6 Giugno 2002

 

COMUNICATO

circa la nuova proposta di direttiva

sul ricongiungimento familiare degli stranieri

nell’Unione Europea

 

 

La Commissione europea ha presentato lo scorso 2 maggio una nuova versione della sua proposta di direttiva riguardante il diritto al ricongiungimento familiare delle persone originarie da paesi terzi, residenti sul territorio dell’Unione Europea.

 

Per il Coordinamento europeo per il diritto degli stranieri a vivere in famiglia, questa nuova proposta costituisce un passo indietro molto inquietante rispetto  agli orientamenti dati nel 1999 dal Consiglio europeo di Tampere in materia di immigrazione.

 

Mentre nello spirito del Trattato di Amsterdam, per giungere ad una base legislativa comune, era richiesto il massimo sforzo di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, in realtà la nuova proposta di direttiva sul ricongiungimento familiare consiste in una serie di compromessi concessi agli Stati la cui normativa interna è tra le più restrittive.

 

In nome della “flessibilità”, la Commissione ha accettato che vengano introdotte deroghe alla sua proposta iniziale, per permettere, dice, di “adattarsi ad alcune specificità nazionali in vigore”. Da questa formulazione traspare tutta la debolezza della posizione della Commissione europea di fronte alle pressioni di alcuni Stati membri. Ed è così che, a dispregio dei principi posti dalla Convenzione internazionale sui diritti del bambino, è concesso di rifiutare l’ammissione al ricongiungimento familiare dei minori che abbiano più di 12 anni di età; così viene avallata la pratica delle quote per l’ammissione dei membri della famiglia; così ancora, un residente straniero dovrà attendere due o tre anni prima di poter sollecitare il ricongiungimento familiare, e il ricongiungimento potrà essere rimesso in causa anche dopo l’arrivo della famiglia.

 

L’artificio della “clausola di appuntamento” – un periodo al termine della quale si prevede di rivedere con priorità, due anni dopo la trasposizione della direttiva (!),  i punti problematici che creano situazioni senza sbocco – non è per nulla rassicurante per coloro che hanno creduto ad una volontà reale delle istanze dell’Unione di stabilire, sulla base dei principi posti dagli impegni internazionali che gli Stati membri hanno sottoscritto, regole comuni in materia di ricongiungimento familiare degli stranieri.

 

Invece di riconoscere il vero e proprio diritto al ricongiungimento familiare che gli Stati dovrebbero rispettare, la proposta di direttiva si accontenta di “tentare di progredire sulla via dell’armonizzazione” delle legislazioni nazionali, senza neppure prevedere di proibire una revisione al ribasso della direttiva stessa.

 

Il Coordinamento europeo che ha sostenuto fino ad ora la Commissione europea nel processo di elaborazione di questa direttiva, è deciso a combattere fortemente la proposta che ora viene presentata. Esso denuncia la svolta pericolosa che le istanze dell’Unione sembrano fare in prossimità del summit di Siviglia, nel trattare insieme le questioni di asilo e immigrazione. Esso invita tutte le organizzazioni che hanno a cuore il rispetto dei principi fondamentali a respingere il concetto di Europa che ci viene imposto da una politica guidata da un approccio all’immigrazione ridotta ai soli bisogni economici e di sicurezza degli Stati membri, dall’ossessione dell’invasione e dalla paura dell’altro.