Osservazioni:
1. Il Senato ha recentemente approvato in Commissione Affari
Costituzionali il testo della Legge Comunitaria, con un emendamento:
dovrà tornare, o forse è già tornata, ala Camera.(Il 20
febbraio la Camera ha approvato definitivamente)
2. L'art. 29 (ma il numero potrebbe cambiare, in caso di emendamenti
aggiuntivi) prevede la "Attuazione della direttive 2000/43/CE che attua il
principio della parità di trattamento...", altrimenti detta
"Direttiva razza".
3. In generale il testo riprende, come è ovvio, puramente e
semplicemente il testo della Direttiva. Ma ci sono alcuni problemi:
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innanzitutto si tratta di una delega al Governo ( che quindi priva il
Parlamento di ogni possibilità reale di controllo, ma pazienza...!), per
di più senza alcun vincolo di procedura. In altre parole non si
impegna in alcun modo il Governo a consultare nessuno. Vale la pena di
ricordare che sulla stessa questione il Governo tedesco sta facendo
consultazioni a tappeto (il Ministero della Giustizia ha convocato ENAR Europa,
ad esempio) e il Governo inglese ha addirittura aperto una consultazione
pubblica, spedendo un questionario iperdettagliato (indicando anche i costi
dell'applicazione per i singoli attori) a mezzo mondo e pubblicandolo su internet
caso mai qualcuno che non l'ha ricevuto volesse partecipare alla consultazione.
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Il comma 1, lettera b) prevede che siano "comunque fatte salve
le disposizioni che disciplinano l'ingresso e il soggiorno dei cittadini di
paesi terzi e il loro accesso all'occupazione e all'impiego". Previsione inutile se
le stesse non fossero discriminatorie, pericolosa se lo fossero (e infatti lo
sono). Del resto la delega (comma 1) autorizza il Governo a modificare gli art.
43 e 44 del Testo Unico 286/1998, che riguardano la non discriminazione (e
anche questo è pericoloso, visto di quale governo si tratta) ma non gli
altri.
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La definizione di molestie, stesso comma, viene ristretta rispetto alla
direttiva aggiungendo ai termini "comportamento indesiderato" il
vincolo "che persista, anche quando è stato inequivocabilmente
dichiarato dalla persona che lo subisce come offensivo". Ovvio che una persona in
condizioni di debolezza non vada in giro "inequivocabilmente
dichiarando"... se lo fa di solito viene cacciata prima ancora che il
comportamento "persista".
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Il comma 1 lettera e) affida al governo anche la delega a prevedere "criteri oggettivi che
dimostrino l'effettiva rappresentatività delle associazioni". Naturalmente di
consultarle non si parla: no comment.
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Onere della prova (comma 1 lettera g)): il testo della Direttiva
"espongono,dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente,
fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione"
diventa "fornisce all'autorità giudiziaria elementi di fatto
idonei a fondare, in termini gravi, precisi e concordanti, l'indizio dell'esistenza...". Si
cerca di rendere la cosa impossibile, evidentemente. A meno che il discriminato
sia un Pubblico Ministero.
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Infine la lettera i) dello stesso comma, come modificato da un
emendamento del Governo, prevede "l'istituzione nell'anno 2003" del
cosiddetto organismo di controllo e garanzia. Che dovrebbe essere, come
è noto, in grado di svolgere una serie di attività (assistenza
legale, inchieste, raccomandazioni) in modo indipendente. Bene, l'indipendenza
è così garantita: l'organismo è istituito "presso
il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del
Consiglio"; ed è "diretto da un responsabile nominato dal
Presidente del Consiglio" che dirige uno staff assegnato dal Presidente del Consiglio
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Del "dialogo civile" previsto dalla Direttiva (art.12: Al fine di promuovere il
principio della parità di trattamento gli Stati membri incoraggiano il
dialogo con le competenti organizzazioni non governative che,conformemente alle
rispettive legislazioni e prassi nazionali,hanno un interesse legittimo a
contribuire alla lotta contro la discriminazione) non c'è traccia.