RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,33).

Si dia lettura del processo verbale.

MANIERI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Congedi e missioni

PRESIDENTE. Sono in congedo i senatori: Agnelli, Antonione, Baldini, Bobbio Norberto, Bosi, Ciccanti, Cursi, D'Alì, De Corato, Degennaro, De Martino, Guzzanti, Lauro, Mantica, Marano, Meleleo, Pontone, Saporito, Sestini, Siliquini, Sudano, Vegas e Ventucci.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Bedin, Curto, Girfatti, Greco e Murineddu, per partecipare alla missione congiunta della Giunta per gli affari delle Comunità europee e della XIV Commissione della Camera dei deputati in Polonia; Budin, Crema, Danieli Franco, De Zulueta, Gaburro, Giovanelli, Gubert, Iannuzzi, Manzella, Mulas, Nessa, Pellicini, Provera, Rigoni, Rizzi e Tirelli, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Brutti Massimo, Giuliano e Malentacchi, per attività del Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato; Ayala e Pianetta, per partecipare alla Conferenza sul processo di ratifica e futura attuazione dello Statuto di Roma sul tribunale penale internazionale.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. Le comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,37)

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1206) Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi (Approvato dalla Camera dei deputati)

(9) ANGIUS ed altri. ñ Norme in materia di conflitto di interessi

(36) CAMBURSANO. ñ Modifica allíarticolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per líelezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di ineleggibilità

(203) CAVALLARO ed altri. ñ Norme in materia di conflitto di interessi

(1017) RIPAMONTI. ñ Norme in materia di conflitto di interesse

(1174) MALABARBA ed altri. ñ Norme in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi

(1250) ANGIUS ed altri. ñ Istituzione dellíAutorità garante dellíetica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi

(1255) VILLONE ed altri. ñ Disposizioni in tema di ineleggibilità alle cariche elettive parlamentari e di incompatibilità con le cariche di Governo e la carica di Presidente della Repubblica

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1206, già approvato dalla Camera dei deputati, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 1206, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta pomeridiana del 25 giugno ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

Proseguiamo le votazioni a partire dall'emendamento 1.503, identico all'emendamento 1.504.

Metto ai voti l'emendamento 1.503, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori, identico allíemendamento 1.504, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.53, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Líemendamento 1.56, di contenuto identico allíemendamento 1.5, è stato precedentemente respinto.

Metto ai voti l'emendamento 1.52, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.6, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori, identico allíemendamento 1.73, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.70, presentato dal senatore Vitali e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.506, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.66, presentato dal senatore Angius e da altri senatori, identico allíemendamento 1.505, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.54, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.72, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.71, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.62, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.65, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.7, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.8, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.507, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.61, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Líemendamento 1.9 è precluso dalla reiezione dellíemendamento 1.12.

Metto ai voti l'emendamento 1.10, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori, identico allíemendamento 1.67, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.11, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti líarticolo 1.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.1, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.2, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.3, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.4, presentato dal senatore Villone, sostanzialmente identico agli emendamenti 1.0.100, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori, e 1.0.6, presentato dal senatore Cambursano.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.0.8, presentato dal senatore Vitali e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, vista la fretta con cui procede alle votazioni, le confesso che non abbiamo avuto nemmeno cognizione del punto in cui ci trovavamo. Quando legge gli emendamenti la prego di leggere anche il numero dellíarticolo a cui essi si riferiscono, perché non sapevamo che stavamo votando líarticolo 1 del disegno di legge.

Se mi consente, colgo líoccasione per annunciare che verranno ritirati numerosissimi emendamenti e che non intendiamo illustrare i rimanenti, ma via via fare dichiarazioni di voto sui singoli emendamenti. Questo nellíintenzione di favorire i lavori.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Passigli.

I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

PASTORE, relatore. Signor Presidente, approfitto dellíoccasione per illustrare alcuni emendamenti di drafting da me presentati che inseriscono il verbo "svolgere" dopo le parole "uffici o", in modo che sia possibile leggere meglio in lingua italiana il periodo.

Vi è poi un emendamento direi quasi di natura sentimentale, che però non vorrei compromettesse líapprovazione definitiva del provvedimento da parte della Camera, e quindi mi rimetto al Governo.

Si tratta dellíemendamento 2.550, che prevede non costituisca causa di incompatibilità il ricoprire cariche meramente onorifiche. Dico che la natura di tale emendamento è sentimentale perché, da tifoso del calcio e da milanista, soffro nel pensare che il presidente Berlusconi, che tanto ha dato al calcio, debba rinunciare anche alla presidenza onoraria di questo grande club calcistico.

Poiché la Camera ha già stralciato questa espressione, se dovessero sorgere dei problemi con líaltro ramo del Parlamento - e chiedo al Ministro la sua opinione - sono comunque pronto a ritirare líemendamento. Voglio però far presente che il contesto nel quale viene fatta questa proposta è diverso da quello in cui ha operato la Camera per due ordini di ragioni: innanzitutto perché qui si parla di cariche "meramente onorifiche" per indicare líeffettiva onorarietà dellíattribuzione, che non deve mai comportare coinvolgimento nella gestione della società; in secondo luogo perché con la nuova formulazione in materia di gestione di società, ancorché la carica sia onorifica, líingerenza nella gestione, e quindi la partecipazione nel consiglio di amministrazione o comunque uníattività che non sia solo quella derivante dallíattribuzione del titolo onorifico, comporterebbe in ogni caso uníincompatibilità. Ripeto, volevo segnalare soltanto un aspetto di natura meramente affettiva e mi rimetto pertanto al parere del Governo.

Per quanto concerne il parere sugli emendamenti allíarticolo 2, sono favorevole a quelli presentati dal Governo e contrario agli altri perché modificano in maniera radicale il sistema sul quale abbiamo ragionato in Commissione e che abbiamo senzíaltro perfezionato.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, nellíesprimere parere conforme a quello del relatore rilevo che, per quanto riguarda la questione dellíincompatibilità relativa a cariche onorifiche, il Governo ha presentato un emendamento, richiesto dallíopposizione, o perlomeno da essa condiviso, in Commissione, che esclude dallíincompatibilità alcune cariche relative, in particolare, agli ambienti accademici; mi riferisco allíemendamento 2.507.

Altra cosa è la formulazione adottata nellíemendamento del relatore, che recita: "Non costituisce causa di incompatibilità il ricoprire cariche meramente onorifiche".

Alla Camera dei deputati, dove ho espresso personalmente la mia opinione, il Governo aveva aderito alla cancellazione di tale esclusione ritenendo che, se la scelta è stata quella di sancire líincompatibilità per ogni sorta di carica formale in enti, associazioni, società e quantíaltro, anche il ricoprire una carica onorifica o puramente onorifica non consentirebbe líesclusiva dedizione allíinteresse pubblico e alla carica pubblica.

Quindi mio malgrado, pur comprendendo le ragioni del relatore confermo il mio avviso non favorevole. Mi rimetto, peraltro allíAssemblea, perché non si tratta di questione su cui si possano fare distinzioni di tipo ideologico. Ritengo non sia opportuno permettere, anche se si tratta di cariche onorifiche, ad un membro del Governo di essere presidente di una società, di una associazione o quantíaltro.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.22, identico allíemendamento 2.300.

Verifica del numero legale

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, per onorare i senatori presenti, chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 9,50, è ripresa alle ore 10,11).

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori, procedendo nuovamente alla votazione dell'emendamento 2.22, identico al 2.300.

 

Verifica del numero legale

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.22, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori, identico all'emendamento 2.300, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.24, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.134.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Ripamonti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.134, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.23.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Ripamonti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.23, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dellíemendamento 2.179, identico allíemendamento 2.505.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, molti emendamenti da noi presentati contengono gli stessi principi, in particolare líemendamento 2.500, che verrà posto ai voti successivamente e che tende a reintrodurre nel testo della norma líincompatibilità per le attività imprenditoriali, accettata dal Governo alla Camera e poi espunta al Senato.

Comprendiamo fin troppo bene le ragioni che stanno dietro questa scelta, legate alla persona del Presidente del Consiglio, ma non comprendiamo questa scelta dal punto di vista della logica generale. Infatti, il provvedimento contiene numerosissimi casi di incompatibilità di status e quindi si poteva prevedere tranquillamente una incompatibilità di status anche per le attività imprenditoriali.

Onorevole Ministro, o si afferma che esercita attività imprenditoriali solo chi occupa posizioni formali negli organi di amministrazione di uníimpresaÖ Vedo che il Ministro è impegnato a parlare con il senatore DellíUtri. Allora torneremo a chiedere verifiche di numero legale.

PRESIDENTE. Ministro Frattini, il senatore Passigli sta chiedendo la sua attenzione.

PASSIGLI (DS-U). Dicevo, Ministro, che al di là di considerazioni personalistiche non comprendiamo líesclusione delle attività imprenditoriali dal lungo elenco di incompatibilità di status.

Se si afferma che esercita attività imprenditoriali solo colui che occupa una posizione formale negli organi di amministrazione di uníimpresa e, impropriamente, di amministrazione-gestione, allora in questo caso líemendamento non dovrebbe preoccupare. Infatti, se si accetta questa impostazione, significherebbe che non possono esercitare attività imprenditoriali coloro che non occupano posizioni negli organi formali.

Se invece correttamente si ammette che esercita uníattività imprenditoriale anche quellíazionista che, per la sua posizione azionaria particolarmente rilevante, ha uníinfluenza sulla gestione (ad esempio perché partecipa ad un patto di sindacato, che altro non è se non un patto che regola la gestione dellíimpresa, il comportamento degli azionisti e degli organi amministrativi), allora in questo caso líemendamento ha un profondo significato. Ma se si ammette che può esercitare attività di gestione anche colui che non occupa cariche negli organi amministrativi, come a me sembra pacifico, allora in questo caso líinclusione delle attività imprenditoriali nel lungo elenco di incompatibilità di status che questo disegno di legge contiene (perché è assolutamente falso che in questo provvedimento si rinuncia al principio dellíincompatibilità di status) dovrebbe essere accettata.

Inoltre, líemendamento in esame contiene un altro importante principio che è quello dellíinterposizione di persona. In nessun articolo del suo testo, onorevole Ministro, compare mai il divieto dellíinterposizione. La partecipazione anche allíassunzione dellíatto, deve essere sempre diretta, non vi è mai il concetto che si può influire o esercitare uníinfluenza determinante anche attraverso líinterposizione, mai il concetto che indirettamente ñ non solo direttamente ñ si influisce o si esercita uníattività.

Vi è poi un richiamo esplicito, e anche questo ci sembrerebbe opportuno, a funzioni di responsabilità comunque denominate, e questo c'è nel suo testo, onorevole Ministro; non c'è però un esplicito richiamo ad incarichi di consulenza o arbitrali (incarichi che, come lei ben sa, possono essere estremamente importanti) e anche questo ci sembrerebbe opportuno esplicitare nel testo.

Ma i punti di fondo su cui chiedo un voto favorevole su questo emendamento o su altri che verranno sono quelli del concetto che gestione e amministrazione sono cose diverse, che si può partecipare alla gestione anche senza partecipare agli organi di amministrazione, e del concetto di interposizione. Ci si può esprimere contro questo emendamento, ma vorrei conoscere la posizione del Governo su questi due principi.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, le considerazioni del senatore Passigli le abbiamo esaminate più volte, anche in Commissione. È bene spendere su questo punto una parola qui in Aula. Perché il Governo ha ritenuto e ritiene preferibile non inserire le attività imprenditoriali tra le incompatibilità di status, oltre che per le ragioni su cui già mi sono soffermato nella scorsa seduta del Senato? Il senatore Passigli sostiene che colui che non ha delle cariche formali ma è, ad esempio, un azionista può eventualmente ñ dice il senatore Passigli ñ direttamente o per interposta persona incidere sull'attività imprenditoriale e quindi surrettiziamente compiere atti di gestione. Ebbene, la stessa costruzione del senatore Passigli rivela che questa è una semplice presunzione, e per di più una presunzione di improbabile avveramento, giacchè ciò significa che di regola questo non accade.

Allora, come si fa ad ovviare al pericolo che a volte questo possa accadere? Non, secondo il Governo, con l'incompatibilità preventiva, ma colpendo gli atti ñ ed è la seconda parte del disegno di legge ñ quando questi atti sono compiuti. Io non escludo che dinanzi alle varie autorità un atto compiuto da un componente del Governo possa essere sottoposto a critica e ad una rivendicazione di conflitto di interessi quando, al di là della carica formale, si possa dire: tu hai operato per il tuo interesse. Ma da questo far discendere una incompatibilità, con líesclusione preventiva, sulla presunzione che talvolta chi non ha cariche possa egualmente gestire, sarebbe dare un riconoscimento e trasformare una presunzione di improbabile avveramento in una realtà. Ecco perché in questi casi il Governo preferisce che l'atto, quando ci sia, venga sanzionato allorquando è effettivamente compiuto, perché in questo caso abbiamo quanto meno un elemento che dice: hai compiuto un atto per avvantaggiare, direttamente o indirettamente, il tuo interesse, e quell'atto viene sanzionato.

Tutt'altra cosa è la soluzione del senatore Passigli, secondo cui si presume che talvolta, andando oltre la carica formale, si gestisca surrettiziamente. Per ciò solo si viene dichiarati incompatibili, a prescindere dall'aver accertato che in concreto l'atto invasivo si sia verificato.

Ecco le due differenti impostazioni. Ci torneremo, se occorrerà, ma questa è la ragione della preferenza del Governo per le sanzioni sugli atti e non per l'incompatibilità di status.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.179, presentato dal senatore Villone, identico allíemendamento 2.505, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.500, identico allíemendamento 2.501.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, torno subito sulle argomentazioni del Ministro perché questi due emendamenti, analoghi nella sostanza, me lo consentono.

Il Ministro parla di presunzione, dicendo che essa si avvererebbe raramente. Non víè alcun bisogno di parlare di presunzione; è evidente che se un azionista non partecipante a organi di amministrazione non interviene nella gestione perché, ad esempio, si astiene in assemblea dal nominare il consiglio di amministrazione, si astiene dal partecipare a patti di governance (credo non vi sia alcuna grande impresa, se non quella controllata oltre il 51 per cento da un singolo azionista o gruppo, che non abbia un patto di governance), non conclude patti di sindacato o altri accordi parasociali con altri azionisti (questi accordi servono a guidare e condurre líimpresa, come ben sa il ministro Frattini, e in replica credo di aver detto che non solo è un ottimo giurista, ma è anche uomo di mondo, che conosce benissimo il funzionamento delle imprese e non mi farà il torto di negare che tutti i grandi gruppi, soprattutto in un capitalismo come quello italiano in cui si controllano le imprese con infinitesime percentuali del pacchetto azionario in taluni casi, ma solo grazie ad accordi con altri gruppi con partecipazioni incrociate o cordate di azionisti amici; questi grandi gruppi sono retti da accordi di governance e quindi non vi è alcun bisogno di ricorrere a presunzioni) la norma non si applica. E' chiaro che la norma si applicherebbe solo in quei casi in cui è evidente e sancito da accordi formali che líazionista, pur non essendo membro di organi di amministrazione, partecipa attivamente alla gestione attraverso interposizione di persone (líelezione del consiglio) o attraverso patti di governance.

Quindi non raramente, ma quasi sempre nel caso dei grandi gruppi; non presunzione, ma verifica dei casi in cui questo avviene. Pertanto, non parlerei di atti invasivi, si tratta della regola generale del funzionamento del nostro capitalismo finanziario. Direi che le difese del Ministro a giustificazione della norma scelta dal Governo confermano, invece, allíopposizione la necessità di regolamentare quella che è una prassi costante del funzionamento dei nostri grandi gruppi.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.500, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori, identico allíemendamento 2.501, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.502.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, il Ministro della funzione pubblica è notoriamente un abile ed intelligente giurista, come ha dimostrato in numerose occasioni (noi giuristi siamo tutti un poí azzeccagarbugli) e quindi ha abilmente difeso, poco fa, la posizione del Governo.

Líemendamento 2.502 non presume proprio nulla; stabilisce semplicemente che nel lungo elenco delle incompatibilità previste nellíarticolo 2 del disegno di legge per prevenire il conflitto di interessi (ci sono incompatibilità che riguardano, ho fatto un piccolo conto, più di due terzi dei senatori che siedono in questíAula, più del 70 per cento dei deputati della Camera e la maggioranza assoluta dei cittadini italiani) siano inserite anche la proprietà e il controllo di alcune categorie di imprese: le concessionarie private televisive e radiofoniche; le imprese editrici di quotidiani, periodici e le agenzie stampa; le imprese di raccolta di pubblicità commerciale; le imprese titolari di concessione per líerogazione di servizi.

Ieri ho ascoltato attentamente la replica del Ministro e ho notato che egli difende l'incompatibilità e, persino, in alcuni casi, l'ineleggibilità prevista dalla legge alla carica di sindaco, o per il farmacista o l'amministratore di un'azienda sanitaria locale, sia perché l'esercizio di tali attività può influire sulle scelte degli elettori, che si determinano localmente, sia perché - sostiene il Ministro - questi soggetti ben possono candidarsi alla carica di sindaco in comuni diversi da quelli in cui esercitano le loro funzioni. Sfido chiunque a dire che il farmacista abbia possibilità di incidenza sul voto degli elettori superiori a quelle del proprietario di grandi media, il quale, se non altro, ne sceglie gli amministratori e determina, tramite questi, i direttori delle testate e i titolari dei programmi. Quest'ultimo allora conta meno nell'influenzare le scelte e i giudizi degli elettori del farmacista, dell'amministratore della Asl o del medico condotto?

Il Ministro dice poi che costoro possono comunque candidarsi alla carica di sindaco in altri comuni. Infatti noi non intendiamo in alcun modo estendere queste incompatibilità ad altri Paesi. I titolari di queste imprese possono benissimo candidarsi alle elezioni in Tunisia, in Svizzera o in Sudafrica, non glielo neghiamo affatto. Il punto è che queste incompatibilità valgono dove si determinano le possibilità di influenza sul comportamento elettorale, cioè dove operano le aziende di cui sono proprietari, di cui hanno comunque il controllo.

Basta un semplice ragionamento per smontare l'abilissima motivazione giuridica del Ministro che però non tiene conto del fatto che, in realtà, siamo di fronte a situazioni quantomeno comparabili. Se c'è da esprimere un giudizio di maggiore gravità questo è sicuramente per i soggetti che sono inseriti nellíemendamento e che hanno possibilità di influire, non voglio dire manipolare, sulla formazione delle scelte elettorali degli elettori assai più ampie, assai più decisive di quelle di molti dei soggetti per i quali questa e altre leggi già in vigore prescrivono situazioni di incompatibilità e, in qualche caso, addirittura di ineleggibilità.

Per queste ragioni, se questo emendamento ed altri analoghi non verranno accolti, si finirà per arrivare alla approvazione di una legge palesemente incostituzionale per violazione del principio di eguaglianza.

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.502, presentato dal senatore Occhetto e da altri senatori, fino alla parola: "commerciale".

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.502 e l'emendamento 2.503.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.504.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, oltre all'aspetto ricordato dal senatore Bassanini, ve ne è un altro per il quale a noi sembra che l'Assemblea dovrebbe approvare l'emendamento, quello legato all'atto di concessione, ossia al fatto che il proprietario di un'impresa che opera in regime di concessione, azionista di controllo, si trova ad essere, qualora abbia cariche di Governo, colui che con una mano dà e con l'altra riceve.

Viene quindi a mancare quel dualismo tra concessionario e concedente che è alla base del principio della concessione.

Vi è un caso ovvio di conflitto di interessi: quando nella stessa persona si accentra il potere di dare e di ricevere, di chiedere e di rispondere positivamente alla richiesta.

Ma vi è da fare uníulteriore considerazione, sempre in linea con quanto affermato dal senatore Bassanini. La risposta che viene spesso data è che esiste una legge sulla par condicio (peraltro a suo tempo fieramente avversata dallíattuale maggioranza) che dovrebbe garantire che anche in caso di controllo del mezzo televisivo, di questo potente strumento (che è notoriamente quello che maggiormente influenza la formazione del consenso politico, dellíopinione pubblica e, quindi, dei comportamenti elettorali), da parte di un leader politico non vi sia alterazione nella formazione dellíopinione pubblica.

Ebbene, la legge sulla par condicio ñ come è noto ñ ha precisi limiti temporali, forse addirittura troppo stretti. Non parliamo poi del ruolo degli organismi di vigilanza quali, ad esempio, la Commissione bicamerale di indirizzo e di vigilanza, la quale ha poteri e funzioni che si rivolgono solo allíemittenza pubblica. Ma soprattutto dobbiamo considerare che la formazione del consenso politico avviene nellíarco di uníintera legislatura, per stratificazione, e che la formazione dei valori e delle opinioni politiche non è fatto che attiene solo alla campagna elettorale né che si esplica nel limitato arco temporale in cui valgono le norme sulla par condicio.

Di conseguenza, non ci sembra possa essere accolta qualsiasi risposta che tendesse a negare líevidenza che il controllo del mezzo televisivo esplica una sua profonda influenza sulla formazione del consenso politico durante tutto líarco della legislatura.

Per queste ragioni credo che líemendamento 2.504 debba essere approvato..

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.504, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.25.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.25, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.26.

 

Verifica del numero legale

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, a nome del prescritto numero di senatori, che invito ad appoggiare la mia richiesta, chiedo la verifica del numero legale, sperando che questa volta vi siano 12 senatori che líappoggino.

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata richiesta la verifica del numero legale.

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

Onorevoli colleghi, vi invito a prendere posto perché vorrei evitare discussioni. Sono certo che il numero legale vi sia, per cui raggiungete anche fisicamente la vostra postazione. (Alcuni senatori dellíopposizione fanno presente che nei banchi della maggioranza vi sono luci accese cui non corrispondono i rispettivi senatori).

Onorevoli colleghi, mi sembra che sia tutto assolutamente regolare. (Commenti dai banchi dellíopposizione).

(Segue la verifica del numero legale).

Onorevoli colleghi, ai fini del risultato è ininfluente, ma anchíio ho notato che

nel quarto settore, precisamente alla seconda fila dallíalto, cíè una luce accesa senza il corrispondente senatore. Invito pertanto il commesso a ritirare immediatamente quella tessera.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge
nn. 1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Metto ai voti líemendamento 2.26, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.132.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Ripamonti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.132, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

TURRONI (Verdi-U). Signor Presidente, mi dispiace, ma il tabellone riportava il numero di 14 senatori.

PRESIDENTE. Appunto, ne occorrono 15 per appoggiare la richiesta di votazione nominale con procedimento elettronico. Il Regolamento, senatore Turroni! (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC:CCD-CDU-DE e LP).

Metto ai voti l'emendamento 2.107, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.59.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Ripamonti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata chiesta la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.59, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

I senatori favorevoli voteranno sì; i senatori contrari voteranno no; i senatori che intendono astenersi si esprimeranno di conseguenza.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

MORANDO (DS-U). Ma quante tessere metti?

PAGANO (DS-U). Presidente, non si può continuare così! Lì cíè un pianista con tutte e due le mani impegnate!

PRESIDENTE. Ci sono cinque luci e quattro teste, quindi cíè qualcosa che non va. Colleghi, la settimana prossima arriveranno le norme "antipianista".

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.506, presentato dal Governo.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.49, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.120, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.27, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.188, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.507, presentato dal Governo.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.28, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.508, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.114, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.29, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.509, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.510, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.511, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.512.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI(DS-U). Signor Presidente, vorrei sollecitare il Ministro a rispondere sul punto che avevo precedentemente sollevato, e cioè se líesercizio di compiti di gestione o la presenza nellíattività di gestione possa avvenire anche di fatto, ossia non in via di una presunzione ma di un atto formale quale può essere, ad esempio, la partecipazione a un patto parasociale.

Sul punto credo che si debba fare chiarezza. Il Governo considera líadesione di un azionista a un patto di sindacato - in linea, ad esempio, con quanto dispone la legge bancaria sul controllo - una partecipazione al controllo e alla gestione di una società oppure la considera ininfluente e quindi considera necessario solo verificare se i singoli atti di Governo premiano o non premiano quella società?

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Credo di averlo detto più volte in Commissione, ma è opportuno spendere una parola anche in Aula su questo specifico tema.

Il senatore Passigli e altri colleghi autorevoli, che di questa materia si intendono, con questi emendamenti chiedono in sostanza di equiparare a tutti gli effetti giuridici, e per di più ai fini di una incompatibilità preventiva, quella situazione che una giurisprudenza non maggioritaria della Cassazione ha costruito intorno alla figura dellíimprenditore di fatto o dellíattività imprenditoriale di fatto.

In altri termini, si chiederebbe non solo di equiparare tout court quello che la giurisprudenza ha equiparato soltanto in alcuni casi, ma si pretenderebbe anche di farlo perché ne derivi una esclusione preventiva, attraverso líincompatibilità. È proprio questo che il Governo non condivide.

Come ho già detto, e lo ripeto ancora, esclusa líincompatibilità preventiva, se colui che non avendo compiti di gestione, perché non ha incarichi e cariche formali, ciò non di meno nei suoi atti concretamente compiuti avvantaggia líinteresse proprio, non manca lo strumento per colpire questa azione, che continua ad essere uníazione che ñ lo confermo e lo ribadisco - definisco invasiva. Non possiamo immaginare, infatti, che fisiologicamente la figura dellíimprenditore di fatto venga equiparata oggi nellíordinamento alla figura dellíimprenditore. Non possiamo, perché vogliamo colpire una determinata persona fisica, entrare nellíordinamento giuridico, che si è costruito da decenni intorno alla figura dellíimpresa e dellíazione imprenditoriale di fatto, equiparando in un colpo líuna allíaltra figura, e non possiamo farlo ai fini di una incompatibilità preventiva.

Se qualcuno operando nellíazione di Governo, eccede i limiti della carica formale nellíimpresa e avvantaggia il proprio interesse personale, quellíatto sarà colpito e sanzionato. Come lei sa, senatore Passigli, gli emendamenti del Governo hanno richiamato le norme della par condicio che prevedono sanzioni fino alla revoca della concessione radiotelevisiva.

In sostanza, mi sembra che anche líatto compiuto, al di là del rivestire una carica formale, possa essere adeguatamente colpito, ma ove avvantaggi líinteresse del suo titolare e mai per farne derivare una esclusione preventiva. Quella, sì, sarebbe semplicemente presuntiva.

Se di regola líimprenditore di fatto è figura estranea allíordinamento, come facciamo non solo a renderla ordinaria, ma anche a dire che si presume che in ogni caso chi non ha cariche formali gestisca di fatto? Questa presunzione, che porta líincompatibilità, è un doppio passaggio che il Governo continua a non condividere.

Il Governo condivide, invece, che il singolo atto debba e possa essere colpito e sanzionato indipendentemente dalla carica formale, perché qui prevale líinteresse sostanziale pubblico a che chi riveste cariche di Governo non faccia líinteresse privato. Ciò, però, presuppone che líatto sia stato compiuto, perché altrimenti, dal possesso di una situazione di fatto, si desume che essa verrà comunque utilizzata per avvantaggiare i propri interessi. Tale presunzione, che non è facilmente verificabile, non può - a mio avviso - portare alla incompatibilità.

Questa è la ragione per la quale ritengo che anche l'emendamento in questione debba essere respinto. (Applausi dal Gruppo FI).

PASTORE, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASTORE (FI). Signor Presidente, poiché ritengo questo un passaggio importante per i lavori parlamentari, aderisco pienamente alle argomentazioni testé svolte dal Ministro e faccio la seguente osservazione.

Vorrei far presente che la semplice situazione di controllo, come testualmente si evince dallíarticolo 3 che tra breve esamineremo, porterà eventualmente a compiere la verifica sugli atti, ma non può essere di per sé una causa di incompatibilità. E ciò per le ragioni esposte in sede di discussione generale e da ultimo dal ministro Frattini.

Questa è una testimonianza in Aula che può essere utile per líinterpretazione della norma.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, colgo il senso di alcune delle motivazioni del Ministro, ma vorrei ancora una volta invitare a considerare questo provvedimento, non solo da parte dell'opposizione ma anche della maggioranza, non come riguardante una persona sola, tant'è vero che l'articolo 2 di questo testo - lo abbiamo ricordato tante volte - concerne milioni di soggetti in situazione di incompatibilità.

Le norme sulla par condicio non avrebbero alcuna influenza se, per esempio, discutessimo il caso del nostro amato e apprezzato collega, senatore Giovanni Agnelli, il quale è azionista di riferimento in aziende che non operano sul mercato radiotelevisivo. Quindi, la legge sulla par condicio non interferirebbe in alcun modo con il potenziale conflitto di interessi che si verificherebbe, per esempio, se al senatore Giovanni Agnelli fosse affidato l'incarico di Ministro delle attività produttive. In tal caso certamente egli sarebbe tenuto ad astenersi, allorquando il Consiglio dei Ministri dovesse discutere, per esempio, un provvedimento sulla rottamazione delle auto. Ci mancherebbe altro!

Torniamo, però, ad insistere sulla rilevanza del tema: pensate che la situazione di potenziale conflitto di interessi nei confronti dell'incarico di Ministro delle attività produttive del senatore Giovanni Agnelli sia meno rilevante di quella di una dipendente della Rinascente, quindi del gruppo di cui il senatore Agnelli è azionista di riferimento, tanto che per la dipendente della Rinascente si prescrive l'incompatibilità?

Il Ministro ha parlato di "incompatibilità preventiva", ma in realtà l'aggettivo "preventivo" non è ad essa riferibile. L'incompatibilità, infatti, significa che allorquando ñ ad esempio- una commessa della Rinascente, un dirigente della Fiat, un professore universitario o un avvocato assumono cariche di Governo, quali ad esempio quella di Sottosegretario di Stato, devono rinunciare all'attività professionale svolta. E deve rinunciare, signor Ministro ñ insisto- anche chi non recupera automaticamente il proprio incarico: il Rettore di una università, chiamato a svolgere la funzione di Ministro dell'istruzione non recupera, quando il Governo dovesse dimettersi, il suo incarico di Rettore di università perché ovviamente, nel frattempo, un altro è stato eletto.

Si è posta varie volte l'ipotesi che il Ragioniere generale dello Stato - penso all'eccellente dottor Monorchio - potesse essere chiamato a ricoprire cariche di Governo. Una volta definito, come questa legge fa, incompatibile questo ruolo con cariche di Governo, quando l'Esecutivo cessa di operare o si dimette, non tornerebbe a ricoprire il ruolo di Ragioniere generale dello Stato perché, nel frattempo, è stato nominato un altro: giustamente non si può tenere il posto in caldo o vacante.

Se ragioniamo non in termini del conflitto di interessi del presidente Silvio Berlusconi ma in generale, come dobbiamo fare, ci accorgiamo che la risposta del Ministro non è convincente, e che escludere dall'ampia congerie di categorie di persone i titolari di posizioni di controllo in imprese e società rilevanti, significa usare due pesi e due misure: prevedere, cioè, la misura rigorosa dell'incompatibilità per milioni di persone, per le quali il conflitto di interesse è improbabile e remoto, e non farlo in casi in cui il conflitto di interesse è molto probabile in un numero molto alto di decisioni del Governo, sì da rendere lo strumento dell'astensione dalla decisione del tutto inadeguato e, comunque, tale da non giustificare in alcun modo che per i primi si preveda lo strumento dell'incompatibilità e per i secondi solo l'obbligo di astensione.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione.

RIPAMONTI (Verdi-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Ripamonti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 2.512, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.513.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, tralasciamo quanto è stato detto circa l'imprenditore di fatto e parliamo invece di interposizione, argomento rispetto al quale gradirei una risposta precisa da parte del Governo.

Stiamo parlando dell'influenza determinante sulla gestione di un'impresa che si esercita non attraverso la configurazione di un ruolo di fatto, ma attraverso la possibilità, da parte dell'azionista di riferimento o di controllo, di nominare gli organi di amministrazione. Si tratta dunque di un'influenza che si esercita indirettamente, per interposta persona o per le interposte persone che siedono negli organi amministrativi.

Il Ministro, la maggioranza, il Governo non possono ignorare che nell'economia dei Paesi industrialmente avanzati i grandi gruppi vengono controllati, in larghissima parte, attraverso accordi da parte di gruppi proprietari che non detengono necessariamente la maggioranza, con azionisti di riferimento che non siedono direttamente nei consigli. Tutta la figura dell'interposizione, del controllo esercitato attraverso la nomina degli organi di amministrazione, deve quindi essere considerata più approfonditamente.

Non vedo come si possa sostenere che soltanto per le attività imprenditoriali vale l'esame dei singoli atti di Governo per verificare se norme, varate o proposte dal Governo al Parlamento e poi approvate, e atti amministrativi dell'Esecutivo abbiano avvantaggiato gli azionisti di controllo o di riferimento, mentre questo ragionamento non si applica, ad esempio, alle professioni. Per le professioni dovrebbe valere esattamente ciò che vale per le attività imprenditoriali.

Gradirei conoscere dal Ministro per quale ragione ritiene, ad esempio, che per le professioni debba valere addirittura ñ in quel caso sì - un'esclusione preventiva, anche se temporanea, dall'ordine e quindi dall'esercizio della professione, mentre questa misura non si applica a chi esercita, sia pure per interposta persona, un'attività imprenditoriale.

Quanto cerchiamo di sottolineare in quest'Aula è la palese incostituzionalità di una disposizione che applichi misure diverse, e irragionevolmente tali, a categorie di persone che sono, sì, formalmente diverse, ma rispetto alle quali non si comprende il fondamento del differente trattamento normativo. Se la ragione consistesse nell'impossibilità per l'imprenditore di tornare al proprio status precedente, oltre alle giuste considerazioni del senatore Bassanini, dobbiamo ricordare che ciò vale palesemente per le professioni. È evidente che chi non faccia l'avvocato per dieci anni può tornare al suo status professionale, e viene riammesso all'esercizio della professione, ma vorrei chiedere agli avvocati presenti in quest'Aula se, dopo aver abbandonato per dieci anni la loro professione, la partecipazione agli studi o alle associazioni professionali, ritroverebbero il loro status professionale precedente.

A maggior ragione questo vale per i medici. Le professioni, e tra queste quella medica, richiedono un aggiornamento continuo. Si conoscono vari casi di chirurghi, ad esempio, che hanno rinunciato al mandato parlamentare, perché stavano perdendo la propria manualità.

Per quanto riguarda il ritorno allo status precedente, che più volte è stato enunciato dal Ministro come discriminante, per cui si può stabilire uníincompatibilità assoluta per chi può tornare al proprio status e invece non la si può stabilire per il proprietario di azienda, che non ritroverebbe più la propria azienda, o la ritroverebbe mutata, questo non è forse vero anche per le professioni, al di là di uno status formale di avvocato, di iscritto allíordine dei medici o di architetto?

Eí chiaro che siamo in presenza di una difformità di trattamento che supera i limiti di ragionevolezza più volte affermati dalla Corte costituzionale.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Le considerazioni svolte dai senatori Bassanini e Passigli meritano certamente qualche ulteriore breve riflessione, perché introducono un esempio che apparentemente è accattivante. In sostanza, si dice che si condanna di fatto il professionista a non poter recuperare più la sua professionalità e la sua manualità, a perdere la clientela, si condanna il rettore a non tornare più nei panni di rettore, idem per il Ragioniere generale, ed invece si salva il proprietario di uníazienda.

Mi permetto di sottolineare che la situazione è profondamente diversa. Eí evidente che lo status dellíimpiegata della Rinascente (per iniziare dallíesempio più eclatante) è quello di impiegata di uníazienda privata, che lei può pacificamente recuperare dopo aver svolto il mandato come Ministro o Sottosegretario.

Non credo che qualcuno in questíAula vorrà sostenere che lo status del rettore di uníuniversità è quello di rettore; in realtà, il suo status è quello di professore universitario, che pacificamente viene recuperato. La funzione di rettore certamente può non essere recuperata, ma il sacrificio determinato dalla rinuncia ad una funzione, a fronte del recupero dello status, al Governo sembra compatibile con líalternativa della scelta tra fare il Ministro e continuare ad essere professore - ma lo sarà anche dopo cinque anni - con le funzioni di rettore.

Assai diversa è la posizione di chi, essendo proprietario di uníazienda che fabbrica utensili di plastica, venga posto dinanzi alla scelta di vendere prima di assumere líincarico. Egli si troverà in tasca una somma di denaro, o una serie di pacchetti azionari polverizzati di una serie di società totalmente diverse - per settore, know how ed avviamento - dalla sua azienda, che non recupererà più. Questo, sì, incide, e in maniera irreparabile, non solo sulla funzione, ma anche sullo status. Infatti, come ho cercato di spiegare in altre occasioni, soprattutto in Commissione, se il proprietario di uníazienda che produce utensili di plastica domani diventa proprietario di un pacchetto di azioni minoritarie dellíOlivetti, di uno della FIAT e di uno di uníaltra azienda, la sua proprietà sarà totalmente diversa, sarà uníaltra cosa. Credo che la differenza sia davanti agli occhi di tutti.

Parliamo rapidamente anche dei professionisti, altro paragone accattivante, specialmente per i molti colleghi che lo sono. Ci siamo resi conto che questo aspetto andava migliorato.

Ed allora abbiamo specificato con emendamenti del Governo e del relatore, presidente Pastore, che riguardo all'incompatibilità relativamente agli atti, essa si riferisce a quegli incarichi che hanno attinenza con le funzioni del mandato. Si era fatto l'esempio del Sottosegretario alla giustizia che fa l'avvocato, ma anche del Sottosegretario all'agricoltura che fa il medico, e si era detto che forse in quel caso l'incompatibilità è irragionevole.

Ma ci siamo resi conto anche del danno economico che si poteva arrecare a chi, essendo, ad esempio, componente di un'associazione tra professionisti, venisse costretto da questa legge a perdere anche la sua posizione, il suo status di contitolare dell'associazione professionale. Per venire incontro a questa giusta esigenza (che non è una richiesta dell'opposizione, ovviamente, ma è derivata dalle osservazioni degli autorevoli colleghi dell'opposizione) abbiamo preso atto che questo danno sarebbe stato non giustificabile e abbiamo detto, come vedrete negli emendamenti del relatore e del Governo, che il professionista può restare titolare delle quote di un'associazione professionale. Quindi non lo costringiamo a quella perdita che ñ allora sì, avrebbero ragione i colleghi ñ sarebbe non giustificabile nella sua disparità, bensì lo costringiamo, ad esempio, a non firmare in prima persona l'atto, ma non anche a perdere il suo diritto per quanto riguarda il trattamento successivo di pensione, non anche a perdere la sua quota associativa. Quindi, siamo venuti incontro a questa, che è una giusta considerazione.

Quanto al medico che perde la manualità, ho detto in Commissione che il Governo non avrebbe avuto niente in contrario, nei casi in cui la professione richieda per la professionalità del suo titolare un esercizio manuale, com'è stato detto per il chirurgo, ad introdurre un'esplicita previsione che escluda l'incompatibilità. È sorto però ñ e i colleghi lo sanno perfettamente ñ un problema di definizione di questa possibile norma; se l'Aula volesse introdurla, il Governo sarebbe ben pronto ad aderire a questa ipotesi, cioè prevedere, ad esempio, una gratuità della prestazione, ossia una formula che non neghi il principio che il professionista il quale opera con la sua manualità non debba essere di fatto danneggiato, perdendola, ma affermando il principio che chi ricopre una carica di Governo, come abbiamo detto all'articolo 1, ad essa si deve dedicare in via esclusiva. Quindi, a meno che non ci sia una compatibilità (ad esempio, l'ipotesi che ho portato del medico che diventa Sottosegretario all'agricoltura), io non vedo l'impossibilità per il chirurgo diventato Sottosegretario all'agricoltura di esercitarsi con la manualità. Quel che occorre è che non diventi un ulteriore incarico professionale retribuito regolarmente che si aggiunga alla carica temporanea di Sottosegretario all'agricoltura.

Quindi, anche queste preoccupazioni possono cadere, in parte per l'emendamento già presentato dal Governo, in parte per questa precisazione, che credo, nei lavori di questa Assemblea, possa già derivare dal chiarimento che ho dato. Certo, per il chirurgo che diventa Sottosegretario o Ministro della sanità possiamo prevedere, se il Senato lo volesse, una deroga nel senso che la manualità a titolo gratuito si può conservare.

Díaltronde, ricorderete tutti che senza alcuno scandalo il ministro Veronesi effettuava delicati interventi chirurgici essendo Ministro della sanità. Quindi, colleghi dellíopposizione, non è certo per questo che voi potrete convincere il Governo a dire che, siccome per il chirurgo non abbiamo previsto líesercizio della manualità, allora applichiamo líincompatibilità preventiva per tutti i casi dei proprietari.

La cosa "prova" un poí troppo, ma la disponibilità sul terreno dei professionisti da parte del Governo è piena.

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, signor Ministro, io ho lo status del medico, che naturalmente conservo, nonostante oggi svolga altra professione. È altrettanto chiaro che essendo uscito dallíospedale oltre 10 anni fa, e non potendovi rientrare presumibilmente che fra qualche anno, ho perso la mia professionalità e anche le opportunità di carriera che in quel momento mi si presentavano e che non recupererò più.

Ciò non di meno, signor Ministro, non mi ritengo danneggiato. Semplicemente, ad un certo punto della mia vita, ho dovuto compiere una scelta fra due diverse possibilità: continuare una carriera professionale o intraprendere una carriera politica, con tutto ciò che essa comportava anche in termini di rinuncia.

Lei stamattina fa uno strano ragionamento che contrasta con quello che aveva svolto in replica líaltra sera. Lei, cioè, afferma che le garanzie che la legge deve porre nei confronti di coloro che esercitano un potere in uno Stato democratico si applicano oppure no, si applicano parzialmente o con compensazioni in base al danno maggiore o minore che il soggetto può subire.

Francamente questo ragionamento non mi convince, signor Ministro. Le garanzie o si applicano o non si applicano. Il ragionamento che lei svolge stamattina è in contrasto con quanto ci ha detto líaltra sera - ripeto - in replica, quando ha affermato che queste garanzie non potevano applicarsi, profilandosi degli elementi di incostituzionalità, nei confronti del diritto di proprietà. È uníaffermazione ben diversa da quella di stamattina.

Per quanto riguarda i profili di incostituzionalità, lei ha fatto riferimento allíarticolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dellíUnione europea, dove si stabilisce che nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa.

Al di là del fatto che - come potrà notare - nellíarticolo 17 esistono ampie deroghe al principio base dellíintangibilità della proprietà, rilevo che lei ha fatto una sorta di gioco di prestigio confondendo i due termini del problema. Infatti, líoggetto dellíincompatibilità non è la proprietà, ma la carica pubblica. Noi non stabiliamo che non possa essere proprietario colui che ricopre una carica pubblica, ma viceversa che non possa ricoprire carica pubblica colui che possiede certe proprietà.

Ferma restando la possibilità da parte del soggetto di non accedere alla cariche pubbliche qualora ritenesse lesiva per i propri interessi la limitazione al diritto di proprietà. Quindi, non c'è alcun esproprio, signor Ministro, assolutamente. Viceversa, ci può essere l'impossibilità di accedere ad una carica pubblica. Lei ha provato precedentemente anche a dimostrare l'incostituzionalità di questa limitazione, che però io faccio fatica a percepire, dal momento che c'è un articolo della nostra Costituzione, il 65, che prevede chiaramente che attraverso la legge vengano stabilite delle limitazioni, sia al diritto di elettorato passivo sia al diritto di accesso alle cariche pubbliche. È l'articolo 65 che lo stabilisce. Non vi è quindi alcuna incostituzionalità nel prevedere queste limitazioni, le quali, lo ripeto, sono ben lungi dal ledere il diritto di proprietà, perché quello dipende dalla scelta che l'individuo opera circa la sua volontà o ambizione di accedere ad una carica pubblica, ovvero di non farlo.

Signor Ministro, stabiliamo una volta per tutte: c'è un problema quantitativo, dobbiamo cioè misurare il danno e a questo commisurare la prescrizione legislativa, oppure c'è un problema di principio, con dei princìpi di costituzionalità che impediscono l'incompatibilità e l'ineleggibilità? Una volta fatta chiarezza su questa fondamentale distinzione, ritengo che potremmo tornare a parlare di princìpi di incostituzionalità e chiederle ragione di quanto da lei affermato e di quanto io trovo assolutamente sbagliato. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PRESIDENTE. Come precedentemente programmato, sospendiamo l'esame di questo provvedimento e passiamo all'esame del successivo punto all'ordine del giorno.

Seguito della discussione del disegno di legge:

(795-B) Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo (Approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 795-B, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che nel corso della seduta pomeridiana del 20 giugno il senatore Boscetto ha svolto la relazione orale.

TURRONI (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURRONI (Verdi-U). Signor Presidente, i Verdi intendono sollevare una questione pregiudiziale di costituzionalità su questo provvedimento.

La legge in discussione riguarda gli stranieri. Il testo unico sulle immigrazioni precisa che essa si applica ai cittadini che non appartengono all'Unione europea, quindi agli statunitensi, ai canadesi, ai giapponesi, financo ai sammarinesi, romagnoli come me, quindi a cittadini di Paesi più ricchi del nostro o come il nostro, ma anche a coloro che vivono in Paesi nei quali regnano la fame, le malattie, le carestie, a coloro che sono sottoposti a regimi dispotici, dittatoriali, non democratici, che colpiscono le minoranze e che negano loro i più elementari diritti, che perseguitano gli avversari, siano essi politici o di diversa etnia. Ma questa legge rivela in ogni suo passaggio una diversa valutazione degli stranieri, considerando diversamente quelli che provengono da Paesi più poveri e gli altri. Questa disparità determina la violazione dell'articolo 2 della Costituzione, che recita: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Questi diritti sono riferibili non solo ai cittadini, ma a tutti gli uomini, siano essi appartenenti ai Paesi più ricchi o a quelli più poveri, soggetti di diritti di solidarietà politica, economica e sociale.

Quindi riteniamo che questo testo, così come modificato dallíaltro ramo del Parlamento, non rispetti questi diritti fondamentali che riguardano tutti gli uomini e che la nostra Costituzione riconosce allíarticolo 2.

Sono esaltate, nei confronti di coloro che sono oggetto di questo provvedimento, talune compressioni e limitazioni di questi diritti; vi è líesaltazione della discrezionalità, da parte delle autorità pubbliche, che incide negativamente nei confronti di questi diritti, precisando che tali autorità la possono esercitare al di fuori di quelle norme che prevedono che essa debba essere sempre definita e delimitata in modo assai preciso.

Le misure adottate nei confronti di questi cittadini stranieri devono consistere in norme razionali e congrue rispetto ai fini che perseguono e soggette, inoltre, ad una rigorosa e penetrante verifica.

Questi princìpi appena citati non sono contenuti né osservati nel provvedimento al nostro esame, del quale contestiamo la costituzionalità nel senso che riteniamo che esso violi il nostro dettato costituzionale.

Vi sono altre norme (a proposito delle quali ricordo gli interventi esemplari svolti dai senatori Villone e Zancan quando si discusse in prima lettura questo provvedimento) delle quali evidenzio solo alcuni aspetti. A proposito della tutela giurisdizionale entrambi sottolinearono in quella circostanza che veniva ridotto in modo grave e significativo il diritto più importante riguardante ogni cittadino, vale a dire quello di potersi difendere di fronte al giudice rispetto alle violazioni di legge che gli vengono attribuite e ai reati per i quali egli è perseguito. Entrambi questi senatori, certamente più esperti di me in materia, affermarono in quella circostanza che il provvedimento di espulsione che veniva disposto nei confronti di uno straniero, con una sola e remota possibilità per lo straniero di opporvisi ledesse ñ e lo ribadisco a nome di tutti i Verdi ñ quel fondamentale principio che stabilisce che la persona può e deve difendersi nel processo al fine di vedere affermata la propria innocenza, nella presunzione che un cittadino è da considerarsi innocente fintanto che non venga condannato da sentenza

Ebbene, questa limitazione del diritto dei cittadini viola anche gli articoli 3 e 111 della Costituzione, contraddicendoli in maniera decisa.

Uníaltra questione riguarda i luoghi di soggiorno dove persone che non sono colpevoli di nulla vengono ristrette e detenute. Questi luoghi con eufemismo vengono definiti centri temporanei di permanenza ma, in realtà, sono vere e proprie carceri. Taluni di noi li hanno visitati e possono dire che si tratta di luoghi che non rispettano la dignità delle persone, da qualsiasi Paese provengano.

Affronterò le ultime due questioni, signor Presidente. Ho già detto che questo provvedimento è intessuto di razzismo che risalta in maniera evidente, ictu oculi, leggendo la modifica introdotta allíarticolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 sullíimmigrazione. Esso stabilisce che debba essere consegnata allo straniero (sia esso statunitense, giapponese, marocchino o abitante del Ghana o di qualsiasi altro luogo) insieme con il visto, una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile che illustri i diritti e i doveri dello straniero. Nellíarticolo 4 del testo approvato dalla Camera dei deputati, invece, modificando il testo unico, si usa anche líespressione: "o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo" sottolineando in questo modo che esiste una differenza tra chi parla swahili (o un qualsiasi dialetto dellíIndia o una lingua di qualche altro Paese disgraziato di questo mondo) e chi ha la conoscenza di quelle citate nel testo.

Presidenza del vice presidente SALVI

(Segue TURRONI). Questa è disparità di trattamento, di considerazione, di valutazione fra gli uomini e non solo fra i cittadini, fra gli uomini.

Uníultima questione riguarda i rilievi fotodattiloscopici, e questa è una vera e propria vergogna! Non possiamo pensare che una legge di questo Paese - che è un Paese che continuiamo a considerare democratico - traduca quello che un ex senatore, (mi pare si chiami Boso), lanciò un giorno come slogan, dicendo che a tutti gli stranieri dovevano essere prese le impronte dei piedi. Questa è mancanza di rispetto per la dignità degli uomini! Voi oggi pretendete che questa proposta diventi legge dello Stato. È una previsione in contrasto con la Costituzione e viola i diritti fondamentali di ciascuno di noi e di tutti i cittadini di questo mondo.

Per tali motivi chiediamo che il provvedimento in esame sia respinto da questíAula dichiarandone líincostituzionalità. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U).

MARITATI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARITATI (DS-U). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, le nuove disposizioni varate dalla maggioranza alla Camera nel disegno di legge in esame in tema di espulsione e identificazione degli stranieri provenienti dai Paesi esterni allíUnione europea introducono nel nostro sistema meccanismi differenziati a carattere certamente discriminatorio per líaccertamento dellíidentità di cittadini di nazionalità non europea e per gli altri cittadini stranieri.

In particolare, la previsione degli articoli 5 e 7 contiene un evidente significato discriminatorio del tutto inutile al perseguimento dello scopo dichiarato di garantire la sicurezza e líordine nel Paese, giacché sulla base delle norme già in vigore le forze di polizia possono procedere al rilevamento delle impronte a tutti gli stranieri che si trovino, però, in posizione irregolare ed inoltre a chi, immigrato o cittadino italiano, cerchi di nascondere o alterare la propria identità.

Tale possibilità è espressamente prevista dallíarticolo 4 del regio decreto n. 733 del 1931, che conferisce allíautorità di pubblica sicurezza la facoltà di ordinare che le persone pericolose o sospette o coloro che non sono in grado o rifiutino di provare la loro identità si sottopongano a rilievi segnaletici. Ed ancora, più di recente, in modo specifico il comma 4 dellíarticolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede che quando vi sia motivo di dubitare dellíidentità personale dello straniero questi possa essere sottoposto a rilievi segnaletici.

Non può esservi alcun dubbio, pertanto, sulla possibilità di rilevare le impronte a tutti i cittadini stranieri provenienti da Paesi extracomunitari, ma che abbiano commesso reati, o a tutti coloro che non siano in grado o non vogliano fornire dati certi sulla propria identità.

Non vi è ragione né necessità di imporre a tutti coloro che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno nel nostro Paese la schedatura attraverso il rilevamento delle impronte digitali.

Líunica vera ragione di tale norma discriminatoria ñ e lo vedremo ñ va ricercata, quindi, nel messaggio politico che il Governo vuole inviare al Paese, persistendo in una politica di immagine, di impressioni e di emozioni; il messaggio di schedare tutti gli immigrati senza distinzione alcuna tra regolari e irregolari, tra onesti e disonesti, tra chi si trova in Italia da molti anni e lavora in maniera onesta, con evidente utilità per il nostro Paese, e chi sia invece giunto da pochi mesi in cerca di lavoro. Tutto ciò al solo scopo di continuare ad alimentare il sospetto che gli stranieri siano tutti potenziali criminali.

Non è stata mai negata da parte nostra líesigenza che le forze di polizia fossero dotate del potere di procedere, con tutti i mezzi leciti ed utili, alla identificazione degli stranieri la cui identità personale fosse ignota o non certa tantíè che, con una previsione ad hoc contenuta nella legge in vigore in materia di immigrazione, tale possibilità è stata ribadita rispetto alla più antica previsione del Testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza.

Sulla base di tale premessa il Governo in carica avrebbe ben potuto limitarsi a rafforzare la possibilità riconosciuta alle forze di polizia con la previsione di un vero e proprio obbligo del rilevamento dei dati personali segnaletici. Una simile normativa sarebbe, peraltro, in linea con il sistema Apis, attraverso il quale è già possibile incrociare i dati in possesso delle varie questure o di altre forze di polizia, e con líentrata in vigore della Convenzione EURODAC, per la quale il prelievo delle impronte viene reso possibile anche per le categorie degli stranieri richiedenti asilo i quali, sebbene non debbano essere considerati clandestini, entrano di regola tuttavia nel Paese in modo irregolare.

Esiste, inoltre, una indubbia esigenza di procedere al rilevamento delle impronte nei confronti di alcuni stranieri che richiedono il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno attraverso documenti e con modalità che si prestino a manipolazioni o a falsificazioni o scambi di persona, come accade di sovente nellíambito delle ampie comunità asiatiche, in particolare quella cinese ove è stato accertato più volte come alcuni soggetti sembrino non morire mai, in quanto il loro permesso di soggiorno, a seguito dei decessi, viene riciclato in favore di altri appartenenti allo stesso gruppo e comunità.

In simili casi, al di là di ogni condizionamento ideologico, è indispensabile procedere agli accertamenti necessari, compreso il rilevamento dei dati dattiloscopici.

Il disegno di legge in esame, invece, dispone che la schedatura debba riguardare tutti gli stranieri, senza distinzione di sorta tra coloro la cui identità sia incerta o sia ben definita, tantíè che si legge "lo straniero che richiede il permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi dattiloscopici".

Sorge, a questo punto, il legittimo dubbio sulla stessa estensione della norma. Quali stranieri? Anche quelli che chiedono ed ottengono il permesso di soggiorno turistico, per affari, per motivi religiosi, sportivi o per altro? In caso affermativo, gli accertamenti dovrebbero riguardare milioni di persone con disagi ben immaginabili alla struttura operativa oltre agli stessi stranieri che, in numero crescente, entrano nel nostro Paese per ragioni più che legittime.

Sulla base di alcune dichiarazioni rese da esponenti della maggioranza e del Governo, dovrebbero essere esclusi da tali accertamenti tutti coloro che entrano in Italia sulla base di permessi brevi per turismo, religione e sport. È comunque indispensabile procedere ad una precisazione della norma atteso che, nella ipotesi di un visto breve per le ragioni testé richiamate, sia per i visti rilasciati a scopo di lavoro, sempre e comunque di permesso di soggiorno si tratterà e, pertanto, sulla base dellíattuale stesura del testo, scatterebbe líobbligo dei rilievi dattiloscopici.

Non appare superfluo comunque rammentare a tal proposito che la gran parte dei terroristi implicati nella strage di New York dello scorso 11 settembre era in possesso di visti per soggiorni brevi. Avremmo, pertanto, il paradosso che lavoratori onesti, impegnati in attività assistenziali e socialmente utili, verrebbero sottoposti agli accertamenti e ai rilevamenti dattiloscopici, mentre coloro che entrano in Italia con permessi di soggiorno per affari, per motivi religiosi o sportivi ne sarebbero esenti. La sbandierata esigenza di sicurezza resterebbe comunque ancora una volta insoddisfatta.

Siamo, pertanto, in presenza di disposizioni inutilmente e gravemente discriminatorie nei confronti di una intera categoria di cittadini stranieri per il solo motivo di essere tali, prescindendo da ogni reale motivo di dover accertare líidentità della persona.

È sulla base di queste premesse che intendo formulare una pregiudiziale di costituzionalità in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 24 della Costituzione poiché il presente disegno di legge, ove accolto nel testo pervenuto dalla Camera dei deputati, opera una ingiustificata discriminazione tra individui che, al di là del concetto di cittadinanza, non possono vedere violati i propri diritti di persona.

Già gli illuministi del Settecento avevano piena consapevolezza del legame fra líelaborazione del concetto di cittadinanza e la volontà di esprimere e realizzare precisi interessi e valori sociali, tantíè vero che per essi il cittadino non era tale solo perché appartenente alla popolazione di uno Stato, ma perché titolare di un cospicuo patrimonio di diritti e di doveri.

In questa prospettiva i diritti del cittadino vengono sempre più spesso considerati come diritti dell'uomo - persona, contribuendo a rendere, almeno sulla carta, meno significativa la differenza tra cittadini di una nazione e stranieri.

Tali concetti vengono assolutamente travolti da questo disegno di riforma della normativa in materia di immigrazione ed asilo, il quale prevede, tra l'altro, la immediata espulsione dello straniero, al di fuori di qualsiasi tutela giudiziaria, dunque anche nel caso in cui il provvedimento sia sottoposto a gravame o ad impugnativa. Tale previsione attiene a situazioni giuridiche soggettive, a diritti inviolabili della persona tutelati dall'articolo 2, 24 e 111 della Costituzione, che devono trovare applicazione anche nei confronti degli stranieri.

L'espulsione immediata esclude, in pratica, ogni possibilità dell'interessato di esercitare un suo diritto alla difesa che comprende, in primo luogo, il diritto della persona a partecipare al processo che lo riguarda.

Non può esservi dubbio alcuno che le disposizioni dell'articolo 111 della Costituzione, nella più recente versione, secondo cui la giurisdizione si applica secondo il giusto processo, si riferisce a qualsiasi procedimento a carico di qualsiasi persona e pertanto anche a carico degli stranieri.

Analoghe considerazioni valgono per la previsione indiscriminata di sottoporre a rilievi dattiloscopici tutti gli stranieri che richiedano un permesso di soggiorno o il rinnovo dello stesso.

La Corte costituzionale ha più volte ribadito che il senso da attribuire all'articolo 3, nella parte inerente i diritti inviolabili della persona, e prima di ogni altro quelli relativa alla libertà, non può essere limitata ai soli cittadini; questa norma infatti, non deve essere isolatamente considerata ma letta e interpretata in connessione con gli articoli 2 e 10 della stessa Costituzione, che, nel loro complesso, attribuiscono anche allo straniero un patrimonio certo di diritti fondamentali.

Ciò è confermato dal fatto che, mentre l'articolo 2 non fa distinzione tra cittadini stranieri, riferendosi ai diritti inviolabili dell'uomo, l'articolo 10 impone alla legge che regola le condizioni dello straniero di conformarsi a norme e trattati internazionali: fonti nelle quali la protezione dei diritti fondamentali è assicurata in modo assoluto.

Se è vero quindi che l'articolo 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini è altrettanto vero che il principio di eguaglianza - strettamente connesso ai diritti fondamentali della persona - deve valere anche per lo straniero (sentenza Corte costituzionale 120/1967).

Per queste ragioni chiedo di non procedere all'esame del disegno di legge in questione. (Applausi dal Gruppo DS-U).

CONSOLO (AN) Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONSOLO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questo anno di attività parlamentare mi sono accorto che spesso ed in modo non proprio viene richiamato l'articolo 93 del nostro Regolamento per cercare, attraverso la questione pregiudiziale, di evitare l'approvazione di leggi proposte che non piacciono. Il ragionamento svolto è il seguente: queste leggi violerebbero precetti costituzionali; quindi pregiudizialmente viene chiesta all'Assemblea di dichiararne l'incostituzionalità. Quindi, non si dovrebbe procedere al voto. Nella fattispecie, il rilievo è assolutamente infondato. Viene infatti richiamata una presunta violazione dell'articolo 2 della Costituzione, laddove si riconoscono i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

L'articolo 2, però, va rapportato con quanto disposto dal medesimo articolo 3, il quale articolo - ricordo a me stesso - fa una distinzione tra i diritti del singolo, dell'uomo e del cittadino, unicamente nei confronti del quale non possono essere emanate disposizioni di legge che limitano la sua libertà. Il richiamo formulato sull'articolo 13 (i rapporti civili); sull'articolo 24 (la possibilità di agire in giudizio); sull'articolo 10 (l'obbligo di uniformarsi ai trattati internazionali) è assolutamente inconferente per quanto riguarda la fattispecie.

A voler seguire il ragionamento per assurdo portato avanti sino ad ora dai colleghi Turroni e Maritati, si dovrebbero - ragionando per assurdo - limitare anche quelle norme che nell'ambito dell'Unione europea prevedono non già una disparità bensì una diversità di trattamento tra cittadini appartenenti e non appartenenti all'Unione. L'assoluta infondatezza di tale ipotetica previsione è sotto gli occhi di tutti e per questa ragione è immotivato anche il richiamo all'articolo 10.

Quanto agli altri rilievi sulla possibilità di prendere le impronte digitali agli stranieri o sulla limitazione di libertà degli stranieri medesimi in base al richiamo del giusto processo previsto dall'articolo 111 della Costituzione, ricordo che la nostra Carta fondamentale prevede comunque, all'articolo 13, terzo comma, l'adozione di provvedimenti che devono essere comunicati all'autorità giudiziaria e sancisce la sottoposizione dei cittadini e dei non cittadini, di tutti coloro che sono presenti sul nostro territorio, alle disposizioni della legge penale.

Ugualmente non degno di considerazione è il rilievo secondo il quale la libertà sarebbe limitata dalla previsione della traduzione in quattro lingue. Ricordo a tal proposito che nei Paesi di cultura anglosassone è prevista un'unica lingua, quella inglese che è ormai l'esperanto del nostro secolo, vigendo il principio, visto che parliamo dalla Capitale: when in Rome, do as Romans. Qui in Italia deve essere rispettata la legge voluta dal legislatore.

Concludo sostenendo con fermezza l'assoluta inconsistenza delle questioni pregiudiziali sollevate ai sensi dell'articolo 93 del nostro Regolamento. (Applausi dal Gruppo AN e dei senatori Travaglia e Stiffoni).

BOSCETTO, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCETTO, relatore. Signor Presidente, quando il senatore Turroni parla di disparità tra Paesi più poveri e più ricchi nella considerazione di questa legge, svolge un ragionamento demagogico di cui non riesco a intravedere la portata in termini giuridici. Qui si tratta di stabilire una regolamentazione che preveda una serie di misure riguardanti gli extracomunitari; non vi è alcuna valutazione di maggior ricchezza o di maggior povertà del Paese di provenienza dell'immigrato.

Per quanto riguarda il diritto alla difesa, devo far notare che questo discorso è stato già affrontato quando abbiamo esaminato il decreto-legge n. 51, mentre non è emerso nel dibattito presso la Camera da cui sono scaturite le modifiche oggi in discussione. Faccio nuovamente presente che il diritto di difesa è comunque garantito attraverso il ricorso giurisdizionale, eventualmente anche dall'estero.

I centri di permanenza non sono luoghi di detenzione e la distinzione è ben chiara. Essi sono diffusi in tutto il continente europeo, anche negli altri Paesi di immigrazione, e sono regolati da normative di valenza comunitaria.

Sul fatto che questo disegno di legge contenga un certo tasso di razzismo, siamo di avviso del tutto contrario. Anche le modifiche introdotte alla Camera sono andate incontro ai bisogni degli extracomunitari immigrati, per cui non vi è assolutamente traccia di alcun tipo di razzismo; vi è soltanto il desiderio di regolamentare in modo equilibrato un fenomeno che è regolato in tutte le nazioni del mondo.

Sullíargomento dei rilievi dattiloscopici, credo siano state molto puntuali le parole scritte da Giovanni Sartori sul "Corriere della Sera" del 13 giugno 2002, che ho citato anche nella relazione. Fra líaltro, egli scrive: "In verità, se dobbiamo essere tutti eguali, allora i diseguali sono ad oggi gli italiani. Gli italiani sono "schedati" dallíanagrafe, gli immigrati da niente. Davvero una bella diseguaglianza; una diseguaglianza che può essere pareggiata appunto dalla rilevazione delle impronte digitali. A chi? Ovviamente a tutti coloro che non possono essere identificati altrimenti e quindi, va da sé, anche agli immigrati regolari e non soltanto ai clandestini, perché anche i regolari potrebbero, una volta entrati in Italia, sparire".

Questo è il problema; abbiamo líesigenza di identificare meglio le persone che vengono nel nostro Paese e non compiamo nessuna azione di sperequazione, né tanto meno di violazione dellíarticolo 3 della Costituzione, proprio perché la possibilità di identificare gli italiani è già nel nostro sistema anagrafico, e non solo in quello.

Díaltra parte, vorrei ricordare la fondamentale ordinanza del 25 novembre 1987, n. 503, della Corte costituzionale, la quale, richiamandosi a precedenti sentenze, espressamente dice che "lo straniero non ha di regola un diritto acquisito di ingresso e di soggiorno nello Stato e pertanto le relative libertà ben possono essere limitate a tutela di particolari interessi pubblici, qual è quello attinente alla sicurezza intesa come ordinato vivere civile".

Inoltre, se si regolamenta il flusso di immigrazione e lo si collega al contratto di soggiorno per lavoro per le diverse esigenze del nostro Paese, ci sono limiti strutturali per tutte queste operazioni. Credo che ciò non possa essere posto in discussione, perché anche la nostra Carta costituzionale garantisce una serie di diritti, a monte dei quali però vi è il necessario requisito di essere regolarmente soggiornanti in questo Paese, e per esserlo bisogna rispettare i limiti stabiliti dalla legge.

Non dimentichiamo che anche il Testo unico Turco-Napolitano, nella parte ancora in vigore, prevede che "lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore (Ö) o anche il presente Testo unico dispongano diversamente". Sottolineo quindi il concetto di straniero regolarmente soggiornante nello Stato.

Mi sembra pertanto che i rilievi di incostituzionalità non siano fondati. Mi sembra che gli argomenti del senatore Maritati siano grosso modo gli stessi proposti dal senatore Turroni, sia pure incentrati sullíargomento delle impronte digitali. Certamente, sia il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sia i successivi provvedimenti, sia specificamente líarticolo 6 del Testo unico Turco-Napolitano prevedono la possibilità di prendere le impronte nei casi di dubbi sullíidentità. In questo testo si è voluto allargare il campo di applicazione di tale meccanismo, per permettere un regime di identificazione più congruo e adatto a garantire diritti e doveri dei lavoratori e sicurezza e armonia nel nostro Paese.

Chiedo pertanto che venga respinta la questione pregiudiziale di costituzionalità avanzata. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC:CCD-CDU-DE e LP).

PERUZZOTTI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERUZZOTTI (LP). Signor Presidente, intervengo per confermare a nome del Gruppo della Lega la brillante esposizione, in contraddizione con le pretestuose osservazioni dell'opposizione, svolta dal senatore Boscetto. La Lega si allinea con quanto dichiarato dal collega Boscetto: bisogna fare presto ad approvare questo provvedimento perché lo chiede il Paese, indistintamente dalla colorazione politica.

Il problema dell'immigrazione deve essere risolto il più presto possibile. Le leggi in vigore non sono sufficienti a garantire quella trasparenza e soprattutto quella serena gestione dell'ordine pubblico nel Paese; quindi, è opportuno cambiare e presto.

Quindi, nel ribadire la netta contrarietà del Gruppo della Lega alle osservazioni dell'opposizione, sottoscriviamo quanto detto dal collega Boscetto. (Applausi dal Gruppo LP).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione pregiudiziale.

 

Verifica del numero legale

TURRONI (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 795-B

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, proposta dal senatore Turroni.

Non è approvata.

PAGANO (DS-U). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova, mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

Come già stabilito, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
1206, 9, 36, 203, 1017, 1174, 1250 e 1255

PRESIDENTE. Riprendiamo ora la discussione del disegno di legge n. 1206, nel testo proposto dalla Commissione, passando alla votazione dell'emendamento 2.513.

NOCCO (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NOCCO (FI). Signor Presidente, non intervengo per dichiarare il mio voto su questo emendamento; volevo solo precisare che, in relazione all'emendamento precedente, esiste il decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997, pubblicato sulla Gazzetta UfficialeÖ

PRESIDENTE. Senatore Nocco, ogni intervento va svolto nelle sedi opportune. Al momento siamo in sede di votazione dell'emendamento 2.513. Se intende svolgere delle osservazioni, potrà farlo in sede di votazione dell'articolo 2.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, su questo emendamento era già intervenuto il senatore Passigli, ma essendoci stata la replica del Ministro, e dato che uno dei pochi vantaggi che il nostro Regolamento concede all'opposizione è di non lasciare al Governo l'ultima parola, soprattutto quando le argomentazioni del Ministro meritano una riflessione e una considerazione, approfitto di questa norma regolamentare e torno ad intervenire. Per il resto decide sempre il Governo, ma questo è l'unico caso in cui non può avere l'ultima parola.

Anche le argomentazioni del Ministro sono accattivanti, per usare la stessa espressione con cui egli ha qualificato quelle dell'opposizione; tuttavia, a me non paiono convincenti. Una buona ragione l'ha esposta prima il collega Petrini, e mi rifaccio a quello che lui ha detto.

Signor Ministro, questa distinzione tra status e funzione noi la possiamo applicare esattamente, come lei ha detto, anche al caso della proprietà di pacchetti di controllo delle grandi imprese.

Lei ha detto che in fondo il rettore di una università è un professore universitario, non perde il suo status bensì líincarico o la funzione, che magari in quel momento era più importante per la sua vita, visto che in genere un rettore svolge essenzialmente quel ruolo.

Il Ragioniere generale dello Stato resta un dirigente dello Stato; forse riceverà un altro incarico o resterà a disposizione con un incarico di studio attribuitogli dal Ministro.

Un professionista non perde la sua qualità di professionista, anche se può darsi che perda la clientela o lo studio, perché, soprattutto se non appartiene a un grande studio associato, ma ha uno studio insieme a giovani colleghi, è molto probabile che questi si collochino altrove. Comunque, potrebbe incontrare delle difficoltà.

Questa distinzione tra status e funzione in realtà non è molto diversa da una distinzione analoga che possiamo operare anche per il proprietario di rilevanti pacchetti azionari.

Nella nostra proposta di estendere anche in questo caso líincompatibilità, ma senza produrre alcun esproprio, semplicemente - come nel caso di tutti gli altri soggetti per i quali è prevista líincompatibilità - gli chiediamo di optare. Se vuole accettare líincarico di Ministro o di Sottosegretario, vende le sue partecipazioni e le consegna liquide a un blind trustee. Alla fine del mandato del Governo, il blind trustee gli restituisce mezzi finanziari con i quali può riconquistare immediatamente lo status di proprietario, allo stesso modo in cui il rettore torna a fare il professore universitario e non il rettore.

Con quei mezzi finanziari potrà comprarsi anche uníazienda, magari nello stesso settore, non è detto la stessa, per mettere a frutto il suo know-how e la conoscenza di quel mercato e di quellíattività produttiva. Potrebbe persino essere in condizione di ricomprare la sua azienda o comunque di ritornare ad essere un azionista importante, anche se non in posizione di controllo.

Quindi, avrebbe sicuramente un danno, liberamente accettato sulla base di questíopzione, come líavrebbero parecchi, anche se non tutti, degli altri 25-26 milioni di italiani che sono in condizione di incompatibilità, alcuni dei quali (come ad esempio la commessa de La Rinascente) non perdono nulla, ma molti altri (come il titolare di uno studio professionale ben avviato che, però, è incentrato essenzialmente sulla sua persona oppure il rettore di una università o il Ragioniere generale dello Stato) tornano nel loro status di avvocato, di architetto, di professore universitario, di dirigente dello Stato, di proprietario di importanti mezzi e partecipazioni, ma non necessariamente riacquistano esattamente quello che avevano.

Quindi, possiamo trasferire la distinzione tra status e funzione in maniera sostanzialmente analoga al caso, appunto, dellíazionista di riferimento del gruppo FIAT o di altre simili posizioni. Pertanto, mi pare che il suo argomento apparentemente molto convincente, come replica allíopposizione, poi non regga.

La verità è che ci troviamo di fronte a titolari, fra líaltro, di posizioni costituzionalmente garantite (articoli 33, 41 e 42 della Costituzione) i quali, nel momento in cui esercitano un altro diritto (quello di accesso alle cariche pubbliche), sono costretti ad uníopzione che comporta certamente una rinuncia temporanea, ma in molti casi - non solo in quello del diritto di proprietà - è impossibile che vengano poi restaurati esattamente nella posizione in cui erano inizialmente.

Quindi, a me pare che il fondamento della replica del Ministro possa essere revocato in dubbio per le ragioni che ho appena esposto.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.513, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.514.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, torno anch'io, avvalendomi di questo emendamento, sulla questione sulla quale si è intrattenuto il senatore Bassanini, ossia la risposta che ci è stata data dal ministro Frattini, il quale si è ben reso conto che l'incompatibilità assoluta sancita per le attività professionali presentava aspetti chiaramente e irragionevolmente discriminatori rispetto all'esercizio di attività imprenditoriali.

A questo risponde in due modi, da un lato attraverso l'emendamento introdotto in Commissione, da lui ricordato, che limita l'incompatibilità all'esercizio delle attività professionali in materie connesse con la carica di Governo (ma di questo parleremo più avanti; abbiamo anche un emendamento in proposito, per cui ora non mi trattengo); dall'altro, ad esempio per quanto concerne alcune professioni, l'attività forense, quelle che possono essere esercitate in forma associata (difficilmente, ad esempio la professione medica, per la quale al massimo in forma associata si può esercitare un'attività diagnostica, ma non certo terapeutica, o per lo meno l'attività diagnostica che non si avvalga di strumenti, cioè quella affidata alla professionalità del singolo medico), facendo riferimento all'attività di associazioni professionali.

In questo modo però apre un pericoloso varco nella logica della legge. Infatti, è palese che si potrebbe tranquillamente ipotizzare una situazione in cui un membro del Governo appoggia, anche senza fare alcunché, i suoi clienti, i quali, fiduciosi nell'autorevolezza di quel membro che ricopre una carica prestigiosa, si avvalgono della prestazione professionale nei confronti della quale egli continua ad avere un interesse economico. Poco importa che durante il mandato di Governo non possa percepire gli utili di quell'associazione professionale, che vedrebbe aumentata la propria clientela e il proprio giro di affari. Vi sarebbe cioè un interesse differito, ma pur sempre un forte interesse del membro di Governo all'andamento di quell'attività professionale associata.

E' noto - e sicuramente lo conosce benissimo il ministro Frattini - il caso di un eminente amministrativista a Roma che non si peritava di consigliare apertamente l'utilizzo del proprio studio affidato al figlio. Un'associazione professionale in cui si mantengano le quote, al pari di qualsiasi partecipazione in qualunque attività imprenditoriale, lede il principio di fondo della legge, introduce un aspetto di ipocrisia: non posso esercitare direttamente l'attività professionale connessa con quella di Governo, ma ho pur sempre un interesse differito nell'andamento dello studio o dell'associazione professionale.

Il Ministro diceva - e qui gli chiederei se non ritenga di chiarire il suo pensiero - che noi dell'opposizione non possiamo far discendere dall'incompatibilità sancita per le professioni un'analoga incompatibilità sancita per le attività imprenditoriali.

Una cosa è diversa dallíaltra. Però, poi mi accorgo che il Ministro è costretto ad allargare le maglie dellíincompatibilità professionale, restringendola alle sole attività connesse con la carica di Governo e permettendo comunque la partecipazione non diretta ma patrimoniale ad attività associative proprio perché non ha sancito incompatibilità per le attività imprenditoriali. Per cui alla fine il Ministro fa esattamente quello che rimprovera a noi: permissivamente fa quello che rimprovera a noi di voler fare, sancendo per le attività imprenditoriali uníincompatibilità desumendola da quella sancita dal Governo per le attività professionali.

Mi sembra che in questa previsione normativa vi sia una contraddizione logica e molta ipocrisia, per cui se il Ministro volesse darmi qualche delucidazione gliene sarei grato.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, colgo líoccasione della risposta alle considerazioni che ha terminato di esporre il senatore Passigli per svolgere una breve riflessione anche sulle argomentazioni usate precedentemente dai senatori Bassanini e Petrini.

Lo faccio perché posso confermare in questo momento come sia estremamente utile - ad avviso del Governo - che resti agli atti una discussione approfondita sulle questioni di fondo che il provvedimento al nostro esame implica. Rispondo quindi ben volentieri, pur rendendomi conto di tornare più volte su argomenti analoghi. Ma se lo fanno i colleghi dellíopposizione, credo sia giusto che non manchi la parola del Governo.

Innanzitutto, avendo ascoltato il senatore Petrini mi sono convinto di non essermi spiegato bene a proposito di qualche aspetto della questione. Potendo assicurare, infatti, al senatore Petrini che non intendo fare nessun gioco di prestigio, ne desumo che non mi sono spiegato bene e quindi torno a farlo.

Senatore Petrini, non ho mai detto che le garanzie si applicano o meno a seconda della gravità del danno che il destinatario interessato subisce. Ho detto in più occasioni - lo ripeto ora, spero con maggiore chiarezza anche per il senatore Petrini - che le garanzie si applicano o meno a seconda che il danno implicato tocchi diritti costituzionalmente tutelati. Un danno anche grave che non tocchi materia coperta da una protezione costituzionale determina l'applicazione della garanzia.

Pertanto, a mio avviso, la differenza va fatta non sul principio di gravità oggettiva del danno che líinteressato destinatario subisce, bensì a seconda del fatto che vi sia o meno una protezione di quel diritto danneggiato da parte della Costituzione.

Se ciò è vero - almeno per il Governo, ovviamente - provo a ripercorrere brevemente i cardini dellíarticolo 17, che è stato evocato. Questíarticolo, che costituisce uno dei capisaldi anche della futura Costituzione europea, prevede, come ho cercato di ricordare in sede di replica nellíultima seduta del Senato dedicata a questo argomento, due condizioni affinché il diritto di proprietà possa essere sottratto al suo titolare: il pubblico interesse e il pagamento di una giusta indennità.

È evidente a tutti, credo, che il principio del pubblico interesse giustifica la sottrazione della proprietà ed è principio che si coniuga con la giusta indennità, di cui nessuno dei colleghi dellíopposizione immagino voglia parlare per aggiungerlo alle proprie proposte ed è un requisito comunque carente nella proposta di dismissione forzata che viene fatta.

Ma cíè da dire che anche il principio del pubblico interesse, che a un certo punto potrebbe apparire come argomento giustificativo della dismissione, è sempre pacificamente interpretato ai fini di una dismissione non a vantaggio di un altro privato o dellíimmissione del bene sul mercato, ma (secondo una tradizione su cui credo nessuno possa avere dubbi) a favore del soggetto pubblico quando - come è nella Costituzione italiana, ad esempio - si debba realizzare uníopera di pubblica utilità.

In altri termini, quando si coniugano pubblico interesse e giusto indennizzo si fa riferimento allíunica ipotesi possibile di dismissione coattiva della proprietà che mai può essere compresa tra quelle che i colleghi dellíopposizione con ovvia abilità stanno cercando di dimostrare. Quindi, non è da quellíarticolo 17 che noi possiamo trarre argomenti a favore dellíammissibilità.

Il senatore Petrini mi ha ricordato giustamente come líincompatibilità resti per la carica pubblica e non per il diritto di proprietà. Voglio replicargli che è evidente ed ovvio che sia incompatibile la carica pubblica e non la proprietà: ciò che non mi persuade è la condizione apposta per poter conseguire la carica. Se quella condizione è la preventiva o contestuale dismissione forzata della proprietà, ecco che líincompatibilità con la carica viene condizionata da un elemento che, a mio avviso, è viziato di incostituzionalità.

Quindi, è vero che líincompatibilità riguarda la carica, ma è anche vero - per il Governo ovviamente - che, se líattribuzione della carica è condizionata a un danno che tocca diritti costituzionalmente protetti, quellíincompatibilità trova uníalternativa non giustificabile nel nostro ordinamento.

Quanto poi ha detto il senatore Bassanini merita una breve riflessione per la serietà delle argomentazioni. Il senatore Bassanini ha detto che è sostanzialmente analogo trattare della perdita di funzioni importanti, come quella di rettore o di ragioniere generale dello Stato, rispetto a chi venga coattivamente privato della sua azienda che fabbrica utensili, ad esempio, e alla fine del mandato si ritrovi proprietario non più di una fabbrica di utensili, ma di una serie di pacchetti azionari in settori totalmente diversi e, se vuole, potrà cercare di reinvestire quei soldi magari nel settore degli utensili o in altri.

Credo che sia chiaro a tutti come quella sostanziale assimilazione non ci sia. Non solo non cíè una assimilabilità di tipo giuridico, ma non cíè neanche una assimilabilità sostanziale. Perché, senatore Bassanini sto cercando di ripetere (con argomenti talvolta diversi, spero) che una cosa è la tutela del diritto di proprietà, una cosa è la tutela delle funzioni di rettore?

Perché il diritto di proprietà è diritto reale e - come dice la stessa parola - reale vuol dire che insiste su un bene; allora, se quel bene non cíè più, la proprietà è uníaltra e non quella che la Costituzione tutela.

Dove sta dunque la differenza? La differenza sta nel fatto che la Costituzione tutela certamente il diritto di proprietà e lo status di lavoratore che assume una carica, ma non tutela la funzione che, oltre allo status, qualcuno può ricoprire. Questa è la differenza, a mio avviso, decisiva: una differenza che forse non è sostanziale, ma certo è giuridica e costituzionale. Ma qui stiamo scrivendo una legge.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.514, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.515.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, intervengo solo per chiedere al Ministro se non ritiene di accettare un emendamento che aggiunge al concetto di gestione anche quello di amministrazione.

Delle due líuna: o si ritiene che i due concetti siano identici - a tal riguardo vorrei sentire líopinione del Ministro - e, quindi, che sia pleonastico l'emendamento; o si ritiene che le attività di amministrazione e di gestione siano formalmente diverse per cui si possa partecipare allíuna senza partecipare allíaltra. In questo caso, per le argomentazioni che non ripeto ma che abbiamo abbondantemente esposto, credo sia opportuno che la legge le contempli entrambe.

Sul rapporto tra amministrazione e gestione credo sia utile che il Ministro faccia conoscere la posizione del Governo.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Petrini che ha chiesto di intervenire, vorrei osservare che il tipo di dibattito che si sta svolgendo è utile, ma bisogna essere consapevoli che non rientra esattamente nellíortodossia delle procedure.

Tuttavia, poiché il tema al nostro esame è rilevante, possiamo procedere in questo modo.

Ha facoltà di intervenire il senatore Petrini.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, in effetti lei rileva che un dibattito di tal genere non è usuale. Sono díaccordo con lei, ma díaltra parte è di grande soddisfazione per i parlamentari il fatto che sia presente in questíAula un Ministro volenteroso e in grado di interloquire e dare spiegazioni alle nostre perplessità, e di ciò lo ringrazio.

Altrettanta soddisfazione non posso però esprimere per quanto riguarda il contenuto delle sue specificazioni.

Sono assolutamente felice di aver sgombrato il campo dal primo equivoco: i princìpi di tutela si applicano sempre, ogni qualvolta naturalmente non vadano a collidere con altri già stabiliti dalla Costituzione. Se fossi un costituzionalista mi addentrerei in una discussione ardita e domanderei se colui che esercita un pubblico potere non possa vedere in qualche modo ridotte le sue garanzie rispetto al cittadino comune. Non essendo però un costituzionalista, mi guardo bene dallíaddentrarmi in una simile discussione. Mi limito invece a fare uníaltra osservazione.

Lei ha riconosciuto, signor Ministro, che líoggetto dellíincompatibilità non è la proprietà, bensì la carica pubblica. Abbiamo anche implicitamente stabilito che líaccesso alla carica pubblica può avere delle limitazioni, le quali non intendono ledere il principio della libertà allíaccesso ma rafforzarlo, garantendo la parità di accesso. Quindi, si tratta di un principio rafforzativo.

Ebbene, se queste limitazioni possono essere previste, le chiedo per quale motivo non possono riguardare la proprietà. Lei risponde perché la proprietà è un diritto costituzionalmente tutelato e quindi questa condizione non può porsi.

Io però rilevo, signor Ministro, che la condizione non è uníimposizione: è una condizione che rimane nell'ambito della libera scelta del soggetto, il quale sa benissimo che, se ambisce a una carica pubblica, deve sottostare a delle condizioni che certo possono essere punitive, però sa anche che può eludere questo danno rinunciando alla carica.

Non mi sembra che in un dispositivo siffatto si configuri - come lei ritiene - una lesione del principio costituzionale; si configura, questo sì, una riduzione del diritto di accesso alla carica pubblica, ma abbiamo anche detto che ciò è lecito perché in quella riduzione cíè un rafforzamento del principio stesso della libertà di accesso, cioè una condizione di parificazione nella concorrenza alla carica medesima.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.515, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.516, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.151, presentato dal senatore Villone.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.517, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.518, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori, fino alla parole: "detenere quote o azioni"

Non è approvata.

Risultano pertanto preclusi la restante parte dellíemendamento 2.518 e gli emendamenti 2.519 e 2.520.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.54.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, questo emendamento mostra in maniera esplicita che noi riteniamo giustificato assimilare ai diversi status e alle posizioni previste dal comma 1 dell'articolo 2 - come situazioni da cui possano derivare, ove cumulate contemporaneamente con cariche di governo, conflitti díinteresse potenziali e rilevanti - partecipazioni importanti, differenziate a seconda che si tratti di società quotate in borsa oppure no.

Vorrei riprendere una delle ultime argomentazioni del Ministro, il quale ha motivato da ultimo il suo pensiero con un riferimento alla Costituzione. Non vorrei mal interpretare le parole del Ministro, ma mi pare che abbia inteso dire: in fatto si può discutere se queste situazioni siano assimilabili o no, in diritto le situazioni sono diversamente tutelate. Le disposizioni costituzionali poste a tutela del diritto di proprietà non consentirebbero infatti di stabilire obblighi di incompatibilità come invece possono essere stabiliti negli altri casi previsti dall'articolo 2 del provvedimento.

Credo che tutto ciò meriti un approfondimento perché, come tutti sappiamo (esistono chilometri e chilometri di scaffali di studi giuridici al riguardo), tanto il diritto di proprietà quanto la libertà díiniziativa privata incontrano limiti nella nostra Costituzione. Peraltro, è assai discutibile che nel caso dell'incompatibilità si debba ragionare in termini di applicazione di questi limiti che pur ci sono: nel caso dell'incompatibilità non si impone infatti nessun esproprio, ma semplicemente si prospetta una scelta, come del resto noi tutti sappiamo.

Se non fosse così altri diritti costituzionali, come per esempio il diritto all'insegnamento, tutelato senza i limiti previsti dagli articoli 41 e 42, non potrebbero essere oggetto di sospensione nel loro esercizio come invece si chiede prescrivendo l'incompatibilità.

Signor Ministro, vorrei non si dimenticasse che stiamo trattando della disciplina dei conflitti díinteressi; l'imposizione di scelte, quando si verificano situazioni di potenziale conflitto di interessi, non è diversa, signor Ministro, dalla imposizione di scelte, compreso l'obbligo di alienare proprietà, che la nostra legislazione prevede, ad esempio, per evitare concentrazioni monopolistiche che turbino la concorrenza.

Ricordo che alcuni anni fa, in applicazione della prima legge antitrust, quella concernente l'editoria varata nel 1981, l'editore Angelo Rizzoli fu costretto a vendere alcune aziende che pure gli erano ovviamente care, tra cui l'azienda editrice del quotidiano di Trieste "Il Piccolo", al fine di non superare il limite di concentrazione. Ebbene, nessuno dei suoi brillanti avvocati pensò, in quella circostanza, che una norma di questo genere fosse in contrasto con la garanzia costituzionale del diritto di proprietà.

Non è dunque al di fuori del nostro sistema prevedere che, in alcuni casi, possano esservi obblighi ad alienare una proprietà o una partecipazione di controllo in un'attività imprenditoriale, se questa è la condizione posta dall'ordinamento per dedicarsi ad altra attività. Nell'esempio citato, se il dottor Angelo Rizzoli avesse voluto mantenere la RCS, editrice del "Corriere della Sera" e della "Gazzetta dello Sport", avrebbe dovuto vendere "Il Piccolo" e se non erro anche una testata dell'Alto Adige che il Ministro è forse in grado di ricordare meglio di me, per la frequentazione di quei luoghi sia a fini politici sia a fini sportivi.

Il dottor Rizzoli, che dovette alienare due aziende, non lamentò la violazione di una norma costituzionale, anche se durante l'iter di quel provvedimento in Parlamento tentò in tutti i modi, come è legittimo, di convincere il legislatore che il limite di concentrazione del 20 per cento delle tirature era eccessivamente basso; non invocò - né i suoi legali ritenevano che si potesse invocare - il divieto imposto dagli articoli 41 e 42 della Costituzione.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.54, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.115.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, vorrei nuovamente sollecitare una risposta del Ministro sulla questione delle imprese che hanno rapporti di concessione con le pubbliche amministrazioni.

Il Ministro vorrà concordare che il beneficiario della concessione non può essere colui che concede. Il conflitto sarebbe in re ipsa: colui che concede fissa, se non altro, il canone di concessione e sceglie il concessionario rispetto ad altri possibili pretendenti.

È chiaro dunque che il beneficiario della concessione non può essere colui che concede; il punto è se, nel caso di imprese costituite in forma di persona giuridica, come le società per azioni, beneficiario debba essere considerato solo il rappresentante legale dell'impresa o si debba invece badare alla sostanza, come mi sembra sia ovvio nel caso di una normativa in materia di conflitto di interessi, prendendo atto che il beneficiario reale è innanzitutto líazionista, soprattutto quello di maggioranza.

Chiedo al Ministro se non ritenga che, almeno nel caso delle imprese che trovano la loro ragion d'essere nell'esercizio di attività in rapporto di concessione, non si debba stabilire che vi è una incompatibilità tra il concessionario e il concedente.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, non mi sottraggo certo a questa garbata richiesta del senatore Passigli, come in altre occasioni.

Vorrei però riprendere in considerazione innanzitutto la riflessione del senatore Bassanini. Egli ha richiamato un esempio a suo avviso decisivo e calzante, in cui líobbligo di vendita è previsto nel nostro ordinamento in caso di superamento dei limiti di concentrazione, che danno luogo ad uníalterazione dellíequilibrio competitivo del mercato. Credo che questo sia un argomento che rafforza la posizione che il Governo preferisce.

In sostanza in quella vicenda, che è stata richiamata in termini esatti, la legge - che è stata applicata - colpisce non preventivamente la posizione di status, ma un fatto già verificato e accertato dalle autorità competenti, cioè il superamento dei limiti di concentrazione mediante successive acquisizioni di aziende in un medesimo settore.

In altri termini, è proprio la logica che il Governo preferisce, ritenendo cioè che si debba colpire líatto o il fatto quando si è verificato, coerentemente con quella legge che colpisce non preventivamente la posizione del proprietario, ma líatto del proprietario che, avendo acquisito uníentità percentuale che supera i livelli previsti per legge, è obbligato a dismettere la quota eccedente.

Se pretendessimo di estendere quellíipotesi al caso di cui ci stiamo occupando potremmo riscontrare che vi è una coerenza. Infatti la legislazione antitrust, la legge Mammì e le seguenti sulla concentrazione e sui limiti relativi alle imprese in tutti i settori sono richiamate nella seconda parte di questo disegno di legge, senza alcuna limitazione. Quindi, non intendiamo preservare gli atti e i fatti dalla sanzione successiva, quando essi si compiano per avvantaggiare interessi privati. Riteniamo invece (ma non è nemmeno questa la logica della legge citata dal senatore Bassanini) che non si possa colpire ex ante lo status, ad esempio prima che la concentrazione indebita si sia realizzata, che líabuso di posizione dominante sia stato posto in essere, che dal sospetto di conflitto si passi allíatto in conflitto. Questa è la differenza.

Mi permetto di dire ai colleghi che hanno molto insistito sul concetto secondo cui la dismissione forzata sarebbe una libera scelta che questo francamente mi sembra un poí eccessivo. Nelle controproposte dellíopposizione si dice che esiste una scelta condizionante líassunzione della carica di governo; in realtà, nellíordinamento giuridico il concetto di condizione è il sacrificio necessario per acquisire un vantaggio. Se il sacrificio necessario è la dismissione della proprietà, questíultima non è certo una libera scelta, ma è un vincolo che condiziona e preclude líassunzione della carica.

E se quel vincolo incide su un diritto costituzionalmente protetto, si torna al ragionamento del Governo: non si può condizionare al sacrificio di un diritto protetto dalla Costituzione líassunzione di uníaltra posizione garantita dalla Costituzione, cioè la carica di governo.

Quanto all'osservazione del senatore Passigli relativa allíopportunità di prevedere espressamente almeno le imprese concessionarie, io sono assolutamente e intimamente convinto, dopo aver ricevuto ogni sorta di riflessioni in quest'Aula (di insulti in altri luoghi), che quella scelta nel disegno di legge sia una strada ragionevole.

Se anche si tratti di una società concessionaria, io credo ancora una volta che gli strumenti che abbiamo introdotto contro il fatto o l'atto che avvantaggia ai fini della concessione un interesse personale configurino una sanzione che, come voi perfettamente sapete, secondo la legge sulla par condicio, quando c'è vantaggio dal basso, può arrivare in caso di recidiva fino alla revoca della concessione, che mi sembra una sanzione estremamente grave. Quando si tratta poi di approfittamento e di vantaggio dall'alto, nel senso che è il Governo che avvantaggia l'impresa di uno dei suoi componenti, le sanzioni che noi abbiamo previsto sono state aggravate nella loro entità rispetto ai limiti oggi previsti dall'ordinamento.

Quindi anche qui credo che, non occorrendo ritornare sulla contrarietà all'incompatibilità preventiva, la preoccupazione dei colleghi, che l'hanno efficacemente riproposta qui, possa essere attenuata, almeno per me, dalle sanzioni che colpiscono anche in caso di concessioni l'atto che eventualmente volesse avvantaggiare l'impresa di un componente del Governo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.115, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.521.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, anticipo fin díora che rinuncerò ad intervenire sugli emendamenti 2.522, 2.523 e 2.524, mentre quanto dirò sull'emendamento 2.521 varrà anche per l'emendamento 2.527. Questo per l'economia dei lavori, signor Presidente, essendo nostra intenzione procedere il più velocemente possibile, ma essendo questo gruppo di emendamenti il cuore delle nostre proposte di modifica all'articolo 2.

Il ministro Frattini ha appena parlato di controproposte dell'opposizione irragionevoli, o inaccettabili, in materia di incompatibilità trattandosi, a suo dire, non di una libera scelta offerta al titolare di cariche di governo, ma in pratica di una dismissione forzata per quanto concerne i beni di cui egli avesse la proprietà.

Ebbene, gli emendamenti 2.521 e, con la stessa logica, 2.527, propongono una cosa completamente diversa. Non si tratta più qui di proporre la dismissione da una proprietà, bensì un limite all'esercizio di alcuni diritti conseguenti al diritto di proprietà. La distinzione tra proprietà ed esercizio di tutti i diritti relativi al diritto di proprietà o da esso discendenti mi sembra si possa tranquillamente fare.

Non consentire alcun limite all'esercizio pieno del diritto di proprietà non è fondato su alcuna prescrizione della Costituzione e soprattutto non trova certo fondamenti nella dottrina liberale, che prevede sì il riconoscimento del diritto di proprietà, ma certamente anche l'apposizione di limiti ad alcune forme di esercizio di tale diritto.

Nella fattispecie (e non comprendiamo il rifiuto della maggioranza e del Governo su questo punto) noi proponiamo, come abbiamo proposto in Commissione, che i diritti patrimoniali conseguenti alla proprietà di certi pacchetti azionari non vengano minimamente toccati, ma che non si esercitino nell'assemblea ordinaria e straordinaria i diritti di voto connessi a quelle azioni o quote possedute.

Proponiamo cioè che sia sancita líobbligatorietà di astenersi da un atto che noi consideriamo di gestione, perché la partecipazione, tanto più significativa nel caso di un'azionista di controllo, alla nomina del consiglio di amministrazione, all'approvazione del bilancio, alla ripartizione degli utili, alle decisioni in materia di ammortamenti o di politica fiscale di un'impresa, cioè la gestione dell'impresa, si realizza sicuramente attraverso atti formali quali l'approvazione del bilancio.

Allora, non vedremmo alcuna contraddizione e reale difficoltà - chiediamo al Governo quale essa sia - nel distinguere (ed era poi una proposta che ritenevamo potesse anche determinare una svolta nei rapporti tra maggioranza e opposizione) tra una proprietà alla quale manterremmo tutti i diritti connessi agli aspetti patrimoniali e, invece, una proprietà che si vedesse limitata quanto allíesercizio di alcuni diritti ad essa connessi, compreso quello di votare nelle assemblee ordinarie e straordinarie.

Ci si è opposto che a quel punto líazionista di maggioranza non potrebbe più essere lui a scegliere il consiglio di amministrazione, ad approvare il bilancio. È esattamente questo il punto. Se vogliamo che líazionista di maggioranza o di controllo o chi partecipa a patti di sindacato non abbia una reale interferenza con la vita della società egli non deve partecipare al voto assembleare o allíadozione di quegli atti (patti di sindacato, patti parasociali), in assemblea o altrove, che determinano la reale vita e la reale conduzione di quella impresa. Egli non verrebbe minimamente toccato nei suoi aspetti patrimoniali, non subirebbe alcuna forma di dismissione forzata, di esproprio, non avrebbe alcun problema di indennizzo (a parte che per noi esso è giustamente stabilito dal mercato, aderendo pienamente allíimpostazione che riconosce nel mercato stesso líunica sede in cui si stabiliscono i valori delle attività economiche), ma verrebbe solo limitato in alcuni diritti conseguenti a quello di proprietà.

A quel punto, le imprese potrebbero essere determinate nella loro conduzione da azionisti istituzionali di minoranza, quali sono i fondi e le banche; in alcuni casi, che il Ministro ben conosce, addirittura da azionisti vicini allíazionista di controllo. Probabilmente nulla cambierebbe nellíassetto di quelle imprese, ma sicuramente non avremmo la più palese ed evidente offesa al concetto di non partecipazione alla gestione, come quella che invece si materializza nella partecipazione determinante allíadozione di atti che sono sicuramente di gestione, quale quello rappresentato, ad esempio, dallíapprovazione di un bilancio.

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, premesso che rimango della mia opinione circa la non interferenza fra il principio di incompatibilità e il diritto di proprietà, vorrei specificare a tal fine che non è vero che noi stabiliamo una condizione, signor Ministro, stabiliamo uníincompatibilità.

Colui che di fronte a questa affermazione di incompatibilità intendesse rimuoverla dovrebbe necessariamente passare attraverso una dismissione della proprietà; ma ciò rientra nellíambito delle sue libere scelte. Noi non poniamo una condizione, ma affermiamo uníincompatibilità e, quindi, líimpossibilità di quel soggetto ad accedere alle cariche pubbliche.

È anche questa - beninteso - una limitazione di un diritto costituzionale ma, come abbiamo visto, essa agisce in senso rafforzativo dello stesso principio generale.

Se però sono costretto, dalla forza dei numeri più che dalla forza della logica, ad aderire a questo schema logico che appartiene alla maggioranza, allora rilevo l'importanza di questo emendamento del senatore Passigli. Infatti, se il proprietario deve astenersi dalla gestione e se l'assemblea, ordinaria o straordinaria, è un organo statutario, allora è evidente che gli atti di delibera di quell'assemblea sono atti gestionali da cui il proprietario deve astenersi. Se non accettassimo questa condizione, inficeremmo anche questo principio, che comunque, come ho già detto, è secondo me inficiato all'origine, e diventerebbe davvero grave questo estremo inquinamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.521, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.522.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, la precedente risposta del Ministro è utile a continuare il ragionamento, perché consente di dimostrare esattamente ciò che l'opposizione sostiene.

Non è vero che la legge antitrust sull'editoria colpisse un'attività, colpiva uno status. Essa non è configurata in questi termini: chi abusa della posizione dominante è costretto ad alienare la proprietà in eccesso rispetto al limite di concentrazione; oppure chi ha acquisito una quota è costretto aÖ . Infatti, la legge sull'editoria è stata configurata, e ciò è vero non solo per questa legge, non come una disciplina delle sanzioni conseguenti ad un abuso di posizione dominante, ma come una disposizione che, anche al fine di evitare che un domani vi possa essere un abuso di posizioni dominanti, colpisce l'esistenza di queste ultime vietando le concentrazioni e imponendo che ove esistano concentrazioni, di cui la legge definisce caratteristiche e requisiti, esse siano eliminate.

La legge sull'editoria non ha costretto il signor Rizzoli, se voleva restare azionista di maggioranza della Rizzoli-Corriere della Sera, dopo suoi atti di abuso di posizione dominante, ad alienare la società editrice de "Il Piccolo" e dellí"Alto Adige", ma ha colpito il fatto in sé, cioè che egli fosse contemporaneamente proprietario di queste diverse aziende, invitandolo a scegliere tra queste situazioni non potendo detenerle tutte contemporaneamente.

Non è cosa assolutamente diversa da quello che, in questo caso in termini di incompatibilità, come sottolineava il senatore Petrini, noi proponiamo anche con questo emendamento, sul quale esprimeremo un voto favorevole, per risolvere situazioni di potenziale conflitto con interessi legislativamente e costituzionalmente protetti, ossia situazioni nelle quali si può verificare un conflitto di interessi, imponendo una scelta. Nessuno è obbligato a vendere, così come nessuno è obbligato a rinunciare ad altri incarichi (alla conduzione del suo studio professionale, alla gestione della sua bottega artigiana), ma se si vogliono assumere cariche di Governo, come proprio di tutte le situazioni di incompatibilità, si deve fare una scelta, una scelta libera. Líinteressato può scegliere di preferire la sua attività, la gestione del suo studio professionale, per tenere insieme i giovani che ha raccolto attorno a lui nello svolgimento di questa, la sua attività artigiana ben avviata con alcuni collaboratori, che altrimenti andrebbero necessariamente in altri laboratori artigiani. È una scelta.

Una scelta, peraltro analoga a quella che legittimamente fu imposta, signor Ministro - ripeto - colpendo una situazione e non atti, attività o comportamenti, come nel caso della concentrazione della Rizzoli, giusto o sbagliato che sia, non intendo parlare di questo. Come giustamente lei ha richiamato pocíanzi, stiamo innanzitutto discutendo se questa soluzione sia legittima o meno. Ora, una proposta di questo genere è costituzionalmente legittima, nonostante la tutela costituzionale della proprietà privata (ma lo è anche senza bisogno di invocare i limiti costituzionali di questa), proprio per la ragione testé evidenziata, che è assolutamente parallela a quella del caso previsto dalla legge antitrust sullíeditoria e, peraltro, anche dalla legge generale antitrust.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.522, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.523, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.524, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.525, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.526, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.527, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.528, presentato dalla senatrice Dentamaro.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.529, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.530, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.531, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.532, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.30, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.149, identico allíemendamento 2.311 e allíemendamento 2.533.

PETRINI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRINI (Mar-DL-U). Ho chiesto la parola, signor Presidente, perché questo emendamento introduce un elemento rilevante che fino adesso è rimasto estraneo alla nostra discussione e che tuttavia dobbiamo assolutamente tenere in considerazione. Questo elemento è rappresentato dalle concessioni statali.

È chiaro come tutto quello che abbiamo fino ad ora stabilito sulla proprietà e sui diritti costituzionali a tutela della stessa, ferme restando le differenze di posizione espresse, perda valore nel momento in cui la proprietà venga in qualche modo esercitata attraverso una concessione statale o comunque qualora essa si leghi al rilascio di una concessione statale. Cosa che può non riguardare líintero patrimonio di chicchessia, ma che però può entrare nello specifico di alcune proprietà.

Ora, è evidente come in questo caso vi sia un conflitto tra líazione pubblica e la proprietà privata ed è altrettanto evidente la necessità di rivedere tutto líimpianto giuridico che fino adesso ha sostenuto certe posizioni e che noi abbiamo cercato di contrastare.

Mi chiedo se si possa affermare, in sostanza, che il diritto di proprietà si spinge fino a tutelare proprietà che sono in realtà concessioni e quindi che sono tali perché appartengono più propriamente alla comunità, al demanio, e sono date soltanto in concessione allíimprenditore, a colui cioè che esercita anche senza responsabilità gestionali una certa impresa.

Non credo obiettivamente che possiamo spingerci a tanto. Di fronte allíuso di concessioni statali il sacrificio si impone. La condizione ñ qui sì possiamo definirla tale ñ si impone: o la carica pubblica o líesercizio concessionario. Naturalmente lei mi dirà, signor Ministro, che líesercizio concessionario è operato dallíamministratore e che il proprietario non ha alcuna funzione gestionale, però non possiamo non rilevare come proprietà ed esercizio concessionario siano un tuttíuno inestricabile perché la proprietà senza quella concessione avrebbe tuttíaltro valore, avrebbe un valore diverso, un valore accessorio rispetto a quello che ha, invece, godendo della concessione. Di questo non possiamo obiettivamente non preoccuparci.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.149, presentato dal senatore Boco, identico agli emendamenti 2.311, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori, e 2.533, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.534, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.535, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.562, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.536, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.139, presentato dal senatore Boco, identico allíemendamento 2.563, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.31, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.136, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.537, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.538, identico allíemendamento 2.539.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI, relatore di minoranza. Signor Presidente, vorrei sottolineare che nel passaggio in Commissione il Governo è stato costretto ad allargare la maglia delle incompatibilità per difendere líesclusione dalle incompatibilità delle attività imprenditoriali. Già lo dicevamo: il Governo ha allargato la maglia delle incompatibilità relative alle attività professionali limitandole alle attività connesse con la carica di Governo. Questo ha alcuni degli inconvenienti che lamentavo prima ñ e sui quali non ritorno ñ ma ne ha anche un altro: quello di far sì che le professionalità dei membri del Governo non vengano dirette alle cariche di Governo dove quelle professionalità meglio si potrebbero esprimere. In altre parole, nellíesempio del ministro Frattini, il medico deve andare allíAgricoltura, non può certo andare alla Sanità. E potremmo sbizzarrirci in esempi.

Qual è il proposito di un provvedimento di questo genere, che si presta a una varietà di possibili interpretazioni? Quali sono le materie connesse con líesercizio collegiale della responsabilità di Governo? In quali casi assisteremmo a possibili impugnative dellíatto, annullabile in quanto adottato collegialmente anche da membri che sicuramente, facendone parte, avrebbero una qualche connessione con líattività dellíorgano collegiale?

Credo che sia un punto che il Governo debba ripensare. Comprendo la logica che, avendo introdotto uníampia esenzione per tutte le attività imprenditoriali, è quella di non penalizzare le attività professionali, ciò anche di fronte allo sconcerto provocato nei professionisti presenti nelle due Aule del Parlamento da una simile disparità di trattamento, che ho già definito irragionevole. Tuttavia la soluzione apportata non solo priva le singole posizioni di Governo di professionalità specifiche, ma rende anche estremamente difficile configurare la connessione quando si tratti di attività collegiali.

Credo che il Governo debba ripensare la formulazione di tale punto o comunque chiarire i suoi intendimenti.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.538, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori, identico allíemendamento 2.539, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.540, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.541, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.564, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.565, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.542, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.543, presentato dal relatore.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.544, presentato dal relatore, identico allíemendamento 2.545, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.546, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.310, presentato dal senatore Vitali e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.106, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.304, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.566, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.137, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.298, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.123, presentato dal senatore Boco, identico allíemendamento 2.34, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.33, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.547, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.548, presentato dal senatore Bordon e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.125, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.35, presentato dal senatore Malabarba e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.116, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.567, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.568, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.569, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.549.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento 2.549, propongo alla maggioranza di accettare un principio che mi sembra possa trovare ampio accoglimento nel nostro ordinamento. Mi riferisco al principio secondo cui non possono ricoprire cariche di Governo anche coloro che non siano stati espressamente esclusi, da una condanna penale passata in giudicato, dal ricoprire cariche pubbliche, ma che abbiano nel loro curriculum condanne penali definitive, ossia passate in giudicato, ancorché scontate.

Noi tutti possiamo condividere il concetto della riabilitazione e quello che la pena serve a reinserire il condannato nella società, ma non fino al punto di sottoscrivere che si possa addirittura ricoprire cariche di Governo.

Credo che faremmo qualcosa in piena linea con la nostra civiltà giuridica ed anche con la decenza politica se affermassimo che chi ha riportato condanne penali definitive, ancorché amnistiate, quali che siano i motivi delle stesse, una volta che queste siano passate in giudicato non può più ricoprire cariche di Governo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.549, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.550.

PASTORE, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASTORE, relatore. Colgo l'occasione per osservare che l'emendamento 2.549 è estraneo alla materia perché il conflitto di interessi non ha nulla a che vedere con le condanne penali. Poiché riguarda un'altra legislazione, i principi in esso contenuti potranno essere inseriti nella sede opportuna.

Per quanto l'emendamento 2.550, poiché non vorrei creare una ulteriore navetta con la Camera dei deputati, che si è pronunciata espressamente su questo aspetto, ritiro l'emendamento in modo da facilitare il percorso del provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.551.

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Qualora da parte della Presidenza si accogliesse l'osservazione del relatore, senatore Pastore, faccio osservare che su questa materia la Presidenza si è già implicitamente pronunciata e l'emendamento 2.549 poteva quindi essere pienamente votato.

Mi sarei atteso non una difesa procedurale ma l'affermazione se la maggioranza si dichiara díaccordo o meno sul fatto che un condannato in via definitiva, che abbia riportato condanna penale passata in giudicato, non sia politicamente degno di ricoprire cariche di Governo. Quale che sia il maggiore o minore grado di adesione alle tesi del Beccaria che noi tutti possiamo esprimere sul valore riabilitativo della pena, riteniamo che questo valore non si spinga fino a fare di quel condannato in via definitiva un potenziale uomo di Governo.

Su questo aspetto vorrei richiamare l'attenzione della maggioranza ma mi sembra che la maggioranza preferisca offrire motivazioni procedurali per procedere contro questo emendamento piuttosto che esprimersi nella sostanza.

PRESIDENTE. Faccio presente che questo emendamento è già stato votato e respinto. Non credo pertanto che il senatore Pastore ne facesse una questione di ammissibilità; lo riteneva estraneo al contesto.

COMPAGNA (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

COMPAGNA (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, non intendo incoraggiare la irritualità con cui sta procedendo, sia pure con spunti molto utili, la nostra discussione. Tuttavia per quanto riguarda la sollecitazione irritualmente, dal punto di vista cronologico, rivolta dal collega Passigli alla maggioranza a pronunciarsi nel merito, come parlamentare di maggioranza non ho nessuna difficoltà a farlo, visto tra l'altro che molti di noi lo hanno del resto già fatto nel corso della discussione generale.

Il mio orientamento è decisamente antitetico a quello del senatore Passigli giacché negli argomenti da lui esposti riaffiora una priorità dello Stato etico rispetto allo Stato di diritto, della giurisdizione rispetto alla Costituzione, almeno dal punto di vista dell'idea. L'accoglimento di un emendamento come quello suggerito dal collega Passigli, sul quale penso la maggioranza non sia affatto reticente a pronunziarsi nel merito, avrebbe significato che la giurisdizione è nell'ambito dell'organizzazione costituzionale sovraordinata. Ecco perché non era accettabile.

Per quanto concerne la considerazione di metodo fatta valere dal relatore, la condivido talmente che non avevo assolutamente preso la parola per vittimizzarmi della improponibilità di alcuni miei emendamenti all'articolo 2 decisa dalla Presidenza.

Mi è parso un poí singolare che la Presidenza abbia giudicato proponibile questo emendamento, sulla cui sostanza come parlamentare di maggioranza - grato al collega Passigli di avermene dato modo - mi sono pronunziato in modo molto netto, per respingerlo, come ha già fatto l'Assemblea.

PRESIDENTE. Senatore Compagna, i suoi emendamenti sono stati ritenuti improponibili in quanto il disegno di legge concerne cariche di Governo, mentre le sue proposte si riferiscono al mandato parlamentare. L'emendamento del senatore Passigli si riferisce invece a cariche di Governo; rimane una valutazione di opportunità, ma non di proponibilità, se la questione che egli ha posto debba rientrare o meno fra le cause di incompatibilità.

CONTESTABILE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTESTABILE (FI). Signor Presidente, mi introduco in una discussione che mi ha visto finora estraneo perché mi hanno colpito le argomentazioni del senatore Passigli a proposito di un preteso silenzio della maggioranza.

Parlando a titolo personale, voglio segnalare due aspetti. In primo luogo, l'emendamento del senatore Passigli mi sembra estraneo alla sedes materiae, nel senso che eventuali precedenti pensali non hanno alcuna attinenza al conflitto di interessi.

In secondo luogo, l'emendamento del senatore Passigli andrebbe benissimo se fossimo in Inghilterra, un Paese dove tutti i magistrati garantiscono tutti i cittadini. La situazione in Italia è purtroppo diversa: la stragrande maggioranza dei magistrati fa con onestà il proprio dovere; esiste però un numero ridotto ma influente di magistrati faziosi, che non ci garantiscono. Voterò pertanto contro l'emendamento. (Applausi dai Gruppi FI e LN).

PASSIGLI (DS-U). In Italia sono previsti tre gradi di giudizio!

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.551, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.63, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.62, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.64, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.66, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.67, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.68, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.104, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.570, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.552, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.553, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.554. (Testo corretto)

PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, devo preliminarmente segnalare un refuso, al secondo rigo, nel senso che il testo dell'emendamento prevede che la mera proprietà non costituisce motivo di "incompatibilità".

È chiaro che l'emendamento intende ripristinare il testo approvato dalla Camera, che è stato modificato in questa sede dal Governo. Vorremmo chiedere al Governo se non ritenga che, nel caso di imprese, esiste effettivamente una differenza tra la mera proprietà e la proprietà di controllo. Credevo che il testo varato dalla Camera, che menzionava la mera proprietà, implicasse il riconoscimento, da parte del Governo, di una distinzione fra proprietà tout court e mera proprietà, quest'ultima essendo limitata al godimento dei frutti patrimoniali e priva del pieno esercizio di tutti gli altri diritti connessi alla proprietà. Ho esemplificato i diritti connessi alla proprietà in precedenti interventi: la partecipazione alle assemblee, l'identificazione del management della società e, se non altro, degli organi amministrativi, l'elezione del consiglio.

Vorrei sapere qual è la logica che ha portato il Governo ad adottare un testo in sede di Consiglio dei Ministri, e a portarlo allíattenzione della Presidenza della Repubblica, in cui si parlava di mera proprietà, in cui cioè si distingueva tra forme diverse di proprietà, o per lo meno tra modalità di esercizio della proprietà diverse.

Vorrei ribadire con estrema chiarezza che non abbiamo alcuna obiezione al fatto che il mero proprietario non sia incompatibile, anche perché egli non partecipa alla gestione. Ma torniamo a dire con forza che esistono forme di esercizio della proprietà che non possono essere considerate disgiunte dalla gestione.

Davanti a tale osservazione, ci si rifugia nel dire che può essere visto solo a posteriori, nei concreti atti del Governo, se vi sia stato o meno conflitto di interessi. Ma vedremo poi allíarticolo 3 che gli atti di Governo, per essere considerati fonte di conflitto, devono assolvere a certe condizioni, devono avere uníincidenza specifica sul patrimonio del soggetto, devono essere compiuti contemporaneamente in danno dellíinteresse pubblico. E, come abbiamo già detto più volte in varie sedi, queste condizioni sono difficilmente provabili (infatti abbiamo parlato di probatio diabolica). Pertanto, definire a posteriori i casi di conflitto esaminando gli atti comporta una serie di difficoltà, che verranno ampiamente illustrate quando esamineremo líarticolo 3.

Ma nel testo licenziato dalla Camera, la non incompatibilità veniva sancita solo per la mera proprietà, mentre veniva mantenuta per tutto ciò che non era mera proprietà. Allora, il rovesciamento avvenuto al Senato da quale nuova riflessione del Governo è determinato? Non certo dai suggerimenti dellíopposizione.

Come ho già detto in discussione generale, líopposizione, quando chiedeva líabolizione della mera proprietà, chiedeva líabolizione dellíarticolo, cioè líestensione dellíincompatibilità a tutte le forme di proprietà. Possiamo tranquillamente consentire con il Governo che la mera proprietà non determina incompatibilità, purché resti incompatibile la proprietà di controllo.

Allora, cosa è successo, perché si è giunti ad una diversa dizione? Ministro Frattini, ci spieghi meglio questo punto: per quale timore è intervenuto, perché ha blindato ulteriormente il testo? Lei ha già soppresso il riferimento allíesercizio delle attività imprenditoriali. Se sostiene che qualsiasi forma di proprietà e qualsiasi esercizio della proprietà non sono riconducibili al concetto di gestione, perché allora ha eliminato anche questo ulteriore riferimento? Quali sono le considerazioni che stanno dietro questa decisione, qual è il timore che líha portata a blindare ulteriormente un testo che noi ritenevamo già blindato?

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza. Non mi sottraggo certamente a questa richiesta di spiegazioni.

La scelta del Governo si fonda su due motivazioni. Innanzitutto, è vero, il Governo ha emendato il proprio provvedimento non per compiacere líopposizione. Ma i colleghi dellíopposizione, in questíAula, non possono dimenticare che per lunghe settimane líintero dibattito politico, con le accuse e gli insulti che sono stati pronunciati alla Camera dei deputati, si è svolto esclusivamente intorno a questa formula della mera proprietà, che è líunico punto su cui líopposizione fonda le sue accuse alla maggioranza di aver costruito un norma salva-Berlusconi.

Non cíè bisogno di ricordare ora le dichiarazioni riportate sui giornali. Vi basterà, colleghi dellíopposizione che non cíeravate, rileggervi quanto venne a dire in Commissione affari costituzionali alla Camera il presidente DíAlema, che credo raramente si rechi in quella sede. Egli venne appositamente per fare una dichiarazione politica.

A seguito di quella dichiarazione politica tutta l'opposizione abbandonò i lavori della Commissione, affermando che in questo provvedimento vi erano due pilastri che li inducevano a un tale gesto. Il primo è l'estensione delle incompatibilità agli enti territoriali, che il Governo ha abolito. Il secondo è questa norma - non altre - che stabiliva che non costituisse motivo di incompatibilità la mera proprietà. Non su altro: non è sui sofisticati e abili discorsi fatti in Parlamento, e ora qui al Senato, che il Governo ha emendato il proprio testo. Prima che il Governo emendasse il testo, tutto- l'intero dibattito, fiumi d'inchiostro sui giornali parlamentari, opinionisti, articoli - riguardava la mera proprietà.

È fuor di dubbio che, cambiato il testo da parte del Governo, assai più abilmente ñ mi permetto di dire senza voler paragonare argomenti ad argomenti ñ oggi si dice che in fondo la mera proprietà è diversa dalla proprietà di controllo. La differenza che il Governo intendeva allora e intende oggi sottolineare è tra proprietà e gestione, tra proprietà e azioni che incidano sulla gestione dell'impresa come concetto più ampio, sì, rispetto a quello di amministrazione in senso stretto, ma certamente tali da non poter essere confuse con le prerogative di chi, essendo proprietario, non deve e non può interferire nella gestione. Se compie atti di gestione ñ lo ripeto ancora una volta ñ saranno colpiti i suoi atti con le sanzioni, cioè come atti compiuti, e quindi sanzionabili, ma non colpiti a monte con l'incompatibilità.

Io ritengo, in altri termini, che la linea di confine sia tra proprietà - mera o non mera che sia - e gestione dell'azienda. Se la gestione è affidata a chi non potrebbe compiere atti di gestione, scattano, a mio avviso, le rigorose sanzioni che sono negli articoli seguenti. Se la gestione non c'è, l'incompatibilità preventiva ha tutti gli inconvenienti che ho cercato di spiegare, probabilmente senza riuscirci, ai colleghi dell'opposizione fino ad ora.

BASSANINI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, non sarebbe la prima volta, per la verità, che questo ramo del Parlamento corregge opportunamente o positivamente una scelta dell'altro ramo: il bicameralismo, finché c'è, serve a questo. E non è la prima volta che su un testo così complesso ci si possa trovare in contraddizione anche con quanto autorevoli esponenti della stessa opposizione hanno espresso nell'altro ramo del Parlamento. La mia convinzione è che un testo così complesso dal punto di vista giuridico non sempre risulta chiaro nella portata delle sue disposizioni a prima vista.

Ora, quello che noi rischiamo di fare qui oggi, se non approviamo l'emendamento proposto dal senatore Passigli, è di peggiorare il testo della Camera, e lo dico sapendo che il Presidente del mio partito non aveva forse colto questo aspetto. Vedete, la norma sulla mera proprietà si prestava ad essere interpretata nel senso che la mera proprietà era bensì compatibile, ma tutto ciò che andava oltre la mera proprietà diventava invece incompatibile, e quindi l'esercizio di poteri e di diritti nelle assemblee, o magari nei consigli di amministrazione, pur senza arrivare alla delega di gestione.

In questo senso, ribadisco che il testo della Camera era migliore e che l'emendamento del senatore Passigli consentirebbe, su questo punto, di tornare ad un testo che almeno marginalmente era migliore di quello che, altrimenti, ci appresteremmo a votare. (Testo corretto)

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.554, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

BASSANINI (DS-U). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico (I senatori Petrini e Pagano chiedono di controllare alcune luci dei dispositivi di votazione cui non corrisponderebbe la presenza di un senatore. Il Presidente invita il senatore segretario a controllare la regolarità della votazione).

FERRARA (FI). Controllate anche da quella parte.

PAGANO (DS-U). Noi non facciamo il gioco delle tre carte come voi!

PRESIDENTE. Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.122, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.131, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.571, presentato dal senatore Boco e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.129, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.572, presentato dal senatore Boco.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.573, presentato dal senatore Bassanini e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.574, presentato dal senatore Vitali e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.576, presentato dal senatore Brutti Massimo e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.575, presentato dal senatore Guerzoni e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.577, presentato dal senatore Villone.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 2.555, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.

Non è approvato.

Come stabilito, rinvio la discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Sull'intervento del presidente di turno Calderoli in conclusione della seduta pomeridiana di ieri

CALDEROLI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALDEROLI (LP). Signor Presidente, in relazione all'intervento con cui ieri sera mi accingevo a revocare la censura disposta nei confronti della senatrice Dato, faccio presente che l'inciso nell'ultimo periodo non corrispondeva al mio pensiero ed era solo finalizzato a sdrammatizzare una situazione. Reputo questo periodo inopportuno e fuori luogo in quella sede.

Pertanto, la prego di sostituire l'inciso dalle parole "si trattava" fino alla parola "Presidente" con le parole: "il gesto non aveva queste intenzioni". Mi scuso se la bozza può aver creato motivi di equivoco o di offesa nei confronti dell'interessata.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Calderoli. La Presidenza apprezza questo suo intervento e provvederà di conseguenza.

Per la risposta ad una interrogazione

MARINO (Misto-Com). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta all'interrogazione presentata il 15 marzo 2002, della quale sono firmatario insieme ai colleghi Muzio e Pagliarulo, e precisamente la 4-01761, che riguarda la revisione del piano industriale strategico dell'azienda Blu, avviata all'indomani della mancata aggiudicazione della licenza governativa per l'UMTS e proseguita poi nei mesi successivi.

La questione è importante perché la società nel 2001 ha raggiunto e superato gli obiettivi approvati dagli azionisti e quindi non sembrano assolutamente giustificati gli attuali scenari di smembramento o di messa in liquidazione dell'azienda, che comporterebbe anche il licenziamento di circa duemila dipendenti. Oltre che per il futuro dei dipendenti, tengo a sollecitare la risposta anche perché i gestori di telefonia GSM, con l'operazione "spezzatino", scenderebbero da quattro a tre, la concorrenza diminuirebbe e non si conosce quale sarebbe l'eventuale futuro dei clienti dell'azienda Blu.

Ancora un particolare: Mediaset era socia di Blu al nove per cento e ha venduto le sua azioni a British Telecom per centosei milioni di euro, pur avendo scritto nel proprio bilancio che il valore di mercato delle quote in suo possesso era di solo cento miliardi di lire. Insomma, British gliele ha pagate due volte. Per tutte queste ragioni, sollecito una risposta puntuale da parte del Governo.

PRESIDENTE. Senatore Marino, la Presidenza si incaricherà senz'altro di sollecitare il Governo a rispondere all'interrogazione da lei presentata.

Mozioni, interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza una mozione, interpellanze e interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al resoconto della seduta odierna.

Ricordo che il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica oggi, alle ore 15, con lo stesso ordine del giorno.

La seduta è tolta (ore 13,30).