REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1605/01 proposto da (...), rappresentato e difeso dall’Avvocato Mariella Console ed elettivamente domiciliato in Torino, (...)

contro

Ministero degli Interni, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso cui domicilia in Torino, corso Stati Uniti n. 45;

per l’annullamento, previa sospensione

del rifiuto di procedere all’esame della richiesta di permesso di soggiorno, asseritamente improcedibile, come da nota del 27.9.2001.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli Interni;

Visti tutti gli atti di causa;

Nominato relatore il Dott. Paolo Corciuto;

Letto l’art. 9 della Legge n. 205/2000;

Udito all’udienza camerale del 14.11.2001 l’Avvocato Console per il ricorrente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Il signor (...) entrava in Italia nel 1998 e, con il consenso dei genitori, si stabiliva a Torino ove veniva ospitato dal proprio fratello (...), nonché dal cugino (...); in data 19.12.2000 otteneva dal Questore di Torino il rilascio di un permesso di soggiorno per minore età e, poco tempo prima di divenire maggiorenne, si recava presso gli Uffici della Questura per chiedere la conversione del proprio titolo di soggiorno; tuttavia la sua istanza veniva rifiutata poiché il documento in scadenza, ossia il permesso di soggiorno per minore età, era stato ritenuto improrogabile. In seguito, tramite Ufficiale Giudiziario, inoltrava una domanda di riesame della propria posizione cui veniva dato riscontro con una nota del 27.8.2001 con la quale l’Amministrazione aveva ritenuto l’istanza irricevibile poiché il permesso di soggiorno in scadenza era da ritenersi improrogabile.

Avverso tale nota proponeva ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale il signor (...) chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare.

Contestava in primo luogo il ricorrente l’avvento dell’Amministrazione che aveva ritenuto improrogabile il permesso di soggiorno per minore età di cui era titolare, dal momento che non vi era alcuna disposizione in materia  che disponesse in tal senso, dovendosi nel caso di specie piuttosto applicarsi la norma generale di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 286/98. Aggiungeva, inoltre, che la norma di cui all’art. 28 del D.P.R. n. 394/99, che prevedeva il permesso di soggiorno per minore età, era di epoca successiva a quella di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98 che invece disciplinava le ipotesi dello straniero minore che avesse raggiunto la maggiore età e che avesse titolo alla conversione del proprio permesso di soggiorno.

Deduceva ancora il ricorrente l’assoluta incomprensibilità del richiamo operato nella nota impugnata all’art. 1 della Legge n. 241/90, posto che era stata proprio l’Amministrazione ad aggravare inutilmente il procedimento rifiutandosi di ricevere l’originaria richiesta di conversione del titolo di soggiorno e costringendolo quindi ad avvalersi del sistema degli Ufficiali Giudiziari per l’inoltro della successiva istanza di riesame.

Lamentava, infine, la disparità di trattamento della posizione del minore in possesso di un permesso di soggiorno per minore età rispetto a quella di coloro che, essendo in possesso di un titolo di soggiorno per motivi familiari, potevano aspirare alla conversione del medesimo una volta raggiunta la maggiore età, ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98.

Si costituiva in giudizio il Ministero degli Interni che chiedeva il rigetto del ricorso.

All’udienza camerale del 14.11.2001, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il Tribunale, ritenendo sussistenti i presupposti di cui all’art. 9 della legge n. 205/2000, tratteneva la causa per la decisione di merito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che sia necessario preliminarmente individuare l’effettiva natura dell’atto oggetto di impugnazione che, ancorché motivato in termini di irricevibilità dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, rappresenta piuttosto un vero e proprio provvedimento di diniego, sia per quanto concerne gli effetti prodotti, che per quel che riguarda il suo contenuto, atteso che l’Amministrazione ha ritenuto non rinnovabile il permesso di soggiorno per minore età di cui era titolare il ricorrente, avendolo ritenuto improrogabile e quindi opponendo una ragione cui sottende una valutazione piena sulla fondatezza dell’istanza di rinnovo.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha censurato la valutazione compiuta dall’Amministrazione che ha ritenuto improrogabile il permesso di soggiorno per minore età di cui egli era titolare.

La contestazione di tale assunto trova il proprio punto di origine nella considerazione per cui in nessuna delle norme in materia è rintracciabile una siffatta limitazione, né è prevista un’espressa regolamentazione per l’ipotesi dello straniero il quale, già titolare di un permesso di soggiorno per minore età, sia divenuto maggiorenne: ne dovrebbe quindi conseguire l’applicazione dei principi generali in materia di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno e quindi dell’art. 5 del D.lgs. n. 286/98 alla stregua del quale tali provvedimenti sono rifiutati quando vengano meno i requisiti per l’ingresso ed il soggiorno nello Stato e sempre se non sopraggiungano elementi che ne consentano il rilascio; pertanto, non essendo stato sancito espressamente un divieto di rinnovo e dovendosi per converso applicare i principi generali in materia contenuta nell’art. 5 del D.lgs. n. 286/98, l’Amministrazione deve, caso per caso, valutare se nei confronti del minorenne divenuto maggiorenne che fosse già in possesso di un permesso per minore età, sussistano nuovi elementi che consentano il rilascio a suo favore di un nuovo titolo di soggiorno.

Il motivo così come prospettato è infondato.

Il permesso di soggiorno è quel titolo che consente ad un cittadino extracomunitario di stabilirsi e restare in Italia per un certo periodo di tempo; il suo rilascio è subordinato alla sussistenza di specifiche condizioni e presupposti, analiticamente indicati dalla legge, tra cui rientrano senz’altro le motivazioni del soggiorno, più specificamente, quando allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno, questo deve essere giustificato in considerazione delle specifiche ragioni della sua permanenza in Italia per un determinato arco temporale: vi saranno così titoli rilasciati per periodi di permanenza di breve durata come avviene nell’ipotesi di soggiorno per turismo o per frequentazione di corsi di studio, mentre maggiore durata sarà attribuita a quei permessi rilasciati per motivi di lavoro autonomo o subordinato, oppure per esigenze di ricongiungimento familiare.

Tanto premesso, si deve osservare che, oltre ai titoli di soggiorno di maggiore diffusione, come quelli rilasciati per motivi di lavoro, studio e turismo, ve ne sono altri caratterizzati da esigenze diverse, tra cui vanno ricordati quelli per motivi di salute, per minore età, ragioni umanitarie o familiari, disciplinati dall’art. 28 del D.P.R. n. 394/99, oltre a quelli derivanti dai divieti di espulsione di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 286/98 od anche da esigenze di accoglimento connesse al verificarsi di eventi eccezionali, come previsto dall’art. 20 del medesimo Testo Unico.

Ora, per alcune tipologie di permesso, come quello ad esempio per motivi di lavoro subordinato o autonomo, la relativa disciplina prevede espressamente la possibilità del rinnovo come una sorta di evoluzione naturale ed anzi auspicata del rapporto tra immigrato e territorio, dal momento che una certa continuità nell’attività lavorativa, rilevante anche ai fini della produzione di un reddito e verificabile ad ogni scadenza del titolo, consente di mantenerne giustificata nel tempo la presenza in Italia, aprendogli inoltre anche la strada per il rilascio della carta di soggiorno, come riconoscimento del notevole grado di stabilità da egli raggiunto nell’inserimento nella realtà sociale ed economica italiana al punto da essergli attribuito quasi lo status di membro della collettività locale in cui vive ed opera; diversamente, per permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo, come quelli per turismo, minore età e salute, non può legittimamente dubitarsi che la relativa durata non possa oltrepassare il momento in cui cessano le ragioni giustificative poste a fondamento del rilascio; diversamente opinando, infatti, si rischierebbe di porsi in contrasto con lo spirito di fondo della normativa in materia di immigrazione che fa discendere la possibilità stessa del soggiorno, oltre che la relativa durata, dalla sussistenza di specifiche condizioni.

Per quanto concerne la posizione del minore, di cui l’art. 19 del D.lgs. n. 286/98 espressamente vieta l’espulsione, vi è stata la necessità di prevedere la specifica disciplina di cui all’art. 31 che ne ha previsto l’inserimento nel permesso di soggiorno del genitore convivente o dell’affidatario fino al raggiungimento del quattordicesimo anno di età allorquando gli viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari.

Successivamente, l’art. 28 del D.P.R. n. 394/99, sempre in tema di divieto di espulsione, ha ampliato lo spettro di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 286/98 ed in particolare per i minori, oltre all’ipotesi di cui all’art. 31 ossia del soggetto infraquattordicenne, ha introdotto il permesso di soggiorno per minore età.

E’ evidente che tutti i titoli di soggiorno rilasciati agli stranieri minorenni a qualsiasi titolo sono destinati ad essere caducati con il raggiungimento della maggiore età e senza alcuna possibilità di rinnovo, dal momento che la ragione dell’originario rilascio, e cioè lo status di minorenne, è definitivamente venuto meno.

Bene ha valutato quindi l’Amministrazione allorquando ha ritenuto che il permesso di soggiorno per minore età costituisce un titolo non prorogabile.

Tutt’altra soluzione deve essere invece data al diverso problema prospettato nel terzo motivo di ricorso e che riguarda la sorte dello straniero minorenne, titolare di permesso di soggiorno per minore età, una volta divenuto maggiorenne, poiché non può essere condiviso l’assunto dell’Amministrazione che si è rifiutata di esaminare i presupposti per il rilascio in favore del ricorrente di un nuovo titolo di soggiorno.

Il percorso argomentativo esposto dal ricorrente parte dalla sostanziale equiparazione dello status di figlio – il cui regime giuridico è disciplinato dagli artt. 31 e 32 del D.Lgs. n. 286/98 – a quello di minore comunque affidato, e quindi anche “di fatto” ai sensi dell’art. 9, sesto comma della Legge n. 184/83, come previsto dall’art. 29 dello stesso Testo Unico, al fine di concludere che anche a quest’ultimo deve essere riconosciuta la possibilità di chiedere ed ottenere, una volta raggiunta la maggiore età, un permesso di soggiorno per i motivi richiamati nell’art. 32. Ogni diversa soluzione comporterebbe, secondo la tesi prospettata dal ricorrente, un insanabile contrasto sia con l’art. 3 della Costituzione per ingiustificata disparità di trattamento, che con gli artt. 29 e 30 della medesima Carta Costituzionale che dettano principi a tutela della famiglia e dei minori.

L’argomentazione è fondata.

Per quanto concerne la posizione del minore straniero, l’art. 19 del D.lgs. n. 286/98, come già visto, ne vieta l’espulsione. Lo stesso Testo Unico, tuttavia, nel disciplinare il titolo di soggiorno rilasciabile al minore – poiché evidentemente nessuno straniero può permanere sul Territorio Nazionale privo di un idoneo titolo di soggiorno – l’art. 31 prevede una disciplina che riguarda unicamente i figli conviventi o i minori affidati ai sensi della Legge n. 183/84: per essi vi è l’inserimento nel permesso di soggiorno del genitore convivente o dell’affidatario fino al quattordicesimo anno di età, dopo il quale subentra il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino alla maggiore età, che una volta raggiunta li abilita a richiedere un permesso tra quelli di cui all’art. 32. Appare evidente che il Legislatore si è preoccupato espressamente di assicurare al minore divenuto maggiorenne la possibilità di proseguire il suo soggiorno in Italia, non più (come è logico che sia) come minore, ma per i motivi più comuni (lavoro autonomo o subordinato, studio, ragioni sanitarie) a cui ha aggiunto anche le esigenze di accesso al lavoro (richiamando così quelle del permesso di soggiorno per attesa occupazione di chi abbia perso il proprio lavoro), dando rilevanza alla necessità che questi disponga di un congruo periodo di tempo per procurarsi un’occupazione.

Tale disciplina l’art. 32, tuttavia, la limitava alle sole ipotesi di cui al precedente art. 31, non richiamando quindi anche situazioni diverse, come quelle che sarebbero state invece incluse nella normativa di più ampia portata di cui al successivo D.P.R. n. 394/99; tale regolamento, infatti, all’art. 28 ha sancito per tutti i minori, ad eccezione di quelli inseriti nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario, la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per minore età, completando così la relativa disciplina e considerando anche l’ipotesi del minore abbandonato. A questo punto l’art. 28 ha posto in rilievo l’incompletezza dell’art. 31 – che del resto già emergeva dalla sua limitata portata letterale – con riferimento ai minori affidati di fatto ai sensi dell’art. 9, sesto comma della Legge n. 183/84, a quelli che, seppur conviventi con i genitori o con l’affidatario, non fossero stati muniti del permesso di soggiorno per motivi familiari dopo il raggiungimento del quattordicesimo anno di età ed ai minori in stato di abbandono.

Tuttavia, il regolamento si è preoccupato di risolvere, anche per tali casi, soltanto il problema dell’individuazione di un idoneo titolo di soggiorno per il minore (costituito dal permesso per minore età), senza disciplinare le vicende successive al raggiungimento della maggiore età.

A questo punto, attesa la mancanza di una disciplina espressa per tali casi, vi sono due distinte possibilità interpretative: la prima ipotesi consiste nel ritenere applicabile direttamente l’art. 5 del D.Lgs. n. 286/98, considerando il minore divenuto maggiorenne come un qualsiasi cittadino extracomunitario che giunge in Italia e deve chiedere il permesso di soggiorno secondo le norme ordinarie. Tale soluzione, tuttavia, presenta l’inconveniente di equiparare due situazioni invece profondamente differenti, perché rischia di trascurare che il soggetto divenuto maggiorenne può presentare una maggiore propensione all’inserimento nel contesto economico e sociale italiano in cui ha comunque già vissuto rispetto a chi vi accede per la prima volta; sembra preferibile quindi la seconda opzione che consiste nell’applicare in via analogica a tutti i minori divenuti maggiorenni la norma di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 286/98: tale soluzione, oltre a comportare il superamento dei problemi di costituzionalità prospettati nel ricorso con riferimento alla violazione del principio di uguaglianza sostanziale e di quello di tutela della famiglia e del minore, consente a quest’ultimo, una volta raggiunta la maggiore età, di richiedere un permesso di soggiorno anche per accesso al lavoro, riconoscendogli in tal modo una più ampia possibilità di inserimento nel contesto socio-economico italiano.

Inoltre, l’applicazione tout court dell’art. 5 del D.Lgs. n. 286/98 comporterebbe che il minore, titolare di permesso di soggiorno per minore età, a causa della relativa improrogabilità, dovrebbe senz’altro lasciare l’Italia per poi rientrarvi come adulto e chiedere il permesso di soggiorno nelle forme e modi ordinari, mentre l’applicazione dell’art. 32 a tutti i minori consente loro di poter proseguire la propria permanenza senza dover previamente e necessariamente allontanarsi dal Territorio Nazionale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha censurato il richiamo operato nell’atto impugnato all’art. 1 della legge n. 241/90, evidenziandone l’oscurità e sottolineando di non avere assolutamente dato causa ad un eventuale aggravamento del procedimento, ma anzi di essere stato danneggiato dall’atteggiamento della stessa Amministrazione che rifiutando di ricevere la prima istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, ne aveva ingiustificatamente allungato i tempi di definizione con ulteriore aggravio di spese, atteso che egli si era dovuto rivolgere agli Ufficiali Giudiziari per l’inoltro della richiesta di riesame.

Il motivo è fondato.

Osserva il Collegio che ove nell’ambito di un provvedimento sia richiamata tout court una disposizione di legge in sé contenente più principi generali, l’assenza di ulteriori specificazioni circa il principio effettivamente oggetto di applicazione, determina quantomeno un evidente difetto di motivazione dell’atto e quindi un vizio di eccesso di potere.

In conclusione, l’atto impugnato deve essere annullato con obbligo dell’Amministrazione di riesaminare l’istanza del ricorrente in conformità con quanto statuito nella presente decisione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – Seconda Sezione – accoglie il ricorso ed annulla l’atto impugnato nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza si eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio del 14.11.2001,