Alla c.a. di tutti gli interessati 

 

 

 

 

Oggetto: chiusura progressiva del Programma Nazionale asilo

 

 

Il Ministero dell'Interno - coordinatore del PNA (programma nazionale asilo) insieme all’ ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)  e all’ANCI (associazione Nazionale Comuni d'Italia) - ha diramato in questi giorni una circolare ai Prefetti territorialmente coinvolti dal Programma, comunicando di procedere alla graduale riduzione dei posti di accoglienza, per arrivare alla fine del 2002 ad una riduzione del 70% degli attuali 2200 posti disponibili!. In tale modo il Governo annuncia in buona sostanza la fine del Programma Nazionale Asilo (PNA) che nel 2001 ha dato il via alla costruzione del primo embrione di sistema pubblico di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo sorto in Italia. La decisione è presentata come decisione "tecnica" derivante dalla mancanza di fondi che non permetterebbe al momento attuale, la prosecuzione degli interventi per lo stesso numero di beneficiari attuali (circa 2200 posti) fino alla fine dell'anno. In realtà la decisione, presa all'improvviso, dal Ministero dell'Interno, è di natura politica poichè, da più parti, si sta da tempo lavorando su altre ipotesi che permettessero, diversamente, al programma di non chiudere.

 

Il Programma Nazionale Asilo ha permesso di realizzare in pochi mesi 63 progetti di accoglienza decentrata, attraverso il coinvolgimento di oltre cento amministrazioni comunali in tutta Italia che hanno operato in sinergia con le organizzazioni di tutela dei rifugiati,  con il volontariato e con le associazioni di stranieri.

 

L'avvio del Programma Nazionale Asilo è stato un importante segnale di civiltà del nostro Paese ed ha rappresentato, in assenza di una legge organica in materia di diritto d’asilo, una risposta alla necessità di fornire un’accoglienza e un graduale inserimento sociale a persone giunte in Italia in fuga da persecuzioni, guerre e violazioni di diritti umani. Sotto questo profilo il programma è stato ed è tuttora, in primo luogo una risposta politica prima ancora che umanitaria; esso rappresenta infatti un possibile modello di intervento che si basa sui principi dell'accoglienza decentrata, sul coinvolgimento attivo dei rifugiati, sulla concezione stessa dall'accoglienza come sistema complessivo di protezione della persona e di tutela dei suoi diritti (e non come generico atto di carità o di solidarietà). Un intervento che si muove all'interno di una logica pubblica, chiamando a partecipare alla sua costruzione amministrazioni centrali dello Stato, enti locali, associaizoni del privato sociale, associazioni di stranieri et.

 

E’ del tutto paradossale che, nonostante gli evidenti risultati positivi del programma, di fronte ad una situazione caratterizzata anche in queste settimane da un forte aumento del flusso dei rifugiati verso l’Italia, invece di porsi l’obiettivo del rafforzamento del programma stesso, il Governo italiano decida di porre fine al primo sistema di accoglienza realizzato nel nostro paese.

 

La progressiva chiusura del PNA blocca o limita al massimo, fin da ora, ogni ipotesi di nuovi ingressi nei centri territoriali della rete. Ciò significa che nei prossimi mesi migliaia di rifugiati saranno abbandonati a se stessi sulle pubbliche piazze delle città italiane, privi di ogni assistenza, creando una situazione di grave disagio sociale e di insicurezza sotto il profilo dell’ordine pubblico. Risulta difficile non ravvisare nel mancato sostegno al PNA la volontà di anticipare quanto disposto dal disegno di legge Bossi-Fini: il trattenimento in centri di detenzione di persone in fuga dal pericolo di vita e dalla violazione dei loro diritti.

 

Nei prossimi giorni, subito dopo la pausa pasquale, verrà chiesto a tutte le amministrazioni locali delle città coinvolte da questa irresponsabile decisione, a tutte le associazioni italiane, ai parlamentari, alle associazioni di stranieri, ai social forum, agli esponenti del mondo della cultura  et. una mobilitazione straordinaria affinchè la chiusura del programma venga evitata e la ricchezza dell'esperienza finora realizzata non finisca nel nulla riportando l'Italia a quella sorta di "buco nero" che il nostro Paese ha sempre purtroppo rappresentato in Europa per ciò che riguarda il rispetto del diritto d'asilo.

 

 

 

Gianfranco Schiavone

 

responsabile nazionale del Servizio Immigrazione e Asilo del Consorzio Italiano di Solidarietà