srm materiali materiali di lavoro e
rassegna stampa sull’immigrazione 2002 luglio |
Sommario: Scheda tecnica sul ddl
n.795-B su immigrazione e asilo La scheda è stata
elaborata dall'avvocato Massimo Pastore dell'ASGI (Associazione Studi
Giuridici sull'Immigrazione). E' estremamente interessante
perché in modo chiaro e sintetico fa
il punto su ogni aspetto della futura
legge |
Supplemento
“Inform.
Legge”
n. 25
_________ a cura del:
SERVIZIO
RIFUGIATI E MIGRANTI
della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia Via Firenze 38, 00184 Roma tel. 06 48905101 Fax 06 48916959 E-mail: srm@fcei.it |
Le principali modifiche
contenute nel disegno di legge sull’immigrazione e l’asilo
approvato dalla Camera dei deputati
il 4 giugno 2002.
(20/06/2002)
Il 4 giugno 2002 la
Camera dei deputati ha licenziato il testo del disegno di legge
sull’immigrazione e l’asilo, con diverse modifiche rispetto al
testo trasmesso dal Senato (all’esame della Camera con il n. 2454). Il
disegno di legge è stato quindi trasmesso nuovamente al Senato, dove
riprende l’esame con il n. 795-B.
Se il testo verrà approvato senza modificazioni, sarà trasmesso
al Presidente della Repubblica per la promulgazione e la pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale. In caso di nuove modifiche apportate dal Senato, il d.d.l.
dovrà tornare alla Camera per una nuova votazione.
Si analizzano di seguito le principali novità rispetto al primo testo approvato dal Senato
(n. 795-A)
Viene accentuato il vincolo tra la predisposizione e prosecuzione di
programmi per interventi non a scopo umanitario nei confronti di Paesi non
appartenenti all’Unione europea, e l’impegno dei Paesi destinatari
della cooperazione e degli aiuti nel prevenire l’emigrazione illegale, il traffico degli esseri umani e il rientro illegale in territorio
italiano di cittadini
espulsi. Rispetto al testo votato dal Senato, l’impegno dei Paesi terzi
viene richiesto non solo per combattere le organizzazioni criminali operanti
nell’immigrazione clandestina (oltre che nello sfruttamento della prostituzione,
nel traffico di stupefacenti e di armamenti) ma nella prevenzione e
repressione dei flussi migratori illegali tout court. L’adozione su scala europea di misure di
questo genere è stata recentemente discussa, non senza contrasti, dai
Ministri della giustizia e degli interni dell’UE, riuniti a
Lussemburgo il 13 giugno, in preparazione del vertice di Siviglia dei Capi di Stato e
di governo dell’Unione, in programma per il 21 e 22 giugno.
Con il rilascio del visto d’ingresso, è previsto che le
rappresentanze diplomatiche o consolari italiane rilascino una comunicazione
scritta che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia.
Oltre ai motivi di esclusione dal rilascio del visto
già previsti dalla legge in vigore (mancanza dei requisiti, motivi di ordine
pubblico o di sicurezza dello Stato italiano o di uno dei Paesi Schengen), sono
esclusi dal rilascio del visto anche tutti gli stranieri che abbiano riportato condanna
penale, anche a seguito di sentenza “patteggiata”, per uno dei
delitti per i quali l’art. 380, commi 1 e 2, cod. proc. pen. prevede
l’arresto obbligatorio in flagranza, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina verso l’Italia o dell’emigrazione clandestina
dall’Italia verso altri Stati, il reclutamento di persone da destinare
alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da
destinare ad attività illecite. La norma non distingue né tra le diverse tipologie
d’ingresso, né in relazione alla gravità e/o al numero dei
reati commessi, introducendo così un criterio di esclusione automatica
che opera anche in casi in cui il rilascio del visto deriva dal riconoscimento
di un diritto di carattere fondamentale (ricongiungimenti familiari).
Il decreto con il quale il
Presidente del Consiglio dei ministri stabilisce annualmente le quote massime di stranieri da
ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, stagionale e
autonomo, dovrà essere definito entro il termine del 30 novembre di ogni
anno, come già previsto nel testo approvato dal Senato. In caso di
mancata pubblicazione del decreto di programmazione, l’adozione da parte
del Presidente del Consiglio di un decreto transitorio, nei limiti delle quote stabilite per
l’anno precedente, diventa facoltativa.
Per converso, la prevista “possibilità” di introdurre
nel decreto flussi restrizioni all’ingresso di lavoratori provenienti da
Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto dell’immigrazione clandestina
o nella riammissione dei propri cittadini rimpatriati, diviene una regola
(“Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche …”).
Il nuovo comma 4-ter dell’art. 21 D. Lgs. 286/98, introdotto con
un emendamento votato alla Camera, prevede esplicitamente la possibilità
di un coinvolgimento attivo delle Regioni nella programmazione dei flussi di ingresso. Le
Regioni potranno infatti far pervenire alla Presidenza del Consiglio, entro il
30 novembre di ogni anno, “un rapporto sulla presenza e sulla condizione
degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le
indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo
in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo”.
Un’importante modifica al meccanismo generale di
regolazione degli ingressi per motivi di lavoro è costituita dalla
modifica dell’art. 27
D. lgs 286/98 (ingresso per
lavoro in casi particolari), con la quale la Camera ha deciso di considerare
“fuori quota” (non rientranti quindi nel decreto annuale di
programmazione dei flussi) le assunzioni presso strutture
sanitarie pubbliche e private degli infermieri
professionali.
Contratto di soggiorno.
Viene specificato che la sistemazione alloggiativa garantita dal datore di lavoro
nell’ambito del “contratto di soggiorno per lavoro
subordinato” deve rientrare “nei parametri minimi previsti dalla
legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica”.
L’espressione impiegata richiama quella già in vigore per l’accertamento
dell’idoneità alloggiativa nella procedura del ricongiungimento
familiare. Mentre poi il testo votato dal Senato prevedeva che l’onere
relativo alla sistemazione alloggiativa ricadesse interamente sul lavoratore, l’emendamento
approvato dalla Camera ha demandato al regolamento di attuazione di prevedere a
quali condizioni i costi per gli alloggi garantiti con il contratto di
soggiorno saranno posti a carico del lavoratore.
Lo straniero che richiede il rilascio o il rinnovo del
permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici. Si tratta come è noto di
una delle disposizioni più controverse inserite nel testo del d.d.l.
dalla Camera dei Deputati. Per bilanciare il carattere discriminatorio della
disposizione, la stessa Camera ha poi votato un ordine del giorno che, dopo
aver riconosciuto che l’approvazione dell’emendamento sulla
rilevazione delle impronte digitali comporta il verificarsi di una “non
giustificata disparità di trattamento ai fini dell’identificazione
tra cittadini stranieri e cittadini italiani”, impegna il governo ad
introdurre l’identificazione tramite rilevazione dei “dati
biometrici” nella carta d’identità e nel documento
elettronico per tutti i cittadini, avvalendosi della possibilità in tal
senso già prevista dall’art. 36 del d. lgs. n. 443 del 28.12.2000.
Anche qualora venisse data attuazione a questa previsione resterebbe comunque
un fondamentale elemento di differenziazione nelle finalità per cui le
impronte verrebbero rilevate, rispettivamente, per i cittadini stranieri e per
quelli italiani o comunitari, nonché nel loro utilizzo. Mentre infatti
l’apposizione dell’impronta sulla carta d’identità
avrebbe la stessa finalità che ha attualmente la fotografia (consentire
l’identificazione del titolare del documento) e la raccolta e
conservazione delle impronte verrebbe presumibilmente affidata (come già
avviene per le fotografie) alle anagrafi, nel caso degli stranieri le impronte
verranno direttamente raccolte e conservate dalle autorità di polizia e
daranno luogo a periodici riscontri (in occasione quanto meno di ogni rinnovo
del permesso di soggiorno) a prescindere dall’esistenza di motivi di
indagine specifici.
Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto
dallo straniero al questore della provincia in cui l’interessato dimora.
E’ stato eliminato dal testo dell’art. 24, nella parte in cui modifica il
6° comma dell’art. 40 D. Lgs. 286/98, il limite massimo del 5% che, nel testo approvato dal Senato,
era stato introdotto per l’accesso di immigrati regolarmente soggiornanti
agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Restano invariate le altre
limitazioni, rispetto al testo attualmente in vigore: in particolare, la
possibilità di partecipare ai bandi di assegnazione degli alloggi di
E.R.P. è limitata agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso
di soggiorno valido almeno due anni, e che inoltre esercitino una regolare attività
di lavoro a subordinato o autonomo.
La sanzione penale prevista nei confronti del datore di
lavoro, per l’impiego di lavoratori stranieri privi di permesso di
soggiorno, ovvero il cui permesso di soggiorno sia scaduto revocato o
annullato, viene ulteriormente inasprita rispetto all’aggravamento
già contenuto nel testo approvato dal Senato. Mentre infatti
l’attuale Testo unico (art. 22, co. 10) prevede per tale reato la
sanzione alternativa dell’arresto da tre mesi a un anno o
dell’ammenda da lire due milioni a lire sei milioni, il testo approvato
dal Senato aveva inasprito la previsione sanzionatoria, prevedendo la pena
congiunta dell’arresto da tre mesi a un anno e dell’ammenda di
“2.500 euro per ogni lavoratore impiegato” (la previsione della
sanzione congiunta comporta l’impossibilità di definire il
procedimento penale con il versamento di una oblazione, come invece era
possibile secondo il sistema sanzionatorio dettato dalla legge 40/98). L’emendamento
approvato dalla Camera ha ulteriormente inasprito l’entità della
sola pena pecuniaria, con previsione di un’ammenda di 5.000 euro per
ogni lavoratore impiegato. Con un’altra modifica, è stato opportunamente
precisato che l’impiego di lavoratori stranieri il cui permesso di
soggiorno sia scaduto di validità comporta illecito penale solo qualora
non ne sia stato richiesto il rinnovo, nei termini di legge.
La possibilità di rientrare in Italia “per il
tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di
difesa”, mediante concessione di apposito visto, viene estesa anche alla parte offesa, mentre il testo originario
dell’art. 17 D. Lgs. 286/98 prevedeva tale possibilità soltanto
per lo straniero sottoposto a procedimento penale.
Si tratta di un’altra modifica molto controversa della disciplina
vigente, dettata dal comma 11 dell’art. 22 D. Lgs. 286/98. Sia nel testo
approvato dal Senato, sia in quello poi licenziato dalla Camera, viene
riaffermato senza modificazioni il principio secondo cui, salve le disposizioni
particolari concernenti il lavoro stagionale, “in caso di rimpatrio il
lavoratore straniero conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale
maturati e può
goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità”.
Sennonché, nel testo trasmesso dal Senato l’11° comma
dell’art. 22 era stato radicalmente modificato, eliminando del tutto la
successiva previsione in base alla quale il lavoratore che ha cessato
l’attività lavorativa in Italia e lascia il territorio nazionale
ha la facoltà di richiedere la liquidazione dei contributi versati in
suo favore presso
forme di previdenza obbligatoria. Eliminando dal testo della legge la
possibilità di richiedere la liquidazione anticipata dei contributi
versati si conseguiva in pratica l’effetto di ridurre la prima parte
della norma ad una mera petizione di principio, in quanto i contributi versati
dai lavoratori stranieri che lasciano l’Italia prima di aver maturato il
diritto alla pensione sarebbero stati incamerati, senza possibilità per
il contribuente straniero di chiederne in alcuna forma la restituzione. La
modifica infine approvata dalla Camera conferma l’eliminazione dal testo
della possibilità di liquidazione anticipata, ma prevede che il
lavoratore straniero possa godere dei diritti previdenziali e di sicurezza
sociale “al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla
normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito
contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n.
335”.
Come è noto, il disegno di legge all’esame del
Parlamento prevede due principali restrizioni all’ambito dei possibili
beneficiari del dritto all’unità familiare. La prima riguarda
l’eliminazione della possibilità di ricongiungimento con
“parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la
legge italiana” (art. 29, comma 1, lettera d, di cui è prevista
l’abrogazione). Viene invece introdotta la possibilità di
ricongiungimento con i soli “figli maggiorenni a carico, qualora non
possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del
loro stato di salute che comporti la invalidità totale” (nuova
lettera b-bis del 1° comma dell’art. 29: testo approvato dal Senato e
confermato dalla Camera, senza modificazioni). La seconda limitazione riguarda
i “genitori a carico” (art. 29, comma 1, lettera c), per i quali il
testo approvato dal Senato prevedeva il ricongiungimento solo “qualora
non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza”. La Camera
dei deputati ha introdotto sul punto un parziale temperamento
dell’esclusione, prevedendo una deroga nel caso di genitori
ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano “impossibilitati al loro
sostentamento per documentati gravi motivi di salute”.
La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, da presentare
presso lo sportello unico per l’immigrazione presso la prefettura-ufficio
territoriale di Governo competente per il luogo di dimora del richiedente,
dovrà comprendere la documentazione attestante i rapporti di parentela, coniugio e la minore
età,
autenticati dall’autorità consolare italiana. La modifica, già approvata dal Senato e
confermata dalla Camera, comporta il ritorno alle vecchie procedure, alle cui
lungaggini e difficoltà il sistema in due fasi previsto dalla legge
40/98 era riuscito almeno in parte ad ovviare.
Il testo del d.d.l. lascia
inalterata la previsione del 1° comma dell’art. 32 (Disposizioni
concernenti minori affidati al compimento della maggiore età), dove
si prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per
motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, o per
esigenze sanitarie o di cura, al raggiungimento della maggiore età, allo
straniero che abbia beneficiato di un permesso per motivi familiari ai sensi
dell’art. 31, 1° e 2° comma, e “ai minori comunque affidati
ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184”.
La concreta applicazione della
norma aveva dato origine a molte difficoltà e prese di posizione, a
fronte di un’interpretazione restrittiva del Ministero
dell’interno, che da un lato ha finito per privilegiare in molti casi (ad
es.: minori affidati in Italia a parenti entro il IV° grado; minori non
accompagnati sottoposti a tutela) la concessione del permesso “per minore
età” (art. 28, co. 1, lett. a, d.P.R. 394/99) anziché per
motivi familiari ai sensi dell’art. 31, dall’altro ha escluso la
possibilità di far rientrare tali permessi nella previsione
dell’art. 32, una volta raggiunta la maggiore età. Tale
interpretazione è stata peraltro recentemente censurata dalle prima
giurisprudenza amministrativa in materia che, non mancando di sottolineare i
profili di illegittimità costituzionale che l’art. 32
presenterebbe qualora lo si dovesse interpretare in modo tale da comportare
un’irragionevole disparità di trattamento tra situazioni
sostanzialmente analoghe (minori non accompagnati affidati ai sensi della legge
184/83 oppure “soltanto” sottoposti a tutela) ha sostenuto la
possibilità di applicare estensivamente la norma in questione,
giudicando pertanto illegittimi dinieghi di concessione del permesso di
soggiorno basati unicamente sulla precedente titolarità di un permesso
per minore età, anziché per motivi familiari (cfr. TAR
Piemonte, n. 952/02; TAR
Toscana, n. 880/02).
La Camera dei deputati ha
introdotto nell’art. 32 T.U., dopo il 1° comma, tre nuovi commi (1-bis, 1-ter,
1-quater).
In base a tali commi, la
possibilità di rilasciare, al compimento della maggiore età e ai
sensi del 1° comma dell’art. 32, un permesso per motivi di studio, di
accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, viene estesa anche
ad altri ex-minori, sempre che il Comitato per i minori stranieri non abbia
adottato nei loro confronti una decisione di rimpatrio. Per rientrare nella
previsione, i minori stranieri dovranno trovarsi in Italia da non meno di tre anni, aver seguito per almeno due
anni un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un
ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia
iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, avere la
disponibilità di un alloggio e frequentare un corso di studio, svolgere
un’attività lavorativa o disporre di un contratto di lavoro, anche
se non ancora avviato.
Il comma 1-quater introdotto dalla
Camera precisa che i permessi rilasciati “ai sensi del presente
articolo” (e quindi, anche quelli rilasciati in base al
1° comma dell’art. 32, che riguardano per lo più minori giunti
in Italia con ricongiungimento familiare o addirittura nati in Italia!)
verranno detratti
dalle quote di ingresso definite annualmente.
Dopo molte discussioni, anche in seno alla maggioranza di governo, circa
l’opportunità di estendere anche ad altri rapporti di lavoro
subordinato i meccanismi di regolarizzazione già previsti soltanto per
il lavoro domestico e di assistenza familiare (c.d. emendamento Tabacci), il
testo votato dalla Camera mantiene infine la previsione di una procedura di
“emersione di lavoro irregolare” limitata a “colf e
badanti” (nel nuovo testo, si tratta dell’articolo 33). Per quanto
concerne invece gli altri tipi di rapporto di lavoro subordinato, è
stato approvato alla Camera un ordine del giorno che impegna il Governo “a
presentare un provvedimento che, all'entrata in vigore del disegno di legge
sull'immigrazione, dia soluzione alla posizione degli extracomunitari
già presenti irregolarmente nel territorio italiano ma che prestano
lavoro subordinato che preveda condizioni analoghe a quelle della normativa
sull'emersione del lavoro sommerso.” .Sono
noti e ampiamente dibattuti i dubbi tuttora esistenti circa le modalità
e i tempi con cui verrà introdotta la più ampia procedura di
regolarizzazione che il Governo si è impegnato ad introdurre. In
particolare, non è ancora sicuro se essa verrò introdotta
contestualmente all’entrata in vigore della nuova legge, oppure
successivamente. Permangono dubbi anche sullo strumento normativo che
potrà essere impiegato, nonché sull’ampiezza delle
condizioni che verranno previste per l’emersione dei contratti di lavoro.
Nel testo relativo alla
“dichiarazione di emersione” sono state comunque introdotte alcune
importanti modifiche. Innanzitutto, la procedura di regolarizzazione non
riguarda più soltanto i rapporti di lavoro iniziati nei tre mesi
antecedenti il 1° gennaio 2002 (testo approvato dal Senato), ma viene
estesa a tutti i rapporti iniziati nei tre mesi antecedenti la data di
entrata in vigore della nuova legge, con possibilità quindi di regolarizzare
anche la posizione di lavoratori domestici entrati irregolarmente in Italia nel
corso del 2002. Per i collaboratori domestici, viene mantenuta la limitazione
di una sola possibile regolarizzazione per ogni nucleo familiare; per i
rapporti di assistenza alla persona non vi sono invece limiti numerici, ma si
dovrà presentare una certificazione medica
della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza
è destinato il lavoratore.
Significative novità
sono state introdotte per quanto concerne la presentazione della
dichiarazione di emersione. Una modifica approvata alla Camera prevede infatti che la
dichiarazione sia presentata agli uffici postali, a spese del richiedente.
Poiché le dichiarazioni dovranno esser presentate entro due mesi dalla
data di entrata in vigore della nuova legge, per quanto concerne la data di
presentazione,
farà fede il timbro dell’ufficio postale. Alla dichiarazione di
emersione dovrà essere allegata, oltre ai documenti già previsti
dal testo approvato dal Senato (tra questi, l’attestazione di avvenuto
pagamento di un contributo forfettario, pari all’importo trimestrale corrispondente al
rapporto di lavoro dichiarato), anche una certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla
cui assistenza è destinato il lavoratore. La certificazione medica non
è richiesta per i rapporti di lavoro domestici.
Nei venti giorni successivi
alla ricezione della dichiarazione, la prefettura - ufficio territoriale del Governo e
la questura competenti per territorio verificano rispettivamente
l'ammissibilità e la ricevibilità delle dichiarazioni,
nonché la mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno.
Se la questura accerta la mancanza di motivi ostativi e la prefettura considera
ammissibile la dichiarazione, la prefettura invita le parti (datore di lavoro e
lavoratore) a presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno e per il contestuale
rilascio del permesso di soggiorno.
Tra i motivi ostativi al
rilascio del permesso di soggiorno che la questura dovrà verificare,
assumono particolare rilievo:
a) l’insussistenza a
carico del prestatore d’opera straniero di provvedimenti di espulsione
adottati
per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Già il
testo approvato dal Senato (che non è stato sul punto modificato dalla
Camera) prevedeva l’esclusione dalla procedura di regolarizzazione dei
lavoratori stranieri espulsi, facendo salvi soltanto i decreti espulsivi
adottati a carico di persone già in precedenza titolari di permesso di
soggiorno non rinnovato;
b) l’insussistenza di segnalazioni
ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, anche da parte di Paesi con i quali
l’Italia abbia stipulato specifici accordi in tal senso (Accordi di
Schengen);
c) l’insussistenza di denunce
per uno dei
reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale (reati per i quali è
previsto l’arresto, obbligatorio o facoltativo, in flagranza). Sul punto,
si segnala che il criterio di esclusione dalla procedura di regolarizzazione
già previsto nel testo approvato dal Senato è stato notevolmente
inasprito
dalla Camera dei deputati. Il testo originario prevedeva infatti l’esclusione
in caso di condanna, anche non definitiva. Nel nuovo testo è invece
sufficiente a determinare il rigetto della domanda una semplice denuncia, alla quale non sia ancora
seguito alcun accertamento, ancorché non definitivo, di
responsabilità penale.
Inoltre, l’ostatività della mera denuncia è esclusa
solo nel caso in cui il relativo procedimento si sia concluso con un
provvedimento che esclude il reato o la responsabilità
dell’interessato, oppure nel caso di riabilitazione. Non saranno quindi sufficienti
a rimuovere l’ostatività della denuncia penale nemmeno
provvedimenti di archiviazione o sentenze di non luogo a procedere per difetto
di una condizione di procedibilità (es. mancata presentazione della
querela per il furto semplice), ovvero per intervenuta prescrizione del reato.
In tali casi, infatti, pur non essendo pervenuti ad una sentenza di
accertamento della responsabilità, la sussistenza del reato e la
responsabilità del denunciato non può essere nemmeno esclusa. Si
segnala che la disposizione, così formulata, presenta criteri di
esclusione ancor più rigidi di quelli previsti in generale per il
rilascio dei visti d’ingresso (condanna per taluno dei delitti previsti
dall’art. 380 c.p.p.) e, unita alla mancata previsione di una
“sanatoria” dei decreti di espulsione adottati per
irregolarità dell’ingresso o del soggiorno, è suscettibile
di vanificare un numero presumibilmente rilevante di domande di
regolarizzazione;
d) il non essere lo
straniero destinatario dell’applicazione di una misura di prevenzione.
Quanto poi al tipo di
permesso di soggiorno che viene previsto per i rapporti di lavoro regolarizzati
con la dichiarazione di emersione, le modifiche introdotte alla Camera dei
Deputati hanno confermato, pur con
alcune differenze rispetto al primo testo licenziato dal Senato, che si tratta
di un permesso particolare. Il testo trasmesso dal Senato prevedeva infatti il
rilascio di un permesso di soggiorno “della durata di un anno,
rinnovabile per uguali, successivi periodi, se è data prova della continuazione
del rapporto e della regolarità della posizione contributiva della
manodopera occupata”. La peculiarità del tipo di permesso di
soggiorno rilasciato con la procedura di regolarizzazione si evinceva dunque:
a) dalla sua durata (non più di un anno anche in occasione dei successivi
rinnovi, allorché per i permessi collegati a rapporti di lavoro a tempo
indeterminato la norma generale prevede il rilascio di un permesso valido due
anni); b) dal fatto che la rinnovabilità del permesso era condizionata
alla continuazione del rapporto di lavoro, con ciò vincolando il
lavoratore alla prosecuzione dello stesso rapporto in base al quale era stata
concessa la regolarizzazione, e nulla prevedendo per il caso di cessazione di
tale rapporto. Le modifiche introdotte dalla Camera dei Deputati confermano
sostanzialmente tale impostazione, in quanto prevedono che il permesso
rilasciato a seguito della dichiarazione di emersione è rinnovabile in
caso di accertamento della continuazione del rapporto e della regolarità
della posizione contributiva del lavoratore straniero. Viene altresì confermato
che si tratta di un permesso di soggiorno della durata di un anno, mentre non viene ripetuto
che i successivi rinnovi saranno anch’essi vincolati a tale termine
massimo di durata.
In base alle modifiche apportate dalla Camera dl d.d.l., la
nuova misura del trattenimento del richiedente asilo viene prevista in appositi centri,
denominati centri di identificazione, le cui modalità verranno
stabilite con apposito regolamento. La casistica dei casi di trattenimento resta invariata rispetto al
testo licenziato dal Senato, con l’unica modifica consistente nella
precisazione che il trattenimento deve sempre essere disposto, non solo quando
la domanda di asilo venga presentata dallo straniero fermato per avere eluso il controllo di frontiera, ma
anche quando si tratti di stranieri fermati per aver tentato di eludere tali controlli.
Nell’ambito della procedura semplificata per la definizione dell’istanza di
riconoscimento dello status di rifugiato, che viene seguita in tutti i casi di
trattenimento del richiedente asilo nei centri di identificazione, viene
precisato che l’audizione dell’interessato da parte della commissione
territoriale deve avvenire
entro 15 giorni dalla data di ricezione della documentazione trasmessa dal questore. La decisione
è adottata entro i successivi 3 giorni.
La più importante modifica introdotta dalla Camera
dei deputati riguarda però la previsione di una procedura di riesame della decisione adottata, nei
termini suddetti, dalla Commissione territoriale per il riconoscimento dello
status di rifugiato. La richiesta di riesame deve essere presentata dallo straniero
trattenuto nel centro di identificazione, con adeguata motivazione, entro il termine di 5 giorni
dalla comunicazione della decisione sulla richiesta di riconoscimento dello
status. Il riesame è affidato alla stessa commissione territoriale, integrata per l’occasione
da un componente della Commissione nazionale per il diritto di asilo. Nelle more della decisione, che
deve avvenire entro 10 giorni, il richiedente asilo resta trattenuto presso il
centro.
Resta ferma la possibilità di ricorso al tribunale
in composizione monocratica, da presentare entro 15 giorni, che però non sospende
il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale, assunto in conseguenza del rigetto
della richiesta di riconoscimento. E’ prevista soltanto la
possibilità che il prefetto, su richiesta dell’interessato,
conceda l’autorizzazione a rimanere sul territorio nazionale fino
all’esito del ricorso. Resta quindi del tutto insufficiente lo standard
di protezione contro i rischi di persecuzione e di subire trattamenti inumani e
degradanti da parte del richiedente asilo, rimpatriato nelle more del giudizio
sulla decisione assunta dalla commissione territoriale, nell’ambito della
procedura semplificata. La Camera dei deputati non ha infatti ritenuto di
accogliere le pressanti richieste per l’introduzione nel d.d.l. di un
sistema effettivo di garanzie nel corso della procedura di appello, in ultimo
sostenute nella campagna “Diritto
d’asilo, una questione di civiltà”, sostenuta da ICS,
Amnesty International e Medici senza Frontiere. Le cennate lacune del d.d.l.
risultano solo in parte attenuate dall’espressa previsione (introdotta
nel testo dalla Camera) di un obbligo per le commissioni territoriali di valutare
le conseguenze di un rimpatrio, alla luce degli obblighi derivanti all’Italia dalla
convenzioni internazionali, con particolare riferimento all’articolo 3
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, ove si stabilisce il divieto di
sottoposizione a torture o pene inumane o degradanti. Vale la pena in proposito di
rammentare che la Corte europea di Strasburgo ha in diverse occasioni
riconosciuto la violazione dell’art. 3 non solo da parte degli Stati
direttamente responsabili dell’applicazione di torture o pene inumane o
degradanti, ma anche di quegli Stati che ne sono indirettamente responsabili,
per avere rimpatriato lo straniero verso il Paese in cui rischia di subire
persecuzioni o verso un Paese terzo, che non offra adeguate garanzie di non
procedere a sua volta al rimpatrio in violazione dell’art. 3.
Rispetto alle scarne previsioni del d.d.l. approvato dal Senato,
è stata inoltre integrata dalla Camera la parte relativa al Sistema
di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. I richiedenti
asilo non trattenuti nei centri e
privi di mezzi di sussistenza potranno essere accolti nell'ambito dei servizi territoriali di accoglienza attuati
dagli enti locali e finanziati dal Ministero dell’interno, in misura non
superiore all’80% del costo di ogni singola iniziativa territoriale,
tramite il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. I finanziamenti sono deliberati con decreto annuale adottato dal Ministro dell’interno.
Nell’ambito di tale decreto viene stabilita anche la misura e le
modalità di erogazione di un contributo di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non è
trattenuto nei centri e non è destinatario di servizi di accoglienza
territoriali.
Ulteriore novità rispetto al testo approvato dal
Senato è l’istituzione di un servizio centrale di informazione,
promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di
accoglienza. Tale servizio verrà affidato dal Ministero
dell’Interno, con apposita convenzione, all'Associazione nazionale dei
comuni italiani. Tra le sue competenze rientreranno anche i programmi relativi
ai permessi per motivi umanitari rilasciati ai sensi dell’art. 18 D. Lgs.
286/98.
Direzione centrale dell’immigrazione e della
polizia
La Camera dei deputati ha inserito nel testo del d.d.l. il
nuovo articolo 35, con il quale è prevista l’istituzione, presso il
Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, della Direzione
centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, con compiti di impulso e
coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell’immigrazione
clandestina,
nonché di tutte le attività demandate alle autorità di
p.s. in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri.
Il successivo articolo 36, anch’esso introdotto dalla
Camera, prevede inoltre la possibilità che il Ministero dell’interno,
d’intesa con il Ministero degli affari esteri, possa inviare presso le
rappresentanze diplomatiche e consolari funzionari della Polizia di Stato, in qualità di esperti,
nell’ambito delle strategie finalizzate alla prevenzione
dell’immigrazione clandestina.
SITI INTERNET SU TEMI DI ASILO E
IMMIGRAZIONE
ASGI
(Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione): www.stranieri.it
Sergio Briguglio per il Gruppo di Riflessione:
http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo
ACNUR
/Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati): www.unhcr.ch
ECRE (European Consultation on Refugees and Exiles): www.ecre.org
UNIONE EUROPEA: http://europa.eu.int.
GOVERNO: http://www.governo.it