qui
lecce
Avevano
chiesto lo status di rifugiati
«Espulsioni»
sospese
Il Tar pugliese
dà ragione a 52 curdi
LECCE Cinquantadue
cittadini turchi di etnia curda non dovranno essere più espulsi dal
territorio italiano, così come avevano invece disposto le locali
autorità di polizia. Lo ha stabilito il Tar di Lecce, sospendendo i
provvedimenti adottati dalla Questura ed ordinando il rilascio dei permessi di
soggiorno in favore dei ricorrenti. I fatti risalgono allo scorso 31 gennaio,
quando nel porto di Gallipoli approdò la motonave «Engin»,
con a bordo 400 clandestini che vennero poi accompagnati nei vari centri
d'accoglienza del territorio. Nel corso delle successive pratiche di
identificazione avviate dalle autorità locali, a 52 immigrati curdi non
venne riconosciuto l'asilo politico. Da qui, la protesta organizzata lo scorso
10 marzo nel centro «Regina pacis» di San Foca dall'associazione
«Azad», che opera a sostegno dei diritti degli extracomunitari. Un
centinaio di persone, guidate dal portavoce dell'associazione Dino Frisullo,
chiesero nella circostanza che i curdi che avrebbero dovuto essere rimpatrati
venissero invece considerati rifugiati politici, giacché tornando nel
Paese dal quale erano fuggiti sarebbero inevitabilmente finiti in prigione.
L'associazione, nel frattempo, si era fatta promotrice anche di un ricorso
davanti al Tribunale amministrativo, con il sostegno degli avvocati Maria
Rosaria Faggiano e Alessandro Stomeo, che impugnarono le misure di rimpatrio
adottate dalla Questura di Lecce il 16 febbraio scorso.
Il Tribunale amministrativo, presidente Aldo Ravalli, ha evidenziato,
nell'ordinanza emessa proprio ieri, che il provvedimento della Commissione che
riconosce o nega lo status di rifugiato «deve essere tradotto nella
lingua madre, o in altra lingua nota al richiedente», mentre i decreti
presentati ai ricorrenti erano stati redatti solo in lingua italiana: pertanto
la notifica non era stata accettata.
Ben più importanti, però, le considerazioni del Tar in merito
allo status degli immigrati. «Dagli atti - hanno rilevato i giudici -
emerge che si tratta di cittadini turchi di etnia curda che sono stati oggetto
di attività persecutorie e di vere e proprie torture da parte degli
organi di polizia del loro paese d'origine, comprovate dai certificati medici
redatti dai sanitari dei centi d'accoglienza».
Gazzetta del Mezzogiorno – 21.03.2002