-      A.C.L.I. del Trentino

-      A.N.O.L.F. del Trentino

-      A.T.A.S. O.n.l.u.s.

-      CARITAS DIOCESANA

-      CENTRO INTERCULTURALE DELLE DONNE UJAMAÀ

-      C.G.I.L. del Trentino - Coordinamento Lavoratori Immigrati

-      C.I.S.L. del Trentino

-      Comunità Islamica del Trentino-Alto Adige

-      FONDAZIONE MIGRANTES


 

 

RETATA DI COLF STRANIERE A TRENTO – ASPETTANDO LA SANATORIA…

 

Trento, 28.03.2002                           COMUNICATO

 

 

Le associazioni suddette esprimono perplessità e sconcerto per gli interventi di questi giorni dell’Autorità di Pubblica Sicurezza volti a espellere dal territorio italiano lavoratrici immigrate e a interdire il loro reingresso per cinque anni (dieci anni, secondo la proposta al voto del Parlamento in questi giorni). Gli scriventi si interrogano in particolare sulle motivazioni che inducono l’Autorità ad adottare provvedimenti con questi effetti proprio nel momento in cui è all’approvazione del Parlamento una legge regolarizzatrice che ha già incontrato il parere favorevole della maggior parte dei rappresentanti politici e di governo.

 

Risulta incomprensibile l’intervento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza che contraddice la già espressa volontà del Governo e del Parlamento di regolarizzazione della posizione delle stesse lavoratrici, prevista entro un mese circa. L’espulsione renderà infatti inammissibile la loro istanza di sanatoria, mentre la denuncia dei datori di lavoro porta alla pesante punizione degli stessi che la legge sulla sanatoria vuole invece fare emergere e regolarizzare tra qualche settimana.  Ricordiamo che la legge in corso di approvazione intende sanare anche le posizioni dei datori di lavoro, ma solo se le lavoratrici che intendono regolarizzare non siano state espulse o abbiano ottenuto l’annullamento o la revoca del provvedimento di espulsione.

 

Perciò è necessario proporre ricorso, affinché i giudici valutino la ragionevolezza, legittimità e opportunità di questi provvedimenti, entro il termine previsto dalla legge di soli cinque giorni. L’automaticità dell’applicazione dell’espulsione si pone infatti in contrasto con principi di civiltà giuridica già espressi dalle più alte corti, che hanno inteso privilegiare istanze di solidarietà sociale in aderenza all’art. 2 della Costituzione rispetto alle quali possono cedere, nel bilanciamento dei valori in gioco, quelle contrapposte del presidio delle frontiere e dell’ordinata regolamentazione del flusso migratorio (Corte Costituzionale, sent. 13-21.11.1997 n. 353; Consiglio di Stato IV sez., 30.3/20.5.1999; Corte di Cassazione I sez. Civ., sent. 6374/99, v. anche Tribunale di Trento, decreto 04.10.2001 n. 1581/01/C). Nell’ambito di tali protette istanze di solidarietà sociale va certamente ricompresa la positiva valutazione di coloro che, sebbene entrati clandestinamente nel territorio nazionale o qui rimaste dopo la scadenza del permesso di soggiorno temporaneo o del visto, abbiano trovato idonea e positiva collocazione nel mercato del lavoro e nel tessuto della comunità locale. Per di più se si consideri che a) si tratta nella maggior parte di casi di famiglie gravate da necessità di cura ad anziani o malati che non trovano adeguata risposta da parte dei servizi pubblici e b) la legge prevede procedure di assunzione tali da non permettere il preventivo incontro tra domanda e offerta di lavoro, fondamentale soprattutto nei contesti di lavoro domiciliare. Non potendo ottenere in via ordinaria un permesso di soggiorno lo/a straniero/a che, arrivata in Italia con visto turistico, trovi un impiego, questa possibilità è prevista solo tramite leggi eccezionali di sanatoria.