ASILANTI CONDANNATI ALLA CLANDESTINITA’.

 

La Prefettura di Agrigento ha negato il diritto di visita ad una delegazione guidata da un rappresentante parlamentare, e composta da avvocati e docenti universitari che volevano entrare nel centro di “prima accoglienza e soccorso” di Lampedusa.

Secondo quanto precisato dalla Prefettura, in base a recenti circolari ministeriali, soltanto i parlamentari avrebbero accesso a quella struttura. Risulta che anche nei centri pugliesi sarebbero stati frapposti analoghi divieti.

La decisione non è solo frutto di un accorto uso del regolamento di attuazione della legge Turco-Napolitano tuttora vigente, che differenzia questi centri (CPA), affidati di fatto alla totale discrezionalità dell’autorità amministrativa, dai “centri di permanenza temporanea” (CTP), per i quali dal settembre del 2000 vigeva almeno una “Carta dei diritti” che regolamentava i diritti di informazione, di accesso e di difesa. E’ evidente la preoccupazione che oltre all’ingresso occasionale di un rappresentante del nostro Parlamento, possano entrare nel centro anche rappresentanti di associazioni ed avvocati che operano sul territorio e che già in passato hanno denunciato gravi illegittimità nel trattenimento degli stranieri, ottenendo dalla magistratura l’annullamento di numerosi provvedimenti di espulsione e di trattenimento; e soprattutto facendo valere il diritto di asilo negato a quanti, costretti all’ingresso clandestino dalla mancanza di una legge organica che riconosca l’asilo costituzionale, vengono rinchiusi in queste strutture privati di ogni diritto di accesso alla procedura. Andando a Lampedusa non pensavamo di scoprire nulla di nuovo.

Sappiamo che i centri di detenzione vengono accuratamente “preparati” prima di ogni visita, da anni ormai siamo riusciti ad entrare in questi luoghi e ad incrociare le nostre esperienze dirette con i racconti dei tanti immigrati che al loro interno,o dopo esservi stati rinchiusi, si sono rivolti a noi per presentare una richiesta di asilo.

 

Dalla verifica di tante storie individuali, anche nel caso del centro di Lampedusa, è emersa la costante mancanza di interpreti ( sanzionata anche dalla magistratura) e la durata del trattenimento, spesso in assenza di un provvedimento formale ( e quindi impugnabile) o non convalidato nei termini di legge.

Molti potenziali richiedenti asilo sono stati di fatto condannati alla clandestinità: hanno ricevuto immediatamente una espulsione, senza interprete e senza informazioni sul diritto di asilo, nei cinque giorni successivi non hanno potuto fare ricorso, trattenuti all’interno del CPT o rimessi in libertà, con l’intimazione a lasciare il nostro territorio entro quindici giorni, senza mezzi e documenti. Nessuno stato, neppure il più fidato partner dei nuovi accordi di riammissione stipulati dal governo riaccetterebbe mai questi” clandestini”; e neppure sembra giuridicamente ed umanamente sostenibile ipotizzare rimpatri coatti verso luoghi di torture e di morte come il Sudan, la Sierra Leone, lo Sri Lanka, la Turchia o l’Irak ( soprattutto per i kurdi). Se ne è accorto persino chi ha redatto la legge Bossi-Fini, riconoscendo l’istituto della protezione umanitaria a quanti non vedono accolta la richiesta di asilo, ma sono in fuga da situazioni di guerra o di violenza generalizzata.

 

La Commissione centrale, quando si riesce ad incardinare una procedura di asilo, continua invece a negare, con formule prestampate e con audizioni di pochi minuti, qualunque forma di protezione umanitaria a quanti non riescono a provare la cd. “ persecuzione individuale” richiesta dalla Convenzione di Ginevra per il riconoscimento dello status di asilante. Spesso, a determinare la decisione negativa della Commissione centrale, sono proprio i verbali che raccolgono le prime dichiarazioni raccolte subito dopo lo sbarco, quando i richiedenti asilo sono privati di ogni informazione sulla procedura, di interpreti, di assistenza legale, e si trovano magari rinchiusi nella stessa struttura nella quale sono “accolti” gli scafisti, che minacciano quanti intendano ricostruire le tappe e le ragioni del  viaggio.

La detenzione dei richiedenti asilo, che con la nuova legge diventerà la norma, impedisce l’accesso alla procedura e alimenta un clima omertoso che favorisce obiettivamente i trafficanti e quanti propongono domande strumentali.

 

Questo è successo e, per quanto risulta da testimonianze dirette, continua a succedere a Lampedusa, ad Agrigento, ed in altri centri di detenzione( siano CPA o CPT).

Per queste ragioni, crediamo, non siamo stati ammessi a visitare la struttura di Lampedusa, ma sono luoghi che conosciamo già bene, avendoli “vissuti”, oltre che attraverso parole che ci venivano riferite, negli occhi d quegli immigrati che vi sono transitati, e che oggi si sono visti respingere la richiesta di asilo, quando hanno potuto presentarla, oppure vivono nel terrore di essere rimandati nel loro paese. Pensavamo che una visita, attraverso la nostra esperienza, anche nel confronto con i rappresentanti istituzionali, potesse migliorare la situazione, ridurre la disperazione, dare prospettive di legalità, e non per un giorno solo. Sappiamo che, anche dopo le nostre critiche, le cose a Lampedusa sono un po’ cambiate: gli immigrati vi rimangono per periodi più brevi ( due-quattro giorni) e per decongestionare la struttura ed il CPT di Agrigento molti di loro sono rimessi in libertà non appena giunti in Sicilia. Liberi si, ma con il foglio di espulsione in mano. Clandestini per sempre, in tutta Europa, e neppure nelle condizioni di tornare nel loro paese.

Adesso attendiamo l’ennesima smentita, come già successo in passato: almeno, se abbiamo torto, speriamo di conoscere quante espulsioni siano state comminate dalla Prefettura di Agrigento negli ultimi mesi, e quante procedure di asilo siano state aperte, magari con qualche notizia sui contributi di prima assistenza effettivamente erogati, e sulla nazionalità dei “ sedicenti” che hanno ricevuto un provvedimento di allontanamento forzato ( espulsione o respingimento che sia). Ma soprattutto, come richiesto all’Italia anche dall’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati (ACNUR), ci auguriamo che,  sia a livello legislativo che nelle prassi amministrative, vengano introdotte, e quindi fatte conoscere, “ tutte le adeguate garanzie procedurali in linea con gli standard internazionali”. In fondo, con la nostra visita volevamo garantire soprattutto i diritti di difesa e di asilo ( e di controllo giurisdizionale sulla libertà personale), in base ai trattati internazionali, e secondo quanto imposto dalla nostra Costituzione.

Palermo 19 luglio 2002

Fulvio Vassallo Paleologo -Associazione studi giuridici sull’immigrazione- Palermo