-
A.T.A.S.
O.n.l.u.s.
-
CARITAS
DIOCESANA
- CENTRO INTERCULTURALE DELLE DONNE UJAMAÀ
- Comunità
Islamica del Trentino-Alto Adige
- FONDAZIONE MIGRANTES
Le associazioni suddette esprimono
perplessità e sconcerto per gli interventi di questi giorni
dell’Autorità di Pubblica Sicurezza volti a espellere dal
territorio italiano lavoratrici immigrate e a interdire il loro reingresso per
cinque anni (dieci anni, secondo la proposta al voto del Parlamento in questi
giorni). Gli scriventi si interrogano in particolare sulle motivazioni che
inducono l’Autorità ad adottare provvedimenti con questi effetti
proprio nel momento in cui è all’approvazione del Parlamento una
legge regolarizzatrice che ha già incontrato il parere favorevole della
maggior parte dei rappresentanti politici e di governo.
Risulta incomprensibile l’intervento
dell’Autorità di Pubblica Sicurezza che contraddice la già
espressa volontà del Governo e del Parlamento di regolarizzazione della
posizione delle stesse lavoratrici, prevista entro un mese circa.
L’espulsione renderà infatti inammissibile la loro istanza di
sanatoria, mentre la denuncia dei datori di lavoro porta alla pesante punizione
degli stessi che la legge sulla sanatoria vuole invece fare emergere e
regolarizzare tra qualche settimana.
Ricordiamo che la legge in corso di approvazione intende sanare anche le
posizioni dei datori di lavoro, ma solo se le lavoratrici che intendono
regolarizzare non siano state espulse o abbiano ottenuto l’annullamento o
la revoca del provvedimento di espulsione.
Perciò è necessario proporre ricorso,
affinché i giudici valutino la ragionevolezza, legittimità e
opportunità di questi provvedimenti, entro il termine previsto dalla
legge di soli cinque giorni. L’automaticità
dell’applicazione dell’espulsione si pone infatti in contrasto con
principi di civiltà giuridica già espressi dalle più alte
corti, che hanno inteso privilegiare istanze di solidarietà sociale in
aderenza all’art. 2 della Costituzione rispetto alle quali possono
cedere, nel bilanciamento dei valori in gioco, quelle contrapposte del presidio
delle frontiere e dell’ordinata regolamentazione del flusso migratorio
(Corte Costituzionale, sent. 13-21.11.1997 n. 353; Consiglio di Stato IV sez.,
30.3/20.5.1999; Corte di Cassazione I sez. Civ., sent. 6374/99, v. anche
Tribunale di Trento, decreto 04.10.2001 n. 1581/01/C). Nell’ambito di
tali protette istanze di solidarietà sociale va certamente ricompresa la
positiva valutazione di coloro che, sebbene entrati clandestinamente nel
territorio nazionale o qui rimaste dopo la scadenza del permesso di soggiorno
temporaneo o del visto, abbiano trovato idonea e positiva collocazione nel
mercato del lavoro e nel tessuto della comunità locale. Per di
più se si consideri che a) si tratta nella maggior parte di casi di
famiglie gravate da necessità di cura ad anziani o malati che non
trovano adeguata risposta da parte dei servizi pubblici e b) la legge prevede
procedure di assunzione tali da non permettere il preventivo incontro tra
domanda e offerta di lavoro, fondamentale soprattutto nei contesti di lavoro
domiciliare. Non potendo ottenere in via ordinaria un permesso di soggiorno
lo/a straniero/a che, arrivata in Italia con visto turistico, trovi un impiego,
questa possibilità è prevista solo tramite leggi eccezionali di
sanatoria.