TRIBUNALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO – ALTO ADIGE
Nell’interesse
di NEZHA Ramadan, nato a Diber (Albania) il 01.08.1985
attraverso il
procuratore Cosner Franco, nato a Imer (Trento) il 14.02.1954, in
qualità di direttore del centro di accoglienza Club Noi di Trento presso
il quale il minore è domiciliato,
rappresentato e difeso
per delega a margine autenticata dall’Avv. Agostino Catalano del Foro di
Trento ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in via del Suffragio,
78 a Trento,
- Comitato per i
Minori Stranieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
nel richiedere
l’ammissione al gratuito patrocinio con la domanda che si allega,
del decreto di rimpatrio del Comitato per i Minori
Stranieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di data 25.10.01,
trasmesso al tutore con fax dell’08.11.2001 dal Questore della Provincia
di Trento, con il quale veniva disposto il rimpatrio assistito del minore ricorrente,
ex art. 33, c. 2 bis, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
FATTO:
-
Il
ricorrente entrava in Italia nel novembre 2000, all’età di
quindici anni, senza i genitori. Constatato che si trovava privo di assistenza
e riferimento, l’Azienda Servizi Sociali di Bolzano, interessata dalla
Questura di Bolzano, provvedeva a collocare il minore presso la struttura di
accoglienza gestita dall’Associazione Club Noi di Trento (si veda la
dichiarazione dell’Azienda dd. 02.04.01, doc. n. 3). Non risulta che il
Tribunale per i Minorenni abbia avuto notizia o emesso provvedimenti in ordine
alla presenza del minore nel territorio;
-
Il
giudice tutelare di Trento provvedeva a nominare tutore e protutore
rispettivamente il signor Franco Cosner, nato a Imer (Trento) il 14.02.1954 e
il signor Francesco Dal Pane, nato a Torino il 23.07.1971, in qualità di
direttore e vicedirettore del centro di accoglienza Club Noi di Trento, presso
il quale il minore abitava (doc. n. 4);
-
Il
Questore di Trento rilasciava al minore un permesso di soggiorno per motivo di
“minore età” (si veda la copia del primo permesso rilasciato
e della ricevuta dell’istanza di rinnovo, doc. n. 5 e 5.A ).
-
Durante
il periodo di accoglienza, Ramadan Nezha, come convenuto con l’Azienda
Servizi Sociali di Bolzano, partecipava attivamente ad un progetto di
inserimento sociale ed educativo a cura del centro di accoglienza per minori
Club Noi di Trento. Come da relazione dell’Azienda Servizi Sociali dd.
13.06.01 inviata al Comitato per i Minori Stranieri, tale progetto consisteva
nella frequenza di un corso di alfabetizzazione per apprendere la lingua
italiana e uno per l’assolvimento dell’obbligo scolastico, nella
prospettiva di inserimento in un corso di formazione professionale. In tale
ottica l’assistente sociale scrivente auspicava che fosse concesso al
minore di rimanere definitivamente nel territorio italiano, in considerazione
del grado di inserimento raggiunto e della soddisfazione per il comportamento
del ragazzo (si veda il doc. n. 6);
-
Verso
la fine di agosto 2001, il tutore riceveva telefonata di un’assistente
sociale dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano nella quale si informava
che il Comitato per i Minori Stranieri aveva preso contatto con l’Azienda
stessa per avere informazioni sulla condizione del minore nell’ambiente
di accoglienza in Italia. Dichiarava inoltre che detto Comitato, attraverso il
Servizio Sociale Internazionale O.n.l.u.s., stava procedendo a verificare se vi
fossero le condizioni per il rientro del minore in patria, svolgendo delle indagini
presso l’ambiente familiare;
-
L’1
ottobre 2001 Nezha Ramadan era inserito in un corso di studi triennale presso
l’Istituto professionale alberghiero di Levico (Trento) per essere
avviato alla professione di cameriere. Successivamente il minore riceveva una
telefonata dall'Azienda Servizi Sociali di Bolzano nella quale un'impiegata
dell'ufficio chiedeva il suo parere riguardo ad un eventuale rientro in patria.
Ramadan Nezha esprimeva parere contrario affermando di essersi inserito
nell’ambiente di accoglienza e di voler proseguire il percorso di
formazione professionale intrapreso da dieci mesi. Rilevava di essere in
contatto in modo continuativo con la famiglia, la quale è
d’accordo che il minore resti in Italia alle condizioni in cui si trova.
Anche il tutore, contattato telefonicamente per acquisire il suo parere
rispetto al rimpatrio del minore, esprimeva parere negativo (relazione
dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano al Comitato per i Minori
Stranieri dd. 11.10.01, doc. n. 7);
-
Il
giorno 06.11.2001 un’impiegata dell’Azienda Servizi Sociali di
Bolzano contattava telefonicamente il ricorrente e comunicava che, essendo
stato adottato un provvedimento di rimpatrio in data che non si precisava, il
mattino dopo Ramadan Nezha sarebbe stato condotto in patria in esecuzione del
provvedimento stesso, di cui non era notificata copia. La stessa aggiungeva che
la notizia era da intendersi non ufficialmente comunicata, in quanto
l’Azienda non riteneva di informare il ragazzo per prevenire che lo
stesso si desse alla fuga, pregiudicando l'esecuzione. Il tutore contestava
nella stessa telefonata le modalità illegittime con cui il provvedimento
trovava applicazione, rilevando la mancata notificazione dello stesso e la
mancanza del tempo necessario per esercitare il diritto di difesa, vista
l’imminente esecuzione. Alla notizia, Ramadan Nezha esprimeva sconcerto e
timore per l’improvviso sradicamento dall'ambiente in cui viveva da un
anno e per l'interruzione del percorso scolastico intrapreso, in conseguenza
dell’applicazione di un provvedimento di cui non aveva conoscenza,
né aveva potuto valutarne l’impugnazione. Tutore e minore
esprimevano pertanto preoccupazione e dissenso rispetto all'imminente
rimpatrio.
-
Preso
dall'agitazione e sentendosi privo di alcuna tutela verso il provvedimento
ormai in esecuzione, il minore si allontanava dal centro di accoglienza e non
si faceva trovare l'indomani mattina, il 07.11.2001, quando gli agenti della
Questura di Trento venivano a prenderlo per accompagnarlo all'aeroporto;
-
il
giorno 08.11.2001, il tutore, non disponendo di alcun recapito del responsabile
del procedimento presso l'amministrazione procedente, richiedeva copia
dell'atto all’Azienda Servizi Sociali di Bolzano e ne otteneva l'invio a
mezzo fax, assieme alla copia di una lettera con cui un’organizzazione
senza scopo di lucro denominata Servizio Sociale Internazionale chiedeva alla
Questura di Trento di provvedere il mattino del 07.11.2001
all’accompagnamento del minore all’aeroporto per il rimpatrio (doc.
n. 1 e 8). Apprendeva quindi che si trattava di un decreto di rimpatrio del
Comitato per i Minori Stranieri presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
di data 25.10.01, con il quale era disposto il rimpatrio assistito di Ramadan
Nezha;
-
alcuni
giorni più tardi, il minore riprendeva contatto con il tutore ed era da
questi invitato a tornare al centro di accoglienza e a scuola, recuperando un
clima di normalità che permettesse allo stesso di elaborare l'accaduto e
avere il tempo necessario per valutare la propria posizione giuridica insieme
al tutore;
-
Il
26.11.2001 Ramadan Nezha, tornato al centro di accoglienza, riprendeva la
scuola. Nel dichiarare la rinnovata fiducia nel tutore e nel protutore,
esprimeva la volontà di impugnare il decreto di rimpatrio;
-
Il
28.11.2001, gli agenti della Questura di Trento, senza alcun avviso al tutore,
si recavano alla scuola frequentata dal minore e lo prelevavano contro la sua
volontà, lo accompagnavano al centro di accoglienza per fare i bagagli
ed essere immediatamente condotto in patria. Avvisato dagli operatori del
centro di accoglienza, il tutore accorreva al centro opponendosi all'esecuzione
del provvedimento, invocando il rispetto del termine per l’impugnazione e
dichiarando di essere in procinto di depositare la richiesta di autorizzazione
all’impugnazione, in corso di elaborazione presso il legale interessato.
Il minore era visibilmente scosso, essendo ammutolito, pallido e sudato. Alle
resistenze del tutore, il quale affermava la mancanza di motivazione del
provvedimento e quindi di adeguate garanzie circa il rientro in sicurezza del
minore, gli agenti della Questura di Trento, alla presenza di operatori del
centro di accoglienza e un altro minore accolto nella struttura, affermavano
l’ininfluenza delle argomentazioni del tutore e, alzando il tono della
voce, lo zittivano, impedivano al minore di uscire dalla stanza e lo
obbligavano a raccogliere gli effetti personali in tutta fretta. Scortavano
quindi il minore ormai in lacrime alla macchina e proseguivano con fretta
all'accompagnamento all'aeroporto.
In
diritto:
1. Radicamento
della competenza presso il Tribunale di Giustizia Amministrativa del
Trentino-Alto Adige.: art 3, Legge 6 dicembre 1971, n. 1034;
In assenza di alcuna norma che preveda quale sia il foro
competente a trattare il ricorso contro il rimpatrio assistito di minori
stranieri non accompagnati ex art. 33,
decreto legislativo 25.07.1998 n. 286, si ritiene che il presente
ricorso per violazione di legge sia devoluto alla competenza di questo
Tribunale di Giustizia Amministrativa del Trentino-Alto Adige, per i seguenti
motivi.
a) l'art. 3, c. 1
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 devolve alla competenza dei tribunali
amministrativi regionali i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere o
violazione di legge contro atti e provvedimenti emessi dagli organi centrali
dello Stato e degli enti pubblici a carattere ultraregionale.
b) il ricorrente
è residente a Trento e quì svolge la funzione di direttore del
centro di accoglienza per minori Club Noi di Trento, per la quale è
stato nominato tutore del destinatario del provvedimento impugnato;
c) il decreto
è diretto agli uffici delle amministrazioni locali che hanno sede nella
regione Trentino-Alto Adige, citati nel testo stesso.
2. Illegittimità
per violazione di legge
Nel
contravvenire al dettato dello stesso regolamento concernente i compiti del
Comitato per i Minori Stranieri, che prevede "il rimpatrio deve
svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei
diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai
provvedimenti dell'autorità giudiziaria e tali da assicurare il rispetto
e l'integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al
riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili" (art.
7, c. 1, d.P.C.M. 09.12.1999, n. 535), l'atto impugnando risulta affetto dai
seguenti vizi di illegittimità:
2.1
Violazione
dell’art. 3, legge 07.08.1990, n. 241, in relazione agli artt. 12, 3 e 5
della Convenzione sui diritti del fanciullo 20.11.1989, ratif. l. 27.05.1991,
n. 176.
Si osserva che il decreto impugnando
è emesso in violazione dell’obbligo di motivazione espresso
all’art. 3 legge 07.08.1990,
n. 241, in quanto privo dell’indicazione dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione in relazione alle
risultanze dell’istruttoria. In particolare, non si indicano le
circostanze in base alle quali l’Amministrazione concluda: "non
risultano elementi ostativi al rientro del minore nel proprio paese di
origine”, facendo riferimento a un'indagine condotta dal Servizio Sociale
Internazionale O.n.lu.s. di cui non si indicano gli estremi o il contenuto,
né le modalità di accesso agli atti, limitandosi ad affermare
quanto suddetto e che "dall'indagine familiare non emergono elementi tali
da garantire la tutela dei diritti primari del minore all'interno della propria
famiglia nel paese d'origine”. Nessun riferimento si fa nemmeno al
fondamento di quest’ultima affermazione e alle condizioni della famiglia
riscontrate che fanno ritenere la non sussistenza di elementi ostativi al
rimpatrio e "tali da non garantire la tutela dei diritti primari del
minore".
Ci si chiede, inoltre, in base a quali
considerazioni si concluda "non si ravvisa alcun motivo perché il
minore resti in Italia”, affermando “è invece nel suo interesse
il rimpatrio assistito". In particolare, ci si chiede se e come siano
state prese in considerazione le circostanze che caratterizzano il radicamento
del minore nel territorio italiano, durante il lungo tempo per l'adozione del
provvedimento (un anno), con riferimento ai legami affettivi e al percorso
umano, sociale ed educativo del minore in Italia (si veda la relazione
dell'Azienda Servizi Sociali di Bolzano del 13.06.2001, doc.n.6).
In relazione all'obbligo di sentire il
minore di cui anche al regolamento concernente i compiti del Comitato per i
Minori Stranieri, art. 7, c. 2, d.P.C.M. n. 535/1999, ci si chiede se
l’Amministrazione possa dimostrare di avere svolto un colloquio adeguato
con il minore e il suo tutore, occasione in cui gli stessi fossero
sufficientemente informati delle valutazioni istruttorie
dell’amministrazione procedente, in ragione della delicatezza della
scelta tra la prosecuzione dell’accoglienza in atto da un anno e il
rimpatrio del minore, e siano quindi stati messi nella condizione di esprimere
un parere consapevole.
Non si ravvisa nel decreto qui impugnato se e come le
opinioni contrarie al rimpatrio del minore e del suo tutore siano state
considerate dell’amministrazione, nell’adottare il provvedimento in
oggetto. Viene in considerazione la violazione dell’obbligo di acquisire
l’opinione del minore nel procedimento che ha determinato il
provvedimento di rimpatrio ai sensi dell’art. 7 del d.P.C.M. 535/99. La
prescrizione, discendente dall’art. 12 della Convenzione sui diritti del
fanciullo 20.11.1989, che è legge dello Stato del 27.05.1991, n. 176,
comprende la necessità di tenere in debita considerazione
l’opinione del minore. Recita infatti l’art. 12: “1. Gli
Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di
esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le
opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo
conto della sua età e del suo grado di maturità.. 2. A tal fine,
si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere
ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia
direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera
compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.
Il rispetto per l’opinione del minore, valore proprio
della tradizione giuridica del nostro paese, non solo è sancito dalla
legge richiamata, ma trova conferma anche in giurisprudenza, con riferimento al
procedimento di separazione personale o divorzio (“il fermo
convincimento del fanciullo e dell’adolescente, quando sia sorretto da
motivazioni apprezzabili, merita rispetto e comprensione e può condurre
il giudice a pronunciare prescindendo dall’accordo tra le parti separande
o divorziande”, Cassazione Civile, sentenza n. 3776/1983; si
vedano anche: Tribunale di Trani, sentenza 28.03.1977; Tribunale di Napoli,
sentenza 10.12.1981; Tribunale di Genova, sentenza del 22.09.1988; Tribunale di
Catania, sentenza del 22.09.1988). Nel procedimento di riconoscimento del
figlio naturale minore, il riconoscimento non produce effetto senza
l’assenso del minore che ha compiuto i sedici anni (art. 250, c. 2,
c.c.). Inoltre, l’audizione del minore infrasedicenne “costituisce
la prima fonte di convincimento del giudice circa la convenienza del secondo
riconoscimento, e deve essere disposta d’ufficio” (Cassazione
Civile, sentenza n. 3180/1982 e n. 11263/1994). Nel procedimento di
affidamento, l’art. 4 della L. 184/1983 prevede che la misura sia
disposta “sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se
opportuno, anche di età inferiore”; in materia di
adozione, l’art. 7 della medesima legge prevede che “il minore,
il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se
non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche
quando il minore compia l’età sopraindicata nel corso del
procedimento”.
A fronte della prescrizione di cui
all’art. 5 della Convenzione in oggetto, per il quale gli Stati
contraenti sono chiamati a rispettare la volontà dei genitori circa il
luogo e le condizioni di migliore sviluppo psico-fisico ed educativo del
figlio, non si ravvisa in motivazione del decreto impugnato se e quale peso
abbia avuto l’opinione della famiglia d’origine sulla prospettiva
del rimpatrio. I genitori avrebbero espresso al tutore il proprio parere
favorevole alla permanenza in Italia del figlio, altrimenti privo di concrete
possibilità di formazione e lavoro nella zona di origine.
In conclusione, si afferma che il decreto del
Comitato per i Minori Stranieri dd. 25.10.2001, conosciuto al ricorrente in
data 08.11.2001, affetto dai citati gravi vizi che rendono il provvedimento
privo di motivazione, viola l’interesse del minore, la cui valutazione
non può essere fatta in modo preventivo e generale. In tal modo, il
provvedimento di rimpatrio, lontano dall’essere misura di maggiore tutela
dell’interesse del minore, ragione preminente sulle esigenze di ordine
pubblico (ai sensi dell’art. 3 della Convenzione Internazionale dei
Diritti del Fanciullo, come ripetuto dall’art. 28 e dal divieto di
espulsione all’art. 19 del testo unico delle disposizioni concernenti
l’immigrazione, d. lgs. 286/98), diviene invece strumento di regolazione
dei flussi o di controllo generale del fenomeno migratorio.
2.2
Illegittimità
costituzionale dell'art. 5, d.P.C.M. 13.04.1999 di modificazione dell'art. 33,
c. 2, d. lgs. 25.07.1998, n. 286.
A fronte
della disposizione di cui all'art 47, c. 2 della l. 06.03.1998, n. 40, con la
quale il legislatore delegava il Governo a emanare disposizioni
“correttive", "per realizzare pienamente i principi della
presente legge o per assicurarne la migliore attuazione", il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 13 aprile 1999 prevede (articolo 5) che
con apposito decreto del Presidente C.M. o di un Ministro dallo stesso
delegato, saranno definiti i compiti del Comitato per i Minori Stranieri anche
con riferimento alle modalità di accoglienza dei minori stranieri non
accompagnati presenti in Italia ai fini dell’accoglienza, del rimpatrio
assistito e del ricongiungimento
con la famiglia nello stato di origine o di un paese terzo e che ogni
provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato sarà
adottato dal suddetto comitato, fatto salvo il nulla osta
dell’autorità giurisdizionale.
Si osserva
infatti che la citata disposizione presenta elementi di dubbia
costituzionalità almeno per due aspetti.
1) Nel ritenuto
esercizio della delega, l’art. 5 del decreto del presidente del Consiglio
dei Ministri demanda allo stesso Governo, nella persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri, di stabilire non solo la disciplina dell’ingresso
e soggiorno dei minori di età superiore a sei anni che entrano in Italia
nell’ambito di programmi solidaristici (ad esempio, i bambini bielorussi
provenienti dall’area di Chernobyl), di cui alla legge n. 40/1998, ma
anche di stabilire le modalità di accoglienza dei minori stranieri non
accompagnati ai fini dell’accoglienza, del rimpatrio e del
ricongiungimento familiare nel loro paese d’origine o in altro paese,
nulla di ciò prevedendo la legge n. 40/1998 . Sorprende che il Governo,
agendo in base alla delega ricevuta dal Parlamento al fine di assicurare il
perseguimento coerente delle finalità poste dalla legge, ampli la delega
stessa. Ci si chiede quindi come possa il Governo auto-delegarsi a riscrivere
la disciplina della condizione giuridica del minore straniero solo,
dall’accoglienza al rimpatrio, quando il Parlamento l’ha delegato a
disciplinare unicamente la condizione dei minori che entrano nel paese
all’interno di programmi solidaristici. In tali termini, si ravvisa la
violazione dell’articolo 76 della Costituzione sia nell’atto di
delega, art. 47, l. n. 40/1998, non contenendo la necessaria precisa
delimitazione dell’oggetto, sia nel disposto dell’art. 5, d.P.C.M.
113/1999, prevedendo nuovi istituti di disciplina della condizione del minore
straniero rispetto al quadro normativo di legge.
La
disposizione di cui all’art. 5 d.P.C.M. 113/99, contrariamente a quanto
richiesto dalla disposizione delegante (art. 47, l. 40/1998), non comporta
affatto una migliore attuazione della legge citata, bensì sembra operare
il capovolgimento del principio che tale legge proclama con evidenza e
trasversalità, quale la tutela del minore straniero, ancorché
privo di permesso di soggiorno. Da un sistema fondato
sull’inespellibilità,
regolarizzazione e accoglienza del minore straniero, si passa ad uno
orientato preferibilmente verso l’adozione del rimpatrio assistito. In
tal senso la norma “correttiva” in questione appare viziata da un
ulteriore aspetto di illegittimità costituzionale perché, in
violazione dell’art. 76 Cost., viola anche i principi direttivi contenuti
nella norma di delegazione legislativa.
2) Con
particolare riferimento all’adozione del provvedimento del rimpatrio
contro la volontà del minore, il provvedimento si configura quale
limitazione alla libertà di circolazione e di soggiorno di cui
all’art. 16 Cost., nei casi in cui il minore collabori
all’applicazione della misura, che, in quanto introdotto con norma
“correttiva” di rango subordinato, appare incostituzionale per
violazione dei limiti previsti dall’art. 16 Cost. contenente una riserva
di legge rinforzata per l’introduzione di tali misure.
Nei
casi di applicazione del provvedimento con allontanamento coattivo del minore
dal territorio nazionale, è evidente che il rimpatrio si configura come
misura limitativa della libertà personale del minore tutelata
dall’art. 13 della Costituzione, che garantisce la persona contro le
situazioni temporanee o durature di assoggettamento all’altrui volere,
conseguenti ad una coazione fisica. Sotto tali profili, la configurazione del
rimpatrio assistito delineata dalla nuova norma dell’art. 33 del decreto
legislativo 25.07.1998, n, 286, introdotta dal decreto P.C.M.
“correttivo” non appare conforme alle prescrizioni costituzionali
vigenti in base all’art. 13 Cost. in materia di provvedimenti limitativi
della libertà personale, con riguardo sia alla riserva assoluta di
legge, sia alla riserva di giurisdizione. Pertanto, il rimpatrio potrebbe
essere disposto soltanto con provvedimento motivato dell’autorità
giudiziaria, e non su decisione di un’autorità amministrativa come
il Comitato per i Minori Stranieri, e soltanto nei casi e nei modi previsti da
una legge, non da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Tale
ultima riserva di legge è ancor più rilevante se si consideri che
l’art. 10, c. 2 della Costituzione prevede una specifica riserva di legge
in materia di condizione giuridica dello straniero e che altre riserve di legge
sono previste dall’art. 30, c. 2 Cost. in materia di protezione dei
minori.
2.3
violazione
della legge sul procedimento amministrativo n. 241 del 07.08.1990: art. 7, ss.,
art. 3, c. 4 e del diritto alla difesa, artt. 24 e 13 della Costituzione della
Repubblica.
Si rileva la
violazione dell’obbligo di comunicazione ai diretti interessati, minore e
tutore, con riferimento all’avvio del procedimento, al responsabile dello
stesso e alle modalità di accesso previste dall’art. 8 della legge
sul procedimento amministrativo n. 241/1990, al provvedimento che definisce il
procedimento stesso.
Si osserva
infatti che il decreto non indica né il tutore e né il minore fra
i soggetti ai quali il provvedimento debba essere inviato . Non vi è
stata notificazione dell’atto, della cui adozione il tutore ha appreso
con telefonata di un’assistente sociale dell’Azienda Servizi
Sociali di Bolzano e ne ha ricevuto copia con trasmissione a mezzo fax dalla
stessa operatrice in data 08.11.01, successivamente all’esecuzione del
provvedimento stesso.
Non
solo il procedimento che determinava il provvedimento di rimpatrio avveniva in
violazione dei fondamentali principi dell’agire amministrativo di cui si
è detto, ma l’amministrazione risulta aver violato i diritti del
minore anche nell’applicazione ed esecuzione dello stesso in
considerazione dei seguenti rilievi. Non troviamo alcuna indicazione
riguardante il termine dell’impugnazione e l'autorità cui é
possibile ricorrere, contrariamente a quanto previsto dalla legge in materia di
procedimento amministrativo, n. 241/1990, art. 3, c. 4. Ciò mette in
evidente difficoltà il destinatario e il suo tutore, di fronte ad una
normativa applicabile estremamente complessa, stratificata nel tempo e
frammentaria, di cui autorevole dottrina critica l’incoerenza e la
sorprendente lacunosità in questioni cruciali quali la partecipazione al
procedimento, l’impugnazione del provvedimento, l’individuazione
del foro competente.[1]
Il quadro normativo
applicabile ai minori stranieri si presentava già delineato prima
dell’introduzione del d.P.C.M. 113/1999 e del regolamento concernente il
Comitato per i Minori Stranieri, d.P.R. 535/1999, in base ai diritti
fondamentali sanciti nella Costituzione, nel diritto internazionale (Convenzione
sui diritti del fanciullo cit.; le cd. Regole di Pechino, ONU, 29.11.1985 che
fissano le regole minime della giustizia minorile; Risoluzione del Consiglio UE
del 26.06.1997, n. 97/C 221/3, etc..), nella legge nazionale (in tema di tutela
nel codice civile, affidamento e adozione con rif. l. 04.05.1983, n. 184, che
sono norme di applicazione necessaria ai sensi dell’art. 17 delle norme
di diritto internazionale privato introdotte con legge 31.05.1995, n. 218; la
citata legge n. 40/1998 sull’immigrazione; la legge 15.01.1994, n. 64,
che contiene norme di attuazione della Convenzione dell’Aja 05.10.1961
sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di
protezione dei minori, designante l’Ufficio Centrale per la giustizia
minorile quale organo competente, fatti salvi i compiti del Tribunale per i
Minorenni e del Giudice Tutelare). In questo contesto si inserisce senza alcun
coordinamento la disposizione del d.P.C.M. 113/1999 che designa il Comitato per
i Minori Stranieri quale organo titolare di un potere di rimpatrio senza
prevedere limiti e condizioni precisi, il cui esercizio prevale su
provvedimenti di protezione a contenuto, in ipotesi, differente, emessi dal
Tribunale per i Minorenni ai sensi delle leggi citate o della legge 184/1983
come modificata dalla l. 476/1998. Si ricorda infatti che nel frattempo
è entrata in vigore la disposizione di cui al novellato art. 33 della
legge 184/1983, secondo la quale “il pubblico ufficiale o l’ente
autorizzato deve segnalare il minore solo al Tribunale per i Minorenni del
luogo dove si trova il minore. Il tribunale, adottato ogni opportuno
provvedimento temporaneo nell’interesse del minore, provvede ai sensi
dell’art. 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la
situazione alla Commissione per le adozioni Internazionali affinché
prenda contatto con il paese di origine del minore”. Alle competenze
così diversificate in base a norme tutte in vigore, i poteri del
Comitato per i Minori Stranieri si sovrappongono creando un groviglio normativo
che nemmeno la stessa amministrazione procedente chiarisce nel provvedimento,
dove non si fa riferimento ad alcuna disposizione di legge che abbia guidato la
decisione, nemmeno con riguardo alla determinazione del foro competente.
Non
ultimo, non può sfuggire come l’Amministrazione abbia dimostrato
accanimento nel tornare a prendere il minore tornato a scuola, portando a
termine la dolorosa, coattiva esecuzione di un provvedimento adottato in
spregio alle fondamentali garanzie previste dall’ordinamento nazionale, e
con esse ignorando il rischio dei prevedibili effetti dannosi alla
integrità psicofisica del minore. L’Amministrazione disponeva
perciò nuovamente l’accompagnamento a mezzo della forza pubblica,
con l’esercizio di coazione fisica e psicologica, assicurandosi,
attraverso il Servizio Sociale Internazionale O.n.l.u.s., che la polizia
prelevasse il minore sorprendendolo prima che, con gli altri minori accolti, si
recasse a scuola (lettera dd. 06.11.2001, doc. n. 8). Ed è proprio dalla
scuola che il minore venne prelevato il 28.11.2001 dagli agenti della Questura.
A tale proposito, si rileva che la normativa e la prassi del rimpatrio
assistito mancano anche delle minime garanzie riconosciute dalla legge allo
straniero adulto destinatario di provvedimento di espulsione ai sensi
dell’art. 13, d. lgs. 25.07.1998, n. 286. Alla luce di queste
considerazioni, il provvedimento di rimpatrio qui impugnato assume le
caratteristiche proprie dell’espulsione, oggetto di divieto di cui allo
stesso decreto legislativo 286/1998 (art. 19).
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Il provvedimento
impugnato è idoneo a incidere irreparabilmente nella sfera giuridica
dell’interessato che, in mancanza della sospensione dei suoi effetti
durante il giudizio, non avrà la possibilità di tornare a scuola,
interrompendosi così definitivamente il percorso di inserimento
educativo-professionale traumaticamente interrotto nel quale sia il minore che
l’ente locale, il centro di accoglienza, la scuola e la comunità
hanno investito notevoli sforzi e risorse. Il fumus boni juris è
rilevabile dalle argomentazioni che precedono.
Sulla base delle
sovraesposte argomentazioni il ricorrente, come rappresentato e difeso presenta
le seguenti
Voglia l’Ill.mo
Tribunale adìto, contrariis rejectis, così decidere:
- in via cautelare - sospendere l’esecutività
dell’atto impugnato;
- IN VIA
ISTRUTTORIA – voglia sollevare le questioni di illegittimità
costituzionale poste in diritto sub 2.2;
-
nel merito
- accogliere il presente ricorso e per l’effetto riconoscere la
sussistenza delle predette violazioni e l’insussistenza dei presupposti
di diritto per l’adozione del provvedimento impugnato, e quindi
dichiararlo nullo e/o inefficace e conseguentemente revocarne ogni effetto.
Con il favore di spese
e onorari e con sentenza munita di clausola esecutiva.
Trento, 5, gennaio,
2002
Avv.
Agostino Catalano
Allega:
1. decreto di
rimpatrio assistito emesso dal Comitato per i Minori Stranieri dd. 25.10.2001,
conosciuto il 08.11.2001;
2. Procura in
favore del signor Cosner Franco, sottoscritta dai genitori del minore
ricorrente;
3. Dichiarazione
dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano dd. 02.04.2001;
4. Decreto del
Giudice Tutelare del Tribnale di Trento di nomina del tutore Franco Cosner dd.
03.03.2001;
5. e 5.A: copia
del permesso di soggiorno Ramadan Nezha e della ricevuta della domanda di
rinnovo;
6. relazione
dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano al Comitato per i Minori
Stranieri dd. 13.06.2001;
7. relazione
dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano al Comitato per i Minori
Stranieri dd. 11.10.2001;
8. richiesta del
Servizio Sociale Internazionale O.n.l.u.s. alla Questura di Trento dd.
06.11.2001.
A
richiesta dell’avv. Agostino Catalano, io sottoscritto Ufficiale
Giudiziario addetto presso l’ufficio unico notifiche presso la Corte
d’Appello di Trento, ho notificato, per ogni effetto, copia conforme del
sovraesposto ricorso a: Comitato per i Minori Stranieri - Presidenza del
Consiglio dei Ministri, presso l’Avvocatura dello Stato di Trento, Largo
Porta Nuova, Trento, ivi
[1] Bonetti,
Paolo, “Anomalie costituzionali delle deleghe legislative e dei decreti
legislativi previsti dalla legge sull’immigrazione straniera” (par.
5.3.4.) in Diritto, immigrazione e cittadinanza n. 3/99 ed.
Francoangeli; Miazzi, Lorenzo, “Il rimpatrio assistito del minore
straniero: ancora un caso di diritto speciale?”, in Dir., imm. e citt. n. 2/2000;
Rozzi, Elena e Vercellone, Paolo, “ I minori stranieri non
accompagnati e irregolari ,tra accoglienza in Italia e rimpatrio - Aspetti
giuridici”, ed. ASGI, Fondazione IRES L. Morosini e Rete d’urgenza
contro il Razzismo, Torino, 2001; Turri, Giancristoforo, “I
bambini stranieri non accompagnati” di Gian Cristoforo in Minori
Giustizia
n. 3/1999 ed. Francoangeli; Vercellone, Paolo, lettera all’Associazione
Italiana dei Magistrati per i Minori e per la Famiglia in occasione delle
proprie dimissioni dalla presidenza del Comitato per i Minori Stranieri del
05.02.2001, in Minori Giustizia, n. 3/2000.