Proposta di modifica del Testo Unico 286/98
al fine di disciplinare il permesso di
soggiorno per minore età
conformemente alla Costituzione e alla
Convenzione sui diritti del fanciullo
La disciplina del permesso di soggiorno per minore
età è oggi gravemente lacunosa.
Tale permesso di soggiorno, infatti, non è
neppure previsto dal T.U. 286/98, essendo stato introdotto solo dal successivo
regolamento di attuazione: “Quando la legge dispone il divieto di
espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno: a) per minore età, salvo
l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno
del genitore o dell’affidatario stranieri regolarmente soggiornanti in
Italia” (D.P.R. 394/99, art. 28).
Il regolamento di attuazione, tuttavia, si limita a
stabilire che il permesso di soggiorno per minore età debba essere
rilasciato ai minori inespellibili, senza disciplinare i diritti ad esso
connessi: in particolare non detta disposizioni né sulla facoltà
di esercitare attività lavorative, né sulla possibilità di
convertire il permesso di soggiorno per minore età in permesso di
soggiorno per studio o lavoro al compimento della maggiore età (come
invece previsto dal T.U. 286/98, art. 30 e 32 per i minori titolari di permesso
di soggiorno per motivi familiari o comunque affidati ai sensi della legge
184/83).
In presenza di tali lacune normative, dunque, è
intervenuta la circolare del Ministero dell'Interno del 13 novembre 2000, che
ha disposto che il permesso per minore età non consente di esercitare attività
lavorative e non può essere convertito al compimento della maggiore
età.
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Le gravi lacune normative relative al permesso di
soggiorno per minore età, tuttavia, non possono essere colmate da una
circolare del Ministero dell’Interno, data la riserva di legge in materia
stabilita dalla Costituzione: “La condizione giuridica dello straniero
è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali” (Costituzione, art. 10).
Inoltre, le disposizioni della circolare del Ministero
dell’Interno del 13 novembre 2000 violano gravemente sia la Costituzione,
sia la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata e resa
esecutiva in Italia con legge 176/91.
In primo luogo, infatti, le disposizioni della
circolare del Ministero dell’Interno del 13 novembre 2000 violano il
principio costituzionale di uguaglianza e proporzionalità di cui
all’art. 3 della Costituzione, in quanto introducono
un’irragionevole disparità di trattamento tra i minori non
affidati e i minori affidati ai sensi della legge 184/83: per questi ultimi,
infatti, il T.U. 286/98 prevede il rilascio del permesso di soggiorno per
motivi familiari, che consente di esercitare attività lavorativa e che
può essere convertito al compimento della maggiore età (T.U.
286/98, artt. 31 e 32).
Si sta ormai consolidando una giurisprudenza
riguardo all’incostituzionalità di tali disposizioni: diversi
Tribunali Amministrativi Regionali e Tribunali Ordinari, infatti, hanno
pronunciato sentenze ed ordinanze in cui si afferma che negare ai minori
titolari di permesso di soggiorno per minore età di lavorare e di
convertire il permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni viola
l’art. 3 della Costituzione (alleghiamo i testi di alcune sentenze ed
ordinanze in merito).
In secondo luogo, le disposizioni della circolare del
Ministero dell’Interno del 13 novembre 2000 violano la Convenzione sui
diritti del fanciullo, e in particolare:
· il principio di non discriminazione, per cui i
diritti sanciti dalla Convenzione devono essere riconosciuti a tutti i minori,
senza distinzione – tra le altre – di nazionalità:
“Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella
presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro
giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni
considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di
opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti
legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione
finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra
circostanza” (Convenzione sui diritti del fanciullo, art. 2);
· il principio del superiore interesse del
minore, per cui "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza
dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi,
l'interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente"
(Convenzione sui diritti del fanciullo, art. 3).
Negare al minore straniero in età da
lavoro la facoltà di esercitare attività lavorativa costituisce
una grave discriminazione dei minori stranieri rispetto ai minori italiani.
Inoltre, tale esclusione pone gravi ostacoli
all’integrazione del minore, aggravandone l’emarginazione,
rendendolo dipendente dai servizi socio-assistenziali o favorendone lo
sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o il coinvolgimento in
attività illegali: è evidente che tale disposizione non risponde
al principio del “superiore interesse del minore”.
Anche la disposizione per cui non è consentita
in alcun caso la conversione del permesso per minore età al compimento
dei 18 anni viola gravemente il principio del “superiore interesse del
minore”. Se il minore non ha alcuna possibilità di restare
regolarmente nel nostro paese, anche se sta studiando o se ha un’offerta
di lavoro, se sa che a 18 anni perderà comunque il permesso di soggiorno
e verrà espulso, non può che vivere il periodo di permanenza in
Italia come una sorta di limbo in attesa dell’espulsione, perdendo ogni
opportunità di progettarsi un futuro di vita regolare e rispettosa delle
leggi nel nostro paese, e formandosi un’identità di
“clandestino” privo di diritti e di doveri. Molti minori stranieri
non accompagnati si sono già allontanati dai positivi percorsi di
inserimento scolastico, formativo, lavorativo e relazionale realizzati con
successo negli anni passati e sono tornati nella clandestinità,
gravemente esposti al rischio di sfruttamento e di coinvolgimento in
attività devianti. Tale esclusione da ogni prospettiva di inserimento
legale, dunque, oltre che determinare per la società italiana un grave
rischio di aumento della devianza minorile e giovanile, costituisce
un’evidente violazione del principio del “superiore interesse del
minore”.
Tali violazioni della Convenzione sui diritti
del fanciullo sono state rilevate nel Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite
del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, costituito
da più di quaranta associazioni italiane che si occupano di tematiche
connesse all’infanzia. Il Rapporto, di cui alleghiamo copia, è
stato consegnato il 19 novembre 2001 al Comitato delle Nazioni Unite sui
Diritti del Fanciullo con sede a Ginevra. Il Governo italiano sarà
chiamato a rispondere al Comitato delle Nazioni Unite nell’autunno del
2002?
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E’ dunque necessaria ed urgente una modifica del
T.U. 286/98 che colmi le lacune normative attualmente presenti e disciplini per
legge il permesso di soggiorno per minore età, in conformità alla
Costituzione e alla Convenzione sui diritti del fanciullo.
I firmatari della presente propongono di introdurre un
comma aggiuntivo all’art. 31 del T.U. 286/98, intitolato
“Disposizioni a favore dei minori “, che disciplini il permesso di
soggiorno per minore età nel modo seguente:
Art. 31, comma 2-bis
Al minore straniero comunque presente nel
territorio dello stato, al quale non possa essere rilasciato altro permesso di
soggiorno previsto dal presente Testo Unico, è rilasciato un permesso di
soggiorno per minore età. Il permesso di soggiorno per minore età
è equiparato al permesso di soggiorno per motivi familiari limitatamente
a quanto disposto dall’art. 30 commi 2 e 5 e dall’art. 34 comma 1.
Sarebbero così disciplinati per legge
la facoltà di svolgere attività lavorative (mediante il riferimento
all’art. 30, co. 2); la facoltà di convertire il permesso di
soggiorno in permesso per lavoro o per studio al compimento della maggiore
età, ove ricorrano le condizioni e in base a una valutazione
discrezionale della Questura (art. 30, co. 5); l’obbligo di iscrizione al
Servizio Sanitario Nazionale (art. 34, co.1).
Tale proposta di modifica non contrasta con
alcuna altra disposizione del T.U. 286/98, né del regolamento di
attuazione: non vi è infatti alcuna disposizione che vieti ai titolari
del permesso di soggiorno per minore età di lavorare e di convertire il
permesso al compimento dei 18 anni (come invece ad esempio per i permessi di
soggiorno previsti all’art. 27 del T.U. 286/98).
L’obbligo di iscrizione al Servizio
Sanitario Nazionale è attualmente previsto dalla circolare del Ministero
della Sanità del 24.3.2000, ma sarebbe necessaria una garanzia
legislativa del diritto alla salute dei minori.
Infine, la presente proposta di modifica non verrebbe
ad incidere in alcun modo con la decisione in merito al rimpatrio del minore,
di competenza del Comitato per i minori stranieri, come previsto
dall’art. 33, co. 2-bis del T.U. 286/98: il fatto che il permesso di
soggiorno per minore età consenta di lavorare e possa essere convertito
al compimento della maggior età, infatti, non impedisce in alcun modo il
rimpatrio del minore, ove il Comitato per i minori stranieri valuti che tale
soluzione risponda al superiore interesse del minore.