Intervista

Una legge senza sponsor. Più difficile il soggiorno legale
Parla Sergio Briguglio, collaboratore della Caritas

[Giorgio Morbello]

Secondo il DDL Bossi-Fini sull'immigrazione, falsificare un permesso di soggiorno è due volte più grave che falsificare qualsiasi altro documento, e pertanto la pena prevista va raddoppiata. Un esempio certo marginale, ma simbolico e indicativo di quanto il disegno di legge sull'immigrazione sia pensato come uno strumento fortemente restrittivo e punitivo. Rapporto tra permesso di soggiorno e lavoro, minori, diritto d'asilo solo forse le questioni che paiono più intricate e che con il nuovo DDL rischiano di portare a sviluppi sociali pesanti. Abbiamo provato ad approfondire con Sergio Briguglio, che da anni si occupa di diritti degli immigrati e che collabora con la Caritas romana, alcuni di questi aspetti. Moltissimi documenti e informazioni sono rintracciabili all'indirizzo: http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/index.html

Il nuovo DDL sull'immigrazione abolisce la figura dello sponsor per chi vuole entrare a lavorare in Italia. Ti risulta che questo fosse uno strumento usato sovente ed efficace? Che cosa succederà, a tuo avviso, con l'eliminazione di questa possibilità?

La sponsorizzazione è stata limitata, nei due primi anni di effettiva applicazione della legge n. 40, la cosiddetta Turco-Napolitano attualmente in vigore, dalle quote imposte dal governo in sede di programmazione dei flussi (15.000 sponsorizzazioni per il 2000, altre 15.000 per il 2001). Se non fossero state imposte quote così basse, questo meccanismo sarebbe stato usato in modo molto più ampio: nel 2001 le domande di sponsorizzazione sono state quasi dieci volte più numerose delle 15.000 accettate in base al decreto. Si può dire, perciò, che lo strumento ha o potrebbe avere un enorme successo. Quanto alla sua efficacia, è presto per dirlo (nessuno dei ministeri competenti ha fornito cifre sull'effettivo inserimento lavorativo di chi è entrato con la sponsorizzazione). Tuttavia, uno studio effettuato in Veneto ha mostrato come, in quella sola regione, nel 2000 oltre 1200 lavoratori sponsorizzati hanno trovato occupazione. È verosimile che sia una percentuale molto vicina al 100% di coloro che avevano fatto ingresso attraverso questa via. Dire oggi, come fa il governo, che la sponsorizzazione si è trasformata in un meccanismo di clandestinizzazione è cosa priva di qualunque fondamento.

I permessi di soggiorno, secondo il DDL, sono ancor più strettamente legati al lavoro. Se un immigrato perde il suo posto prima della scadenza del permesso di soggiorno, ha pochi mesi (al massimo 6) per trovarsi un altra occupazione, se no sarà espulso, mentre oggi può restare in Italia iscritto al collocamento fino a 12 mesi dopo la scadenza del vecchio permesso. Che cosa comporterà questa restrizione?

Comporterà, come è ovvio, una maggior difficoltà nel mantenimento della condizione legale del soggiorno. Una difficoltà ancora più grande, però, deriva già oggi dal non accettare di fatto autocertificazioni nella dimostrazione delle fonti di reddito. Questo rende arduo mantenere la condizione di soggiorno legale per quanti abbiano occupazioni saltuarie, che non si configurano come rapporti di lavoro subordinati (oltre che, naturalmente, per quanti abbiano rapporti di lavoro in nero). Il requisito per il rinnovo dovrebbe essere modificato: dovrebbe essere sufficiente il non aver fatto ricorso per periodi eccessivamente lunghi all'assistenza pubblica. Questo concetto è contenuto, peraltro, in una proposta della Commissione europea.

Il rinnovo del permesso di soggiorno subordinato in modo così forte al lavoro non finirà per dare ampi poteri ricattatori a eventuali datori di lavoro poco corretti?

Certamente. La proposta che ho appena fatto avrebbe il senso di separare i due problemi: un conto è la lotta contro il lavoro nero, altro è l'accertamento che il lavoratore straniero abbia un sufficiente inserimento nel tessuto economico.

Nel DDL ci sono novità rispetto ai minori?

No. Ma in questi giorni un cartello costituito dai principali organismi che si occupano, a livello nazionale o internazionale, di minori stranieri (Save the Children, Caritas, Migrantes, Chiese Evangeliche, ARCI, ACLI, ICS, Comunità di Sant'Egidio, Terre des hommes, ASGI) ha proposto ai membri della Commissione Affari costituzionali del Senato un emendamento alla legge Turco-Napolitano che consentirebbe di tutelare i minori non accompagnati per i quali non si proceda al rimpatrio, equiparandoli ai minori stranieri titolari di un permesso per motivi familiari. Potrebbero così intraprendere attività lavorative (indispensabili per il loro pieno inserimento) e stabilizzare il proprio soggiorno una volta raggiunta la maggiore età.

Come giudichi le nuove norme sul diritto d'asilo?

Le novità principali sono tre: il decentramento a livello provinciale della Commissione per il riconoscimento del diritto d'asilo; il trattenimento obbligatorio degli stranieri che abbiano chiesto asilo trovandosi in condizioni, rispetto al soggiorno, che avrebbero altrimenti portato alla loro espulsione; la cancellazione dell'effetto sospensivo automatico del ricorso contro una decisione negativa della Commissione, nei casi in cui si applichi il trattenimento obbligatorio. Di queste novità, la prima è senz'altro positiva, garantendo tempi di esame molto più brevi. La seconda è discutibile, ma non è priva di logica: quella di uno Stato che vuole proteggersi dal rischio che la richiesta di asilo costituisca garanzia di elusione delle norme sull'immigrazione. La terza è assolutamente e insopportabilmente inaccettabile, dato che rischia di far rinviare, in seguito a una decisione sbagliata della Commissione, un vero rifugiato nel Paese che lo perseguita. Su questo mi auguro che si faccia sentire con forza l'ACNUR.