Sanzioni per occupazione di lavoratori stranieri irregolari - (Circolare Lavoro n° 2 del 14/01/2002 - Min. lav. Circ. n. 2 del 14 gennaio 2002

Oggetto: Sanzioni applicabili in caso di occupazione irregolare di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o con permesso scaduto, revocato o annullato

Con nota del 12 settembre 2000, la Direzione Provinciale del lavoro di Pistoia sottoponeva allíattenzione della Direzione Regionale del Lavoro della Toscana la problematica relativa alle sanzioni applicabili nel caso particolare di cui allíoggetto, alla luce della normativa generale in materia di collocamento (legge 608/96) e delle disposizioni concernenti la disciplina dellíimmigrazione e della condizione dello straniero (legge 40/98 e Dlgs 286/98).

In particolare, la questione sollevata riguarda líapplicabilità - nei casi di occupazione irregolare di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o con permesso scaduto, revocato o annullato - della sola sanzione penale di cui allíart. 22, comma 10 del Dlgs 286/98 ovvero della sanzione penale e delle sanzioni amministrative di cui allíart. 9-bis della legge 608/96.

Poiché sono pervenute allo Scrivente soluzioni applicative opposte, anche in considerazione della generale rilevanza della questione, sentito il gruppo di lavoro costituito presso la scrivente Divisione, si forniscono di seguito alcune indicazioni operative allo scopo di rendere uniforme sullíintero territorio nazionale líazione amministrativa di vigilanza nelle ipotesi di cui in oggetto.

In primo luogo, al fine di offrire una soluzione giuridica conforme alla ratio legis ed al tempo stesso in linea con le esigenze di tutela del lavoro, appare utile premettere una breve ricognizione delle norme disciplinanti la materia.

In particolare, va richiamato líart. 22 comma 10 del Dlgs 25 luglio 1998, n. 286, secondo cui il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito con líarresto da tre mesi a un anno o con líammenda da lire due milioni a lire sei milioni.

Si è in presenza, dunque, di una norma avente natura penale, predisposta dal legislatore per le necessità di tutelare fasce della forza lavoro particolarmente esposte ad "odiose forme di sfruttamento".

Va, poi, ricordato líart. 9-bis del Dl 1° ottobre 1996, n. 510, convertito nella legge 26 novembre 1996 n. 608, il quale, nel prevedere, al comma 1 che nellíambito di applicazione della disciplina del collocamento ordinario, agricolo e dello spettacolo; i datori di lavoro privati egli enti pubblici economici procedono a tutte le assunzioni nellíosservanza delle disposizioni di legge vigenti in materia, chiarisce altresì che restano ferme le norme in materia di iscrizione dei lavoratori delle liste di collocamento, nonché le disposizioni di cui allíart. 8 della legge 30 dicembre 1986, n. 943 e dellíart. 2 del Dl 31 luglio 1987, convertito con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398.

È, poi, stabilito che entro cinque giorni dallíassunzione effettuata ai sensi del comma 1, il datore di lavoro deve inviare alla sezione circoscrizionale per líimpiego una comunicazione contenente il nominativo del lavoratore assunto, la data dellíassunzione, la tipologia contrattuale, la qualifica e il trattamento economico e normativo.

Lo stesso datore è tenuto, poi, a consegnare al lavoratore, allíatto dellíassunzione, una dichiarazione sottoscritta contenente i dati della registrazione effettuata nel libro matricola.

La mancata consegna della predetta dichiarazione e il mancato invio della comunicazione di assunzione sono entrambi puniti con la sanzione amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000 per ciascun lavoratore interessato.

Ciò premesso, alla luce di valutazioni attinenti al profilo sostanziale della tutela predisposta dal legislatore, nonché di considerazioni di ordine logico, prima che giuridico, deve immediatamente essere confermato líorientamento volto allíapplicazione della sola sanzione penale.

Già dal punto di vista logico, infatti, può affermarsi che non è possibile applicare una sanzione amministrativa in relazione ad inadempienze cui il datore di lavoro non avrebbe comunque potuto far fronte, mancando il presupposto di legge necessario alla regolare assunzione e cioè il permesso di soggiorno valido per motivi di lavoro.

Se il datore di lavoro non può occupare il lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno ñ tanto che la violazione al precetto è presidiata da sanzione penale - non può per ciò solo comunicare agli organi amministrativi competenti líassunzione, né adempiere agli altri obblighi amministrativi che discendono tutti dallíassunzione del lavoratore.

Si tratta, in altre parole, di un illecito amministrativo impossibile per inesistenza dellíoggetto, venendo a mancare la possibilità della legittima assunzione del lavoratore quale presupposto e fondamento dei conseguenti obblighi di comunicazione. Líargomento logico - secondo cui non può essere comunicata una assunzione che non può avvenire -orienta, dunque, verso líapplicazione della sola sanzione penale.

Tale conclusione, peraltro, nulla toglie a quelle esigenze di tutela sostanziale cui prima si è fatto cenno.

Non si manca di rilevare, infatti, che il fine cui mira la tutela amministrativa predisposta dallíart. 9-bis cit. è costituito dellíesigenza di "monitorare" i flussi di manodopera e proprio lo strumento della comunicazione di assunzione - che il datore di lavoro è tenuto ad inoltrare ai competenti organi amministrativi - nel caso di specie non consentirebbe di soddisfare in modo certo alla predetta esigenza di monitoraggio, non avendo senso comunicare líassunzione di un lavoratore che, comunque, non potrebbe essere collocato.

Dal punto di vista, poi, del lavoratore straniero, il fatto di aver prestato attività lavorativa senza il prescritto permesso di soggiorno non priva per ciò solo lo stesso lavoratore di adeguata protezione normativa.

Infatti, la violazione alle regole stabilite dal Dlgs 25 luglio 1998, n. 286 circa il procedimento che il datore di lavoro deve seguire nel caso abbia intenzione di instaurare un rapporto di lavoro con un straniero, pur rendendo nullo il contratto di lavoro, non far venir meno, in virtù dellíart. 2126 c.c., líobbligo dello stesso datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e, correlativamente, quello di versare i contributi riguardanti le assicurazioni sociali per il periodo in cui líattività lavorativa è stata effettivamente prestata.

Alle predette considerazioni di ordine logico e a quelle riguardanti il profilo della tutela sostanziale del lavoratore straniero si aggiunge, infine, un argomento prettamente giuridico che definitivamente conferma líesattezza dellíorientamento sostenuto dalla Direzione Regionale del lavoro della Toscana.

Nella delineazione del precetto di cui al comma 2 dellíart. 9-bis è fatto riferimento allíassunzione effettuata ai sensi del comma 1, dellíassunzione, cioè, del prestatore di lavoro effettuata conformemente alle disposizioni di legge vigenti in materia (comma 1).

Difettando in capo al lavoratore straniero un valido permesso di soggiorno, si determina líimpossibilità di una regolare assunzione, cadendo così il presupposto di applicabilità della norma sanzionatoria amministrativa.

Per le considerazioni sopra esposte, nei casi in cui gli organi di vigilanza accertino líesistenza di una occupazione irregolare di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o con permesso scaduto, revocato o annullato, non dovranno essere applicate le sanzioni amministrative previste dallíart. 9-bis della legge 608/96, né, per analoghi motivi, quelle previste dallíart. 12 della legge 10 gennaio 1935, n. 112, in tema di libretto di lavoro, nonché quelle previste dal Dlgs 26 maggio 1997, n. 152, in tema di obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, difettando in tali ipotesi il presupposto di applicabilità costituito dalla regolare assunzione del lavoratore straniero.

Dovranno, invece, trovare applicazione la sanzione penale di cui allíart. 22, comma 10 del Dlgs 286/98, nonché le sanzioni amministrative connesse allíadempimento degli obblighi retributivi e contributivi, in conseguenza dellíart. 2126 c.c. che fa salva la tutela retributiva e previdenziale del rapporto svolto di fatto pur in violazione di norme di legge.