All’art.33 della legge di modifica della
normativa in materia di immigrazione e di asilo, ormai di imminente
pubblicazione, è prevista una procedura di regolarizzazione dei rapporti
di lavoro domestico e di assistenza familiare, cui si aggiunge un ordine del
giorno della Camera che impegna il Governo "a presentare un provvedimento
che, all'entrata in vigore del disegno di legge sull'immigrazione, dia
soluzione alla posizione degli extracomunitari già presenti
irregolarmente nel territorio italiano ma che prestano lavoro
subordinato”.
La decisione di prevedere una procedura di emersione
dall’irregolarità è da considerarsi positivamente anche per
le opportune modalità di esecuzione prescelte.
Tuttavia riteniamo che l’efficacia
d’insieme del provvedimento rischi di essere gravemente inficiata nel
caso in cui siano esclusi dall’accesso alla procedura di emersione le
collaboratrici domestiche e i lavoratori stranieri precedentemente raggiunti da un decreto d’espulsione
per motivi amministrativi; nonchè gli stranieri già segnalati
come non ammissibili, perchè irregolari, nello spazio Schengen .
Sarebbe quindi opportuno porre in essere
un’interpretazione o un’applicazione correttiva al fine di
garantire la buona riuscita del programma di emersione disposto, per favorire
le dichiarazioni sia dei datori di lavoro che dei lavoratori.
Infatti, poiché nel corso degli ultimi quattro
anni sono stati emessi circa 300.000 provvedimenti di espulsione per motivi
amministrativi (fonte Ministero dell’Interno), è probabile che un
numero considerevole - e forse maggioritario – delle lavoratrici
domestiche e dei lavoratori stranieri effettivamente occupati sia per questa
ragione impedito, allo stato, di accedere alle procedure di emersione previste
dall’art.33.
La maggior parte di essi, in effetti, vive in una
condizione di non conformità alle norme sul soggiorno che li rendono
possibili destinatari, in qualsiasi momento, di un provvedimento di espulsione.
Questo vuol dire che proprio chi da più tempo si è inserito nel
mercato del lavoro probabilmente non potrà usufruire del provvedimento
di emersione del lavoro irregolare perché espulso.
Le donne e gli uomini stranieri espulsi per motivi
amministrativi non hanno commesso alcun reato e spesso il provvedimento di
espulsione è stato emesso nei loro confronti nel corso di controlli
casuali in luoghi di normale aggregazione sociale (il mercato, la piazza
antistante alla stazione o la chiesa, la fermata della metropolitana).
Uno strumento che, in via regolamentare, forse potrebbe
conciliarsi con il disposto di cui all’art.33, senza però
compromettere l’efficacia del provvedimento di emersione, potrebbe essere
quello della revoca del decreto di espulsione emesso per motivi amministrativi
come atto di autotutela della pubblica amministrazione stessa, in
considerazione dell’opportunità di favorire i processi di
emersione del lavoro irregolare. La revoca dell’espulsione potrebbe
essere valutata d’ufficio dall’amministrazione dell’interno
al momento dell’esame delle domande di emersione.