CLANDESTINI IN PALESTRA : ANCORA NUOVE PRIGIONI
Mentre il Parlamento sta bruciando i tempi
per l’approvazione di una nuova legge sull’immigrazione che
strapperà la tutela costituzionale dei diritti fondamentali dei
migranti, allontanando l’Italia persino dalle politiche migratorie
dell’Unione Europea, si moltiplicano le applicazioni concrete della
normativa già in vigore che anticipano le parti peggiori del disegno di
legge governativo ( DDL n.795).
Su indicazione del Ministero degli interni,
le Questure e gli uffici di frontiera hanno accentuato la repressione e la
segregazione dei cd. clandestini : dal Friuli alla Sicilia, coloro che varcano
irregolarmente le nostre frontiere, quando non possono essere respinti
immediatamente indietro, vengono internati sempre più spesso in luoghi
improvvisati, come palestre, ospedali dimessi, semplici magazzini; e lì
trattenuti per giorni e giorni senza ricevere alcun provvedimento come il
decreto di espulsione o di respingimento, senza alcun contatto con
l’esterno, o con avvocati di fiducia. Rimane solo un controllo, spesso
tardivo e del tutto formale, del magistrato che si limita ad accertare la
legittimità della misura del “trattenimento”, senza
sindacare i provvedimenti presupposti che giustificano appunto tale gravissima
forma di privazione della libertà personale dei migranti in attesa
dell’accompagnamento forzato in frontiera. E sarà ancora peggio
tra qualche settimana, quando la legge Bossi-Fini consentirà la
espulsione immediata di qualunque straniero (sempre che i paesi di provenienza facciano giungere in
tempo i documenti di viaggio…)
senza alcuna possibilità di
controllo da parte del magistrato, in violazione sempre più evidente
degli artt. 13 e 24 della nostra Costituzione, e nel caso di potenziali
richiedenti asilo, in violazione dell’art. 33 della Convenzione di
Ginevra e dell’art. 10 comma terzo della nostra Costituzione.
In Sicilia alcune strutture site a
Lampedusa, a Catania, a Mazara del Vallo, ed a Trapani sono state adibite a
centri di transito, dove subito dopo lo sbarco si realizza il
“trattenimento” provvisorio dell’immigrato in attesa di
espulsione, fuori dai cd. centri di permanenza temporanea previsti per legge ed
autorizzati dal Ministero degli Interni.
Lo stesso si verifica nelle cd. “sale
di transito” degli aeroporti di Milano Malpensa e Fiumicino, dove tanti
immigrati, anche richiedenti asilo, sono rimasti trattenuti per giorni e poi
rimpatriati, senza alcuna possibilità di fare valere i loro diritti di
visita ( da parte di associazioni indipendenti) , di comunicazione con
l’esterno, di difesa.
In sostanza nuove forme di segregazione
affidate alla discrezionalità della polizia: abbiamo trovato
“clandestini” marchiati con un numero sul polso ( Lampedusa ed
Agrigento), oppure segnati da un numero appiccicato sui vestiti ( Catania).
A Trapani, da ultimo, abbiamo visitato una
palestra dove erano concentrati un centinaio di immigrati maghrebini, giunti da
una settimana sulle coste siciliane, e trattenuti prima per quattro giorni
nella sezione transiti del centro di permanenza temporanea Vulpitta, e poi,
sembra a seguito di varie rivolte e di gesti di autolesionismo, trasferiti
appunto in questa struttura, attrezzata per la pratica sportiva e non certo per
il trattenimento forzato di “clandestini”.
La scena che ci si è presentata
lunedì 11 febbraio scorso appariva surreale : le porte di ingresso erano
aperte, ma sbarrate da un nutrito drappello di poliziotti e carabinieri con il
manganello in mano o alla cintola, e all’interno una decina di immigrati
giocava una partita di calcetto, mentre gli altri se ne stavano con gli occhi
persi nel vuoto rannicchiati per terra ai bordi del campo con pochi metri a
disposizione. Nessuno sapeva dove e quando sarebbe stato trasferito Dai
racconti degli immigrati con i quali abbiamo parlato tanta disperazione per il
fallimento del loro progetto di emigrazione, una scelta di vita pagata a caro
prezzo ed adesso sospesa ad un esile filo, nell’attesa che il consolato
non invii in tempo il temuto “foglio di viaggio” condizione essenziale,
almeno finora, per la esecuzione del rimpatrio forzato. Tutti lamentavano la
mancanza di letti e materassi, e la difficoltà di dormire, tenuti come
erano da una settimana a dormire per terra con una coperta e con le luci
accese. Una piccola saletta era adibita ad infermeria. L’art. 32 della
Costituzione che garantisce a tutti, anche agli immigrati
“clandestini” il diritto alla salute, rischia ormai di venire
cancellato, nei fatti, da queste nuove prassi.
La durata massima del trattenimento fissata
attualmente in trenta giorni ( che con la legge Bossi Fini dovrebbero diventare
sessanta), o l’esigenza di dare effettiva esecuzione al provvedimento di
espulsione ( o di respingimento), non autorizza l’internamento di esseri
umani in queste condizioni, privati di tutto, ma in particolare del diritto di
difendersi e di comunicare con l’esterno. Certo, il regolamento di
attuazione del T.U. sull’immigrazione n. 286 del 1998 ( frutto del
governo dell’immigrazione al tempo dell’Ulivo) autorizza il
trattenimento dell’immigrato “clandestino”, subito dopo lo
sbarco, in strutture diverse dai “centri di permanenza temporanea”,
per finalità di primo soccorso ed assistenza, ma nessun regolamento o
nessuna direttiva del Ministero possono legittimare come prassi ordinaria una
forma di detenzione amministrativa che si colloca al di fuori delle leggi
vigenti e delle stesse norme costituzionali ( artt. 10, 13 e 24).
In ogni caso,l’attuazione della
misura del trattenimento può legittimamente disporsi solo nel pieno
rispetto dell’art. 13 della Costituzione, norma da applicare a
“tutte” le persone, secondo cui “non è ammessa forma
alcuna di restrizione della libertà personale, se non per atto motivato
dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla
legge” e soltanto “ in casi eccezionali di necessità ed
urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di
pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori”
limitativi della libertà personale”, salvo il sindacato entro le
48 ore dell’autorità giudiziaria.
La indisponibilità del vettore, la
mancata identificazione del “ clandestino”, o le altre motivazioni
prestampate nei decreti di respingimento non possono essere più
considerati eventi eccezionali che autorizzano l’ autorità di
pubblica sicurezza a trattenere in strutture provvisorie ed inidonee migranti
“colpevoli” soltanto di non avere un visto d’ingresso.
La situazione che si è verificata
intanto in Sicilia rischia di esplodere, anche in altre parti di Italia, quando
si approverà la nuova legge che consente la espulsione immediata di
alcune centinaia di migliaia di immigrati privi di permesso di soggiorno, e
riduce drasticamente le possibilità di ingresso legale nel nostro paese.
Ricordiamo ancora come la strage del Vulpitta del dicembre del 1999 seguì
di pochi giorni una circolare ministeriale che invitava i questori ad espellere
con la misura dell’accompagnamento forzato gli immigrati irregolari che
avevano avuto respinta la domanda di regolarizzazione. Adesso quella tragedia
della disperazione rischia di ripetersi, e già la scorsa settimana, a
Trapani, un immigrato internato al Vulpitta ha dato fuoco ad una coperta.
L’assoluta mancanza di garanzie e la totale mancanza di una prospettiva
di rientro nella legalità rischiano di produrre altre tragedie.
Per questo dobbiamo chiedere un rigoroso
controllo giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi limitativi della
libertà personale, nel rispetto del principio di legalità e
dell’autonomia della magistratura, per una giustizia che non sia debole
con i forti e prepotente con i più deboli. Per questo dobbiamo batterci
con tutte le nostre forze contro la legge Bossi Fini per una disciplina
dell’immigrazione e dell’asilo più giusta ( anche di quella
attuale) e conforme alla nostra Costituzione. Ma anche per questo dobbiamo
moltiplicare le occasioni di denuncia, per fare conoscere alla pubblica
opinione come si è degradata la nostra convivenza civile per la tragica
insipienza di chi crede di rassicurare i cittadini, ansiosi di sicurezza, con
misure da “tolleranza zero” che producono esse stesse una
clandestinizzazione sempre più diffusa dei migranti, favorendo la tratta
ed il racket degli esseri umani, fenomeni che- solo a parole- si dice di volere
contrastare.
Palermo 12 febbraio 2002
Fulvio Vassallo Paleologo
Associazione studi giuridici sull’immigrazione ( ASGI)