CONSIGLIO ITALIANO PER I RIFUGIATI
Presidente
GIOVANNI CONSO
Vice Presidente
Direttore
CHRISTOPHER HEIN
Comitato Direttivo
ACLI
ACNUR
ARCI
AWR
CARITAS ITALIANA
CENTRO ASTALLI
CGIL
CISL
COMUNITA’ S.EGIDIO
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE
FONDAZIONE FRANCO VERGA
FONDAZIONE MIGRANTES (CEI)
UIL
UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI
DELL’UOMO
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COMUNICAZIONE
22.03.2002
SOSPESO IL RESPINGIMENTO DI 52 CURDI
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati esprime
viva soddisfazione per l’ordinanza del 20 marzo 2002 con cui il il TAR di
Lecce ha accolto il ricorso presentato dal CIR Puglia per la sospensione del
decreto di respingimento emesso
nei confronti dei 52 cittadini turchi di etnia curda, sbarcati insieme ad un
gruppo di oltre 400 persone lo scorso 31 gennaio al Porto di Gallipoli.
Il provvedimento di respingimento era stato disposto dalla Questura di Lecce lo scorso 16 febbraio. I 52 curdi erano stati trattenuti nel Centro di permanenza temporanea “Regina Pacis”.
In loro favore, l’ordinanza del 20 marzo
ha disposto il rilascio di “permessi di soggiorno temporaneo in Italia
da valere sino alla
definizione delle procedure amministrative ed eventualmente dei rimedi
giurisdizionali concernenti la loro richiesta di riconoscimento dello status di
rifugiati”.
Dagli atti è emerso, in base alle
dichiarazioni rese dai richiedenti asilo agli operatori del Consiglio Italiano
per i Rifugiati, che si tratta di persone vittime di “attività
persecutorie e di vere e proprie torture da parte degli organi di polizia del
loro paese d’origine”, come risulta da certificati medici e documentazione fotografica.
Il TAR ha anche evidenziato il fatto che le notificazioni dei
provvedimenti di diniego dello status di rifugiato emesse dalla Commissione centrale il 13-14 febbraio, non
potevano essere accettate, in
quanto redatte solo in lingua italiana e non anche nella lingua dei richiedenti asilo.
L’ordinanza del 20 marzo conferma
sostanzialmente la decisione con cui il
TAR, lo scorso 8 marzo, accoglieva la possibilità di ricorrere in
forma cumulativa per un intero gruppo di persone, e riconosceva in via
cautelare la necessità di proteggerle dal rientro forzoso in patria
“per motivi di carattere umanitario”.