09.11.02 - LA REPUBBLICA - BOLOGNA CRONACA

 

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PM OBIETTORI DELLA LEGGE BOSSI FINI

Estromessi dai processi con i clandestini arrestati

Il Giudice Magliaro censura la scelta della procura, gli avvocati d’accordo con il rifiuto delle manette

 

Alcuni pubblici ministeri hanno manifestato la volontà di scarcerare subito, appena dopo l’arresto in flagranza, gli stranieri arrestati perchè clandestini. Il procuratore capo è corso ai ripari: per uniformare le decisioni dell’ufficio, ha sollevato quei pm “obiettori” dall’occuparsi degli arresti. Un giudice ha “censurato” l’atteggiamento della procura.

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LA BOSSI-FINI METTE IN CRISI I PM

Di Nicola estromette gli obiettori, un giudice censura la procura

 

Conflitto in Procura per l’arresto in flagranza degli stranieri trovato in clandestinità. Alcuni sostituti hanno manifestato l’intenzione di scarcerarli subito, ma il capo dell’ufficio Enrico Di Nicola è intervenuto per “uniformare” l’atteggiamento della procura: i clandestini vanno portati all’udienza di convalida (dove vengono scarcerati sempre) in stato di arresto. Una sorta di “obiezione di coscienza” da parte di alcuni magistrati contro una norma delle legge Bossi-Fini quindi non può manifestarsi, proprio mentre un giudice monocratico del Tribunale, Letizio Magliaro, in una ordinanza ha censurato la Procura perchè non ha lasciato subito libero un clandestino arrestato dalle forze dell’ordine. In risposta ad un avvocato che gli chiedeva di porre una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, Magliaro ha detto di no, perchè è una scelta operativa della Procura ed è una scelta discrezionale del pm ad essere censurabile. In sostanza il giudice ha detto che se ci si trova a processare un imputato detenuto per una contravvenzione, come è in questo caso, non è colpa della legge ma del pm. Un altro giudice, Pierluigi Di Bari, ha scritto in un suo provvedimento che il rito direttissimo intrapreso dalla procura nei casi dei clandestini detenuti non è conforme alla normativa vigente. Anche per questo a Firenze un pm, Fernando Prodromo, ha chiesto ad un giudice di investire la Corte Costituzionale, che potrebbe essere invocata anche da alcuni giudici bolognesi.

Una situazione intricata, ma quella di Bologna è forse l’unica Procura d’Italia in cui alcuni magistrati si sono “ribellati” alla legge. E’ assodato che il reato di cui si macchia il clandestino già espulso e trovato in Italia è una contravvenzione e per una contravvenzione non si prevede l’arresto. In questo caso, invece, la legge Bossi-Fini prevede l’arresto obbligatorio. In queste ultime settimane sono stati anche più di dieci i clandestini portati in manette davanti ai giudici monocratici. La polizia e i carabinieri devono arrestare se ricorrono le condizioni, ma nasce un problema. Chi esegue un arresto in flagranza lo segnala telefonicamente al pm di turno, di giorno o di notte. A meno che non si tratti di un abbaglio clamoroso, il magistrato prende atto dell’arresto e chiede di mandare gli atti alla sua attenzione per la mattina successiva. Entro 48 ore l’arrestato deve comparire davanti al giudice per la direttissima, nei casi in cui è previsto questo tipo di processo, e deve essere preparato il fascicolo per il dibattimento.

Ora, di fronte alla paventata intenzione di alcuni magistrati di scarcerare il clandestino (in questo caso deciderebbe il gip entro cinque giorni), il procuratore Di Nicola si è preoccupato che potesse nascere una strana situazione: un giorno un pm libera e il giorno dopo un altro pm, per lo stesso motivo, tiene l’arrestato in cella di sicurezza per il tempo che intercorre tra l’arresto e la direttissima. Ritenendo che il legislatore abbia voluto creare un nuovo tipo di processo, ha pensato che fosse giusta una risposta unitaria del suo ufficio. Così, il pubblico ministero di turno che non vorrebbe tenere il clandestino in manette, dovrebbe rispondere alla polizia di non essere competente e di rivolgersi al dottor di Nicola. in questo modo al pm “obiettore” viene sottratta la decisione e questo ha creato malumore tra alcuni di loro (parlano di una sorta di “avocazione” seppure preventiva) perchè si sentono defraudati del potere discrezionale di decidere se scarcerare un arrestato, cosa che fanno normalmente per altri tipi di reato, quando ritengono che non vi siano i presupposti. La mancata scarcerazione – dicono – sarebbe poi discriminatoria: un ladro incensurato viene scarcerato subito, un clandestino che non ha commesso altri reati perchè deve andare al processo in manette?

Va tenuto conto che la legge vuole incoraggiare proprio la remissione in libertà del clandestino, in modo che possa essere espulso, sospendendo altri eventuali giudizi in corso. Su questa delicata questione erano già intervenuti gli avvocati del coordinamento Giuristi democratici “Il pubblico ministero – sostengono – deve disporre che l’arrestato venga rimesso immediatamente in libertà perchè, essendo una contravvenzione, non ne potrà chiedere la detenzione in carcere. Ma questa norma viene disapplicata e ciò priva della libertà personale ben oltre i termini consentiti. Chiediamo all’Associazione nazionale magistrati di intervenire affinchè venga rispettato il principio che fa del pm il garante della libertà del cittadino”. A giorni si riunirà per discuterne la Camera Penale, ma in Procura la questione non sembra affatto chiusa.

LUIGI SPEZIA