Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 149 del 29/5/2002
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(Esame dell'articolo 5 - A.C. 2454)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 2454 sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Squeglia. Ne ha facoltà.

PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur con tutta la buona


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volontà a mettere da parte la polemica e la piena disponibilità ad aprirsi al confronto e al dialogo su un problema così complesso, noi non possiamo essere blandi o tiepidi nell'affermare le nostre ragioni. Non possiamo, ad esempio, tacere su un fatto che nel dibattito emerge con evidenza e che secondo me dà la cifra di lettura politica del provvedimento. Siamo in una situazione per la quale ci troviamo in piena concordanza con settori della maggioranza a livello di analisi del problema e di definizione degli obiettivi, quando però passiamo agli strumenti individuati dagli articoli del disegno di legge ci rendiamo conto che diciamo cose diametralmente opposte. Non che diminuisca la nostra disponibilità al dialogo e al confronto. È che dall'altra parte si cade in contraddizioni ed incongruenze tra ciò che si vorrebbe fare e ciò che si fa. Come se l'analisi e gli obiettivi programmatici, da una parte, e gli strumenti operativi individuati, dall'altra, fossero il frutto di un processo di sdoppiamento di personalità, tanto diversi ed opposti si presentano essi tra di loro.
Queste contraddizioni, queste incongruenze la dicono lunga sulla genesi, sulla natura, sulla finalità di questa legge. Tanto per semplificare, personalmente concordo pienamente con buona parte dell'analisi del problema svolta dalla relatrice, onorevole Bertolini. Concordo con lei sulla necessità dell'immigrazione derivante dallo sviluppo produttivo del nostro paese e dalla necessità di mantenere il livello di protezione sociale; concordo con lei quando afferma che bisogna puntare ad una immigrazione regolare e commisurata alle esigenze ed alle capacità di accoglienza del nostro paese; concordo quando parla di un corretto e dignitoso inserimento del cittadino extracomunitario nel mondo del lavoro; concordo, ancora, quando dice che gli obiettivi posti dalla legge Turco-Napolitano non sono stati pienamente raggiunti e concordo anche quando individua le ragioni di questo mancato raggiungimento, ma concordo, soprattutto, quando dice che vi è la necessità di rivederne alcune parti. Ecco, questo è il punto: rivederne alcune parti, non annullarlo ma rivederlo. Giustissimo! Oltretutto è un testo che ci è stato certificato dalla Commissione europea; è un testo che è valso all'Italia l'ingresso all'Europa nello spazio Schengen. Indubbiamente è un testo da rivedere, da correggere, da emendare, da migliorare ma la domanda è: il disegno di legge Bossi-Fini è una revisione di alcune parti di questo provvedimento oppure è uno stravolgimento dello stesso? A nostro avviso questo testo non è una revisione, è, piuttosto, un capovolgimento e soprattutto è un capovolgimento di tipo culturale. In questa legge si afferma l'equazione immigrato uguale a diverso e dunque ostile, lo si sopporta soltanto se serve. Il lavoratore straniero è soltanto uno strumento, una sorta di macchina da lavoro che serve per quanto è utile e, subito dopo, possiamo anche buttarla via. Da queste premesse nasce il principio del soggiorno legato al contratto di lavoro, l'eliminazione dello sponsor, la volontà di complicare i passaggi burocratici, l'ostacolare e l'impedire il ricongiungimento con i familiari.
Al fondo c'è una cultura della paura e dell'egoismo e rappresenta, nel nostro paese, un grosso fenomeno di regressione culturale. Qui si annullano i lenti, travagliati e faticosi passi in avanti che abbiamo fatto lungo il cammino del vivere civile. Sì, la civiltà dell'uomo è anche contrassegnata dalla capacità dello stesso di vivere in comunione, in società con l'altro. La storia della civiltà è la storia di questa progressiva capacità di vivere con l'altro, riconosciuto portatore, come me e come gli altri, di diritti e di doveri. Qui noi annulliamo, nell'altro, il soggetto detentore di diritti; leghiamo e condizioniamo la sua permanenza sul territorio al contratto di lavoro. Facciamo finta di non renderci conto della gravità di situazioni dove un uomo singolo diventa artefice del destino di un altro uomo e tutto quanto ciò comporta in termini di correttezza di rapporti, di rispetto della libertà e della dignità della persona umana. Facciamo finta di non renderci conto che con questa ipotesi normativa noi sanciamo, nei fatti, che


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l'immigrato (e parlo anche di quello regolare) ha minori diritti, anche sul piano affettivo e delle relazioni familiari. Sono passi indietro per il nostro paese sulla strada della sua civiltà giuridica e sociale. La civiltà cresce nella misura in cui si riconosce la persona portatrice e detentrice di diritti, e non solo, ma, cresce, soprattutto, quando riconosciamo che questi diritti sono universali. Qui si ha il salto di qualità. Se questo è vero non possiamo essere tiepidi rispetto a questa legge, dobbiamo renderci conto che in gioco non ci sono soltanto i diritti degli immigrati, ma i diritti civili di noi tutti e la qualità di democrazia del nostro paese.
Voi aggiungete che questo provvedimento nasce dalla volontà di garantire la sicurezza dei nostri concittadini, dalla volontà di eliminare l'immigrazione irregolare, la clandestinità e quindi la criminalità. Benissimo, noi siamo d'accordo con voi; condividiamo perfettamente questi obiettivi ma il provvedimento che ci proponete non è la risposta ai problemi reali che il fenomeno dell'immigrazione porta nel nostro paese. Rispetto a questi problemi esso è addirittura controproducente.
Se applicata, questa legge aumenterà a dismisura proprio gli inconvenienti che si intendono limitare: aumenterà l'irregolarità, l'illegalità, la clandestinità. Gli strumenti da voi individuati sono completamente sbagliati, e si risolveranno in un boomerang; come non rendersi conto che tali norme serviranno ad accrescere proprio ciò che intendete eliminare? Si introduce il contratto di soggiorno per lavoro: ebbene, come non rendersi conto che questa è una strada già sperimentata, che ha portato nel passato maggiore irregolarità e clandestinità, tant'è vero che si sono dovute varare ben quattro sanatorie?
Asserite che è importante dare lavoro agli immigrati regolari disoccupati iscritti nelle liste di collocamento. Dite bene. Noi sosteniamo la medesima cosa. Cosa fate però? Voi riprendete la vecchia formula della verifica di disponibilità: ve lo immaginate un immigrato disoccupato, che non ha più lavoro, non ha più la casa, rimanere calmo e tranquillo in attesa che si compia la verifica in tutte le liste di disoccupazione per verificare se vi è qualcuno disposto ad accettare quel posto? Penso che realisticamente quel disoccupato non abbia altra strada davanti a sé se non quella della clandestinità.
Insomma, il disegno di legge che stiamo esaminando non rappresenta la risposta ai problemi reali che il fenomeno dell'immigrazione porta nel nostro paese; si tratta di un disegno di legge che nasce da altre motivazioni e che ha altri obiettivi: si tratta di un provvedimento demagogico, nato non per governare un fenomeno complesso, bensì per strumentalizzare le paure e le preoccupazioni che serpeggiano tra le nostre popolazioni. Avete un solo obiettivo, quello di dimostrare di avere il pugno duro. Rispetto al malato che soffre e si lamenta voi, invece che somministrargli la medicina appropriata che lo faccia stare bene, vi mettete a gridare con lui, a lamentarvi con lui, cercando di far capire che state dalla sua parte per poter poi essere legittimato a chiedergli l'onorario.
Credo che questo disegno di legge offenda anche la testa ed il cuore di tantissimi parlamentari della maggioranza, costretti ad approvarlo in contrasto con i motivi profondi dei propri valori e della propria cultura. Il provvedimento nasce fuori da quest'aula: è il pedaggio che bisogna pagare alla Lega; d'altra parte, è anche giusto che essa abbia il suo. Se obbligata ad approvare certe leggi, è pur giusto che riceva qualcosa in cambio. La verità è che la coalizione del Polo, invece di comporre a sintesi quanto di meglio vi è in ogni singola componente, mette insieme il peggio che è presente in ognuna di esse. Il programma non è la sintesi delle sensibilità, ma la somma delle radicalità negative che vi portate dietro. Con questa logica, ne viene di conseguenza che se volete incassare molto, bisogna anche pagare molto.
Coloro che, però, non hanno necessità di incassi particolari ed eccezionali, quelli che non hanno l'urgenza di dover sistemare situazioni personali o di gruppi, quelli per i quali la politica è ricerca reale dell'interesse generale, perché questi debbono


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pagare prezzi così alti? Come spiegare al proprio elettorato le ragioni delle proprie scelte, come spiegare questa accettazione supina, per ragioni di maggioranza, da parte di chi ha alle spalle ben altra cultura? Mi riferisco ai cattolici, ed anche ai liberisti ed i garantisti. Quante affermazioni abbiamo ascoltato in aula che vanno in questa direzione! Le abbiamo apprezzate. Ora, quelle affermazioni diventano declamazioni oratorie se non si è consequenziali esprimendo un voto contrario al disegno di legge (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, l'articolo 5, insieme agli articoli 6 e 17, introduce di fatto una nuova figura di immigrato, quello con la valigia sempre in mano; leggendo in modo attento tale articolo, si evince infatti come questa norma - lo ripeto, insieme agli articoli 6 e 17 - di fatto produrrà una riduzione della flessibilità nell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro ed un forte aumento della precarietà, nonché una riduzione dei diritti degli immigrati. Voglio motivare quanto sostengo citando, appunto, il testo dell'articolo: in primo luogo, voi introducete il contratto di soggiorno. Ebbene, il sottosegretario Mantovano fa spesso riferimento alla proposta di direttiva europea, nella quale si parla di contratto di soggiorno. La consonanza, però, tra le norme contenute negli articoli 5 e 6 e tale direttiva europea è solamente di nome, perché nella sostanza vi è una consistente divergenza.
Infatti, la direttiva europea è tesa a favorire non soltanto l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma anche l'integrazione soprattutto dei soggetti lungo residenti. L'articolo 5, comma 1, lettera d) del provvedimento in esame contiene una norma già prevista dall'articolo 22, comma 8, della legge in vigore secondo la quale, per ottenere un permesso di soggiorno, bisogna essere in possesso di un contratto di lavoro. Tuttavia, voi avete inserito nel disegno di legge una norma che, di fatto, introdurrà elementi di forte precarietà; essa, infatti, stabilisce che la durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e, comunque, non può superare determinati limiti. Nel provvedimento in esame voi non indicate (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania) ...State tranquilli, si sta ragionando e sto citando la vostra legge (Commenti del deputato Bricolo)!

CESARE RIZZI. Leggi il breviario!

CARLO LEONI. Presidente!

LIVIA TURCO. Dopo avere previsto che il permesso di soggiorno scade alla scadenza del contratto, non indicate alcuna disciplina per il rinnovo del contratto di soggiorno né una base minima per lo stesso. Vi limitate a dire che, quando scade il contratto di lavoro, scade anche il permesso di soggiorno e, quindi, introducete un vincolo assai rigido tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno. Inoltre, siccome il permesso ha una durata indicata per legge e il rinnovo del contratto non è disciplinato, viene confermata la forte precarizzazione del rapporto di lavoro e, soprattutto, viene vanificato, di fatto, il contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Vorrei poi richiamare la gravità del comma 4: voi, pur di ridurre i diritti degli immigrati ed aumentare la precarietà che poi genera insicurezza, ricorrete anche alle perfidie (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Ditemi se il comma 4 non è una vera e propria perfidia! Voi obbligate l'immigrato che deve rinnovare il permesso di soggiorno a recarsi presso il questore del luogo in cui risiede (e non in quello in cui ha la dimora) e ciò farà perdere molto tempo a lui e al questore; inoltre, elevate il termine dei 30 giorni attuali a 90 giorni. Ecco la piccola grande perfidia che, da un lato, rende più difficile la vita della persona


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immigrata e, dall'altro, precarizza il lavoro e produce insicurezza. Il passaggio dai 30 ai 90 giorni significa aumentare gli ostacoli burocratici per le questure, le prefetture e per i datori di lavoro - come è già stato detto - e significa ridurre per l'immigrato la possibilità di cercarsi nuovamente un lavoro. Ciò comporterà un'estensione dell'area del lavoro nero e del lavoro sommerso.
Vorrei sottolineare un ultimo punto e lei, sottosegretario Mantovano, potrà sicuramente smentirmi, visto che cita spesso una proposta di direttiva europea. La proposta di direttiva europea promuove la progressività dei diritti delle persone immigrate e, cioè, favorisce il processo di integrazione. Essa, quindi, conferma quanto abbiamo scritto nella nostra legge, ossia il fatto che una persona che ha già rinnovato il suo contratto di soggiorno, in occasione del secondo rinnovo vedrà duplicata la durata dello stesso, perché il principio è quello di favorire l'integrazione e la progressività dei diritti delle persone lungo residenti. Voi, invece, eliminate tale possibilità e riducete per tutti la possibilità di rinnovare il contratto a soli due anni.
Inoltre, vorrei invitarvi a scrivere bene le norme, perché al comma 3-ter affermate che il permesso è revocato immediatamente in caso di abuso, ma non vi è parso il caso di indicare quali sono i criteri che definiscono l'abuso onde evitare una illimitata discrezionalità.
Le norme che ho citato sono l'esempio di quale sia la filosofia di questo provvedimento: ridurre i diritti delle persone immigrate, rendere restrittiva l'immigrazione regolare e ridurre la flessibilità; il che comporterà un aumento dell'immigrazione clandestina e dell'area del lavoro sommerso.
Anche per questo non abbiamo presentato soltanto degli emendamenti abrogativi ma anche degli emendamenti migliorativi e, in tal senso, vi prego di prendere in considerazione l'emendamento Soda 5.2 e il mio emendamento 5.3. Alla relatrice, la quale sostiene che il provvedimento in questione, per quanto concerne l'ingresso degli immigrati per lavoro, introdurrebbe forti innovazioni, dico che l'articolo 5, l'articolo 6 e l'articolo 17 di tale provvedimento confermano il peggioramento e la deformazione degli articoli della legge in vigore.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 13,27)

LIVIA TURCO. Pertanto, tornate indietro perché con questi articoli si ritorna alla legge Martelli che consentiva, come unica modalità di ingresso in Italia degli immigrati per lavoro, la chiamata nominativa; voi, in tal modo, cancellate la possibilità della ricerca di lavoro, dimostrando dunque, non soltanto di non innovare ma anche di tornare indietro ripristinando norme che non hanno funzionato. Dispiace purtroppo che l'unica fantasia voi l'applichiate all'emendamento 5.110 della Commissione - a mio parere, scandaloso - perché prevede che un immigrato, che paga le tasse e rispetta le regole, quando richiede un permesso di soggiorno o quando ne richiede il rinnovo sia obbligato alla prova delle impronte digitali. Credo che su ciò valga la pena di indignarsi profondamente (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

MASSIMO POLLEDRI. Dillo a Rutelli!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti tranne sull'emendamento 5.110 della Commissione che deve essere corretto sostituendo sia al comma 2-bis e sia al comma 4-bis all'espressione: «deve essere» le parole: «è sottoposto»; il parere è favorevole sull'emendamento 5.111 (Nuova formulazione) della Commissione e sull'emendamento Soda 5.31. Il parere è altresì favorevole sull'emendamento Soda 5.45 nel quale però segnalo un errore di stampa


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perché esso reca l'espressione: «chiunque contraffà» mentre deve intendersi: «chiunque contraffà o altera». La Commissione invita al ritiro, altrimenti il parere sarà contrario, degli emendamenti Zeller 5.81, Buemi 5.6, 5.114 e 5.113.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore. Vorrei semplicemente sottolineare, con riferimento anche all'intervento precedente dell'onorevole Turco, che dai pareri espressi emerge la sostituzione della residenza con la dimora come requisito per la conferma del soggiorno. Vorrei anche far presente, anche se forse non è la sede opportuna, che l'articolo 7 del progetto di direttiva europea prevede che il titolare faccia richiesta del rinnovo almeno tre mesi prima della scadenza, esattamente come il disegno di legge in discussione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 5.1 e Sinisi 5.130, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 412
Maggioranza 207
Hanno votato
170
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 5.72.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, una delle misure innovative e positive che questo disegno di legge avrebbe voluto introdurre - ed utilizzo in maniera propria, credo, il condizionale - è quella della possibilità di avere un permesso di soggiorno plurimo per i lavoratori stagionali. Non voglio leggervi la norma prevista dal disegno di legge perché vi farei semplicemente perdere tempo, ed a quella vi rinvio. Dico semplicemente che si tratta di un meccanismo assai farraginoso, assolutamente incomprensibile e che creerà più problemi di quanti non intenda risolvere.
Con questo emendamento, noi introduciamo davvero il permesso di soggiorno plurimo per lavoratori stagionali attraverso un meccanismo assai più semplice secondo il quale al lavoratore stagionale può essere rilasciato un permesso di soggiorno plurimo per un periodo di tempo non superiore a cinque anni su conforme richiesta del datore di lavoro. Verificare la diversità tra la semplicità di questa norma e la farraginosità di quella offerta dal disegno di legge in esame vi consentirà, credo, di comprendere con tutta evidenza come dietro questa disposizione, in realtà, si introduca un ulteriore elemento di burocratizzazione dell'accesso anche al lavoro stagionale, la forma di lavoro che meno problemi ha creato. Si creeranno ulteriori problemi per le aziende e, quindi, anche il messaggio positivo che si voleva dare per i lavoratori stagionali viene negato da una norma assurda, complicata e che non favorirà nemmeno l'accesso al lavoro stagionale.
Prego, quindi, la relatrice di riesaminare il suo parere e prego l'Assemblea di esaminare con attenzione questo emendamento che, invece, va in linea con le disposizioni europee ed anche con i desideri delle nostre aziende per quanto riguarda il lavoro stagionale.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Onorevole Sinisi, non rivedo il mio parere perché ritengo che rispetto al lavoro stagionale abbiamo già previsto all'articolo 5, comma 3-ter, la possibilità di rilascio di un permesso pluriennale quando il lavoratore


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stagionale è già stato in Italia almeno per due anni di seguito. Dunque, già questo ci sembra possa sburocratizzare - come lei chiede - ma consentire, però, quei controlli che noi intendiamo fare prima di rilasciare un permesso di soggiorno e stipulare un contratto di lavoro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 5.72, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 418
Votanti 417
Astenuti 1
Maggioranza 209
Hanno votato
173
Hanno votato
no 244).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Soda 5.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 409
Votanti 408
Astenuti 1
Maggioranza 205
Hanno votato
167
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Turco 5.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per dire che con l'emendamento Turco 5.3, come con il precedente Soda 5.2, nell'ambito di una difesa dell'impianto fondamentale della legge Turco-Napolitano - che, per la prima volta, ha consentito al nostro paese di darsi gli strumenti normativi per governare con razionalità, con apertura e con rispetto della legalità un fenomeno complesso come quello dell'emigrazione -, noi stessi proponiamo di innovare su punti specifici quella stessa legislazione.
Tengo a sottolinearlo perché, come è giusto che sia, si fa una valutazione rispetto al modo con il quale la legge è stata applicata, si guarda la realtà come si è venuta determinando nel nostro paese e, con lo spirito di razionalità che dovrebbe contraddistinguere tutto il Parlamento, si interviene per migliorare. È uno spirito di razionalità che, invece, non vediamo in un intento del Governo e della maggioranza che è soltanto demolitore dell'impianto precedente e che è volto all'esplicito obiettivo della compressione dei diritti fondamentali delle persone e anche di una smentita di quei valori o di quei principi di flessibilità attorno ai quali in Italia la destra ha innalzato e sventolato così tante bandiere.
Ora la doppia operazione che si compie, cioè comprimere i diritti degli stranieri che vogliono vivere legalmente nel nostro paese e determinare, inevitabilmente, maggiore precarietà e flessibilità, è purtroppo il cuore di una legislazione sulla quale la destra al Governo si assume una pesante responsabilità. Come i colleghi possono vedere, questi emendamenti sono essi stessi ispirati al buon senso e all'obiettivo di un migliore funzionamento della normativa in vigore e, quindi, davvero non capisco le ragioni di un diniego da parte della maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Turco 5.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


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(Presenti 409
Votanti 408
Astenuti 1
Maggioranza 205
Hanno votato
171
Hanno votato
no 237).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Turco 5.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, in questo caso mi muovo sul terreno del rapporto di lavoro sul quale ho meno dimestichezza. Debbo informare l'Assemblea che la scelta compiuta dal Governo con il disegno di legge al nostro esame fa sì che si introduca a regime una figura, un sistema di lavoro stagionale che è di nove mesi, il che significa che si snatura un rapporto a tempo indeterminato perché, se cumuliamo ai nove mesi il tempo delle ferie, arriviamo facilmente ad un anno.
La legge Turco-Napolitano aveva previsto che il rapporto di lavoro stagionale non potesse essere superiore a sei mesi e che potesse esserlo fino a nove mesi in considerazione delle esigenze di alcuni settori e, specificatamente, il settore turistico alberghiero e, segnatamente, gli interessi del Trentino-Alto Adige, regione nella quale il rapporto di lavoro aveva questa specificità. Estendere una misura che riguardava una situazione specifica e che era stata esattamente individuata nella legge Turco-Napolitano alla generalità del lavoro stagionale significa, di fatto, sovrapporre il lavoro stagionale ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, creando un elemento di confusione anche nel sistema dei rapporti di lavoro. Per tali motivi, invitiamo a ripristinare la norma della legge Turco- Napolitano per quanto riguarda i termini del lavoro stagionale e a sopprimere questo inaudito comma 1 dell'articolo 5.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Turco 5.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, ognuno voti per sé!

PRESIDENTE. Ognuno voti per sé, come ho sentito dire giustamente.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 393
Votanti 391
Astenuti 2
Maggioranza 196
Hanno votato
159
Hanno votato
no 232).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 5.65.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, l'emendamento Mascia 5.65 era, ovviamente, in subordine rispetto al precedente emendamento Mascia 5.64, identico a quello che è stato appena respinto; tuttavia, è un emendamento cui attribuiamo una grande importanza perché cominciamo ad entrare nel vivo di un aspetto del provvedimento su cui, peraltro, si è aperto nei giorni scorsi un dibattito molto interessante nell'ambito della maggioranza. Vorremmo vedere come tale situazione si materializzerà e si risolverà al momento della votazione. Con l'emendamento Mascia 5.65 noi sosteniamo sostanzialmente che il lavoratore extracomunitario, per il quale si riscontri un rapporto di lavoro subordinato - attenzione, colleghi: subordinato -, anche in via di fatto e, quindi, non regolarizzato, abbia pieno diritto a soggiornare nel nostro paese.
Si tratta di un tema che riprenderemo successivamente, durante l'esame di emendamenti relativi ad altri articoli e ovunque


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potremo; si tratta di un tema che abbiamo sollevato nell'esame del disegno di legge finanziaria e, non per l'ultima volta, anche durante l'esame del decreto-legge in materia di scudo fiscale e di emersione del lavoro nero; in quel caso, come il Presidente ricorderà, gli emendamenti non furono esaminati perché il Governo pose la fiducia, anche se, poi, il ministro del lavoro Maroni rilasciò una pubblica dichiarazione, dicendo che il provvedimento non era confacente a far emergere il lavoro nero e irregolare.
Dunque, cominciamo a porre una questione rivelatrice della natura del provvedimento che abbiamo davanti. Come riconosciuto dal dibattito giuridico a livello internazionale, è difficile definire la condizione del clandestino nell'epoca moderna; volendo tentare un'opera di semplificazione, possiamo consultare il vocabolario che ci fornisce il significato delle cose: questo è gran parte delle cose stesse, se non tutto. Scopriamo, dunque, il significato della parola clandestino, riferita al concetto di passeggero, nell'accezione più frequente: clandestino è colui che si introduce di nascosto in una comunità, vuoi che sia quella della nave o quella dell'aereo; in questi casi, si tratta di una comunità coatta perché, come si sa, al di fuori di essa vi è non un semplice pericolo ma l'eventualità - altamente probabile - della perdita della vita. Dunque, si giustifica l'idea di un controllo, di una registrazione, di una reciproca conoscenza all'interno della comunità coatta.
Questo è il punto del dibattito giuridico a livello internazionale: applicare lo stesso concetto in un paese moderno appare francamente impossibile ai più e, quanto meno, arduo agli altri. Ma, in aggiunta a queste considerazioni, si verifica la felice circostanza - sostenuta dal Governo soltanto a parole - di un lavoratore di fatto che svolge lavoro subordinato e che, quindi, non può essere un capo mafia, per intenderci, né può esercitare un'attività di dubbia natura: egli svolge un'attività subordinata e, caso mai, ciò è responsabilità del suo datore di lavoro. Quando il lavoratore vede emergere finalmente la sua condizione e quando il suo lavoro subordinato, produttivo e sfruttato, come aggiungerei io marxisticamente - ma questo è un sovrappiù -, porta un contributo alla ricchezza della nostra società, ebbene ci sono soltanto due alternative, visto che far finta di niente non si può. O si conviene con noi che un lavoratore di quel genere ha il diritto di soggiornare in Italia, perché già lavora, già produce, già contribuisce alla ricchezza della nostra comunità, che non è una comunità coatta ma, per necessità di cose, aperta, oppure, lo si caccia via; ma, in quest'ultimo caso, lo si punisce e, allora, la clandestinità come reato, che la maggioranza a parole dice di aver tenuto fuori dalla porta, rientra dalla finestra.
Quindi, i colleghi della maggioranza riflettano, se possono, su questo emendamento e su quelli successivi, perché qui si vede la filosofia profonda del provvedimento che noi stiamo esaminando.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 5.65, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 389
Votanti 315
Astenuti 74
Maggioranza 158
Hanno votato
82
Hanno votato
no 233).

Passiamo alla votazione del subemendamento Mascia 0.5.110.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, si tratta di alcuni subemendamenti che naturalmente tendono a sopprimere l'emendamento della Commissione che introduce le impronte digitali. Credo che in


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questo caso, nella vicenda di cui stiamo parlando, quello che conta è il messaggio che si vuole lanciare. Si è sviluppato sui giornali e nelle televisioni un dibattito sul fatto che non vi sarebbe nulla di male ad avere le impronte digitali o altri segni caratteristici delle persone nei documenti degli stranieri e anche di tutti gli italiani: io penso che questo attenga a un altro capitolo. Altri paesi prevedono questa norma e quindi non c'è niente di strano.
Quando si introduce una norma di questo tipo in un provvedimento come questo, improntato tutto all'idea del respingimento dello straniero, si lancia anche in questo articolo di cui parliamo (e non è un caso che sia inserito in questo contesto), il seguente messaggio: io non ti do il permesso di soggiorno, ma un contratto di soggiorno, perché mi interessano solo le tue braccia e il tuo lavoro e, comunque, anche in questo caso, ti accetto in modo condizionato e provvisorio e ti renderò la vita difficile e precaria.
Questo si dice allo straniero!
È evidente che, se insieme a questo messaggio di precarietà tout court che si lancia allo straniero, gli si complica la vita in tutte le maniere, si introduce anche quest'altra idea: siccome sei comunque potenzialmente un criminale io ti rilevo le impronte perché non mi fido. Infatti, questo è il messaggio che è passato nel corso di queste discussioni in questi giorni!
State affrontando la materia della sicurezza in modo assolutamente astratto, visto che le statistiche dicono che calano i reati e le persone dicono che hanno più paura, perché sono sollecitati da questi messaggi.
Ritengo che questo sia un approccio assolutamente incivile, sbagliato e che poi nei lunghi periodi - io credo - si ritorcerà contro chi propone questo messaggio. In ogni caso, proprio per il clima che vi è nel paese e per l'impianto di questo disegno di legge, io penso che debba essere respinta l'idea di adottare in questo modo il provvedimento relativo alle impronte digitali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, su questo argomento vi chiederò un supplemento di attenzione perché sia assolutamente chiara e inequivoca la nostra posizione. Noi riteniamo che non ci sia nulla di scandaloso, anzi addirittura che ci possa essere qualcosa di assai utile per la sicurezza del nostro paese e per quella degli altri paesi dei quali ci siamo assunti la responsabilità attraverso l'accordo di Schengen, che si possano prendere le impronte digitali e che si possa fare un'operazione di identificazione materiale di soggetti la cui identità è incerta. Questo lo pensiamo con assoluta convinzione e l'abbiamo sostenuto e introdotto nella legge Turco-Napolitano e abbiamo proposto anche di migliorarla con l'emendamento che discuteremo all'articolo 6, poco più avanti.
Ma una ragione di sicurezza, che è quella che sta a fondamento di un ragionamento di questa natura, non può essere trasformata in un elemento di discriminazione, così come invece viene introdotto nell'articolo 5 attraverso questo emendamento della Commissione. Infatti, qui non si fa distinzione tra chi è identificabile e chi non è identificabile, ma si introducono sistemi di identificazione nei confronti di coloro che sono stranieri, punto e basta, anche se queste persone sono assolutamente identificate o assolutamente identificabili. Questo è un'impostazione discriminatoria, inaccettabile, che non sta alla base di nessuna condizione di sicurezza legittima, e in questo senso potrei aggiungere anche una questione.
Signor Presidente, ho visitato molti paesi in Europa e nel mondo proprio per studiare e per capire quali sono i sistemi che vengono adottati per il controllo delle frontiere. Da oltre due secoli l'amministrazione inglese ha introdotto degli strumenti di translitterazione - scusate il termine un po' audace -, soprattutto riguardo ai caratteri cinesi, poiché è evidente che la lingua cinese è incomprensibile, così come è difficile la sua translitterazione.


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La legge Turco-Napolitano - ed anche l'emendamento che abbiamo proposto all'articolo 6 - consente di fare rilievi fotodattiloscopici, anzi segnaletici - quindi ancora più generali - di tutti coloro di cui è dubbia l'identità. Con questo emendamento della Commissione, non solo si introduce il prelievo delle impronte fotodattiloscopiche di chi richiede un permesso di soggiorno per il solo fatto che è straniero, ma si introduce anche la ripetizione del prelievo delle impronte digitali per chi chiede il rinnovo del permesso di soggiorno; si tratta di una norma insensata che non dà nessuna garanzia di sicurezza.
Noi abbiamo partecipato ad Eurodac, l'abbiamo sostenuto per gli asilanti, ma la ragione era data dalla Convenzione di Dublino; quando eravamo al Governo, come rappresentanti italiani, abbiamo chiesto l'estensione di Eurodac agli immigrati clandestini, ma non ci siamo mai sognati di introdurre una norma che prevedesse un trattamento diversificato sulla base della mera condizione di non nazionalità delle persone. Questa è una norma che, così impostata, non serve alla sicurezza del nostro paese, serve semplicemente ad introdurre un elemento di discriminazione che potrà essere valutato legittimamente dalla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
Signor Presidente, termino il mio intervento e dico semplicemente che noi non soltanto abbiamo proposto norme, ma abbiamo portato avanti una grande azione affinché si possa superare il problema della sicurezza attraverso l'identificazione delle persone che soggiornano sul nostro territorio; non ci siamo mai sognati di introdurre norme che riguardassero persone solo sulla base della nazionalità, né ci siamo mai sognati di accanirci nei confronti di coloro che onestamente e legalmente soggiornano nel nostro paese e danno un contributo al nostro sviluppo, al nostro sistema delle imprese. Questa è semplicemente una norma che vuole mortificare le persone e la mortificazione delle persone non rappresenta né uno strumento culturale accettabile né uno strumento di sicurezza praticabile. Per questi motivi voteremo a favore di questi subemendamenti e contro l'emendamento 5.110 della Commissione. Voteremo a favore dell'obbligo di identificazione materiale di tutte le persone che non sono identificabili, o per le quali è anche dubbia l'identificazione, a prescindere dalla loro nazionalità (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Chiacchieroni!

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, credo che una maggiore apertura e facilità di accesso degli immigrati onesti verso il nostro paese comporti la necessità di un particolare rigore per quanto riguarda la valutazione di chi accede al nostro paese, quindi la questione dell'identità è fondamentale. Detto questo, credo che chi ha avuto l'onore di servire il nostro paese nelle Forze armate ha rilasciato le proprie impronte digitali senza subire per questo nessuna deminutio. Pertanto, laddove vi sono delle incertezze, credo che l'applicazione di questo provvedimento sia assolutamente indispensabile per garantire un'identità certa ed anche la verifica di comportamenti illegali - che potrebbero risultare recidivi - e verso i quali potrebbe non essere prevista una adeguata sanzione. Pertanto, gli emendamenti che vanno in questa direzione - oltre a quelli che abbiamo presentato - saranno da noi appoggiati. Ci pare eccessivo sottoporre al rilievo delle impronte digitali tutti i cittadini stranieri, al di là delle incertezze che possono derivare da particolari situazioni. Questo obbligo generalizzato che, per maggiori chiarimenti, verrà applicato a cittadini statunitensi, svizzeri, israeliani, australiani - poiché è evidente che anch'essi fanno parte della categoria degli stranieri non europei - sicuramente porrà anche problemi di rilevanza diplomatica, verso i quali vorremmo vi fosse una particolare attenzione.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor Presidente, condivido una considerazione del collega Sinisi, vale a dire che la questione dei rilievi fotodattiloscopici non possa essere oggetto di scontro ideologico. Il collega Sinisi ha affermato precedentemente che, in tal modo, viene assolta la funzione di accertare l'identità, soprattutto nei casi in cui è più difficile accertarla; ciò vale per il cittadino straniero e per quello italiano. Nel nostro ordinamento - lo ha affermato il sottosegretario poco tempo fa - è già previsto (mi riferisco all'articolo 36 del testo unico sulla documentazione amministrativa) l'obbligo dei rilievi cosiddetti biometrici anche per i cittadini italiani.
Un nostro subemendamento, purtroppo dichiarato inammissibile per estraneità di materia, prevedeva la trasformazione in obbligo della facoltà dei comuni di introdurre i rilievi biometrici, quindi anche quelli fotodattiloscopici nell'ambito della carta di identità elettronica. Al riguardo, credo che, in questa logica, non vi siano né operazioni di schedatura né operazioni discriminatorie.
In questo senso, il gruppo dell'UDC (CCD-CDU) è favorevole all'emendamento 5.110 della Commissione e ci riserviamo di assumere alcune iniziative che consentano al Governo di trasformare questa facoltà in obbligo (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (CCD-CDU) e del deputato Sinisi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, mi permetto di dire al collega D'Alia (che ha svolto alcune considerazioni con un certo stile di ragionevolezza) che con il voto che esprimeremo su tale emendamento introdurremo, stante l'attuale ordinamento italiano, un principio di discriminazione. Con l'emendamento 5.110 della Commissione voi prevedete - perché sarete voi a votarlo - che a qualunque straniero (di qualunque paese si tratti), che richieda al nostro paese un permesso di soggiorno, debbano essere prese le impronte digitali, anche a quello che ha tutti i documenti in regola e, quindi, risulta essere perfettamente identificabile.
Credo che in nessun paese al mondo accada una cosa del genere, vale a dire che al cittadino italiano che richieda il permesso di soggiorno vengano prese le impronte digitali solo perché straniero; le impronte digitali, di per se stesse, non sono da demonizzare in modo ideologico, tant'è che è giusto per chi ha identità incerta o si rifiuta di farsi identificare, che questa forma di identificazione avvenga.
Tuttavia, ciò che propone la Commissione è tutt'altro: è una cosa inaccettabile perché, tra l'altro, il nostro paese diventerebbe, agli occhi della comunità internazionale, il paese più chiuso e più sospettoso nei confronti di chiunque, solo perché straniero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nigra. Ne ha facoltà.

ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, vorrei ribadire quanto affermato dall'onorevole Leoni. Il problema che si pone non è quello di accertare l'identità di una persona. Con questo emendamento state causando un incidente diplomatico di proporzioni inaudite (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Secondo questo vostro emendamento, un cittadino svizzero, ad esempio, che arrivasse in Italia dovrebbe recarsi in questura, lasciare le impronte digitali, nonché farsi fare una foto (di fronte e di profilo) solo perché non è un cittadino dell'Unione europea.
Mi pare che, da questo punto di vista, vi sia un errore e un'esagerazione che non c'entra nulla con l'accertamento dell'identità di una persona (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Chiedo di parlare.


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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Faccio presente ai colleghi che, per il protrarsi della discussione in Assemblea, tutte le Commissioni hanno un orario posticipato di mezz'ora.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, vorrei richiamare l'Assemblea, soprattutto l'opposizione, a rivedere la sua opinione nei confronti dell'emendamento 5.110 della Commissione perché vorrei che ne cogliesse la positività e il fatto che esso è stato presentato non certo con uno spirito discriminatorio, ma garantista. Mi spiego: in quest'aula siamo tutti favorevoli al fatto che questo tipo di segnalazioni, questi dati possono valere per gli italiani con riferimento alla carta d'identità; io stessa avevo espresso un parere favorevole sull'emendamento dell'onorevole D'Alia che, però, non è risultato ammissibile per estraneità di materia.
Quindi, sul principio nessuno di noi ha da ridire: ciò significa che nessuno di noi si sente discriminato se è chiamato a rilasciare un proprio dato di identificazione al momento del rilascio di un documento che garantisce lo stesso individuo.
Per questa ragione non comprendo perché si debba gridare allo scandalo se questo tipo di provvedimento non lo adottiamo per gli immigrati regolari nel nostro paese. Se lo prevediamo all'interno del testo di questa legge - onorevole Turco lei ha definito questa norma «scandalosa»; la richiamerei ad una riflessione e ad utilizzare termini contraddistinti da una minore enfasi...

LIVIA TURCO. È una norma scandalosa!

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Come ha ricordato infatti l'onorevole Sinisi non vi è nulla di scandaloso in questa norma...

MARCO BOATO. Non ha detto questo!

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Onorevole Boato, Sinisi ha detto che non vi è nulla di scandaloso in questa norma. Riterrei di riflettere sul fatto che non stiamo approvando una legge sull'immigrazione e quindi anticipiamo un principio, che intendiamo allargare a tutti cittadini italiani, nei confronti degli immigrati irregolari.

RAMON MANTOVANI. Che solerti che siete!

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Dico di più: lo abbiamo fatto proprio per gli immigrati irregolari, perché, a mio avviso, in questa sede vi è un po' di confusione, mi riferisco agli amici dell'opposizione.

RAMON MANTOVANI. Amici un corno!

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Infatti, amici un corno! Da un lato, mi sembra infatti che i colleghi dell'opposizione condividano l'impostazione di rigore, di sicurezza, di garanzia e di legalità che si tenta di introdurre, pur non condividendo la strada che intendiamo percorrere; dall'altro lato, è stato appena votato un emendamento, con l'astensione e con molti voti favorevoli anche dei colleghi del centrosinistra - non della sinistra -, in cui si prevede che nel nostro territorio possano rimanere clandestini a lavorare in nero. Bisogna allora chiarirsi! Sì, onorevole Violante: sull'emendamento precedente molti del suo partito hanno votato favorevolmente: qualcuno si è astenuto, qualcun altro ha votato a favore alle sue spalle e forse lei non se ne è accorto.
Vi chiedo di riflettere su questa norma che intende essere una norma di garanzia. Nel corso del suo intervento sui visti di ingresso, l'onorevole Violante ha affermato giustamente che, molto spesso, le persone si vedono rifiutare un visto per ragioni legate ad una identificazione che, per problemi legati alla identità, non riescono a chiarire immediatamente.
Noi riteniamo che attraverso questo ulteriore elemento di identificazione si dia anche una garanzia a tutti coloro che nel nostro paese vengono e intendono rimanere, rinnovando il permesso di soggiorno, per motivi di lavoro.


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Lo abbiamo ripetuto più volte: ciò aiuta anche tutti quegli immigrati che, con buona volontà e buone intenzioni nel nostro paese intendono integrarsi e che spesso sono vittime a loro volta di uno scippo della propria identità, da parte di chi non ha queste buone intenzioni.
Vi inviterei pertanto a riflettere sul fatto che non vi è una volontà discriminatoria dal nostro punto di vista, ma sicuramente vi è l'esigenza della tutela della sicurezza e della legalità e soprattutto la garanzia per gli immigrati che vengono nel nostro paese per lavorare (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che tale questione vada affrontata con serietà e molta pacatezza, senza farne una contrapposizione di carattere ideologico. Dico al contempo però che questa discussione va affrontata nel reciproco ascolto di ciò che diciamo.
Se io non avessi ascoltato l'intervento della collega Bertolini, non avrei probabilmente insistito nell'intervenire. Tra l'altro, con i colleghi del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo, in particolare il collega Sinisi, e con i colleghi del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, in particolare Leoni e Amici, ci stiamo scambiando le parti, in piena sintonia, evitando di intervenire sempre tutti su tutto: questo anche nell'ottica di favorire i nostri lavori.
Condividevo pienamente l'intervento svolto dal collega Sinisi e, in parte, ripreso dal collega Leoni. Tuttavia, la relatrice ha ricordato che il collega Sinisi ha detto che questa è una norma condivisibile...

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Non scandalosa.

MARCO BOATO. Non scandalosa: è la stessa cosa!

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. No, onorevole Boato!

MARCO BOATO. Il collega Sinisi ha svolto un intervento molto pacato e ben motivato giuridicamente per spiegare per quale ragione egli invita - ed io sono d'accordo con lui - a votare a favore dei due subemendamenti Mascia 0.5.110.1 e 0.5.110.2 volti a sopprimere parte dell'emendamento 5.110 della Commissione e, sostanzialmente, quindi a votare contro l'emendamento 5.110 della Commissione. L'onorevole Sinisi ha ricordato che nel testo già in vigore - il testo unico del 1998 - l'articolo 6, al comma 4, recita: «Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici» e che, comunque, è stato presentato un emendamento all'articolo 6 che propone che questo «può essere sottoposto» diventi precettivo e quindi diventi: «è sottoposto a rilievi» - credo che sia completato con il termine fotosegnaletici - qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero.
Qual è la differenza rispetto al subemendamento Mascia 0.5.110.1, di cui stiamo discutendo in questo momento? In questo caso, non stiamo parlando di reali o presunti immigrati clandestini, di reali o presunti - utilizzo il termine presunto nel senso costituzionale della parola - criminali, di persone di cui sia sospetta l'identità o la contraffazione dell'identità; stiamo parlando esclusivamente... Se continuate a chiacchierare fra di voi, dopo aver chiesto il confronto, è difficile...
Scusi, collega relatrice, lei ha fatto delle affermazioni e poi si mette a chiacchierare con l'onorevole Landi di Chiavenna... Lo dico perché, se il confronto parlamentare ha un senso, lo si fa, se ha un senso...

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Ma sono qui da questa mattina!

MARCO BOATO. Io sto soltanto cercando di dire che sono due questioni nettamente diverse... (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Signor Presidente, i colleghi - non so se amici della Lega - non aprono bocca, tranne emettere dei «mugugni» per dire basta.


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PRESIDENTE. Lei continui pure, onorevole Boato.

MARCO BOATO. Salvo l'intervento dell'onorevole Luciano Dussin di stamattina - che è meglio non ricordare - non aprono bocca e, una volta che hanno aperto bocca, ne hanno detta una gigantesca (Commenti dei deputati della Lega Nord Padania). È possibile avere quantomeno il rispetto parlamentare?

LUIGINO VASCON. Buffone! Imbecille!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, lei continui, perché ha ancora un minuto di tempo. Colleghi, io sono qui dalle 9 di questa mattina e non credo sia necessario interrompere un collega che sta parlando.

MARCO BOATO. Signor Presidente, non mi hanno interrotto (da parte loro non mi sento offeso), ma le espressioni usate sono state: «buffone» e «imbecille». Non mi offende che me lo dica la Lega, diciamo che diventa un titolo quasi di onore (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani). Però, lei dovrebbe quantomeno registrare quello che sta avvenendo in questo momento, se lo ha ascoltato. Suppongo che i resocontisti lo abbiano riportato.

PRESIDENTE. Mi dispiace che siano state usate queste espressioni.

MARCO BOATO. Meno male, perché vedo che, in genere, si interviene per motivi anche meno gravi. Detto questo, vado avanti. Se hanno qualcosa da dire, hanno un diritto parlamentare di chiedere la parola e di dire il loro pensiero. Se hanno un pensiero.
L'emendamento 5.110 della Commissione non riguarda i clandestini, non riguarda i criminali, non riguarda gli irregolari. Riguarda esattamente l'opposto, cioè le persone che hanno un permesso di soggiorno e che ne chiedono il rinnovo. Riguarda delle persone che si presentano agli sportelli della questura - o, per quanto riguarda il contratto di lavoro, dell'ufficio territoriale competente - per un permesso o un contratto di lavoro. Riguarda esattamente l'opposto: i regolari!
Allora - ho concluso, non voglio mica farla troppo lunga - l'obiezione che Sinisi ha fatto, che ha ripetuto Leoni e che mi pare abbia fatto anche Nigra poco fa, è che la logica dell'emendamento 5.110 della Commissione vada nella direzione opposta rispetto al testo vigente, che noi siamo disponibili - ed abbiamo presentato un emendamento all'articolo 6 - a rendere cogente, invece che facoltativo. Infatti, quando si tratta di dubbi sulla personalità - e, quindi, vi è il rischio di contraffazione, di identità plurime (tutte cose che conosciamo e che avvengono) -, siamo totalmente favorevoli che avvenga questa pratica di identificazione. Quello che si sta proponendo in questo articolo 5, però, è tutt'altro: è un'inutile penalizzazione discriminante nei confronti di chi è assolutamente regolare e chiede eventualmente di rinnovare il permesso di soggiorno.
Per queste ragioni, voteremo a favore dei subemendamenti Mascia 0.5.110.1 e Mascia 0.5.110.2 e contro l'emendamento 5.110 della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, solo molto succintamente...

PIERO RUZZANTE. No, Presidente!

FRANCESCO GIORDANO. C'è un'idea della programmazione dei lavori?

PRESIDENTE. Sì, c'è, ma non si può interrompere mentre si stanno svolgendo le dichiarazioni di voto. Siamo tutti vecchi parlamentari, si immagini se io vorrei interromperla! Ci sono colleghi che potrebbero forse porre un freno alla loro


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eloquenza, che hanno dimostrato anche in altre occasioni. Prego, onorevole Landi di Chiavenna.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, vorrei svolgere soltanto due considerazioni. Stiamo parlando di rilievi fotodattiloscopici in presenza di stranieri che richiedano permessi di soggiorno. Evidentemente, stiamo parlando di quei permessi di soggiorno legati ad un contratto di lavoro, ossia di una tipologia ben definita, anche dal punto di vista temporale.
Escludiamo di svolgere l'attività di rilievo fotodattiloscopico nel caso di semplici visti di ingresso. Un ampio numero di stranieri che giunge nel nostro paese utilizzando il visto di ingresso viene, dunque, escluso da questa specificità. Mi pare che già questo faccia chiarezza rispetto alle perplessità sollevate dai colleghi Boato e Sinisi. Agli stessi desidero ricordare, obiettivamente, che le norme, obiettivamente - al di là del fatto che possiamo scriverle -, devono essere capite ed interpretate dal punto di vista della loro applicazione pratica.

MARCO BOATO. Peccato che la norma non lo preveda!

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Sappiamo purtroppo che, spesso e volentieri - e dopo l'11 settembre abbiamo avuto riguardo a ciò una drammatica conferma -, molte persone si sono introdotte nel territorio italiano utilizzando permessi di soggiorno falsificati e contraffatti. Purtroppo, abbiamo avuto ex post prove e certezza di aver ospitato sul territorio dello Stato, con permessi di soggiorno falsi e contraffatti, personaggi legati a realtà criminali e terroristiche. L'uso di tale strumento dovrebbe far convergere le valutazioni politiche, anche dell'opposizione. Non vogliamo, infatti, introdurre un criterio di discriminazione tout court o di pregiudizio ideologico nei confronti dello straniero!

LIVIA TURCO. Noooo!

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Vogliamo cercare di utilizzare dei criteri - e su ciò chiedo la convergenza di valutazione politica anche dell'opposizione - al fine di garantire politiche di tutela e di sicurezza del territorio nazionale nei confronti di un terrorismo, contro il quale oggi si è aperta una battaglia comune a livello mondiale. Non c'è pregiudizio, ma una volontà di preservare e garantire la tutela e la sicurezza del territorio!

LIVIA TURCO. Smettila, Landi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, ritengo che, sul provvedimento al nostro esame, come su qualunque altro, in quest'aula, ognuno debba svolgere le considerazioni politiche che ritiene più corrette e più giuste. Questo fa in aula o nelle sedi appropriate il gruppo della Lega Nord.
Inviterei, dunque, l'onorevole Boato - se ha qualcosa da dirci dal punto di vista politico lo dica pure - di astenersi continuamente, ogni volta che interviene, dal riprendere i miei colleghi del gruppo della Lega, entrando, non nel merito politico, ma in altri meriti che non sono di competenza di quest'Assemblea...

MARCO BOATO. Ma lui lo dice, mi ha insultato due volte (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

DARIO GALLI. Noi, nei suoi confronti, utilizziamo gli interventi politici. Quando non siamo d'accordo, lo diciamo con molta chiarezza. Rispettiamo sempre le persone anche se, devo dire, di fronte a certi tipi di interventi, questo rispetto, l'onorevole Boato, non se lo meriterebbe (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianchi Clerici. Ne ha facoltà.


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MARCO BOATO. Lei deve dire qualcosa, Presidente! Mi hanno insultato!

PRESIDENTE. Ho capito, onorevole Boato. Sono argomentazioni contrapposte, tutte ugualmente piene di dignità, nel loro limite. Prego, onorevole Bianchi Clerici.

MARCO BOATO. Allora si può insultare liberamente? Ne prendo atto (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!

GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Signor Presidente, vorrei entrare nel merito della questione perché alcuni colleghi dell'opposizione ci stanno accusando di compiere indiscriminate penalizzazioni e soprattutto degli obbrobri giuridici, introducendo l'istituto delle impronte digitali per coloro che richiedono il permesso di lavoro o di soggiorno in Italia.
Ho sentito affermare che ciò non accade in alcun paese al mondo. Non è vero. Lo posso testimoniare personalmente, avendo avuto la fortuna e l'onore di essere stata una borsista dell'università di Tokyo, alcuni anni fa (la mia borsa di studio mi è stata offerta dal Governo giapponese). Ho vissuto in Giappone 18 mesi lavorando nell'università; quando sono giunta sul posto, mi hanno dato un documento di identità e mi hanno preso le impronte digitali. Le hanno prese a me - che ero italiana -, a tutti gli europei, a tutti gli statunitensi, a tutti gli asiatici. Non mi sono sentita né discriminata né sminuita né umiliata, ma ho pensato che il Giappone fosse un paese serio che valutava molto bene chi entrava nel suo territorio (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, credo che la collega Bianchi Clerici facesse riferimento, poco fa, a normative interne giapponesi che prevedono la rilevazione delle impronte anche per i cittadini giapponesi.
Per quanto riguarda la questione posta dal collega Landi di Chiavenna, il quale ha chiesto che l'opposizione concordasse, vorrei spiegare rapidamente le ragioni per le quali non possiamo farlo.
Noi abbiamo presentato un emendamento che trasforma in un obbligo ciò che, in passato, era una facoltà: qualora il documento di identità non sia certo o non sia attendibile, in quel momento noi riteniamo si debbano prendere le impronte digitali. Questo consentirebbe di discriminare, rispetto al cittadino statunitense, australiano o di qualsiasi altro paese con permesso di soggiorno, quello per il quale ci possono essere i problemi cui il collega accennava.
Quale effetto negativo produrrà la norma che voi proponete? Poiché noi prendiamo le impronte ad ogni cittadino non comunitario, anche a quelli che provengono da paesi con i quali non abbiamo problemi particolari, si finirà per creare un limite, in virtù dell'applicazione del principio di reciprocità, per i cittadini italiani che si recheranno in tali paesi, il che, naturalmente, significherà una deminutio, un peggioramento per i nostri cittadini. Intendo dire che, per un eccesso ideologico, state incidendo su di un aspetto che riguarda i rapporti tra cittadini italiani e cittadini di altri paesi.
Allora, siccome noi proponiamo che, ove il documento sia incerto o l'identità non sia chiara, in quel momento si debbano prendere le impronte, sarà l'autorità di polizia che stabilirà, di volta in volta, se il documento sia affidabile o meno. Prevedere in ogni caso l'obbligo dei rilievi fotodattiloscopici introduce un elemento che non solo, come lei può agevolmente comprendere, onorevole Landi di Chiavenna, può creare notevoli problemi di relazioni internazionali con alcuni paesi, ma comporta anche un danno per i cittadini italiani che si recheranno in quei paesi per rapporti di affari e di lavoro.


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È per questo che non siamo d'accordo sul vostro emendamento, che finisce per penalizzare i cittadini italiani onesti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Mascia 0.5.110.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 339
Votanti 337
Astenuti 2
Maggioranza 169
Hanno votato
139
Hanno votato
no 198).

Ora c'è il subemendamento Mascia 0.5.110.2...

RENZO INNOCENTI. Basta, Presidente!

PIETRO FOLENA. Basta, Presidente!

PRESIDENTE. Un momento, lasciatemi finire! Stavo semplicemente dicendo che adesso si dovrebbe votare il subemendamento Mascia 0.5.110.2.
Se nessuno chiede di parlare, si può passare ai voti, altrimenti riterrei senz'altro di sospendere la seduta. Rinvio il seguito del dibattito al prosieguo della seduta.

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