ANCORA SALVATAGGI IN MARE, ANCORA PROFUGHI INTERNATI A LAMPEDUSA

Ancora un salvataggio in mare, questa volta da parte di una nave cisterna che ha evitato qualunque tentativo di rimorchio ed ha imbarcato a bordo i profughi, sotto la vigilanza della Guardia Costiera, sulla base di ordini ricevuti direttamente via radio da Roma. Ancora morti gettati in mare nel  tentativo disperato di raggiungere la salvezza, ancora sbarchi a Lampedusa, con l’internamento dei nuovi arrivati nel centro di “accoglienza” dell’isola.

Dopo la smentita ricevuta dalla Questura di Agrigento abbiamo appreso che quello di Lampedusa non è un centro di accoglienza, ma un vero e proprio centro di detenzione.

I profughi arrivati adesso, anche se potenziali richiedenti asilo, sono stati rinchiusi in un centro di permanenza temporanea come se la nuova legge Bossi- Fini fosse stata già approvata dal Parlamento. Sorte che peraltro non era stata neppure risparmiata ai profughi sudanesi giunti nei mesi scorsi sempre a Lampedusa.

 A nessun di loro era stato consentito presentare domanda di asilo a Lampedusa, erano mancati interpreti e informazioni circa le condizioni di trattenimento e i provvedimenti relativi al trattenimento ed all’espulsione erano stati emessi dalla Prefettura e dalla Questura di Agrigento con molti giorni di ritardo, rispetto al momento del loro ingresso nel territorio nazionale ( e rispetto anche a quanto previsto dalla normativa vigente).

Successivamente il giudice di Agrigento aveva annullato le espulsioni dei profughi sudanesi già trattenuti a Lampedusa, sulla base del fatto notorio che gli stessi profughi provenivano da un paese come il Sudan nel quale è in corso una guerra civile e non potevano dunque essere espulsi né rimpatriati coattivamente, in base a quanto sancito dall’art. 19 del vigente testo unico sull’immigrazione. Lo stesso provvedimento del magistrato- che annullava le espulsioni -confermava peraltro implicitamente la circostanza che gli stessi non avevano potuto usufruire di un interprete né presentare una tempestiva domanda di asilo. Dalla data del provvedimento di espulsione si desume anche il notevole scarto temporale( dieci giorni) tra l’ingresso, l’arresto dei profughi a Lampedusa e l’emissione dei provvedimenti di espulsione e di trattenimento da parte delle competenti autorità di Agrigento. Per legge ( e secondo la Costituzione) entro 96 ore dall’arresto il magistrato deve convalidare il provvedimento della polizia limitativo della libertà personale, dovendosi in caso contrario procedere all’immediata liberazione della persona trattenuta.

Tutti i profughi , oltre a restare diversi giorni senza uno straccio di provvedimento che potessero almeno impugnare,e senza interprete, erano stati marchiati segnando un numero sul polso con un pennarello, a Lampedusa e poi dopo l’arrivo ad Agrigento. Ma questo, per chi applica le nostre leggi sull’immigrazione, forse non ha neppure importanza, come testimonia la risposta infastidita che è stata fornita quando le associazioni hanno lamentato questo tipo di trattamento. Tutti i profughi sudanesi, alcuni dopo altri giorni trascorsi nel centro di Agrigento, erano stati rimessi in libertà, espulsi con l’intimazione a lasciare comunque il nostro territorio nazionale entro quindici giorni . Molti di questi sudanesi, che nel frattempo hanno potuto presentare finalmente richiesta di asilo,e sono ancora ospitati nel centro di accoglienza  Santa Chiara di Palermo, altri presso la Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, sempre a Palermo, in attesa che la commissione centrale decida sulla loro istanza. Non potranno più presentare domanda di asilo, invece, i sudanesi superstiti della strage del sette marzo, perché ad Agrigento, dopo la visita del Ministro Scajola, al momento di ricevere la promessa di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, sembra che abbiano dovuto firmare una dichiarazione espressa di rinuncia alla richiesta d asilo.

Tutti sono adesso sospettati di reticenza sull’esatto percorso seguito nel loro viaggio verso l’Italia,  e prima di potere presentare la richiesta di asilo sono stati sentiti per cercare di scoprire la organizzazione che li ha fatti arrivare nel nostro paese.

In questo modo si dimentica che l’ingresso clandestino rimane l’unica via di fuga consentita ai profughi da una legislazione che antepone il contrasto all’immigrazione clandestina al rispetto dei diritti fondamentali dei migranti. E che non si riesce neppure a scoprire i trafficanti perché gli organi di governo continuano a mantenere normali rapporti diplomatici con quei paesi che speculano sul traffico di clandestini, per ragioni economiche, come la Tunisia, in vista di più lucrosi accordi di riammissione, o per ragioni politiche, come la Turchia, magari per negoziare il loro ingresso nell’unione europea.

Adesso tutto l’impegno di contrasto sull’immigrazione clandestina si scarica su disperati, reduci da viaggi nei quali hanno visto morire e gettare a mare i loro compagni, chiamati a testimoniare prima ancora di avere certezze sul loro status e sul loro futuro.

Questi disperati vengono rinchiusi come tutti gli altri “clandestini” nei centri di permanenza temporanea di Lampedusa e di Agrigento.

Pensavamo che a Lampedusa vi fosse solo un centro di primo soccorso ed assistenza, previsto dall’attuale regolamento di attuazione del T.U. sull’immigrazione (art.23),per “il tempo strettamente necessario per l’avvio” degli stessi stranieri nei centri siciliani di permanenza temporanea, come quello di San Benedetto ad Agrigento. 

Avevamo quindi denunciato le condizioni igieniche e la eccessiva durata del trattenimento prima del trasferimento ad Agrigento, dati che ci risultavano direttamente dalla vicenda dei profughi sudanesi, dando comunque per scontato, oltre alla particolare destinazione della struttura a finalità di soccorso e prima accoglienza, che la particolare distanza di Lampedusa dalla Sicilia comportasse comunque alcuni giorni di ritardo nella emanazione dei provvedimenti amministrativi ( espulsione, respingimento e trattenimento) diretti ai cd. “clandestini”.

Quanto apprendiamo adesso dalla”smentita” della Questura di Agrigento ci induce a chiederci se nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa, ammesso che sia un centro di permanenza temporanea come gli altri quattordici attualmente operanti in Italia, siano garantiti i diritti di accesso alla difesa e di informazione sui propri diritti ( ivi compreso il diritto di asilo), nonché il diritto di visita, anche da parte di associazioni che assistono i richiedenti asilo, la libertà di comunicazione telefonica con l’esterno e la possibilità di avere un interprete, come previsto dalle direttive ministeriali che dettano i criteri di organizzazione dei centri di permanenza temporanea e come consentito in tutti gli altri centri di permanenza siciliani da noi visitati.

Ma forse il centro di detenzione di  Lampedusa è un centro veramente speciale. O il nuovo decreto governativo che impone lo stato di emergenza per contrastare l’invasione dei clandestini ha permesso di rimettere tutto a posto? Con i tempi che corrono è tutto possibile.

Se quello di Lampedusa è un centro di permanenza temporanea come tutti gli altri, dovremmo pensare che un magistrato possa convalidare il trattenimento entro le 96 ore dall’arrivo dei profughi dentro la struttura, e che siano garantiti interpreti e diritti di difesa, ma questo non ci risulta. Attendiamo notizie e chiarimenti sul punto. La limitazione della libertà personale è una questione molto delicata, anche quando riguarda immigrati privi di permesso di soggiorno, giunti clandestinamente ( se gli è andata bene) sulle nostre coste; a maggior ragione quando questi stessi “clandestini” sono sottoposti a delicate indagini di polizia per appurare da dove vengono e chi li ha trafficati.

Vorremmo sapere allora, se quello di Lampedusa è un vero e proprio centro di permanenza temporanea, quando è stato decretato dal Ministero degli interni, e quali sono le associazioni che oltre alla Croce Rossa vi hanno accesso, e ancora quali convenzioni siano state stipulate per la sua gestione. Se le persone che vi vengono “trattenute” sono ascoltate alla presenza di avvocati e con l’assistenza di interpreti ufficiali. In molte occasioni gli operatori umanitari, e persino gli avvocati, sono stati messi nella impossibilità di agire  all'interno dei centri di permanenza temporanea italiani, veri e propri centri di detenzione che fanno rimpiangere persino le carceri. Certo, Lampedusa è lontana, ma la nuova legge Bossi Fini è ormai prossima all’approvazione e comporterà il raddoppio del periodo di internamento ( fino a sessanta giorni) e la possibilità di rinchiudere nei CPT anche i richiedenti asilo, proprio come i sudanesi superstiti della tragedia di Lampedusa.

Per questo è importante verificare le condizioni strutturali e di legalità dei centri di permanenza temporanea, a maggior ragione se si trovano in una isola sperduta più vicina all’Africa che alla Sicilia. Chiediamo all’ACNUR ed alle associazioni che assistono i richiedenti asilo di visitare la struttura di Lampedusa per verificare le condizioni di trattenimento di quanti vi sono internati.

Persino la sentenza della Corte Costituzionale n. 105 dello scorso anno che ha respinto la eccezione di incostituzionalità della normativa sui centri di permanenza temporanea, ha riconosciuto che la legittimità delle relative norme si fonda sul rispetto della riserva di giurisdizione ( la concreta possibilità che il magistrato verifichi nei termini di legge la legittimità dei provvedimenti di espulsione e di trattenimento). Sulla base di quella decisione, sono decine e decine i casi di annullamento di espulsioni illegittime e di mancata convalida dei trattenimenti.

Anche i magistrati di Agrigento hanno annullato numerose espulsioni o non hanno convalidato i provvedimenti di trattenimento, per vizi procedurali o per ragioni di merito, come in tutte le altre città italiane.

E’ questa la ragione vera per la quale si vuole sottrarre alla magistratura qualsiasi possibilità di controllo sui provvedimenti che limitano la libertà personale degli immigrati irregolari o clandestini. In questo modo si strappano  gli articoli  3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

Si mettono in discussione principi fondamentali dello stato di diritto.

Noi siamo contro i CPT e da anni ne chiediamo la chiusura, trattandosi già adesso di strutture che violano la riserva di legge e di giurisdizione in ordine alle limitazioni della libertà degli stranieri( regolari e non ) previste dalla nostra Costituzione.

Fino a quando resteranno aperti, nella prospettiva ventilata dal governo di un loro aumento e di una maggiore durata della detenzione, chiediamo ancora una volta chiarezza nella gestione dei centri di permanenza temporanea, sicurezza e rispetto delle minime norme igieniche per quanto concerne le strutture, umanità e legalità nel trattamento imposto a persone che hanno la sola colpa di fuggire da situazioni di guerra, di malattia, di bisogno, che impediscono loro, nei paesi in cui sono  nati, non solo il soddisfacimento delle minime esigenze vitali, ma  qualsiasi speranza di futuro.

Palermo 29 marzo 2002

ASGI Sicilia                                     Fulvio Vassallo Paleologo