stranieri che, oltre a non costituire una minaccia per l’ordine
pubblico o per la sicurezza degli Stati membri e ad essere in possesso di un valido
documento di viaggio, possano provare di disporre di mezzi sufficienti per la
copertura delle spese relative a vitto, alloggio ed eventuale rimpatrio; abbiano
inoltre stipulato un’assicurazione per la copertura delle spese
sanitarie.
Se il lavoratore non dispone personalmente di tali mezzi per la copertura di tali spese, dovrebbe essere presa positivamente in considerazione l’esistenza di un impegno vincolante alla copertura delle spese e alla stipula dell’assicurazione da parte di un privato legalmente residente nello Stato membro o di un ente avente sede legale nello stesso Stato; in altre parole dovrebbe entrare in funzione lo sponsor con prestazione di garanzia.
In presenza di una domanda di
lavoro persistentemente scoperta (in relazione a specifici settori del
mercato del lavoro) e in mancanza di un sufficiente flusso spontaneo
condizionato ai requisiti sopra definiti dimostrazione di disporre dei mezzi sufficienti) lo Stato membro dovrebbe poter
ammettere, entro quote appositamente definite, lavoratori che posseggano le
qualifiche professionali richieste,
diventando esso stesso sponsor, ossia provvedendo
all’accoglienza di questi lavoratori entrati nell’ambito delle quote. Qualora
la carenza sia limitata a specifiche regioni, lo Stato membro, senza ricorrere
a discutibili misure coercitive, potrebbe indirizzare il flusso dei lavoratori
così entrati limitandosi ad offrire l’accesso a tali forme di accoglienza
solo nel territorio delle regioni interessate.
La limitazione delle quote di
tali lavoratori può essere giustificata da difficoltà di
ricezione da parte della società ospitante - difficoltà che
potrebbero concernere, ad esempio, la scarsa disponibilità di alloggi,
l’esigenza
di garantire forme di assistenza pubblica a stranieri in ricerca di lavoro o,
più profondamente, tensioni sociali indotte da flussi troppo
consistenti. L’imposizione di questi tetti numerici invece non
dovrebbe essere introdotta soltanto sulla base di stime o previsioni relative
alla domanda di lavoro, in se stesse molto aleatorie data la mutevolezza delle
esigenze dell’economia.
L’obiettivo di proteggere
dalla concorrenza il disoccupato nazionale, quello di altro Stato membro o
quello straniero, ma stabilmente residente, dovrebbe essere invece perseguito
mediante la semplice applicazione del criterio di “prova della
necessità economica” di cui all’art. 6 della Proposta di direttiva su ingresso e soggiorno per lavoro
(vale a dire l’accertamento previo di indisponibilità di
manodopera residente).
La durata di un apposito permesso
di soggiorno - ricerca di lavoro potrebbe essere commisurata alla disponibilità di
mezzi di sostentamento dimostrata dal richiedente, comunque non più
di un anno,
ovvero di sei mesi nei casi in cui l’assistenza sia garantita dallo Stato
membro. Il titolare del permesso dovrebbe poi poterne ottenere un
prolungamento. E’ del tutto privo di senso, infatti, che la conclusione
fruttuosa di un periodo di ricerca di lavoro sia vanificata dal sopraggiungere
della scadenza del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, mentre il lavoratore
straniero è in attesa di una decisione sulla sua richiesta di tramutare
il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro in permesso di soggiorno per
lavoro dipendente o autonomo, essendosi verificate o essendo ormai imminente
il verificarsi delle condizioni richieste.
Perché questo sistema funzioni è
necessario che l'esame delle richieste dei permessi non debba protrarsi fino a
180 giorni dal ricevimento della domanda, come vuole l’art. 29 della
Proposta di direttiva su ingresso e soggiorno per lavoro. Ci si orienti
piuttosto sui 45 giorni previsti per le domande presentate ai sensi degli
articoli 14, 15 e 16 della medesima Proposta di direttiva.
3) Ove non si voglia predisporre un
apposito canale di ingresso per ricerca di lavoro, l’obiettivo di una
facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro dovrebbe
essere perseguito mediante disposizioni che consentano, praticamente, il
progressivo inserimento nel mercato del lavoro (alle stesse condizioni sopra
riportate) e la successiva stabilizzazione del soggiorno allo straniero
legalmente presente nello Stato membro ad altro titolo (opportunamente
contemplata dal citato art. 5, co. 2 della Proposta
di direttiva su ingresso e soggiorno per lavoro). A questo scopo, le
disposizioni relative all’ingresso e soggiorno per periodi di breve
durata (es.: per turismo, per visita, per affari, etc.) dovrebbero essere
analoghe a quelle delineate in precedenza in relazione al permesso di
soggiorno-ricerca di lavoro, in
particolare, con riferimento alla disponibilità di mezzi di
sostentamento, alla possibilità di impegno sostitutivo al riguardo da
parte di terzi, alla durata e possibilità di prolungamento del permesso e alla
possibilità di attendere sul posto l’esito di una richiesta di permesso di soggiorno-lavoratore/lavoratore autonomo.