C E N S I S

Tuning into diversity

Immigrati e minoranze etniche nei media

Sintesi

Roma, 18 aprile 2002

Il sito Multucultural Skyscraper ospita un ampio spazio di informazione sul progetto Tuning into Diversity; lo si puÚ consultare su www.multicultural.net

 

Premessa

“Tuning into Diversity” Ë un progetto di ricerca realizzato dal Censis e finanziato dall’Unione Europa (DG5) con il contributo dell’Autoritý per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Ministero dell’Interno italiani. Al progetto hanno partecipato la Fondazione Stoa per l’Olanda, l’Universitý di Bradford per la Gran Bretagna, l’Istituto di ricerca Greem per la Francia e il Cospe per l’Italia.

Il progetto ha analizzato, nelle diverse articolazioni della ricerca, come la societý italiana “si rappresenta” attraverso i media l’immagine dell’immigrato, come gli immigrati vorrebbero essere rappresentati e come in generale vorrebbero che i media si rapportassero loro; come gli altri paesi europei, che hanno un’esperienza di immigrazione pi˜ antica hanno affrontato questo problema; quali sono le prospettive praticabili per garantire un’equa rappresentazione delle minoranze etniche nei media.

PuÚ sembrare, per l’Italia, una fuga in avanti; ma lo Ë solo nella misura in cui non vogliamo ancora renderci conto che siamo giý una societý multietnica: per i numeri attuali e per i trend demografici ed economici che suggeriscono un consolidamento della multietnicitý anche in Italia.

Se si entra in quest’ordine di idee, ci si rende conto immediatamente che affrontare il tema immigrati e minoranze etniche dal punto di vista della comunicazione Ë non solo opportuno, ma necessario: giacchÈ appare evidente che una societý multietnica per essere in equilibrio e dunque per non produrre fermenti distruttivi di conflitto sociale, deve saper guardare a tutte le sue componenti, superando la logica del mero scambio economico ed utilitaristico, per sviluppare percorsi di attenzione alle esigenze sociali, culturali, vorremmo aggiungere psicologiche, di soggetti che, per il fatto stesso di avere “un viaggio”, una frattura alle spalle (direttamente vissuta o comunque ereditata dai genitori) si trovano in condizioni di particolare vulnerabilitý.

La ricerca che qui si presenta (e che in realtý si articola in pi˜ ricerche) coltiva dunque un’ambizione: quella di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica ma soprattutto delle istituzioni in maniera non sporadica, in qualche modo fondativa e sistemica, su un tema di rilevanza sociale ancora non pienamente evidente ma assolutamente centrale per gli equilibri futuri.

Angolare la riflessione su questo particolare asse pone due tipi di problemi, che altri  paesi hanno affrontato prima di noi: la necessitý di garantire una rappresentazione degli immigrati nei media che eviti ogni forma di discriminazione e quella di promuovere adeguate opportunitý all’accesso all’industria dei media.

I destinatari privilegiati di questa ricerca sono: le istituzioni, affinchÈ traggano da essa spunti utili per orientare la propria azione; la comunitý dei media per raccogliere stimoli ad una crescita professionale e deontologica; ma forse soprattutto le minoranze etniche nella direzione di una presa di coscienza del loro diritto ad una corretta rappresentazione.

 

Le ricerche

Parte I - L’immagine dell’immigrato in televisione

A)        L’informazione

Chi Ë “l’immigrato tipo” rappresentato in televisione? Quali sono i programmi e le trasmissioni che parlano di immigrazione o in cui compaiono persone straniere o immigrate?

Nell’ambito del progetto “Tuning into Diversity” Ë stata realizzata un’ampia analisi del contenuto dell’immagine dell’immigrato e delle minoranze etniche nei media (5 settimane distribuite durante 5 mesi, da maggio a settembre 2001, per neutralizzare distorsioni dovute a fatti di cronaca), in collaborazione con l’Autoritý per le Garanzie nelle Comunicazioni e il Centro d’Ascolto Radiotelevisivo.

Lo “sbilanciamento” della rappresentazione televisiva Ë rilevabile giý a livello di distribuzione in rapporto a semplici variabili strutturali: gli immigrati rappresentati sono nell’81,8% dei casi uomini e nel 18,2% donne; mentre nella realtý i maschi sono il 54,2% e le femmine il 45,8% (tab. 1).

Il “ruolo” dell’immigrato rispetto alla vicenda narrata di cui Ë protagonista Ë sempre un ruolo negativo (complessivamente nell’83,2%) in cui egli Ë attore (38,3%) o vittima (39,6% cui va aggiunto il 5,3% delle vittime di incidenti), (tab. 2).

E quali sono le trasmissioni e i temi in cui compaiono immigrati? Si tratta soprattutto, per non dire quasi esclusivamente, di telegiornali, che coprono addirittura il 95,4% delle unitý d’analisi rilevate (tab. 3).

Nelle 5 settimane analizzate, il restante 4,6% di trasmissioni si articola in inchieste e rubriche di telegiornali (in totale il 2,4%), tre dibattiti, un varietý, due rotocalchi di costume e societý, un programma satirico e infine due programmi specifici sull’immigrazione, Un mondo a colori, programma quotidiano che Ë andato in onda per quindici puntate durante il periodo analizzato e Shukran, andato in onda una sola volta.

All’interno dei telegiornali, il 90,8% delle notizie sono fatti di cronaca (di cui praticamente la metý di cronaca nera), accanto al 4% che rientrano nella pagina estera, ad uno sparuto 2% di notizie che riguardano la politica interna e al 3,2% in cultura e societý (tab. 4).

Se poi si guarda agli argomenti affrontati in televisione quando si parla di immigrati o stranieri si ha la conferma che il “cono di luce” loro concesso dal piccolo schermo Ë decisamente ristretto e ben poco variegato. L’argomento trattato in prevalenza Ë “criminalitý/illegalitý” (56,7%), seguito (ma da lontano) dalla voce assistenza/solidarietý (13,4%) e da immigrazione (8,0%) (tab. 5).

Gli altri argomenti risultano decisamente marginali.

Se poi si osserva il contesto entro cui risultano inseriti gli immigrati quando appaiono in televisione risulta immediatamente evidente che essi sono rappresentati sostanzialmente in rapporto alla comunitý di appartenenza (30,9%) da un lato e al mondo criminale dall’altro (29,1%).

Il quadro della rappresentazione televisiva va perciÚ chiarendosi: da una parte gli immigrati, ricondotti alla comunitý di appartenenza appaiono “isolati”, relegati a una sfera separata, suggerendo una contrapposizione di mondi; d’altra parte la continua associazione al mondo criminale alimenta la tendenza giý emersa dall’analisi degli argomenti a sovrapporre immigrazione e delinquenza.

Nel complesso, dunque, lo sforzo di comprendere, approfondire, dedicare tempo e attenzione appare decisamente limitato. L’immigrato, la persona di origine etnica minoritaria va sotto i riflettori televisivi quasi esclusivamente come “disperato” o come “criminale”.

L’analisi ha cercato inoltre di evidenziare il “registro narrativo” prevalente, valutando se ci sia un esplicito ricorso a stereotipi o se venga fatto uso di toni sensazionalistici al di lý di una “fisiologica” drammatizzazione, tipica del linguaggio televisivo.

Prevale la modalitý “descrittiva”, a conferma della scarsezza di approfondimento giý rilevata e in linea con quanto emerso a proposito della prevalenza della cronaca; solo nel 7,4% si parla di immigrati in termini problematico-conoscitivi.

D’altra parte emerge al contempo una sensibile attenzione a non cadere in atteggiamenti esplicitamente razzisti o discriminatori (per esempio attraverso il ricorso a stereotipi espliciti o ad un sensazionalismo “esasperato” (rilevati rispettivamente solo nel 3,4% e nel 10,3% dei casi).

Ancora una volta tale attenzione viene contraddetta perÚ da tendenze stilistiche solo apparentemente neutre, ma che in realtý possono rivelarsi variabili fortemente attive nell’induzione di atteggiamenti discriminatori; ad esempio, far riferimento alla nazionalitý come unico elemento di identificazione (“albanese uccide…” Ë un tipico esempio).

Del resto, gli immigrati in TV “non hanno voce”: nel 63,9% sono solo citati, mentre sono intervistati direttamente nel 9,1% delle occasioni; solo nell’1,6% un immigrato Ë consultato in qualitý di esperto (tab. 6).

Se poi si analizza “l’atmosfera emotiva” che le notizie tendono a suscitare si nota che, in una scala da 0 a 10, le notizie preoccupano (7,9%), suscitano compassione (9,5%), coinvolgono (7,1%): ma certo non rassicurano quasi mai.

Ed Ë proprio il tono a suscitare il coinvolgimento (81,8%), dunque proprio un elemento che “parla” alla dimensione emozionale, cui si aggiungono le immagini.

Indipendentemente dalla rete televisiva, le notizie o le trasmissioni che parlano di immigrazione sono concentrate, nell’assoluta maggioranza, nella fascia definita n. 5 dal Centro d’Ascolto dell’Informazione radiotelevisiva per l’Autoritý per le Garanzie nelle Comunicazioni, corrispondente alle ore 7-12 della mattina (che ha un’audience di circa 6 volte inferiore a quella della fascia 1).

Le reti televisive che danno pi˜ spazio all’argomento sono le tre reti Rai: nel complesso, le notizie o i programmi sono in onda sulle reti Rai per il 63,1% contro il 32,1% di Mediaset e il 4,8% di Telemontecarlo (nel periodo di rilevazione), poi diventata La 7.

Dunque la televisione pubblica si caratterizza rispetto a quella privata per una maggior attenzione al fenomeno in esame; ma la valutazione del tipo di programma ridefinisce in parte la conclusione.

Emerge infatti che tutti i canali dedicano comunque l’assoluta maggioranza del loro spazio nei telegiornali; solo Rai 2 presenta un peso meno schiacciante dei telegiornali grazie alla presenza di Un mondo a colori. In secondo luogo risulta che Rai 1 Ë l’unica rete che mostra una certa varietý nel tipo di programmi che manda in onda sul tema in esame, anche se in termini puramente quantitativi si tratta comunque di un numero limitato di programmi al di lý del telegiornale.

B)        La fiction

Sono 72 le fiction di produzione italiana in cui sono comparsi personaggi stranieri (immigrati o di origine etnica minoritaria) andati in onda nel periodo analizzato.

Sono prevalentemente soap opera (38,8%) e telefilm (37,8%).

Vanno in onda soprattutto su Canale 5 (29,6%) e Rai 3 (24,5%).

I personaggi stranieri sono quasi sempre non protagonisti (45,3%) o comparse (tab. 7).

Sono per lo pi˜ personaggi positivi (68,3%), ma ipersemplicificati e facilmente riconoscibili sulla base del senso comune. Esattamente il contrario di quanto avviene nei telegiornali (51,3%) (tab. 8). Tale dato va comunque parzialmente ridimensionato se si considera che la stereotipizzazione Ë in un certo senso connaturata al linguaggio fictional.

In un approfondimento qualitativo che ha interessato cinque fiction (Le ragazze di Piazza di Spagna, Distretto di Polizia, I ragazzi della terza C, Un posto al sole, Incantesimo), sono emerse alcune caratteristiche ricorrenti, tra le quali:

-   gli immigrati sono per lo pi˜ personaggi riconducibili a ruoli stereotipati (il cameriere, il musicista, il venditore ambulante, il contrabbandiere), secondo canoni schematici e condivisi da una larga audience;

-   si muovono all’interno di una visione manichea del mondo; ricondotti ad una di due tipologie in opposizione; o sono buoni (ma spesso “vittime”) o sono cattivi e immorali.

C)        La pubblicitý

Sono stati analizzati 32 spot pubblicitari in cui compaiono personaggi stranieri.

Il linguaggio pubblicitario si rivela maggiormente “curioso” pi˜ esplorativo nel cercare nuove modalitý di descrizione e rappresentazione; soprattutto, ed Ë un dato non da poco, la pubblicitý prova a sondare la dimensione della normalitý, con i suoi codici, le sue necessitý, le sue dimensioni pi˜ profonde. Anche in questo caso si percorrono in fondo semplificazioni: la sensualitý, la gioia di vivere, la forza, la fisicitý. Dunque, la pubblicitý, in virt˜ della sua necessitý di parlare al consumatore, di fatto dialoga con lo straniero in condizione di integrazione “risolta”.

E, tuttavia, pur nella semplificazione archetipica della pubblicitý si sperimentano percorsi e capita di imbattersi in uno spot in cui intensi primi piani di soggetti di diverse etnie, accompagnati da un testo “universalizzante” suggeriscono (e nell’informazione non accade mai) l’immagine di un mondo in cui l’accesso alla comunicazione diventa, oltre che meccanismo di inclusione sociale, condizione di “affratellamento” planetario. Dunque una comunicazione che non tratteggia solo allarmi e preoccupazioni, ma suggerisce ed Ë la prima “occasione” valori legati al dialogo tra etnie “alla pari”.

Parte II - L’immagine dell’immigrato nella stampa quotidiana e periodica

Nel corso della realizzazione di “Tuning into Diversity”, sono stati analizzati 1.230 articoli nella stampa quotidiana e 46 in quella periodica.

In generale osservando la distribuzione delle notizie che parlano di immigrati o immigrazione per testata, si nota che si collocano pi˜ spesso nella stampa locale, che raccoglie nel complesso il 69,6% di articoli, contro il 30,4% della stampa nazionale.

Tra i quotidiani locali, quelli delle aree “calde” (L’Arena e il Gazzettino per il Veneto e l’Alto Adige per il Trentino Aldo Adige) ne parlano pi˜ di quelli del resto d’Italia (rispettivamente 11%, 13,2 e 9,6) seguiti dal quotidiano toscano, La Nazione (9,6%). Tra i quotidiani nazionali spiccano per abbondanza di articoli Il Messaggero, con l’8,8% e La Repubblica (6,7%).

Tra i periodici, il maggior numero di articoli Ë comparso, nelle 5 settimane campione su La Repubblica delle Donne, il VenerdÏ e Famiglia Cristiana.

Tutte le testate si concentrano, tra locale e nazionale, sulla cronaca (per una percentuale pari a circa il 70% del totale). Nel complesso, la cronaca assorbe dunque la gran parte dell’attenzione dei quotidiani.

I giornali che si discostano maggiormente dall’approccio stilistico “comune” sono in qualche modo il Sole 24 Ore e Il Manifesto: si parla di immigrazione nella sezione dedicata alla politica interna, tra le notizie di economia e di attualitý, ma anche tra gli articoli di societý e di cultura.

Per quanto riguarda gli argomenti, La Repubblica, La Stampa, Il Messaggero e Il Giornale parlano di criminalitý e illegalitý in pi˜ della metý dei loro articoli. Il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore mostrano un’attenzione particolare agli aspetti pi˜ sociali del tema immigrazione (tab. 9).

Per quanto riguarda il ruolo degli immigrati, nella stampa quotidiana si ripropone dunque l’oscillazione tra due polaritý (l’immigrato-vittima/l’immigrato criminale) giý rilevata per la televisione. Pi˜ sfumata la rappresentazione restituita dalla stampa periodica.

La stampa quotidiana, in generale, sebbene con scarti ridotti, mostra comunque rispetto alla televisione, una presenza degli immigrati pi˜ distribuita nelle diverse sezioni tematiche (politica interna, estera, locale, attualitý, spettacolo, economia).

A sostegno di un atteggiamento in qualche modo “pi˜ evoluto” della stampa va rilevato, per quanto riguarda la stampa periodica, un 23,9% di lettere e testimonianze, segno che esiste un bisogno di confronto da parte dei lettori o che esso viene incoraggiato in queste sedi.

Interessante analizzare poi il contesto e le reti di relazioni in cui gli immigrati sono inseriti: se nei giornali, come nei programmi d’informazione della televisione gli stranieri sono “raccontati” soprattutto in relazione al mondo criminale (28,5%), alle forze dell’ordine (25,1%) al mondo della giustizia (13,7%), lo stesso non accade per i periodici analizzati durante il periodo di rilevazione. Le riviste, invece, presentano l’immigrato in relazione alla comunitý di appartenenza (29,4%), alla gente in generale (17,6%, molto presente anche per i quotidiani), al mondo del lavoro (11,8%) e, cosa sorprendente, al mondo della politica (17,6%) (tab. 10).

In generale, sebbene gli approfondimenti dedicati al tema nella stampa quotidiana e periodica siano limitati (sono rispettivamente 1,5% e 2,2% fondi e editoriali) si riscontra un canone narrativo certamente descrittivo/informativo, ma che non esclude una qualche dimensione problematico-conoscitiva.

Parte III -    La “voce” degli immigrati e delle minoranze etniche nei media in Italia; una realtý sommersa

Questa sezione del progetto Tuning into Diversity parte dal presupposto che l’informazione Ë la risorsa basilare per assicurare a ciascuno una prima forma di inclusione sociale, prima ancora di parlare di un pi˜ compiuto processo di integrazione o di convivenza nelle differenze.

In realtý ciascuno di noi, senza che ne sia pienamente consapevole, Ë inserito in un flusso informativo che gli offre notizie su dove si trova, sulle principali caratteristiche del contesto e sulle forme economiche e culturali che caratterizzano tale contesto. Ma senza un’adeguata organizzazione di tali informazioni, attraverso modalitý che possano avere per ognuno un significato – si pensi alla “barriera linguistica” – quel flusso informativo risulta del tutto inefficace.

In questo senso l’informazione diventa il primo diritto di cittadinanza; garantirla un servizio pubblico irrinunciabile per motivi etici, ma anche per evidenti motivi d’opportunitý politica e istituzionale.

Nel nostro paese, alcune caratteristiche del sistema mediale (la debole presenza della dimensione locale, la scarsa rilevanza riservata all’informazione di servizio) influiscono grandemente nei percorsi di informazione rivolti agli immigrati.

La ricerca realizzata nell’ambito del progetto Censis “Tuning into Diversity” dal Cospe ha evidenziato la presenza di 16 emittenti TV e 44 stazioni radio che hanno o hanno avuto negli ultimi anni, almeno un’esperienza di iniziativa multilinguistica nel loro palinsesto e 31 testate editoriali dedicate agli immigrati e 10 al tema dell’immigrazione (tab. 11).

I primi tentativi risalgono all’inizio degli anni ‘90 (11,1%), ma la massima attivazione si Ë verificata nella seconda metý degli anni ‘90, anche se molte sono le iniziative nate nell’ultimo anno.

Il 49,6% esiste da un periodo compreso da 1 a 5 anni e l’11,1% supera la soglia dei 5 anni. Dunque si tratta di una fenomenologia tutt’altro che volatile, che evolge verso forme di stabilizzazione.

Lo strumento privilegiato Ë la radio, affiancato dall’esteso utilizzo della carta stampata, due mezzi a costo limitato ed elevata flessibilitý.

Assai meno presenti i programmi TV, e il dato non stupisce se si considera la particolare strutturazione del sistema televisivo italiano.

Il bacino d’utenza (radio e TV) e di diffusione (carta stampata) vede la prevalenza delle iniziative di carattere locale (23% iniziative cittadine e locali, 34% iniziative provinciali).

Le regioni pi˜ vitali sono la Toscana (14,3%), il Lazio (13,2%), la Lombardia (12%), l’Emilia Romagna (10%) (tab. 12 e fig. 1).

Pi˜ che di emittenti o di stazioni radio Ë opportuno parlare di “esperienze” (programmi radio, televisivi ed editoriali).

Le esperienze censite (programmi radio 70, televisivi 16 e prodotti editoriali 31) assommano a 117 prodotti, di cui 87 in corso e 30 conclusi (ancora tab. 12).

Sono prodotti estremamente eterogenei: l’espressione trasmissioni per immigrati ad es. puÚ voler dire di volta in volta: inserimento nel palinsesto di un programma pensato per quel target; uso di un’altra o molte altre lingue; collaborazione redazionale di immigrati; programmazione di musica etnica o di altri paesi; presenza di notizie o programmi sull’immigrazione.

Radio e TV

La fascia oraria privilegiata dalle trasmissioni Ë quella serale e la cadenza di programmazione prevalente Ë quella settimanale. Nel 61,6% dei casi si tratta di produzioni interne, nell’11,6% si tratta di produzioni esterne: trasmissioni realizzate e andate in onda nei paesi d’origine e di approfondimenti o documentari realizzati da fonti esterne (cassette audio e video, trasmissioni scaricate da Internet oppure prodotte da associazioni culturali o di volontariato).

Nel 19,8% dei casi si tratta di coproduzioni. E’ chiaro che l’offerta di spazi autogestiti dagli immigrati piuttosto che politiche di coprogettazione rimandano a concezioni fortemente connotate sul piano ideologico. E se Ë vero che lo spazio autogestito rischia di manenere l’estraneitý rispetto al contesto redazionale dell’emittente e potenzialmente al tessuto sociale del paese ospitante, Ë pur vero che questi programmi ricoprono spesso un ruolo importante nelle dinamiche di accoglienza dei nuovi venuti (come si ottiene il permesso di soggiorno, dove trovare alloggio, come accedere al servizio sanitario).

Probabilmente in una societý matura sul piano della multietnicitý, questi due tipi di servizi (prodotti autoreferenziali e spazi multiculturali) andrebbero offerti entrambi.

La tipologia di programmi pi˜ diffusa Ë il programma contenitore, seguono i TG che possono assumere i caratteri delle news internazionali, della cronaca e dell’informazione sui paesi d’origine, spesso bi- o multilingue (tab. 13).

Stampa

Si tratta di una produzione forse ancora pi˜ eterogenea di quella radiotelevisiva. Ci troviamo di fronte a bollettini di servizio, riviste di comunitý, monografie colte, guide alla legislazione e ai servizi; riviste d’approccio antropologico ed etnografico, che di volta in volta evidenziano come pubblico di riferimento gli italiani, il mondo degli operatori del settore, i singoli immigrati appena arrivati in Italia piuttosto che le comunitý straniere insediate da tempo nel nostro paese.

Sebbene la maggioranza delle pubblicazioni si attesti sulle migliaia di copie (tra 1.500 e 5.000 copie) esistono anche veri e propri “colossi” (il 12,9% ha una diffusione tra 5.000-10.000 copie e anche pi˜). Il prodotto pi˜ diffuso ha cadenza periodica (mensili, tri, quadri e semestrali) (tab. 14).

Il 16,2% Ë edito da un privato cittadino, il 15,6 dal mondo dell’associazionismo (culturale, sindacale o di volontariato). Il 6,4% Ë edito da enti locali (comuni e regioni), solo nel 12,9% ci troviamo di fronte a vere e proprie case editrici.

La caratterizzazione delle iniziative Ë esterna alla logica di mercato. Chi produce lo fa in un’ottica di servizio, per finalitý etnico-culturali.

Nel complesso, per gli immigrati e le loro comunitý reperire i fondi Ë molto arduo. Il 35% dei programmi non gode di alcuna forma di finanziamento, il 14,5% riceve finanziamenti da enti locali, il 24,1% Ë finanziato dalla pubblicitý. Nella maggioranza dei programmi il personale Ë misto.

Il 29,9% utilizza l’italiano come unica lingua, il 20,5% un’unica lingua straniera, il 18,8% Ë bilingue e il 29% Ë multilingue.

Per quanto riguarda le caratteristiche del promotore, predominante Ë l’iniziativa individuale.

Nel complesso ci si trova di fronte a un arcipelago estremamente frastagliato e diversificato in cui si possono distinguere:

1)  iniziative militanti. Promosse dall’associazionismo (di sinistra e cattolico) seguono due modelli diversificati per appartenenza ideologica, ma speculari tipologicamente. Alla base entrambe vedono principi di solidarietý e impegno ideologico-politico con declinazioni diverse. L’area di sinistra Ë pi˜ focalizzata sulla promozione dei diritti, la realizzazione della cittadinanza politica e sociale degli immigrati, visti come soggetti svantaggiati. Nel mondo cattolico, prevale un maggior spirito di servizio, molto forte nella cultura cattolica, che sposta l’intervento pi˜ sul sociale che sul politico;

2)  Trasmissioni di servizio. E’ una dimensione trasversale un po’ a tutte le iniziative, ma in questa tipologia diventa la caratteristica dominante. Sono produzioni italiane, promosse da enti pubblici e associazionismo. Il valore-guida Ë il diritto all’informazione: tipici i TG multilingue;

3)  Prodotti di comunitý. In questo caso il soggetto promotore Ë la comunitý stessa degli immigrai. Perseguono obiettivi come la valorizzazione della cultura d’origine e i rapporti con il paese di provenienza;

4)  Iniziative della multiculturalitý. Spesso cogestiti da italiani e immigrati, questi prodotti rivelano un intento non certamente culturale, che non di rado sconfina nella volontý pedagogica. Obiettivi espliciti diventano l’educazione alla diversitý e la sensibilizzazione delle altre culture. I programmi variano dalla musica, alla cucina, dalla letteratura alla storia e agli stili di vita, ma in un’ottica di confronto tra culture;

5)  Il modello del mercato. E’ il meno diffuso, sebbene si mostri particolarmente interessante per i possibili sviluppi che potrebbe avere nei prossimi anni. Sono prodotti radiotelevisivi e stampa chiaramente concepiti e realizzati in un’ottica di mercato. In questo contesto, gli immigrati non sono percepiti come soggetti svantaggiati da tutelare ma come potenziali consumatori.

In generale la mappatura conferma una tendenza costante, se non in crescita, di questa realtý mediatica.

I diritti di cittadinanza delle minoranze etniche nei media: lo stato dell’arte

Il contesto europeo

I qualificati istituti di ricerca europei che hanno partecipato al progetto (la fondazione Stoa di Utrecht, l’Universitý di Bradford, il Greem di Parigi) hanno evidenziato la necessitý dei diversi paesi di “riconoscere” la realtý multietnica della loro societý e di lavorare per una crescita del sistema dei media in rapporto a tale realtý.

Tuttavia, la realtý del sistema produttivo mediale Ë assai diversa: spesso i prodotti sono esternalizzati con nessuna attenzione alla formazione, men che mai alla “competenza interculturale”.

E, del resto, la presenza di minoranze etniche nella produzione dei media Ë scarsa: in tutta Europa (in particolare, proprio in Italia), cosÏ come sono rare le case di produzione di proprietý di stranieri o gestite da loro e basso Ë il numero di studenti di origine etnica minoritaria iscritti alle scuole professionali di questo settore.

Ma la necessitý di un cambiamento, si rileva, non Ë solo nella necessitý del vantaggio sociale per le minoranze o per la coesione sociale: la differenziazione all’interno del sistema mediale europeo e l’accresciuta competizione debbono confrontarsi con cambiamenti vistosi della stessa struttura sociale: per quanto in alcuni paesi questa affermazione possa sembrare prematura, oggi in Europa le audience potenziali sono sempre pi˜ multiculturali.

In alcuni Paesi, infatti, le minoranze etniche rappresentano forti realtý di consumatori: ad es. in alcune aree urbane i giovani di origine etniche minoritarie arrivano fino al 50%!

In Europa, quello che sta facendo da “apripista”  per una maggior attenzione alle minoranze etniche nei media Ë proprio la scoperta da parte dei settori commerciali delle radio e delle televisioni del potenziale di consumo delle minoranze etniche.

E, comunque, questa attenzione economica confluisce con un’attenzione di diverso segno (civile, istituzionale, sociale, culturale) che ha prodotto, negli ultimi 20 anni, un intenso susseguirsi di conferenze e convegni europei sul tema delle minoranze etniche in rapporto alla comunicazione.

La collaborazione delle stesse emittenti appare fondamentale. Ma la strategia, per essere realmente efficace (suggerisce la Fondazione Stoa) deve essere integrata prevedendo una serie di azioni a differenti livelli:

a)  legislazione: all’interno della legislazione nazionale ed europea sui media devono essere introdotte specifiche indicazioni riguardanti le minoranze etniche che regolino gli aspetti fondamentali della produzione, come la programmazione e la formazione, per fare in modo che gli aspetti multiculturali della societý siano debitamente rappresentati nei media,

b) monitoraggio: Ë opportuno avviare l’individuazione di criteri di qualitý sulla base dei quali valutare e monitorare la qualitý della programmazione. L’elaborazione di criteri di qualitý interculturale per la programmazione e di strumenti formali e informali per assicurare una corretta rappresentazione della diversitý nei media puÚ stimolare la discussione sul contenuto multiculturale dei programmi e sui suoi effetti sulle diverse audience. Si auspica la creazione di una sorta di ISO per la non discriminazione, ovvero un insieme di criteri in base ai quali un’emittente, una casa di produzione o un istituto di formazione possa ottenere un marchio di qualitý internazionale, da rinnovare periodicamente;

c)  formazione professionale: necessitý di promuovere politiche di impiego e formazione professionale innovative per creare un contesto in cui i professionisti del settore di orgine etnica minoritaria possono inserirsi nel mercato del lavoro. In questo caso la cooperazione internazionale puÚ giocare un ruolo importante;

d)  ricerca e sviluppo: opportunitý di sviluppare la ricerca sul tema e creazione di una banca dati on-line relativa alle ricerche su questo tema;

e)  Intercultural Media Education: necessitý di elaborare strumenti e metodologie per far sÏ che gli studenti acquisiscano consapevolezza critica di come le informazioni fornite dai media vadano interpretate alla luce del background sociale e culturale di giornalisti e produttori;

f)   partecipazione delle audience e delle associazioni, attraverso l’organizzazione di specifiche occasioni.

In tale ottica complessiva emergono le responsabilitý di diversi soggetti: certamente la Commissione Europea e l’Autoritý Nazionale, le Associazioni di categoria, gli Istituti di formazione, l’Industria dei media, le minoranze etniche stesse.

I codici di condotta: dall’ideazione all’efficacia

L’Universitý di Bradford ha censito oltre 100 codici di condotta sul tema delle minoranze etniche nei media. Tale quantitý Ë giý di per sÈ una dimostrazione importante del fatto che i professionisti dei media e i loro organi di rappresentanza (ordini professionali, sindacati, ecc.) hanno riconosciuto il potere e le responsabilitý dei media e hanno trasformato tale consapevolezza in strumenti normativi.

L’analisi trasversale di questi codici dimostra come sia impossibile formulare un unico codice di condotta europeo giacchÈ le singole condizioni hanno una particolare influenza nel far sÏ che il singolo codice funzioni; e del resto l’esistenza di un codice non Ë di per sÈ garanzia che il singolo codice funzioni; gli stessi concetti da cui tali codici dovrebbero partire sono a loro volta complessi, controversi e altamente politicizzati.

In realtý non esiste consenso su un sistema di valori di riferimento per quel che riguarda l’atteggiamento da assumere nei riguardi della diversitý etnica e le responsabilitý dei professionisti dei media in una societý multiculturale.

Nel complesso, i codici censiti in ambito internazionale possono essere ricondotti a tre categorie:

-       Dichiarazioni di principio di ordine generale; contengono dichiarazioni di valori che rappresentano la base etica e morale del comportamento proposto;

-       Good practices: repertorio di comportamenti che a questi principi si richiamano;

-       Dichiarazioni prescrittive: vengono specificati comportamenti e pratiche professionali che devono essere messe in atto al fine di svolgere la professione correttamente.

PerchÈ un codice funzioni perÚ non basta redigerlo: deve essere applicabile e monitorabile.

L’Universitý di Bradford ha messo a fuoco un “modello” per un approccio sistemico ai codici di condotta, che parte dalla considerazione che tali codici sono sempre introdotti all’interno di un contesto lavorativo che segue sue regole e funziona sulla base di meccanismi che possono essere sostanzialmente in contrasto con i codici; l’approccio sistemico serve ad evitare che l’applicazione del codice sia una battaglia individuale del singolo giornalista.

In questo senso puÚ essere utile immaginare la “vita” del codice articolata in 3 fasi:

-   pianificazione;

-   implementazione;

-   verifica.

a)  pianificazione: Ë importante sviluppare il senso di ownership da parte di chi dovrý utilizzare i codici e dunque coinvolgere nell’elaborazione tutti quelli che poi dovranno attenervisi; far sÏ che i valori di base siano condivisi.

     Si dovrý inoltre considerare che la presenza delle diverse etnie Ë in continua evoluzione; si dovrý perciÚ prevedere la possibilitý di modificare il codice sulla base dei mutamenti della societý. In questa fase Ë necessario altresÏ identificare ed esplicitare gli elementi che potrebbero ostacolare l’adozione nella pratica.

b)  implementazione: in questo step Ë necessario elaborare una strategia per assicurare la partecipazione attiva di tutte le figure professionali significative per l’attuazione del codice. Occorre anche esplicitare e rendere chiare le responsabilitý di ciascuno all’interno del processo. E’ evidente, comunque, che perchÈ il codice possa essere realmente applicato Ë necessario che la struttura sia permeabile al cambiamento (non solo in termini di buona volontý dei singoli, ma di strutture organizzative, relazioni di potere, risorse umane ed economiche disponibili, di tempo a disposizione per integrare la pratica professionale).

     Sempre in questa fase Ë importante prevedere un sistema di monitoraggio del cambiamento che i codici devono stimolare. Il monitoraggio perÚ non deve indurre resistenze e diffidenza; deve perciÚ essere discreto e finalizzato a migliorare il processo.

c)  verifica: richiede una strategia complessa in cui siano coinvolte tutte le audience e i diversi interessi in gioco. Tra le molte azioni che si possono prevedere all’interno di questa fase, di estrema importanza, Ë la disseminazione dei risultati del monitoraggio alle audience che rappresentano i beneficiari del processo di cambiamento. Il feedback sul loro lavoro in relazione al codice deve essere fornito ai singoli professionisti che operano nel campo dei media come parte dell’abituale sistema di sviluppo della loro professionalitý.

     Il feedback deve prevedere sia apprezzamenti che valutazioni negative (ad es. attraverso la visibilitý di esempi di buone prassi o di comportamenti inadeguati attraverso attivitý organizzate dalle associazioni di categoria).

In ogni caso tutto il processo descritto non potrý avere un impatto reale se i professionisti che lavorano nel campo dei media non sono preparati a lavorare in un contesto multiculturale.

E’ a partire dalla formazione che deve essere sviluppata l’attenzione e la consapevolezza del contesto storico e sociale in cui sono inseriti i professionisti che lavorano nel campo dei media, ed Ë soprattutto in quella sede che devono essere forniti gli strumenti per comprenderlo e affrontarlo.

Una professionalitý consapevole e rispettosa della diversitý etnica richiede sia competenze tecniche che conoscenze specifiche, ma necessita anche di una particolare impostazione mentale.

 

Un’ipotesi di lavoro per l’Italia

I riferimenti normativi

Bisogna sottolineare che sul tema “Comunicazione e minoranze etniche”, dal punto di vista normativo in Italia non siamo all’anno zero: giý nella “Carta dei doveri: etica e deontologia”, stilata dall’Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della stampa, successivamente alla legge n. 69 del 63, istitutiva dell’Ordine, si sottolineava come dovere fondamentale “rispettare la persona, la sua dignitý e il suo diritto alla riservatezza e non discriminare mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche”.

Ma a questo pi˜ generale riferimento vanno aggiunte le carte dei principi pi˜ significative: la Carta d’Ercolano (1995), la Dichiarazione di impegno per un’informazione a colori (1993-1994) e le Raccomandazioni per un’informazione non razzista (1996).

Evidentemente, oltre questi strumenti esistono riferimenti di giurisprudenza contro la discriminazione razziale che vanno dalla Costituzione, al Codice Penale, a leggi specifiche (si pensi alla Legge 205/93 – “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale etnica e religiosa”; Legge n. 45 del ’95 “Misure urgenti per prevenire fenomeni di violenza in occasione, di competizioni agonistiche; Legge n. 40 del ’98).

Inoltre bisogna ricordare che nell’attuale contratto di servizio tra Ministero delle Comunicazioni, Governo italiano e Rai viene esplicitamente richiamato l’impegno della RAI “a dedicare nella programmazione delle reti televisive e radiofoniche una particolare attenzione eventualmente con appositi spazi in lingua straniera, alle problematiche sociali, religiose, occupazionali dei cittadini stranieri, comunitari ed extracomunitari presenti in Italia anche al fine di promuovere processi di integrazione e di garantire adeguate informazioni sui diritti e i doveri dei cittadini immigrati presenti in Italia, anche al fine di promuovere processi di integrazione e di garantire adeguate informazioni sui diritti e i doveri dei cittadini immigrati”.

In questa mutata sensibilitý rientra la creazione del Segretario Sociale e l’introduzione di programmi dedicati alla multiculturalitý, cosË come l’introduzione di professionisti di origine immigrata negli staff redazionali. “Il coraggio di vivere”, “Permesso di soggiorno”, “Un mondo a colori” sono esempi utili a documentare questa attenzione; cosÏ come le iniziative di Rai Educational (“Io parlo italiano”) e Rai Net.

In generle, le principali indicazioni provenienti dalle giý citate Carte sono:

-   il linguaggio e la titolazione devono evitare giudizi sommari e discriminatori istigando alla violenza”;

-   bisogna combattere gli stereotipi nell’informazione sull’immigrazione e nel Sud del Mondo;

-   stimolare una conoscenza pi˜ approfondita dei fenomeni migratori; non confinare l’immigrazione nella cronaca nera;

-   denunciare sistematicamente gli atti di discriminazione e razzismo;

-   allargare gli spazi di inchiesta sociale ponendo in evidenza le analogie fra i problemi sociali vissuti dagli stranieri e da parti consistenti della societý italiana;

-   non menzionare nazionalitý, religione, cultura a meno che questo non costituisca parte integrante dell’informazione;

-   valorizzare le differenze culturali;

-   tenere conto del cambiamento della connotazione delle parole nel tempo;

-   evitare generalizzazioni e “popolarizzazioni delle differenze”.

In realtý, sull’efficacia di tali carte si possono nutrire forti dubbi. Una delle strade per migliorare l’efficacia ed aumentarne la forza persuasiva potrebbe essere quella di pubblicizzarle maggiormente e farle “entrare” nella cultura collettiva.

Una pista di lavoro

Le ricerche e gli studi condotti nell’ambito del complesso progetto Tuning into Diversity hanno evidenziato:

-   da una parte, come in Italia non si possa parlare di veri e propri atteggiamenti razzisti e/o discriminatori nella comunicazione;

-   e, tuttavia, come la schematicitý, lo sconfinamento frequente dei temi dell’immigrazione nell’ambito della cronaca (per lo pi˜ nera) rischia di: a) perpetrare un senso di sfiducia, una scarsa speranza di inclusione sociale negli immigrati; b) mantenere vivi atteggiamenti di diffidenza da parte degli italiani rispetto agli immigrati stessi.

Del resto, le molte carte e codici che sono stati formulati in Italia non sembrano in grado di incidere sostanzialmente su questa distorta rappresentazione. Ed Ë plausibile, se si considera che persino in paesi di lunga tradizione in questo campo, come la Gran Bretagna o l’Olanda, si Ë sentita l’esigenza di sottolineare come un’azione sociale positiva e realmente efficace passi attraverso un approccio sistemico che poggi su molte gambe: legislazione, monitoraggio, formazione professionale, ricerca e sviluppo, media education, maggiore partecipazione di soggetti appartenenti a minoranze etniche.

Nel nostro Paese, sarý opportuno avviare il percorso a partire da una fase preparatoria di studio, che coinvolga associazioni e ricercatori e prepari l’avvio di un tavolo, inteso come luogo di concertazione tra Istituzioni coinvolte (Autoritý per le Garanzie nelle Comunicazioni, ma anche Ordine dei Giornalisti, Servizio Pubblico ed altri).

Gli assi prioritari intorno a cui lavorare potrebbero essere:

1)  conoscenza dei processi  (monitoraggio dei media generalisti e di quelli che fanno riferimento diretto alla realtý delle minoranze);

2)  coinvolgimento delle utenze e sensibilizzazione attraverso l’interpretazione e la diffusione periodica dei risultati;

3)  analisi della ricezione, cioË di come le audience percepiscono l’immagine degli immigrati veicolata dai media;

4)  formazione iniziale e continua dei giornalisti e media operators;

5)  emersione dei media operators multiculturali;

6)  formulazione/aggiornamento di una carta di autoregolamentazione.

Evidentemente sono percorsi che andranno messi a punto e inanellati nei tempi e con i ritmi giusti. Ma Ë un orizzonte cui comunque guardare con attenzione e serietý d’impegno, per non trovarsi nelle ansie dell’emergenza e accompagnare i processi valorizzandone le risorse.

Tab. 1 - Immigrati in tv e presenze regolari in Italia, per sesso (val. %)

     
 

In TV

Presenze regolari

     
     

Maschi

81,8
54,2

Femmine

18,2
45,8

Totale

100,0
100,0
     

Fonte:  indagine Censis, 2002 e elaborazione Censis su dati Caritas, 2002

Tab. 2 - Ruolo degli immigrati rappresentati in tv (val. %)

   
 

%

   
   

Vittima di un’azione negativa

39,6

Attore di un’azione negativa

38,3

Attore di un’azione positiva

7,0

Testimone

6,1

Vittima di un incidente

5,3

Attore di un’azione neutra

2,9

Oggetto di un’azione neutra

0,8
 

Totale

100,0
   

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 3 - Immigrati in tv: programmi che hanno ospitato notizie sul tema (val. %)

   
 

%

   
   

Telegiornale

95,4

Rubrica del tg

1,4

Inchiesta

1,0

Rotocalco di costume e societý

0,8

Dibattito

0,6

Programma specifico sull’immigrazione

0,4

Varietý

0,2

Programma satirico

0,2
 

Totale

100,0
   

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 4 -         Immigrati in tv: sezione tematica del telegiornale in cui sono collocate le notizie (val. %)

%

Cronaca

45,0

Cronaca nera

43,4

Cronaca giudiziaria

2,4

Totale cronaca

90,8

Pagina estera

4,0

Cultura e societý

3,2

Politica interna

2,0

Totale

100,0

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 5 - Immigrati in tv: argomenti trattati in prevalenza secondo la settimana di rilevazione (val. %)

             
 

Prima settimana

 Seconda settimana

Terza settimana

Quarta settimana

Quinta settimana

Totale

             
 

%

%

%

%

%

%

             

Criminalitý / illegalitý

42,5
73,0
41,2
57,8
63,0
56,7

Discriminazione e razzismo

-
-
-
8,3
-
1,6

Integrazione

0,5
11,8
5,9
-
1,1
3,8

Salute

2,7
6,6
2,9
26,6
-
7,9

Immigrazione

11,3
5,9
35,3
0,9
3,3
8,0

Aspetti socioculturali

4,3
0,7
-
0,9
8,7
3,1

Sport e spettacoli

0,5
-
-
-
-
0,2

Assistenza / solidarietý

34,9
2,0
8,8
4,6
1,1
13,4

Lavoro

3,2
-
5,9
0,9
-
1,6

Terrorismo

-
-
-
-
22,8
3,7
 

Totale

100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
             

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 6 Immigrati in tv: spazio concesso per esprimersi in prima persona (val. %)

   
 

%

   
   

Sono ospitati in una trasmissione

1,6

Sono intervistati in qualitý di diretti interessati

9,1

Sono intervistati in qualitý di testimoni

9,4

Sono consultati

14,4

Sono citati

63,9

Sono consultati in qualitý di esperti

1,6
 

Totale

100,0
   

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 7 -      Immigrati nella fiction di produzione italiana: ruolo dell’immigrato o della persona di origine etnica minoritaria (val. %)

   
 

%

   
   

Personaggio non protagonista

45,3

Comparsa

45,3

Comprimario

10,4

Protagonista

-
 

Totale

100,0
   

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 8 -      Immigrati nella fiction di produzione italiana: riferimento a stereotipi nel modo di presentare la vicenda o il personaggio (val. %)

   
 

%

 
 

Presente

51,3

Assente

37,2

Parzialmente presente

11,5
 

Totale

100,0

   

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 9 - Immigrati nella stampa quotidiana: argomenti trattati in prevalenza, per testata (val. %)

                     
 

Argomenti

 

Testata

Criminalitý/
illegalitý

Discriminazione/
razzismo

Integrazione

Salute

Immigrazione

Aspetti socioculturali

Sport e spettacoli

Assistenza/
soliderietý

Lavoro

Totale

                     
                     

Il Corriere della Sera

29,4
11,8
2,9
2,9
38,3
2,9
11,8
100,0

La Repubblica

50,8
19,7
1,4
5,6
8,5
1,4
4,2
2,8
5,6
100,0

Il Sole 24 Ore

6,7
13,3
40,0
13,3
26,7
100,0

La Stampa

59,3
3,7
3,7
14,8
7,4
7,4
3,7
100,0

Il Messaggero

58,8
15,5
3,1
6,2
6,2
3,1
2,1
2,1
3,1
100,0

Il Giornale

56,4
4,8
6,5
6,5
8,1
8,1
4,8
4,8
100,0

Il Manifesto

20,5
28,3
7,7
17,9
5,1
10,3
5,1
5,1
100,0

Alto Adige

38,4
8,0
4,5
0,9
18,8
6,3
4,5
12,5
6,3
100,0

L'arena

43,3
2,4
11,0
4,7
15,7
3,1
11,8
3,1
4,7
100,0

Il Gazzettino

53,5
11,1
6,3
3,5
5,6
3,5
6,3
3,5
6,9
100,0

La Nazione

54,6
3,7
11,1
1,9
12,0
2,8
0,9
1,9
11,1
100,0

Il Corriere dell'Umbria

60,9
4,3
8,7
4,3
15,2
2,2
2,2
2,2
100,0

Corriere Adriatico

36,0
2,0
16,0
4,0
22,0
4,0
4,0
2,0
10,0
100,0

Il Mattino

62,4
8,9
5,4
1,8
12,5
5,4
1,8
1,8
100,0

La Gazzetta del Mezzogiorno

40,2
7,5
6,0
3,0
13,4
4,5
3,0
13,4
9,0
100,0

La Gazzetta del Sud

64,6
4,7
3,5
11,8
10,6
2,4
1,2
1,2
100,0
 

Totale

49,0
8,6
6,8
4,0
13,3
3,9
4,3
4,1
6,0
100,0
                     

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 10 – Immigrati nella stampa quotidiana e periodica: il contesto entro cui sono presentati (val. %)

     
 

Stampa quotidiana

Stampa periodica

     
     

Associazionismo

1,2
-

Comunitý di appartenenza

5,9
29,4

Scuola, universitý, istituti di formazione

0,8
5,9

Enti pubblici

1,7
5,9

Forze dell'ordine

25,1
5,9

La gente

31,7
17,6

Mondo del lavoro

5,8
11,8

Mondo criminale

28,5
-

Tribunali, mondo della giustizia

13,7
5,9

Mondo della chiesa

0,7
-

Mondo della politica

1,7
17,6

Mondo dello sport

4,5
5,9

Sanitý

1,7
5,9

Altro

-
5,9

Non Ë presentato in relazione ad altri soggetti

9,2
11,8
     

Fonte: indagine Censis, 2002

Tab. 11 – Emittenti radio, televisive e testate editoriali rivolte agli immigrati (v.a. e val. %)

     
 

v.a.

%

     
     

TV

16
17,6

Radio

44
48,4

Stampa

31
34,0
 

Totale

91
100,0
     

Fonte: elaborazione Censis su dati Cospe

Tab. 12 – Programmi radio televisivi e testate editoriali rivolte agli immigrati, per distribuzione geografica e ciclo vitale (v.a.)

             
 

Programmi tv

 

Programmi radio

 

Testate editoriali

 
 

In corso

Concluse

Totale

 

In corso

Concluse

Totale

 

In corso

Concluse

Totale

 
                         
                         

Nord-Ovest

                       

Piemonte

-

-

-

 

3

-

3

 

3

-

3

 

Valle d'Aosta

-

-

-

 

1

-

1

 

2

-

2

 

Lombardia

1

-

1

 

8

5

13

 

4

-

4

 

Liguria

-

1

1

 

1

-

1

 

-

1

1

 

Totale

1

1

2

 

13

5

18

 

9

1

10

 
                         

Nord-Est

                       

Trentino

-

-

-

 

1

-

1

 

1

1

2

 

Veneto

1

1

2

 

3

-

3

 

1

-

1

 

Friuli

1

-

1

 

6

-

6

 

-

-

-

 

Emilia-Romagna

-

1

1

 

7

-

7

 

2

1

3

 

Totale

2

2

4

 

17

0

17

 

4

2

6

 
                         

Centro

                       

Toscana

-

3

3

 

7

4

11

 

1

-

1

 

Umbria

1

-

1

 

-

-

-

 

1

-

1

 

Marche

-

-

-

 

-

1

1

 

1

-

1

 

Lazio

-

2

2

 

13

1

14

 

5

-

5

 

Totale

1

5

6

 

20

6

26

 

8

0

8

 
                         

Sud

                       

Abruzzo

-

-

-

 

1

-

1

 

1

1

2

 

Calabria

-

1

1

 

-

-

-

 

-

-

-

 

Campania

1

-

1

 

-

1

1

 

1

-

1

 

Puglia

1

-

1

 

-

4

4

 

3

-

3

 

Sicilia

-

1

1

 

3

-

3

 

1

-

1

 

Sardegna

-

-

-

 

-

-

-

 

-

-

-

 

Totale

2

2

4

 

4

5

9

 

6

1

7

 
                         

Totale

6

10

16

 

54

16

70

 

27

4

31

 
               

Fonte: indagine Cospe - Tuning into Diversity

Fig. 1   Distribuzione geografica delle emittenti radio televisive e delle testate editoriali rivolte agli immigrati

Fonte: elaborazione Censis su dati Cospe

Tab. 13 – Lingue utilizzate dalle iniziative radiotelevisive ed editoriali rivolte agli immigrati, secondo la tipologia delle iniziative (v.a. e val. %)

         
 

Tv e radio

stampa

Totale

 

v.a.

v.a.

v.a.

%

         
         

Solo italiano

24
11
35
29,91

Solo lingua straniera

19
5
24
20,51

Bilingue

12
10
22
18,8

Plurilingue

29
5
34
29,05

Non rilevabile

2
-
2
1,73
 

Totale

86
31
117
100 ,00
         

Fonte: indagine Cospe-Tuning into Diversity

Tab. 14 – Tiratura delle testate editoriali rivolte agli immigrati (v.a. e val. %)

     
 

Testate editoriali

Numero di copie:

v.a.

%

     
     

fino 500 copie

4
12,90

Da 501 a 1500

5
16,13

Da 1501 a 5mila

14
45,17

Da 5001 a 10 mila

4
12,90

oltre 10mila

4
12,90
 

Totale

31
100 ,00
     

Fonte: indagine Cospe-Tuning into Diversity