Successivamente il giudice di Agrigento aveva annullato le espulsioni dei profughi sudanesi già trattenuti a Lampedusa, sulla base del fatto notorio che gli stessi profughi provenivano da un paese come il Sudan nel quale è in corso una guerra civile e non potevano dunque essere espulsi né rimpatriati coattivamente, in base a quanto sancito dall’art. 19 del vigente testo unico sull’immigrazione. Lo stesso provvedimento del magistrato- che annullava le espulsioni -confermava peraltro implicitamente la circostanza che gli stessi non avevano potuto usufruire di un interprete né presentare una tempestiva domanda di asilo. Dalla data del provvedimento di espulsione si desume anche il notevole scarto temporale( dieci giorni) tra l’ingresso, l’arresto dei profughi a Lampedusa e l’emissione dei provvedimenti di espulsione e di trattenimento da parte delle competenti autorità di Agrigento. Per legge ( e secondo la Costituzione) entro 96 ore dall’arresto il magistrato deve convalidare il provvedimento della polizia limitativo della libertà personale, dovendosi in caso contrario procedere all’immediata liberazione della persona trattenuta.
Tutti i profughi , oltre a restare diversi giorni senza uno straccio di
provvedimento che potessero almeno impugnare,oltre che senza interprete, erano
stati marchiati segnando un numero sul polso con un pennarello, a Lampedusa e
poi dopo l’arrivo ad Agrigento. Ma questo, per chi applica le nostre
leggi sull’immigrazione, forse non ha neppure importanza, come testimonia
la risposta infastidita che è stata fornita quando le associazioni hanno
lamentato questo tipo di trattamento. Tutti i profughi sudanesi, alcuni dopo
altri giorni trascorsi nel centro di Agrigento, erano stati rimessi in
libertà, espulsi con l’intimazione a lasciare comunque il nostro
territorio nazionale entro quindici giorni . Molti di questi sudanesi, che nel
frattempo hanno potuto presentare finalmente richiesta di asilo,e sono ancora
ospitati nel centro di accoglienza
Santa Chiara di Palermo, altri presso la Missione Speranza e
Carità di Biagio Conte, sempre a Palermo, in attesa che la commissione
centrale decida sulla loro istanza.
Giunge adesso, dopo due settimane ed a mezzo stampa ( La Sicilia di
domenica 24 marzo), proprio pochi giorni dopo un decreto del governo che
stabilisce lo stato di emergenza per contrastare l’arrivo dei
“clandestini”, attribuendo poteri speciali alle Prefetture, la
replica del vicequestore di Agrigento; questi afferma che il centro di
detenzione di Lampedusa è un vero e proprio centro di permanenza
temporanea, dotato di tutti i servizi necessari, respingendo dunque come
infondato l’esposto presentato dall’ASGI.
Ribadiamo punto per punto quanto abbiamo affermato ed aggiungiamo che
quanto dichiarato dal rappresentante della Questura di Agrigento ci preoccupa
ancora di più.
Pensavamo infatti che a Lampedusa vi fosse solo un centro di primo
soccorso ed assistenza, previsto dall’attuale regolamento di attuazione
del T.U. sull’immigrazione (art.23),per “il tempo strettamente
necessario per l’avvio” degli stessi stranieri nei centri siciliani
di permanenza temporanea, come quello di san Benedetto ad Agrigento.
Avevamo quindi denunciato le condizioni igieniche e la eccessiva durata
del trattenimento prima del trasferimento ad Agrigento, dati che ci risultavano
direttamente dalla vicenda dei profughi sudanesi, dando comunque per scontato,
oltre alla particolare destinazione della struttura a finalità di
soccorso e prima accoglienza, che la particolare distanza di Lampedusa dalla
Sicilia comportasse comunque alcuni giorni di ritardo nella emanazione dei
provvedimenti amministrativi ( espulsione, respingimento e trattenimento)
diretti ai cd. “clandestini”.
Quanto apprendiamo adesso dalla”smentita” della Questura di
Agrigento ci induce a chiederci se nel centro di permanenza temporanea di
Lampedusa, ammesso che sia un centro di permanenza temporanea come gli altri
quattordici attualmente operanti in Italia, siano garantiti i diritti di
accesso alla difesa e di informazione sui propri diritti ( ivi compreso il
diritto di asilo), nonché il diritto di visita, la libertà di
comunicazione telefonica con l’esterno e la possibilità di avere
un interprete, come previsto dalle direttive ministeriali che dettano i criteri
di organizzazione dei centri di permanenza temporanea e come consentito in
tutti gli altri centri di permanenza siciliani da noi visitati.
Ma forse il centro di detenzione di Lampedusa è un centro veramente speciale. O,forse, il
nuovo decreto governativo che impone lo stato di emergenza per contrastare
l’invasione dei clandestini ha permesso di rimettere tutto a posto? Con i
tempi che corrono è tutto possibile.
Se quello di Lampedusa è un centro di permanenza temporanea come
tutti gli altri, dovremmo pensare che un magistrato possa convalidare il trattenimento
entro le 96 ore dall’arrivo dei profughi dentro la struttura, e che siano
garantiti interpreti e diritti di difesa, ma questo non ci risulta. Attendiamo
notizie e chiarimenti sul punto. La limitazione della libertà personale è
una questione molto delicata, anche quando riguarda immigrati privi di permesso
di soggiorno, giunti clandestinamente ( se gli è andata bene) sulle
nostre coste.
Vorremmo sapere allora, se quello di Lampedusa è un vero e
proprio centro di permanenza temporanea, quando è stato decretato dal
Ministero degli interni, e quali sono le associazioni che oltre alla Croce
Rossa vi hanno accesso, e ancora quali convenzioni siano state stipulate per la
sua gestione. Ci sono stati rimpatri, sotto forma di respingimenti direttamente
da Lampedusa verso la Tunisia? Ed in questo caso con quali documenti di viaggio
sono stati fatti partire coloro che sono stati respinti? Speriamo in risposte
che fughino i nostri dubbi, e siamo anche disposti a recarci a Lampedusa per
visitare il centro, come abbiamo potuto fare periodicamente con tutti i centri
siciliani. O, forse, questa possibilità non ci sarà concessa? E
in questo caso perché ?
In molte occasioni gli operatori umanitari sono stati messi nella
impossibilità di agire
all'interno dei centri di permanenza temporanea italiani, veri e propri
centri di detenzione che fanno rimpiangere persino le carceri. Certo, Lampedusa
è lontana, ma la nuova legge Bossi Fini è ormai prossima
all’approvazione e comporterà il raddoppio del periodo di
internamento ( fino a sessanta giorni) e la possibilità di rinchiudere
nei CPT anche i richiedenti asilo, proprio come i sudanesi superstiti della
tragedia di Lampedusa.
Per questo è importante verificare le condizioni strutturali e di
legalità dei centri di permanenza temporanea, a maggior ragione se si
trovano in una isola sperduta più vicina all’Africa che alla
Sicilia. Chiediamo all’ACNUR ed alle associazioni che assistono i
richiedenti asilo di visitare la struttura di Lampedusa per verificare le
condizioni di trattenimento di quanti vi sono internati.
Persino la sentenza della Corte Costituzionale n. 105 dello scorso anno
che ha respinto la eccezione di incostituzionalità della normativa sui
centri di permanenza temporanea, ha riconosciuto che la legittimità
delle relative norme si fonda sul rispetto della riserva di giurisdizione ( la
concreta possibilità che il magistrato verifichi nei termini di legge la
legittimità dei provvedimenti di espulsione e di trattenimento). Sulla
base di quella decisione, sono decine e decine i casi di annullamento di
espulsioni illegittime e di mancata convalida dei trattenimenti.
Anche i magistrati di Agrigento hanno annullato numerose espulsioni o
non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento, per vizi procedurali o
per ragioni di merito, come in tutte le altre città italiane.
E’ questa la ragione vera per la quale si vuole sottrarre alla
magistratura qualsiasi possibilità di controllo sui provvedimenti che
limitano la libertà personale degli immigrati irregolari o clandestini.
In questo modo si strappano gli
articoli 3, 10, 13 e 24 della
Costituzione.
Si mettono in discussione principi fondamentali dello stato di diritto.
Noi siamo contro i CPT e da anni ne chiediamo la chiusura, trattandosi
già adesso di strutture che violano la riserva di legge e di
giurisdizione in ordine alle limitazioni della libertà degli stranieri(
regolari e non ) previste dalla nostra Costituzione.
Fino a quando resteranno aperti, nella prospettiva ventilata dal governo
di un loro aumento e di una maggiore durata della detenzione, chiediamo ancora
una volta chiarezza nella gestione dei centri di permanenza temporanea,
sicurezza e rispetto delle minime norme igieniche per quanto concerne le
strutture, umanità e legalità nel trattamento imposto a persone
che hanno la sola colpa di fuggire da situazioni di guerra, di malattia, di
bisogno, che impediscono loro, nei paesi in cui sono nati, non solo il soddisfacimento delle minime esigenze
vitali, ma qualsiasi speranza di
futuro.
Palermo 25 marzo 2002
ASGI Sicilia
Fulvio Vassallo Paleologo