Bologna,
venerdì 12 luglio 2002
Caro Alex Zanotelli, con grandissima amarezza e
tristezza, faccio mie queste tue parole… sono
parole dure, durissime…ma inevitabili di fronte ad una legge come la
Bossi-Fini. Sono parole che certamente avrebbe usato anche l’indimenticabile
don Tonino Bello … e che anche tutti noi dobbiamo gridare e
“vivere” se se diciamo di credere, come appunto don Tonino, alla
“convivialità delle differenze”.
“….in barba a tutte le campagne di difesa dei diritti
umani, culturali, religiosi, dei nostri connazionali all’estero, in barba
a tutto e tutti…siamo arrivati ora alla Bossi-Fini. Mi vergogno di
essere italiano, ma mi vergogno soprattutto di essere cristiano (se cristiani
sono coloro che hanno votato o approvato questa legge!)….
….Penso che come credenti e come uomini non ci rimanga che il
rifiuto di una tale legislazione. È un insulto sia alla nostra
umanità come alla fede cristiana. Per questo spero che al più
presto la chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato
per questo pezzo di legislazione…”
Shalom-salaam a tutti, ma proprio a tutti,
anche a quegli episcopi che auspicano che l’Italia accetti solo immigrati
extracomunitari di religione cattolica…. Domenico
Manaresi
Mitt. Domenico
Manaresi - via Gubellini,
6 - 40141 Bologna - tel&fax
051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it
Editoriale da Mosaico di pace - rivista
mensile promossa da Pax Christi Italia - Luglio 2002
Non mi sarei
mai aspettato di ritornare in Italia dopo 12 anni spesi nei sotterranei della
vita e della storia, nella baraccopoli di Korogocho nella periferia di Nairobi
(Kenya), ed essere accolto con una legge come la Bossi-Fini. Ma
cos’è successo? Ho chiesto a eminenti studiosi in pubblici
dibattiti in Puglia (quali Antonio Brusa o Franco Cassano). Balbettavano,
balbettiamo tutti. Una cosa è certa: in un ventennio il popolo italiano
ha fatto una virata antropologica incredibile (una volta mandavamo schiere di
antropologi a studiare le “tribù” africane, forse è
giunta l’ora che gli antropologi africani vengano a studiare la
“tribù” italiana e a spiegarci cosa stia avvenendo proprio
in un paese di migranti come l’Italia).
Noi italiani in questi ultimi due secoli
siamo stati un popolo di migranti (oltre 60 milioni di italiani vivono oggi
all’estero!)In barba a tutta una storia di migrazioni, in barba a tutte
le campagne di difesa dei diritti umani, culturali, religiosi, dei nostri
connazionali all’estero, in barba a tutto e tutti…siamo arrivati
ora alla Bossi-Fini.
Mi vergogno di essere
italiano, ma mi vergogno soprattutto di essere cristiano (se cristiani sono
coloro che hanno votato o approvato questa legge!). L’immagine più
ripugnante è senza dubbio quella della raccolta di impronte digitali
degli immigrati (basterebbe ricordare quello che questo significa
nell’immaginario popolare!). Ma quello che preoccupa di più della
Bossi-Fini è che mette fra parentesi la persona (quello che
interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere
umano con una propria cultura o come cittadino. In questo senso la legge
Fini-Bossi avalla una mentalità secondo la quale l’immigrato deve
essere una merce da utilizzare. L’immigrato è legalmente
riconosciuto fintanto che serve al capitale e poi può essere respinto al
mittente. E se l’immigrato non esiste come soggetto di diritti,
allora non esisterà neanche il rispetto per la sua cultura, per la sua
esperienza religiosa. E se questa è la mentalità che regge questa
legislazione, è chiaro che ignorerà anche le cause strutturali
che spingono tanta gente a cercare una possibilità di vita qui da noi
(gli squilibri internazionali, la geopolitica delle guerre, i sempre più
marcati divari tra straricchi e impoveriti).
Non risolveremo mai il problema delle immigrazioni se non risolveremo la profonda sperequazione economico-finanziaria che regge questo mondo dove il 20% si pappa l’83% delle risorse di questo mondo e questo per lo strapotere militare che serve a difendere lo stile di vita di pochi a spese di molti morti di fame. Anche in questo, la legge Bossi-Fini introduce misure di polizia e di ordine pubblico, di sicurezza per incassare facili consensi, agitando lo spauracchio dell’immigrato come delinquente.
È
penoso constatare come questa politica si tenga sempre più al largo non
solo dai valori cristiani, ma anche da una qualsiasi idea di società
accogliente e dialogante. Penso che come credenti e come uomini non ci
rimanga che il rifiuto di una tale legislazione. È un insulto sia alla
nostra umanità come alla fede cristiana. Per questo spero che al
più presto la chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio
rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione. Ma soprattutto possa far
partire un processo educativo di base per le comunità cristiane che le
porti a vedere nell’altro, nell’immigrato, nel diverso, una
ricchezza e non un problema. Solo un prolungato impegno educativo alla base che
rimetta in discussione l’ideologia della sicurezza, della
tolleranza-zero, l’ideologia della nostra superiorità potrà
permetterci di sperare che un domani come popolo potremo esprimere qualcosa
d’altro della legislazione Bossi-Fini .
Ed infine
vorrei chiedere a questa nostra Chiesa italiana il coraggio di far partire un
movimento come il sanctuary movement (il movimento per il diritto di
asilo). Questa esperienza nasce negli USA negli anni ’80 per aiutare gli
immigrati provenienti dal Salvador, Guatemala, Nicaragua, che restituiti ai
loro governi avrebbero dovuto affrontare o la prigione o la morte. Le comunità
ecumeniche di resistenza forti della tradizione biblica del diritto di
asilo(santuario) si facevano carico di determinati soggetti a rischio. Se la
polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva quadrato
attorno ad essi ed iniziava il cammino di difesa in corte. È solo un
suggerimento.
Dobbiamo
però tutti intraprendere la resistenza dal basso se diciamo di credere,
come Tonino Bello, alla “convivialità delle differenze”.
Mitt. Domenico
Manaresi - via Gubellini, 6 -
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