La politica degli ingressi esiste nel nostro Paese dal 1990. La verità è che non è mai stata applicata se non nel 2000, per interromperla forzatamente nel 2002. La gestione dei flussi migratori, tra l'altro, non ha mai soddisfatto la necessità di includere nel tessuto produttivo italiano i lavoratori non comunitari. Sono proprio gli imprenditori italiani che chiedono da diversi anni maggiore fabbisogno di lavoratori non comunitari per soddisfare le esigenze di produzione e la conseguente tenuta di competitività. Si stima che l'esigenza delle imprese italiane sia di 150 mila lavoratori immigrati all'anno, il 21 per cento della domando di lavoro complessiva. Davanti a questo dato il Governo ha partorito il suo topolino, un provvedimento in grado non soltanto di calpestare la dignità di esseri umani, differenti solo perché nati al di fuori di confini geografici non da loro stabiliti, ma non ha saputo  neanche rispondere alle richieste, reiterate, del mondo produttivo italiano. Eppure il nostro presidente operaio e imprenditorie dovrebbe conoscere bene la materia? La verità è che in questo provvedimento si evince l'incapacità di interpretare i cambiamenti della società italiana e si racchiude una cultura discriminatoria e strumentale, rivolta alla sola massimizzazione dei consensi elettorali e alla creazione di un diffuso sentimento di paura per il diverso per quello che non si conosce.

L'apice si è toccato con la legge per l'emersione dal sommerso, nella quale i lavoratori non comunitari sono considerati diversamente da quelli italiani, riconoscendo la regolarizzazione per questi ultimi e condannando i lavoratori immigrati a rimanere nel sommerso. Ci chiediamo quali principi, se non quelli razzisti, abbiano ispirato questi provvedimenti. Tra altro non accorgendosi che per rispondere a logiche del tutto interne alla tenuta della maggioranza, e quindi per far star buoni i compagni della lega, si sono completamente calpestate le regole della convivenza democratica e del principio di eguaglianza tra i cittadini.  

Vi chiediamo, come abbiamo evidenziato nei nostri emendamenti, un ripensamento sui principali aspetti di questa legge, altrimenti vi aspetterà non solo la nostra opposizione ed ostruzionismo al provvedimento ma un sicuro monito delle associazioni a difesa dei diritti umani, di qualche agenzia delle nazioni unite, come tra l'altro già è successo sull'uso delle navi militari per contrastare il traffico clandestino, e anche dagli organismi comunitari, già intervenuti per aprire ai cittadini extracomunitari le porte di una cittadinanza attiva e partecipata e non la buia segregazione a cui puntate.