ORDINANZA N. 35
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI
"
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK
"
- Francesco AMIRANTE "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di
legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 3, 4 e 5, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero) e dell’articolo 20 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394
(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286), promossi con ordinanze emesse il 12 gennaio
(n. 3 ordinanze) e il 19 gennaio 2001 (n. 10 ordinanze) dal Tribunale di
Milano, in composizione monocratica, rispettivamente iscritte dal n. 345 al n.
347 e dal n. 615 al n. 624 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della
Repubblica n. 20 e n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 16
gennaio 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, con tre ordinanze in data 12
gennaio 2001 (r.o. da n. 345 a n. 347 del 2001) e con dieci ordinanze in data
19 gennaio 2001 (r.o. da n. 615 a n. 624 del 2001), tutte di analogo contenuto,
il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 3, 4 e 5, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero) e dell’articolo 20 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394
(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286);
che il remittente riferisce
di essere chiamato a convalidare, all’esito di udienza camerale trattata
secondo il rito disciplinato dagli articoli 737 e seguenti del codice di procedura
civile, il provvedimento di trattenimento presso un centro di permanenza
temporanea e assistenza disposto dal questore nei confronti di uno straniero
destinatario di decreto di espulsione con accompagnamento alla frontiera;
che, sull’assunto che
il trattenimento nei centri previsto dall’art. 14 del d.lgs. n. 286 del
1998 costituisca una forma di "detenzione amministrativa" comparabile
alla custodia in carcere, il Tribunale di Milano, di tale decreto, denuncia:
- l’art. 14, comma 4, nella parte in cui
dispone che alla convalida del trattenimento presso un centro di permanenza
temporanea e assistenza dello straniero destinatario di un provvedimento di
espulsione si applichi la disciplina degli artt. 737 e ss. cod. proc. civ., in
quanto la procedura ivi prevista sarebbe "manifestamente inidonea ad
assicurare la pienezza del contraddittorio e dell’esplicazione delle
difese";
- l’art. 14, comma 4, nella parte in cui
precluderebbe al giudice ogni accertamento in ordine alla sussistenza delle
condizioni addotte dall’autorità di polizia quale concreto
impedimento all’esecuzione immediata dell’accompagnamento alla
frontiera e, sotto un diverso profilo, in ordine alla fondatezza delle ragioni
allegate dallo straniero circa la ricorrenza di una ipotesi di divieto di
espulsione;
- l’art. 14, comma 3, unitamente
all’art. 20 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, nella parte in cui non prevederebbero
l’obbligo di avviso al difensore, d’ufficio o di fiducia,
contestualmente alla comunicazione al giudice dell’inizio del
trattenimento;
- l’art. 14, comma 5, nella parte in cui
non prevederebbe un limite massimo anche per il cumulo di vari periodi
successivi di trattenimento fondati sul medesimo decreto di espulsione, e,
conseguentemente, impedirebbe al giudice di accertare se quel limite sia stato
superato;
- l’art. 14, comma 4, nella parte in cui
imporrebbe al giudice di provvedere alla convalida senza attribuirgli il potere
di determinare il ragionevole termine massimo, anche cumulato, del
trattenimento, tenendo conto delle concrete circostanze del caso e bilanciando
i contrapposti interessi della tutela delle frontiere e della salvaguardia
della libertà personale dello straniero;
che è intervenuto, in
tutti i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che le
questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate;
che, quanto alla censura che
si appunta sull’art. 20 del d.P.R. n. 394 del 1999, la difesa erariale
osserva che l’atto nel quale tale disposizione è contenuta, di
natura regolamentare, è privo del requisito della forza di legge e
pertanto non può costituire oggetto del controllo di legittimità
costituzionale ad opera di questa Corte;
che, in ogni caso, ad avviso
dell’Avvocatura, le questioni sarebbero infondate, in quanto il
trattenimento nei centri di permanenza temporanea inciderebbe sulla
libertà di circolazione e di soggiorno e non anche sulla libertà
personale e comunque le disposizioni censurate realizzerebbero un equo
bilanciamento tra l’esigenza di contrastare l’immigrazione
clandestina e quella di tutelare i diritti dello straniero;
che, sempre secondo
l’Avvocatura dello Stato, anche a ritenere che la misura del
trattenimento si attenga alla sfera della libertà personale, il
procedimento regolato dal testo unico sull’immigrazione sarebbe ricalcato
sul modello dell’art. 13 della Costituzione e nessun addebito potrebbe
essere mosso al legislatore per aver adottato il rito camerale ex art. 737 e ss. cod. proc. civ., che
non risulterebbe inadeguato alle esigenze di tutela della persona trattenuta,
tenuto altresì conto che l’art. 738, terzo comma, cod. proc. civ.
attribuirebbe al giudice il potere di verificare sia l’attività
svolta dal questore ai fini dell’espulsione sia l’eventuale
esistenza di situazioni ostative all’espulsione.
Considerato che le ordinanze propongono le
medesime questioni e i relativi giudizi possono essere riuniti per essere
decisi congiuntamente;
che le prime due questioni,
sollevate in tutte le ordinanze di rimessione, investono l’articolo 14,
comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, della cui
legittimità il Tribunale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3,
10, 13, 24 della Costituzione, nella parte in cui dispone che alla convalida
del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea e assistenza dello
straniero destinatario di un provvedimento di espulsione si applichi la
disciplina degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, e, in
riferimento agli artt. 3, 10 e 111 della Costituzione, nella parte in cui
precluderebbe al giudice ogni accertamento in ordine alla sussistenza delle
condizioni addotte dall’autorità di polizia quale concreto
impedimento alla esecuzione immediata dell’accompagnamento alla frontiera
e in ordine alla fondatezza delle ragioni allegate dallo straniero circa la
ricorrenza di un’ipotesi di divieto di espulsione;
che secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte la procedura camerale, quando sia prevista senza
l’imposizione di specifiche limitazioni del contraddittorio, non viola di
per sé il diritto di difesa, e l’adottarla in vista della esigenza
di speditezza e semplificazione delle forme processuali è una scelta che
solo il legislatore, avuto riguardo agli interessi coinvolti, può
compiere e che sfugge al sindacato di questa Corte salvo che non si risolva
nella violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da
irragionevolezza (sentenze n. 573 e 543 del 1989; ordinanza n. 121 del 1994);
che nella specie, mentre le
esigenze di speditezza e semplificazione formale cui la procedura intende
rispondere sono innegabili, non risultano violati né il principio del
contraddittorio né altre regole generali del processo: il giudice deve
sentire l’interessato in presenza del difensore e può avvalersi a
fini probatori degli atti che il questore è tenuto a trasmettergli ai
sensi dell’art. 14, comma 3, e dei documenti che lo straniero ritenga di
presentare;
che neppure può dirsi
che il giudice della convalida sia privo di sufficienti poteri istruttori e di
verifica: l’art. 738, terzo comma, cod. proc. civ., applicabile allo
speciale procedimento di convalida previsto dal testo unico
sull’immigrazione, attribuisce al giudice il potere di "assumere
informazioni", esercitando il quale può controllare la reale
sussistenza degli impedimenti addotti dall’autorità di polizia ad
una immediata esecuzione dell’accompagnamento alla frontiera ed accertare
se ricorrano ipotesi di divieto di espulsione;
che, d’altronde,
questa Corte ha già chiarito, nell’ordinanza n. 140 del 2001, che il potere di "assumere
informazioni" è assai più ampio di quello attribuito al
giudice dall’art. 213 cod. proc. civ., poiché non ha
esclusivamente come destinatario una pubblica amministrazione ma può essere
indirizzato nei confronti di qualsiasi soggetto pubblico o privato in grado di
fornire elementi affidabili e postula che le risposte possano essere fornite
con qualunque mezzo di comunicazione, compresi quelli più moderni e
tecnologicamente avanzati, dei quali l’autorità giudiziaria, in
procedimenti caratterizzati da speditezza e tuttavia concernenti la
libertà personale, deve essere dotata;
che, pertanto, le questioni
che si appuntano su una pretesa inadeguatezza del procedimento camerale e dei
poteri istruttori del giudice devono essere dichiarate manifestamente infondate
sotto tutti i profili denunciati;
che l’ulteriore
questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, del
decreto legislativo n. 286 del 1998, nella parte in cui non prevede
l’obbligo di dare avviso al difensore dello straniero contestualmente
alla comunicazione al giudice dell’inizio del trattenimento, prospettata
dal remittente in relazione agli artt. 3, 10 e 24 della Costituzione, è
già stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte con
l’ordinanza n. 385 del 2001 e non risultano addotti elementi
nuovi rispetto a quelli già esaminati;
che analoga soluzione, in
difetto di nuove argomentazioni nelle ordinanze di rimessione, deve essere
adottata in riferimento alla questione di legittimità costituzionale
dell’art. 14, commi 4 e 5, del testo unico dell’immigrazione,
censurati per contrasto con gli artt. 3, 10, 13 e 111 della Costituzione, nella
parte in cui non attribuiscono al giudice il potere di stabilire il termine
massimo del trattenimento modulandolo sulle concrete fattispecie, essendo tale
questione già stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 105 del 2001 e manifestamente infondata con le
successive ordinanze n. 386 e 385 del 2001;
che infine la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. n. 394 del 1999
è manifestamente inammissibile, poiché si tratta di disposizione
contenuta in un atto privo del requisito della forza di legge.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, commi 3,
4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero) sollevate, in riferimento agli articoli 3, 10, 13,
24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Milano, in composizione
monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara la manifesta inammissibilità
della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20 del
d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma
dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 10 e 24 della Costituzione,
dal Tribunale di Milano, in composizione monocratica, con le medesime
ordinanze.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio
2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il
26 febbraio 2002.
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